Capitolo
3
Il
sidecar procedeva veloce
lungo la strada deserta. Ogni tanto a distanza si scorgeva una
fattoria, ma la
maggior parte del paesaggio era una continua distesa di campi oppure
piccoli
boschi.
Nola
si era addormentata, con
le mani ancora strette attorno al torace di Shia, e lui poteva
percepire il
sogno che stava facendo la ragazza. Era un episodio della sua infanzia.
Faceva
collane di perline con
la nonna, durante un pomeriggio molto piovoso.
-
Voglio andare a giocare
fuori! – esclamava Nola.
-
Non si può, vedi che sta
piovendo? – diceva la nonna.
Allora
Nola si avvicinava alla
nonna, e faceva finta di essere dispiaciuta.
-
Dai nonna! Ti prego, fai una
magia, una sola! –
La
nonna la guardava di
sottecchi, ma poi le sorrideva.
-
Una sola…-
E
mentre Nola esultava, la
nonna si avvicinava alla finestra. Con un gesto della mano scatenava
una folata
di vento che in breve tempo spazzò via i nuvoloni, per far
posto ad un sole
splendente.
-
Bravissima! Come vorrei
poterlo fare anche io! –
-
Quando sarai più grande
potrai farlo, perché darò questo mio potere
proprio a te! -
La
moto ebbe uno sbalzo, e Nola
si svegliò di colpo.
-
Manca molto? – chiese,
stropicciandosi gli occhi.
-
No, guarda. – disse Shia,e
alzò un braccio in direzione dell’orizzonte. In
lontananza si cominciava a
vedere il profilo di una città molto estesa, per niente
simile alle città che
conosceva Nola.
-
Non mi ero mai spinta così
tanto lontano da Hideshire! – mormorò.
In
breve tempo giunsero
finalmente ad Alder.
-
E ora, che si fa? –
Questa
era la domanda che si
ponevano i ragazzi. Non sapevano ne dove andare, ne come sopravvivere
in quella
città sconosciuta. L’unica cosa certa era che
Alder sarebbe stata un
nascondiglio perfetto.
-
Per prima cosa dobbiamo
cercare un albergo. –
Shia
ingranò la marcia e partì
veloce con la moto, lasciandosi un polverone alle spalle.
Alder
era una città molto
moderna, costellata di grattacieli e di giganteschi stabili sospesi
nell’aria,
a cui si poteva accedere grazie ad un sistema di navicelle che
funzionavano
come dei veri e propri autobus.
Shia
fermò la moto.
-
Guarda! – fece a Nola,
allarmato, e le indicò un muro.
Era
ricoperto di manifesti come
quello che i due infermieri avevano mostrato al ragazzo quella mattina.
-
Hanno fatto in fretta! – disse
Nola, sarcastica.
-
Mascherano la faccenda
scrivendo che sei minorenne e sei fuggita, ma la realtà
è che ti cercano perché
vogliono il tuo potere. –
-
Che cosa?! – esclamò Nola.
-
È proprio così. Ho sentito
che alcune Starlight della vecchia generazione sono state uccise,
proprio come
tua nonna, e penso che c’entri quel manicomio, Hansenouth.
Secondo me non è
nemmeno un manicomio… –
Nola
corrugò le sopracciglia,
preoccupata.
Boris
frugò tra i bagagli, e in
mezzo alle cose di Shia trovò un cappello con la visiera. Lo
porse a Nola con
un abbaio.
-
Boris, sei un genio! – disse
Shia, rimettendo in moto.
Girovagarono
per un po’ prima
di trovare qualcosa di interessante.
Era
una piccola pensioncina
economica gestita da una vecchia signora e dal figlio, un uomo di mezza
età.
Shia
chiese una camera, e
assieme a Nola e a Boris vennero condotti a destinazione.
-
Mi spiace di non poterci
permettere due camere separate, ma questi sono tutti i miei risparmi, e
bastano
a malapena per pagare questa. –
-
Ma che dici! Sono io a
dovermi dispiacere! Per colpa mia hai dovuto lasciare la tua casa e la
tua vita
e hai dovuto anche spendere dei soldi per me! Io… non so
davvero come
ringraziarti! –
Shia
rise, con la sua solita
risata felice. Tutta la sua rabbia era svanita nell’attimo in
cui erano entrati
nella città.
-
Sarei dovuto andarmene
comunque, quindi, visto che l’occasione è arrivata
con te… -
Nola
sorrise.
“Sono
davvero fortunata ad
avere un amico così!”
I
due infermieri si
incamminarono per un lungo corridoio bianco.
-
Te l’avevo detto che dovevamo
perquisire meglio la casa! Dovevamo minacciarlo, quel tipo, oppure
toglierlo di
mezzo… - disse il primo, torcendosi le mani.
-
Ma che dici? E poi come
potevamo sapere che anche lui era uno di loro? –
Arrivarono
davanti ad un’alta
porta bianca, che si aprì ad un loro tocco.
La
stanza che si presentò loro
davanti era molto spaziosa e dal soffitto alto. La parete di fondo
aveva
un’ampia vetrata, dalla quale si poteva vedere una lunga
catena montuosa che
dava sul rosso, ai piedi della quale si estendeva un immenso lago di
lava. Il
cielo non esisteva, perché a coprire quel paesaggio
c’era una gigantesca cupola
di terra.
La
stanza aveva l’aspetto di
uno studio: al centro c’era una scrivania in legno, mentre
qua e la si
trovavano divani, librerie e poltrone. In un angolo c’era un
gigantesco
specchio ovale, sorretto da due zampe di leone di ottone lucidato.
-
Che notizie avete? – chiese
con tono autoritario la ragazza seduta alla scrivania. Si dondolava
sulla sedia
e aveva i piedi incrociati e poggiati sullo scrittoio.
I
due infermieri trasalirono.
-
Ecco… la ragazza, abbiamo
perso le loro tracce… Ma abbiamo diffuso il suo identikit
alle forze
dell’ordine della Repubblica dell’Aria…
-
La
ragazza giocherellò con una
ciocca dei suoi capelli corvini, disinteressata.
-
Scusi… signorina Morgan, ci
chiedevamo se… se potevamo andare… -
-
Fatemi capire una cosa… Siete
venuti fin qui per riferirmi solo questo e pretendete anche di
andarvene senza
ricevere alcuna punizione? –
I
due sussultarono nuovamente,
ma in quel momento, dallo specchio uscì fuori un uomo alto,
dai corti capelli
neri.
-
Dray! – esclamò Morgan,
dimenticandosi dei due sventurati e correndo incontro al nuovo arrivato.
I
due si strinsero in un
abbraccio, e Dray chinò la testa sulla ragazza, fino a
raggiungere le sue
labbra con le proprie.
Quando
si sciolsero da quel
bacio appassionato, Dray si voltò verso gli infermieri.
-
E voi che avete da guardare?
Andatevene! – li intimò.
I
due non se lo fecero ripetere
due volte, e se la diedero a gambe.
-
Sono stufa di questa
messinscena. Sai, mi dispiace moltissimo trattarli in quel modo, ma se
non lo
facessi, Langarth potrebbe maturare qualche sospetto su di noi... -
disse
Morgan, mentre si sedeva sulle ginocchia di Dray, che si era insediato
sulla
poltrona della scrivania.
-
Non preoccuparti. Entro breve
saremo liberi e non dovremmo più sottostare a quell'uomo
malvagio. –
-
Allora? Novità? – chiese la
ragazza.
-
Sono riuscito a trovare due
Starlight nella città di Alder, e sospetto che ce ne sia
anche una terza, ma
non ho capito a quale costellazione appartiene… -
-
Beh, se non altro hai
scoperto molte più cose di quei due infermieri messi
insieme!–
Dray
giocherellò con una ciocca
di capelli di Morgan.
-
Lo ammetto! Sono fantastico!
–
-
Non montarti la testa! E
ricorda. Voglio che ci sia anche tu, quando li sconfiggeremo, la tua
presenza
mi fa combattere decisamente meglio! –
Nola
si avvolse nelle coperte e
si raggomitolò sulla poltrona. Era riuscita a convincere
Shia a non fare il
cavaliere, così fu il ragazzo che occupò il
letto, anche se i piedi gli
spuntavano fuori. Boris si accontentava di una coperta ripiegata che
gli faceva
da giaciglio, ai piedi della poltrona.
La
ragazza aprì gli occhi:
qualcosa non andava. Per cominciare si trovava in posizione
orizzontale, e non
accoccolata sulla poltrona. Alzò il busto. Si trovava nel
letto, mentre Shia
dormiva tranquillo nel posto dove avrebbe dovuto essere lei. Durante la
notte,
lui l’aveva presa di peso e cambiata di posto, e lei non se
ne era nemmeno
accorta!
Sorrise.
Sentiva che l’affetto
provato per quel ragazzo cresceva sempre di più nel suo
cuore.
“
Chissà se sarà felice di
sapere che lo considero il mio più caro amico!”
pensò.
Sembrava
proprio un bambino,
rincantucciato e avvolto dalle coperte, mentre sorrideva facendo
chissà quale
sogno.
“
Bene, oggi cercherò un lavoro
e una casa! Non posso sempre vivere a spese di altri.”
Andò
in bagno, e quando tornò,
vide che Shia si era svegliato, e così anche Boris.
-
Con te faccio i conti dopo! –
disse al ragazzo, fingendosi arrabbiata.
-
Mi hai messa sul letto senza
il mio consenso! –
-
Beh, vedi… Io sono troppo
alto, e il letto è troppo piccolo… Ma tu ci stavi
così bene che ho pensato di
scambiarci…-
-
Andiamo a fare colazione! –
disse Nola, cambiando discorso, mentre lo tirava per un lembo della
maglia.
Dopo
aver fatto colazione ed
essersi preparati, i due con il cane appresso, fecero un giro a piedi
per la
città. Nola si coprì il viso con il cappello, per
non farsi riconoscere, visto
che il manifesto che la ritraeva era stato molto più diffuso
di quanto pensassero.
Improvvisamente
a Nola venne in
mente che non conosceva il motivo per cui Shia fosse diventato una
Starlight,
così provò a chiederglielo.
-
È stato quando ero molto
piccolo… Ti ho detto che ho un fratello e una
sorella… Beh, avevo anche un
altro fratello, molto più grande di me. – fece una
pausa, prendendo il respiro.
-
Le Starlight sentono quando è
il momento della loro… “dipartita”, e
fanno in modo di trovare un successore
degno di questo potere. In genere si sceglie la persona a cui si tiene
di più,
ma a volte può capitare che per necessità si
tramandi il potere in gran fretta,
e così può sopraggiungere in mani sbagliate.
Mio
fratello era affetto da una
malattia che lo alterava pian piano… Fino a quando
arrivò il giorno in cui fu
costretto in un letto di ospedale. Non potemmo più giocare
insieme, andare per
campi, correre in bici… Non ci fu nessuna celebrazione o
cerimonia ufficiale.
Semplicemente mi inondò con la stressa luce calda che hai
ricevuto tu, Nola, e
così, mio fratello divenne una persona normale come le altre.
Morì
due giorni dopo.
Dopo
questo fatto, io e la mia
famiglia ci trasferimmo nel Regno della Terra, e questo è
tutto. –
Il
cuore di Nola si sciolse
come neve al sole.
Allora
c’era qualcuno che
capiva il suo stato d’animo. Shia poteva capire che cosa si
provava standosene
raggomitolati in un angolo a pensare che la persona più
importante della
propria vita se ne era andata, e non sarebbe mai tornata.
In
un impeto d’affetto, Nola
corse verso il ragazzo e gli cinse il torace con le braccia. Era
talmente bassa
che la sua testa arrivava a malapena alle scapole di lui.
In
quel gesto, la ragazza cercò
di infondere tutto l’affetto e la compassione di cui era
capace, e questo fece
molto piacere a Shia, che la canzonò scherzosamente.
-
Non vorrai metterti a
piangere, vero? Altrimenti bagnerai la mia maglia preferita!
–
-
Scemo! Volevo solo
consolarti! – esclamò lei, dandogli un finto pugno.
-
Guarda! Forse qui troviamo
qualcosa! –
Nola
indicò la vetrina di un
bar, su cui era attaccato un cartello scritto a mano: “
Cercasi con urgenza cameriera/e anche
senza esperienza”
-
È perfetto! – disse Shia,
entrando nel locale.
Era
un caffè molto carino.
Semplice e pulito, all’interno sembrava una piccola baita.
Davanti al bancone
si trovavano tanti piccoli tavolini accompagnati da sedie nello stesso
stile,
disposte ordinatamente attorno.
Al
bancone, stava un giovane
che asciugava dei bicchieri.
-
Buon giorno, volevamo
chiedere informazioni riguardo il cartello in vetrina.
L’offerta è ancora
valida? – chiese Nola.
Il
tizio al bancone alzò lo
sguardo, e sorrise disperato.
-
Ditemi che volete lavorare
qui! Vi scongiuro! È un mese che lavoro come uno schiavo!
Certo, la paga è
ottima, ma che ne è della mia stima personale? Anche se oggi
è un po’ vuoto, vi
giuro che il locale è sempre strapieno di persone che
vogliono essere servite e
riverite: “ Portami quello!” mi dicono, oppure
“ Non sei ancora arrivato?
Vorremmo ordinare!”. Credetemi, lavorare da solo è
una tragedia! –
Il
tizio continuò a parlare
come una macchinetta, nervoso e felice al contempo. A Nola
scappò un sorriso,
mentre Shia dovette uscire fuori e ridere come un matto, ma il
cameriere non se
ne accorse nemmeno, sfogandosi con loro di tutti i suoi problemi.
-
Può assumerci entrambi? – chiese
Nola, quando il ragazzo aveva apparentemente esaurito ogni problema
personale
di cui poteva discutere. Shia nel frattempo si era calmato, ed era
rientrato al
negozio.
-
Certo! È una cosa
meravigliosa! Aspettate un attimo, chiamo il capo. -
Il
ragazzo diede le spalle ai
due, si tolse il grembiule
da cameriere
e si sistemò il papillon, poi si voltò nuovamente
verso di loro.
-
Salve, sono il capo. –
A
quelle parole Shia dovette
correre nuovamente fuori a ridere, mentre Nola lo fece dentro.
-
Scusami! – disse,
asciugandosi le lacrime che le erano scese per il divertimento.
– È che mi hai
colta impreparata! –
Shia
tornò dentro, ancora con i
brividi della risata.
-
La gente mi guardava male,
perciò sono dovuto rientrare…-
Nel
bar entrò un cliente.
-
Allora, descrivimi le
mansioni che ci affiderai, la paga e i giorni di vacanza… -
disse Shia, ma
qualcuno li interruppe. Era la persona entrata al bar un attimo prima.
Era
una ragazza alta
pressappoco come Nola, forse qualche centimetro in più.
Aveva i capelli e gli
occhi dello stesso colore: un intenso e brillante verde smeraldo.
Era
vestita molto alla moda e
sembrava anche abbastanza ricca.
-
Mi dispiace, te li rubo per
un attimo! – fece al cameriere, con un sorriso ammiccante.
Spinse
i ragazzi verso un
tavolo e li costrinse a sedersi.
-
Si può sapere chi sei tu? –
chiese Nola, per niente contenta del trattamento riservatogli.
-
Io mi chiamo Wythe, e sono la
Starlight della Bilancia, Libra. So che anche voi siete delle
Starlight… –
-
Che cosa? – esclamò Nola, ma
la sua bocca venne tappata dalla mano di Wythe.
Shia
era perfettamente
controllato. Alcuni clienti del bar si voltarono nella loro direzione.
-
Vuoi farlo sapere a tutti?
Non siamo al sicuro in questo posto, come non lo siamo
nell’intera città. –
-
Per quale motivo? –
Wythe
si guardò intorno, per
controllare che nessuno li stesse ascoltando, e proprio mentre stava
spiegando
il motivo, fu interrotta da Nola.
-
Come facciamo a sapere che tu
sei davvero una Starlight e non ci vuoi ingannare? –
-
Ci penso io. – la
tranquillizzò Shia e si protese verso l’altra
ragazza. Lei, timorosa, si
ritrasse.
-
Non preoccuparti, io leggerò
nella tua mente. –
Posò
due dita su una tempia di
Wythe, e poco dopo le ritirò.
-
Dice la verità, possiamo
fidarci. –
-
Allora, stavo dicendo… Le
spie di Langarth sono dappertutto, e potrebbero sentirci… -
-
Le spie di chi? – chiesero i
due in coro. Speravano di aver capito male!
-
Uffa, ma voi non sapete
niente? – esclamò Wythe, seccata. – Se
venite a casa mia vi spiegherò tutta la
faccenda dall’inizio. Solo una cosa: se il vostro cane fa i
bisogni sul
tappeto, lo sbatto fuori! –
I
ragazzi uscirono dal locale,
rinunciando a conoscere i particolari sul loro lavoro.
-
Stasera ci torneremo, così ci
faremo spiegare tutto per bene. – disse Shia.
-
Da che parte si va per casa
tua, Wythe? – chiese Nola.
-
Perché, vorresti andarci a
piedi? – chiese la ragazza, mascherando un risolino di
scherno.
-
No di certo, tra poco
arriverà la mia limousine personale a prenderci! –
fece Nola, ridendo.
-
Se permetti, arriverà la MIA
limousine personale. –
Nola
e Shia guardarono quella
ragazzina con gli occhi fuori dalle orbite. Allora quella tipa era
davvero
ricca sfondata!
Il
tempo passava, ma dell’auto
nemmeno l’ombra. Finalmente si vide un luccichio in
lontananza: era la parte
anteriore di una lussuosissima auto nera lucente, che si
fermò proprio davanti
a loro.
-
Finalmente! – sospirò Wythe.
L’autista
scese dall’auto, e
con un gesto elegante aprì la portiera posteriore, da cui i
ragazzi entrarono
dentro.
Wythe
rimase fuori.
-
Chi è lei? – chiese all’autista,
che teneva calato il berretto sugli occhi.
-
Mi perdoni signorina, ma il
suo autista, Andrew, ha avuto un contrattempo, così il
signore, vostro padre,
mi ha chiesto la cortesia di venire a prenderla io. –
Lei
ci pensò un po’.
-
Va bene. Subito a casa, per
favore. – disse, dopo un attimo di perplessità,
salendo in auto.
-
Volete un succo? – chiese
Wythe, aprendo un piccolo frigo bar che si trovava incassato
all’interno
dell’auto. Dall’esterno non sembrava, ma
all’interno quell’auto era davvero
grande e spaziosa. I sedili formavano un semicerchio, dove ci si poteva
anche
sdraiare comodamente e fare un sonnellino. La loro zona era separata da
quella
dell’autista da un pannello automatico, che si alzava e si
abbassava proprio
come i finestrini.
-
Allora, volete qualcosa da
bere? – chiese Wythe con un sorriso.
Shia
e Nola accettarono di buon
grado.
-
Com’è che ora sei tutta
gentile e prima eri più… come posso
dire… fredda? – chiese Nola, sorseggiando
un fresco te alla pesca.
-
Dovete scusarmi, è che quando
sono entrata in quel bar ho avuto la sgradevole sensazione di essere
osservata,
e questo mi ha reso nervosa… -
-
Parli delle spie di quel
tipo? Langarth? –
Wythe
annuì.
La
macchina procedeva spedita
per una strada a quattro corsie. Ormai erano fuori dalla
città di Alder.
-
La mia piccola villa è un po’
fuori mano, ma ci si arriva tranquillamente percorrendo questa strada.
-
Il
panorama era completamente
diverso da quelli che aveva potuto ammirare Nola fino a quel momento.
Al posto
delle tranquille fattorie sparse per la campagna, si trovavano invece
degli
edifici dalla strana architettura, e quelli che da lontano sembravano
filamenti
di metallo, in realtà erano i fumaioli di stabilimenti
ecologici.
Improvvisamente
la limousine
imboccò una strada di campagna stretta e non asfaltata.
Wythe
si alzò all’improvviso.
Aprì il pannello automatico e si rivolse
all’autista.
-
Ma dove sta andando? Doveva
imboccare il secondo incrocio, non il primo! –
L’autista
sorrise. – Non si
preoccupi, è una scorciatoia suggeritami dal vostro amico
Andrew. –
Wythe
tornò a sedersi, e
richiuse il pannello.
-
Qualcosa non va? –
-
Non so, ma improvvisamente mi
è tornata la stessa sensazione che ho provato al
bar… -
Dopo
aver percorso un lungo
tratto di strada polverosa, l’auto si fermò in un
largo spiazzo fangoso, dove
ad attenderla c’era una ragazza dai capelli corvini, che
teneva le braccia
incrociate sul petto.
I
ragazzi e il cane scesero
dalla limousine, senza neanche aspettare che l’autista
aprisse la portiera.
Subito dopo scese anche lui.
Si
avvicinò alla ragazza.
-
Finalmente sei arrivato Dray,
mi stavo annoiando! Questo tipo è davvero scatenato, pensa
che ho dovuto
legarlo per non correre rischi! – disse lei, stringendo un
braccio del ragazzo.
-
Andrew! – esclamò Wythe, correndo
ai piedi di Morgan, dove si trovava un signore di mezza età
legato e
imbavagliato.
-
Cosa succede? Chi siete voi?
– esclamò Nola, furiosa nel vedere
quell’uomo trattato peggio di un animale.
Dray
e Morgan si voltarono
contemporaneamente verso lei e Shia.
Morgan
sorrise
diabolicamente. –
Lo spilungone me lo
prendo io! –
-
Allora io mi prendo la
ragazza! – disse Dray, e si tolse il cappello, lanciandolo in
aria.
Nola
spalancò gli occhi: non
poteva credere a quello che vedeva.
Nello
sguardo di Dray riconosceva
perfettamente gli stessi occhi azzurro ghiaccio che avevano fissato sua
nonna
fino alla morte.
Dray
era l’assassino di sua
nonna!
Anche
Nola si tolse il
cappello, e lo fece cadere per terra.
-
Chi si rivede! – fece Dray,
che si preparava a combattere.
Nola
premette le mani sul suo
petto, e iniziò ad illuminarsi di un’intensa luce
blu.
Le
sue mani si aprirono pian
piano, e al loro interno si cominciò a formare un oggetto
che si ingrandiva
sempre di più, fino a raggiungere le dimensioni reali: era
un’anfora gigantesca
e apparentemente leggerissima, colorata di un blu molto intenso.
-
Aquarius! – esclamò lei, e
subito un getto potentissimo di aria venne sprigionato
dall’anfora. Questo
getto d’aria avvolse Dray improvvisamente, ma sembrava non
sortire alcun
effetto.
Nel
frattempo Anche Shia si
illuminò di una strana luce, di colore rosso questa volta, e
dal palmo della
sua mano uscì un lungo bastone in legno, sulla cui
sommità svettava la testa di
un ariete, dalle corna ricurve.
-
Aries! – gridò.
Morgan
tracciò con la mano un
cerchio in aria, e le sue dita si trasformarono in lame affilate e
pronte ad
attaccare. Shia si difendeva molto bene con il suo bastone, ma stava
pericolosamente arretrando verso il punto in cui si trovava il povero
Andrew, a
cui Wythe stava togliendo il bavaglio e slacciando le corde che lo
tenevano
imprigionato.
“
Se non mi sposto potrebbe
colpirlo!” penso il ragazzo.
-
Se volevi farmi ridere ce
l’hai fatta! Vorresti spaventarmi? Oppure cosa? –
rise Dray, mentre veniva
piacevolmente solleticato da quel venticello.
Nola
sorrise. Improvvisamente
il vento cominciò a ritornare all’interno
dell’anfora.
-
Cosa… cosa mi sta succedendo?
– urlò Dray, che sentiva una strana sensazione
invadergli il corpo. Anche lui
tracciò un cerchio in aria, e al posto del suo braccio
destro apparve una
gigantesca lama triangolare.
Per
un attimo Nola rivide
quella lama inondata di sangue scarlatto. Il risucchi
dell’anfora aumentò di
intensità, mentre la ragazza sentiva crescere dentro di lei
una fortissima sete
di vendetta.
L’anfora
risucchiò in breve
tempo la forza combattiva di Dray, che, ormai stremato, aveva perso la
trasformazione, e il suo braccio era tornato normale.
-
Sai, devo ammettere che sai
combattere davvero molto bene! – esclamò Morgan,
schivando un fendente di Shia,
che, agile e veloce, si difendeva da quella furia in gonnella.
Morgan
attaccava con frenesia,
senza dare un attimo di tregua al povero ragazzo, che aveva il fiatone
e voleva
concludere la battaglia al più presto.
All’improvviso
Morgan si lanciò
in un attacco frontale, ma quando le sue dita affilate erano ad un
passo dal
viso di Shia, lui si difese parando il bastone davanti a se.
-
Mossa azzeccata! – esclamò
Morgan, ma si distrasse, perché aveva notato che in quel
momento Dray si era
accasciato per terra, come svenuto.
Fu
un attimo, e Shia la scagliò
lontano. Morgan atterrò in piedi, ma ormai la sua
trasformazione era svanita ,
e corse subito dal suo amato. Gli prese un braccio e se lo
passò attorno alle
spalle, poi corse verso una pozzanghera e ci si specchiò.
-
Questa può andare. – fece.
Wythe,
poggiò le mani sul
suo petto, e si
illuminò di una luce
verde.
-
Aspetta Wythe, non farlo! –
esclamò Shia.
Nel
frattempo Morgan e Dray,
privo di sensi, si tuffarono nella pozzanghera e sparirono alla loro
vista.
Wythe
corse nella pozzanghera,
con il solo risultato di sporcarsi gli stivaletti.
-
Fantastico! Li hai fatti
scappare! – esclamò, furiosa.
Nel
frattempo Shia e Nola si
accasciarono per terra, stremati.
-
Rifletti… - disse il ragazzo.
– Se tu li avessi attaccati, probabilmente quella tipa ti
avrebbe steso con un
colpo, e noi non avremmo potuto aiutarti, perché come vedi
siamo distrutti. -
Wythe
si mordicchiò un labbro.
-
Scusa, hai ragione… Ma ora
non possiamo stare qua, voi due dovete riposarvi. Andrew, te la senti
di
guidare? –
L’autista
annuì, riconoscente
ai due ragazzi per averlo salvato.
Tutti
i presenti salirono
nuovamente in auto, e quella partì spedita verso la villa di
Wythe.
Nola
e Shia ripresero fiato,
sprofondando nei confortevoli sedili.
-
Come… come hanno fatto a
scomparire in quella pozzanghera? Al massimo c’era qualche
centimetro d’acqua!
– chiese Nola, dopo aver tirato il fiato.
-
Per quelli come loro è facile
attraversare qualunque cosa rifletta come uno specchio e trasportarsi
in
qualunque posto vogliano. – spiegò Wythe.
Nola
e Shia sgranarono gli
occhi.
-
Ma come è possibile? –
fecero, in coro.
-
Ve lo spiegherò quando saremo
a casa, ormai manca poco. – Wythe indicò fuori dal
finestrino.
La
limousine si infilò in un’altra
stradina sterrata.
-
Siamo sicuri che sia la
strada giusta? Niente scorciatoia o robe simili? – chiese
Nola, sconcertata.
Wythe
rise. – No, te lo giuro!
–
In
effetti in lontananza si
scorgeva una costruzione, ma più che somigliare alla
“piccola villetta” di cui
aveva parlato Wythe, somigliava ad una gigantesca reggia barocca,
circondata da
ettari ed ettari di foresta.
-
Ahh! – sospirò la ragazza,
soddisfatta. – Finalmente a casa! -
Si
è concluso anche il terzo
capitolo, e finalmente c’è stato un combattimento!
Sono emozionata!
Ringrazio
tutti quelli che leggono
questa storia, continuate a seguirmi! =^___^=