Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: ShiNear    18/10/2015    3 recensioni
[STORIA AD OC-ISCRIZIONI CHIUSE]
Il Trono di Spade era minacciato... e nessuno di noi voleva dire la sua? Ecco la possibilità di potersi imporre su un risultato che conosciamo in parte. Se volete, sarete voi le Ombre del Drago, create da Aegon Targaryen. A voi la scelta.
Genere: Azione, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza
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2. SARGAS

   
Stava pulendo il fondo della ciotola con il porridge, quando decise di alzarsi e vestirsi. Cominciò a togliersi la camicia da notte, per mettere la sua veste migliore: quella viola chiaro, di Alto Giardino, e il diadema di diamanti a forma di scorpione realizzato a Braavos. Il motivo per cui lo scelse non era tanto perché era il più convincente per dei futuri ospiti, più che altro era per provocare il fratellone Borcas. Si rigirò allo specchio, osservando maliziosa come la veste lasciasse scoperta la scollatura sul petto. Erotica al punto da far risorgere i genitali di un eunuco solo a vedersi, Sargas Shaulock era tutto ciò che di malizioso e lussurioso si sarebbe potuto tirare fuori da quel castello umido e tetro, da generazioni e generazioni, a parte Giras la Perfida, la sola antenata a superarla in bellezza almeno su un ritratto. Corvina con riflessi bluastri, occhi ametista a mandorla, corpo formoso e pieno, la sua egocentricità la metteva spesso in condizione di leggenda, del tipo che non sopportava che si fissassero altre donne al suo posto e che le uccidesse dall’infanzia.
“Non è del tutto errato, fratellone, ho solo iniziato a dodici anni.” aveva detto una volta davanti alle lamentele di Corbas, tempo prima. Ora aveva venticinque anni, ma dimostrava tutta la malizia degna di una quarantenne di corte. Da sempre il lato femminile delle ragazze (lei e la madre) si scontrava con il potere maschile dei regnanti (Corbas e Bamma), seppur in modo amichevole; da sempre c’era questa semi-faida su quel piccolo trono di acciaio.
Una volta aveva chiesto, in tono di scherno, al fratello:- Mi spieghi cosa ci vuole di così difficile per essere un buon sovrano? La fai sempre così lunga, cosa sarà mai!-
Lui l’aveva fissata statuario:- Comprensione, fermezza, essere amati.-
Sargas si era messa a ridere:- Tutto qui? Comprendo molto più di quanto tu non legga e potrei diventare una Maestra nel giro di tre giorni. Quanto alla fermezza, so essere molto più decisa di te...-
- Tu confondi la fermezza con la crudeltà. E, in quanto ad essere amata, fai acqua da tutte le parti.-
Lei, maliziosa, si era strusciata su di lui, pizzicandogli l’orecchio e indicando la prima guardia di passaggio:- Ah, sì? Chiedi a quella guardia che viene sempre a visitarmi se ha mai amato nessuno a parte me. La stessa risposta te la darebbe la tua guardia fidata, se ne avessi la possibilità.-
Corbas l’aveva respinta con delicatezza degna di un fratello, dicendo:- Adesso confondi l’essere amati con fare sesso, sorellina.-
La principessa gli aveva sussurrato a un filo dalle sue labbra:- Poverino! Un giorno capirai che una delle due cose non esiste.-
Non si erano più pronunciati sull’argomento, ma nessuna guardia si era più avvicinata alla sua porta.
I litigi non mancavano nemmeno tra il fratello e la madre, i quali, dopo la morte del padre, erano quasi entrati in conflitto per il trono di Zabronagar; con il risultato che Mamushi Shaulock era stata esiliata.
Poco prima di salpare per chissà dove, l’altrettanto formosa madre, dopo aver adescato il capitano con uno sguardo, aveva preso in disparte la figlia e le aveva sussurrato, velenosa come una vipera:- Non fallire. Te lo proibisco! Tu non devi fallire.-
Sargas non aspettava altro da due lunghi anni. Gli dei erano dalla sua parte, finalmente. Aspettava da troppo, ormai, che qualcuno si facesse avanti sul Trono di Spade solo per vedere lontano il fratello. Le sarebbe bastato un mese, uno solo, e Raedestia avrebbe cacciato a forza Corbas dall’isola. Anche se non le sarebbe dispiaciuta tenerlo in prigione come suo sommo svago... o come qualcosa di più piacevole...
- Sargas, sei già vestita? Aspetta cinque minuti, prima di mentirmi.-
“Parli del diavolo” pensò divertita scuotendo il capo.
Esclamò divertita:- Entra pure, piccolo, mamma è già vestita.-
Ogni volta che si guardava allo specchio, Sargas credeva di diventare sempre più bella. Con Corbas era diverso, appariva sempre più magro, nonostante non facesse sforzi e mangiasse in quantità; ma erano gli occhi, l’unica cosa che lo rendeva simile a lei e che per contro lo inimicava alla sua sorte. Occhi lucenti come zaffiri, capaci di convincere chiunque solo con una parola di commiato. Ogni volta che lo fissava, rischiava di perdere la mascella, ma pensava ne bastasse la pena. “Un giorno quei due begli occhioni saranno solo miei, il come si vedrà” si ripeteva.
Corbas entrò gentilmente, domandandole:- Sorella, so di chiederti molto, ma devo dare disposizioni per risistemare il castello per l’arrivo degli ospiti. Posso chiederti gentilmente se puoi accogliere, eventualmente, gli ospiti al mio posto, qualora arrivassero?-
Sargas si abbandonò a una delicata e apparentemente innocente risata:- Ceeerto, fratello adorato e mio sovrano. Potrei farlo in cambio di quel delicato ammasso di ferraglia inutile che porti in testa.-
Lui sorrise stancamente, come se non dormisse da giorni, commentando:- Sargas, altrettanto delicata sorella! Te la darei volentieri, ma la corona di ferro contrasta come un pugno nell’occhio con la tua bellezza.-
Lei si avvicinò a lui con lentezza studiata, esclamando:- A-ah! Dunque confessi di trovarmi bella!-
- Quale fratello non lo farebbe?-
- Per caso è il tuo cervello a dirlo... o questo?- finì lei, appoggiando la mano al cavallo dei suoi pantaloni scuri.
Corbas allontanò lentamente la mano della sorella, sospirando:- Se non ti va di aspettare, puoi sempre risistemare il castello al mio posto.-
Lei scosse la testa, tranquillamente e con innocenza, dicendo:- Naaah! Aspetterò volentieri gli ospiti per te. Tanto, potrei conoscere bene queste famose Ombre del Drago!- “E portarle dalla mia parte!”
Lui sorrise di nuovo, avvicinandosi alla finestra e spalancandola, per far cambiare aria:- Come vuoi, sorellina. Ma ricordati che sono venuti per la pace dei Sette Regni, non per te.-
“Ma che fa, mi legge nel pensiero?” pensò la ragazza, prima di rispondere:- Sì, hai ragione, non sono venuti per me... non ancora!-
Il sovrano si rivolse alla principessa con malcelata sardonicità, commentando:- Ancora questa storia? Il trono non lo lascio, né a te, né a nostra madre, qualora dovessi partire per chissà quale impresa.-
Sargas rise a crepapelle, senza preoccuparsi della servitù che lavorava lì vicino.
- Oh, e a chi lo vuoi imprestare il Trono? Solo un famigliare può governare Raedestia, quindi Maestro Darba non può sedersi su tuo consiglio. Ah, ma aspetta! Tu punti a Schubba Venus! Il bastardo che hai avuto quando credevi che tua moglie fosse morta! Spiacente, mio caro valonqar, ma nemmeno può occupare la corona.-
- Sottovaluti Schubba, Sargas. Per me è molto più preparato al Trono di te. Bastardo o meno, gli ho insegnato tutto quello che so.-
Lei sogghignò maligna, riportandosi a un passo da lui:- Resta sempre un “ma” grosso come il castello, caro. Tu non puoi metterlo sul Trono.-
Un colpo di vento improvviso fece alzare leggermente i capelli a Corbas e per un attimo, solo per un attimo, a Sargas sembrò rivedere il loro padre, Bamma, redivivo: mancava solo la cicatrice sulla guancia e Corbas sarebbe sembrato tale e quale al padre. Com’era iniziato, così il vento finì e Corbas tornò a essere un uomo di ventisette anni con un peso a vedersi insopportabile addosso.
Disse con un sussurro alla sorella:- Noi non stiamo alle regole dei Sette Regni. Almeno, non a tutte.-
Mentre si allontanava a grandi passi, lei gli urlò dietro, indispettita:- Comunque, non potevi sapere se avrei accettato o no.-
Lui, di rimando:- Tu odi mettere le cose in ordine!-
Maledettamente vero. Maledettamente preciso. Maledettamente irritante! Bah! Cercò di darsi un contegno e decise di aspettare con calma gli ospiti.
 
Certo, la compagnia non era la migliore. Doveva aspettare fuori con Darba e Coraki il Monco. Darba la odiava, fin dal primo giorno in cui aveva preso a “fantasticare di usurpare il trono”, come diceva. Presto glielo avrebbe fatto vedere, il significato di fantasticare, a quel vecchio rugoso con quella dannata barba bianca!
Coraki... beh, era un tipo diverso, anche se subdolo come pochi. Aveva una bella zazzera blu scura, tipica di Raedestia, ma gli occhi rossi e maligni venivano da Dorne, dove aveva passato l’infanzia. Aveva il corpo muscoloso e proporzionato, con una veste molto stretta per non intralciargli il movimento e una cotta di cuoio di medio spessore per favorirlo in velocità. Il suo moncherino affilato al posto della sinistra, da cui il suo soprannome, veniva cambiato di tanto in tanto: a volte era un uncino, altre volte un coltello, altre ancora  una daga intera.
Era sempre con un fiasco dorniano in mano, ma era impossibile sapere le volte in cui era ubriaco e quelle in cui era sobrio, perché era imprevedibile ovunque andasse. Era il più fedele delle guardie giurate di Corbas, ma quel giorno stava dietro a lei; forse su richiesta del fratello, o forse perché lo divertiva farle fare brutta figura. Era un donnaiolo di prim’ordine, come il capitano Dorian, ma lui era più ambito rispetto al capitano: una leggenda del paese diceva che aveva chiesto agli dei di allungargli l’uccello della stessa lunghezza della mano che aveva perso. Chissà, in un futuro alternativo, anche lei gli avrebbe visto la mazza che aveva, una volta messo in catene e alla sua mercé...
Dovette interrompere i suoi pensieri, perché Schubba, messo di vedetta da Darba, annunciò a gran voce:- Navi in vista, zietta!-
Lei perse letteralmente le staffe e urlò per risposta:- Guai a te se osi ancora chiamarmi zietta! Piuttosto, dimmi, che simboli vedi?-
Lui inghiottì il pezzo di albicocca che aveva in bocca e chiese ridacchiando:- Come, zia? Non avevi occhi e orecchie dappertutto?-
Fu il turno di Sargas di sogghignare malignamente mentre lo fissava in cagnesco:- Non irritarmi, se non vuoi perdere la testa, bastardello!-
Si fissarono in silenzio per un lungo minuto, poi Coraki sbadigliò sonoramente e urlò con la sua voce roca:- Ehi, piccolo, dì allo zietto cosa vedi, da bravo! Poi ti porto a fare un giro nelle segrete, se vuoi.-
Lui si rigirò e recitò a voce alta:- La prima è una pantera rossa su un campo innevato.-
Darba commentò:- “Cadere e rialzarsi”. Il motto della nobile casata Snyag.-
Sargas sorrise senza scomporsi:- E i seguenti?-
Schubba non rispose, al che Coraki urlò ancora:- Quali sono le altre bagnarole?-
- Vedo un cerchio rosso circondato da due linee circolari diverse per posizione, mentre una volpe circonda il tutto come raggomitolata, su uno sfondo giallo e verde.-
- Dorato e verde, figliolo. Si tratta della nobile casata di Lord Wayward! “Con gli dei dalla nostra parte”, se non erro.-
La principessa scosse la testa:- Branco di vecchi, i Wayward!-; aspettò, perché chiedere era inutile a quel bastardo.
Il ragazzo proseguì. C’erano anche i vessilli degli Storm, un fulmine giallo sullo sfondo viola. Il loro motto era “Arriva la tempesta”, entità naturale che adoravano come dio, quei selvaggi!
Infine, c’era il vessillo con due spade incrociate su sfondo rosso. Lei e Coraki si fissarono negli occhi, per un brevissimo istante di sintonia, capirono di chi era la nave.
Il Monco commentò:- “Libertà o Morte”!-
La principessa sussurrò a sua volta:- Jarlath!-
Ognuna delle famiglie aveva avuto un passato difficile, dai tempi di Aegon o di Aerys. E ora tutti rispondevano in nome della pace. Se fosse riuscita anche solo a convincerli della sua buona volontà, forse... si costrinse a portare i piedi per terra. Se fossero stati testoni anche solo la metà di come era Corbas, sarebbe andata per le lunghe, la questione.
Darba la riscosse dai suoi pensieri:- Mia signora, forse sarebbe il caso di accogliere gli ospiti al porto...-
Lei fece un secco gesto di diniego:- No, Maestro Darba. Per quanto onorevoli, non li conosciamo. Potrebbero anche essere impostori, per quanto ne sappiamo. Coraki, porta la tua guardia di Morgothiani ad accoglierli.-
Lui fece un inchino annoiato e disse:- Sissignora, principessina! Schubba, vieni giù, Maestro Darba ti porta a fare un giro nelle segrete e nella sala delle armi.-
Il Gran Maestro provò timidamente a dire:- Mio buon Comandante, non credo che il nostro signore Corbas vorrebbe...-
- Approvo!- esclamò gelida Sargas, fissando il Monco, mentre parlava con il vecchio; - Non è molto onorevole, presentarsi ai signori Lord con il proprio parente bastardo. Per quanto gli voglia bene, anche Corbas al momento sarebbe d’accordo.-
Darba piegò il capo umilmente, poi fece strada al giovane Venus verso le segrete.
Coraki si bevve un altro generoso sorso dal suo fiasco ed esclamò con uno schiocco:- Bene! Andiamo ad accogliere con tutti gli onori questi sconosciuti figli del Guerriero o della Fanciulla!-
Fu trattenuto per un braccio da Sargas, la quale lo fissò duramente e gli disse:- Coraki, prova a dare ancora ordini al mio posto o a chiamarmi principessina e desidererai con tutto il cuore di tornare a Forte Terrore, quando avrò finito con te!-
Lui la fissò senza battere ciglio, domandando sorridente:- Mia cara signora, so a cosa punta, ma io servo il mio signore. Se vuoi il mio bastoncino, devi metterti dietro alla locandiera dell’osteria qui accanto! Lei ha molte più speranze di te!-
Detto questo, si allontanò senza proferire risposta. Sargas si limitò a sogghignare, sussurrando:- Staremo a vedere, bamboccio!-
 
Quando le porte si spalancarono, Sargas dovette trattenersi dal non sospirare di sollievo: l’attesa stava cominciando a farsi stressante anche per lei.
Il primo vessillo a farsi strada tra i soldati era quello degli Storm. Più abituati al mare che alla terra, l’esercito degli Storm sembrava comunque a proprio agio, lontani da Kalutuan, la loro isola natale.
I guerrieri erano armati fino ai denti; essenzialmente le loro armature erano di cuoio blu molto resistente, perché il metallo era riservato alle spade, pugnali e freccie. La loro era una vera e propria flotta; c’era chi parlava addirittura di mille navi e il giorno sfortunato in cui si fossero voluti mettere contro i Greyjoy, il mare del Westeros si sarebbe inondato di altrettanto sangue. Al loro comando svettavano due personaggi: uno era un ragazzotto bruno con una barbetta fine, gli occhi furbi e un’enorme scimitarra sottobraccio, che scherzava allegramente con il suo compare, un uomo alto e muscoloso, non quanto Coraki almeno. Aveva una bellissima carnagione, scurita per il tanto tempo passato probabilmente al sole, nella nave, con i suoi degni compari; la sua capigliatura era morbida e ricca, color miele e altrettanto ricca la sua barba, dello stesso colore. L’armatura era spessa e scura. Aveva una scure grossa come una testa di cinghiale sulla schiena e al collo portava un fulmine dorato, simbolo del comando.
Sargas pensò, convinta: “Fenrir Storm.” La descrizione riportata da Reena corrispondeva alla perfezione.
A seguire subito dopo il Principe di Kalutuan, seguivano tre Maestri, con un singolo anello ciascuno. Molto strano.
Coraki, che li aveva preceduti, sbadigliò sonoramente, prima di proclamare:- Il principe di Kalutuan, Lord Fenrir Storm, secondo in successione a Lukas Storm, figlio di Lord Maliq Storm Settimo del suo nome e di Lady Hola Storm, Lord di Lago Burrasca e possedimenti adiacenti. E il prossimo che pronuncia ancora Storm, lo ammazzo!-
Il silenzio imbarazzante fu rotto proprio da Fenrir, che si mise a ridere sonoramente con una risata degna della concorrenza di Robert Baratheon.
Coraki sghignazzò a sua volta, poi batté le mani una volta sola e annunciò disinvolto:- I prossimi!-
Il compare di Fenrir urlò in risposta agli uomini:- Sentito, ragazzi? Fate spazio agli altri deficienti!-
Fenrir gli assestò un amichevole manrovescio sulla testa, esclamando:- Comando io, Lerak figlio di Marlo! Uomini, spostatevi e fate passare gli altri figli di puttana!-
Gli uomini risero con lui, ma si fecero comunque da parte. Sargas rifletté: “Interessante, quel Fenrir; sa come imporsi a parole!”
I vessilli che apparvero per secondi furono proprio quelli dei Jarlath. I guerrieri dell’isola di Ragnarok erano seri e sicuri, armati alla leggera con cotte verde scuro o con archi e freccie, l’esatto opposto dell’esercito dei Kalutuani. Erano molto ben ordinati, oltretutto, ogni piccola compagnia regolata da un uomo che presumibilmente era il capo-brigata. Sargas riuscì a distinguere molti Braavosiani, tra le file.
 Dalle file si fece strada un uomo e Sargas ne rimase come folgorata: non era alto come Fenrir, ma era comunque molto più affascinante. Sembrava un trentacinquenne, con i lunghi capelli castani che facevano da contrasto ai suoi occhi neri, profondi e liquidi. La barba castana era tagliata molto corta. Vestiva un’armatura leggera di metallo tendente al verde bosco e una spada venata di screziature rossicce pendeva al suo fianco, con un rubino impiantato nell’elsa, grosso come un uovo di quaglia, mentre in testa svettava un diadema con il simbolo del dio Guerriero.
Al suo fianco, con sommo dispiacere della principessa Shaulock, c’era una donna molto graziosa, mora, con i capelli lunghi e lo sguardo furbo.
Coraki annunciò nuovamente:- Il principe e reggente al trono di Ragnarok Lord Jonathan Jarlath, figlio del defunto Lord Arthur Jarlath e della reggente Lady Enidh Jarlath, Signore di Bosco Cupo e territori adiacenti. E il prossimo che...-
- Mi dà del figlio di puttana, lo decapito!- terminò per lui lo stesso Principe Jonathan, fissando con finto astio Fenrir alla sua sinistra; il quale rispose con un ghigno compiaciuto.
Sargas pensò che di lì a poco, sarebbe potuto essere suo più lo Storm del Jarlath; si notava una netta differenza in fatto di resistenza mentale tra i due, ma entrambi celavano una rabbia che sfruttata si sarebbe rivelata utile.
I ranghi si spostarono ulteriormente e apparve un altro vessillo sotto il portico del castello: i Wayward. Lo spettacolo era meraviglioso: le leggerissime armature dei Figli degli Dei (veneravano quello che volevano, sull’Isola del Pianeta Infranto) brillavano di oro e blu zaffiro, mentre i loro pennacchi colorati coloravano a loro volta l’aria circostante. Ed era solo un drappello dei diecimila uomini residenti dell’Isola.
In prima fila, c’era una donna, armata con un’armatura di color rosso scuro fine come la sua vita, davvero minuscola per una ragazza della sua età. Era incredibile, poi, il contrasto di carnagione con il guerriero fiero e nobile al suo fianco, della tipica carnagione delle città libere, e quello della fanciulla, che si sarebbe detto dimostrasse poco più di ventitré anni. Il viso era pallido e malaticcio, mentre i capelli neri le ricadevano sulle spalle. Minuta ed esile, il suo corpo sembrava l’esatto opposto di quello lussurioso di Sargas. I suoi occhi grigio fumo, in compenso, la rendevano sì, molto spenta, ma anche con un fascino remoto. Teneva un arco molto strano sulla schiena, con freccie di color rosso cupo. Aveva due splendidi orecchini lavorati con la bravura braavosiana, con lo stemma della casata all’interno del circolo.
Coraki urlò ancora:- La principessa Lady Sita Wayward, sorella dell’erede al trono dell’Isola del Pianeta Spezzato Famie Wayward, figlia di Lord Athelstan Wayward e Lady Bernice Clockford, signora di Alta Marea e bla bla bla!-
Iulius borbottò qualcosa accigliato, ma lasciò correre. Intanto gli uomini di Fenrir continuavano ancora a ridere per le facezie del Monco.
Per ultimi, arrivarono gli Snyag, il cui stemma era presentato da un cavaliere talmente alto, biondo e bello da togliere il fiato anche a Sargas. L’esercito che seguiva era un semplice plotone, armato di balestre e picche, oltre che lunghe lancie.
In prima fila, anche lì, una donna, che fece indispettire non poco Sargas, per la bellezza dirompente che emanava. I lunghi capelli ondulati che ricadevano dolcemente intorno al viso e poi finivano lungo la schiena con morbide curve, di color castano. Gli occhi erano particolari: uno di un color verde, come le foglie degli ulivi in primavera, l’altro color marrone come un tronco di faggio nelle foreste, entrambi sormontati da ciglia e sopracciglia molto curate. La curva del naso era molto dolce e le labbra erano piene e morbide, quasi a forma di cuore. Teneva un copricapo con i colori rosso e bianco e una frusta sul fianco. Ma ciò che più impressionava Sargas, era quella sensazione che quella ragazza emanava: una sensazione sgradevole, di contrasto con il suo subconscio. Che fosse... magia?!
Coraki si sgolò di nuovo, con fare annoiato:- La principessa ed erede al trono di Chrysos Lady Annalyse Clarisse Snyag, figlia di Lord Fridas Snyag e Lady Julien Lotwell, signora di Vello Dorato e collinette circostanti.-
Stava per filarsela, prima di vedere lo sguardo furibondo della principessa Shaulock.
Allora sbuffò nuovamente, voltandosi per annunciarla:- Signori, sono davvero lieto di presentarvi Lady Sargas Shaulock, sorella del re di Zobranogar dell’isola di Raedestia Corbas Shaulock Quarto del suo nome, re onorifico di Antares e di tutte quelle belle baldracche che avete visto passando accanto all’osteria.-
I signori erano scesi da cavallo e si erano avvicinati con fare chi più chi meno pomposo alla Lady in questione, che stava facendo del suo meglio per non vomitare veleno addosso al Monco per averla messa in imbarazzo davanti ai suoi ospiti.
Con un sorriso gentile, s’inchinò di fronte a loro, dicendo placidamente:- Miei Lord, spero che il viaggio sia stato di vostro gradimento.-
Prima ancora che Annalyse potesse aprire bocca, Lord Storm rise senza freni ed esclamò sfacciato:- Perfettamente! Una tempesta come non la vedevo da mesi, con il nuovo mozzo a vomitarmi sul tappeto e a insozzarmi gli stivali nuovi! Ma a parte questo, se voi scorpioncini intendete “gradimento” con “noioso”, allora sì, è stato noioso come pochissime traversate sul lago di mia madre.-
- I grugniti di un cinghiale sarebbero sembrati molto più eloquenti del vostro discorso, Lord Storm. Milady, credo sia implicito, ma vi assicuro il servizio mio e della mia famiglia alla vostra fino al termine di ogni tristezza, se vi compiace.- Il discorso di Jonathan Jarlath non aveva fermato il risolino di Fenrir Storm, ma quantomeno lo fece stare zitto.
Annalyse provò a dire con finta timidezza:- Mia signora, finalmente! Mia madre aveva detto che splendeva un sole meraviglioso nelle mura di storia del Sangue Nero, ma non immaginavo che il sole emanato dalla vostra bellezza fosse altrettanto dirompente.-
Sargas sentì come dei viscidi tentacoli dell’oltre avvicinarsi pericolosamente alla sua persona, mentre l’erede Snyag parlava: una primitiva forma di controllo mentale dei Primi Uomini, ma era una bambina quando sua madre glielo aveva insegnato e le bastò un sibilo impercettibile per farle sparire. Una dimostrazione inutile per tutte e due, ma era stato fatto al solo scopo di conoscersi meglio.
Le sorrise a sua volta, rispondendo sia a lei che a Jonathan:- Siete molto gentili, non c’è che dire. Mai casa Shaulock ebbe ospiti più gentili di voi.- “Eccezion fatta per questo zotico Storm!” pensò senza darlo a vedere.-
La giovane Sita non disse nulla, si limitò a fare due tre segni con le mani, per poi indicare Storm.
Fenrir esclamò, ridacchiando sotto la barba:- Oh, bella! La ragazza vuole già conoscermi intimamente e non ha la voce per dirlo?-
Iulius stava per parlare, ma fu Sargas a parlare al suo posto:- Lady Wayward si è limitata a dire nel linguaggio dei segni che afferma tutto quello che hanno detto i Lord prima di lei, eccetto Lord Storm.-
Tutti risero o sorrisero, mentre Sargas cercava di trovare un qualsiasi segno di reazione nei suoi occhi: sorpresa? Sì. Riconoscenza? No. Ammirazione? Non ne era del tutto sicura.
Provò a proporre:- I signori nobili saranno affamati o assetati. Permettetemi di condurvi ad assaggiare un buon bicchiere di vino dorniano o un boccale di Birra di malto di Myr, se preferite...-
- “Ospite ubriaco, nemico in guerra” diceva nostro padre. Sarà stato scaramantico, ma ho sempre detto che aveva ragione da vendere.-
A parlare era stato quell’odioso di suo fratello, appena passato dal portone centrale del portico. La corona nera a forma di scorpione svettava sulla sua testa.
I nobili s’inginocchiarono d’istinto o controvoglia, ma Corbas venne loro incontro velocemente, dicendo contrariato:- Ma signori, non inginocchiatevi, siete voi gli ospiti. Dovrei inginocchiarmi io, ma abbiamo fatto tutti quei salamelecchi grazie al fido Coraki, quindi direi che di tempo ne abbiamo perso abbastanza; e mi devo scusare per l’assenza, ma sono stato a risistemare il castello in attesa del vostro arrivo. La cena sarà servita verso sera tarda, possiamo chiarire alcuni aspetti del mio avviso fino allora, se preferite.-
Storm lo squadrò da capo a piedi, per poi sbottare:- Finalmente vediamo il Lord dei crostacei di questo posto dimenticato dagli dei!-
Sita espresse un gesto con le dita che Sargas tradusse come “Al massimo da te.”, prima che Fenrir proseguisse dicendo:- Mio padre diceva che non c’era signore più giusto e grande di voi tra le Ombre. Beh, vogliate scusarmi, ma mio padre si deve essere fatto una sbronza colossale, mentre pensava al “grande”.-
Mentre i suoi uomini ridevano, Corbas rispose come se nulla di offensivo fosse uscito da quella bocca zotica:- Non vorrei offendere né lei né la sua grandezza, ma forse il mio Lord confonde grandezza con altezza.-
Il suo amico Lerak provò a rispondere:- Quindi, dove sarebbe l’offesa?-
Coraki, appoggiato bellamente sulla colonna di fronte, urlò:- Che il cazzo dei Kalutuani sta al nostro come uno scorpione a Fenrir.-
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, mentre Sargas diventava rossa come un peperone e minacciava mentalmente di morte Coraki.
Poi, fu proprio Fenrir a ridere, seguito da quasi tutti i suoi uomini.
Jonathan Jarlath provò a dire al re di Zabronogar:- Mio Lord, nella missiva c’era scritto che la pace dei Sette Regni è minacciata. Si tratta di questo? Per questo ci ha chiamati?-
Lui annuì, improvvisamente serio, dicendo:- Vogliate scusarmi solo un attimo e poi sarò da voi.-
Si avvicinò velocemente alla colonna di Coraki. Poi, assestò un calciò così possente da far tremare la colonna e far cadere il suo Capitano, esclamando:- Forza, deficiente, ci servi in sala riunioni.-
Il Monco assentì debolmente, mentre Corbas si rigirava verso i cavalieri dei Lord ed esclamava:- Signori cavalieri, potete sistemarvi nell’area adiacente al castello; il mio Gran Maestro Darba ha già badato a sistemare alloggi e bevande per tutti. Le guardie del corpo soltanto mangeranno nel Salone con la corte.-
Si voltò poi verso la sorella e disse:- Vuoi seguirci in riunione, sorella?-
Lei rimase stupita di sapere che la volesse con lei; cosa stava macchinando?
Ma si limitò a rispondere:- Te ne sarei grata, fratello.-
Tutti e sei i Lord e Milady si avviarono alla Torre delle Ombre.
 

Angolo dell’autore: Finiiitaaa! Non pensavo che ce l’avrei fatta!
Allora, avete visto tutti, le iscrizioni sono finite, ma spero che seguirete lo stesso la mia ff.
Un grazie particolare a Pendragon_AM, _nona, crazygurl91 e Skye_Targaryen per aver partecipato.
A questi ultimi, se volete farmi un ultimo piccolo piacere, avrei un’ultima richiesta: potreste dirmi i rapporti particolari che potrebbero nascere tra i personaggi finora citati, se ce ne fosse la possibilità? Grazie! Alla prossima! Valar Morghulis.
   
 
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