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Autore: Barbara Baumgarten    29/10/2015    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato Twilight se a parlare fosse stato Edward. Ecoo che, allora, ho deciso di ripercorrere l'intera vicenda con gli occhi del vampiro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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~~“Cosa ti è successo?” la voce di Carlisle era preoccupata ed Edward non riuscì a sostenere il suo sguardo. Si lasciò cadere sul divano, sconsolato e spaventato.
“Carlisle, oggi ho quasi ucciso una ragazza” disse tutto d’un fiato, come se stesse tirando fuori un peso che lo opprimeva fin nei polmoni. L’uomo si avvicinò a lui e si sedette di fianco.
“Mi vuoi raccontare?” chiese, dolcemente, mentre Esme si aggiungeva, prendendo posto sulla poltrona davanti. Edward inspirò profondamente, cercando dentro di sé le parole.
“Appena ho sentito l’odore del suo sangue, ho perso il controllo. Non mi era mai capitato. Ho temuto di saltarle addosso davanti a tutti, anzi…” sospirò “L’ho quasi fatto”. Nella stanza cadde il silenzio: Carlisle, l’uomo che fra tutti i Cullen aveva più esperienza, pensò ad una possibile spiegazione dell’accaduto. Edward era sempre stato molto controllato, non era stato complicato educarlo alla dieta animale e, soprattutto, non lo aveva mai visto in balìa della sete a tal punto. Esme, guardò Carlisle aspettando un responso, così come Edward.
“Credo che la ragazza sia la tua Cantante” ammise, infine, il dottore. Esme ed Edward lo guardarono, interrogativi.
“Si dice che per ogni vampiro esista una persona, il cui sangue abbia un richiamo forte. Per molti si tratta di pura leggenda, ma ho visto, personalmente, vampiri fare le cose più sconsiderate davanti ai Cantanti”
“Quando vivevi Volterra?” chiese Edward.
“Esatto. Ricordo di un vampiro, Marco. Era sempre attento a seguire le regole dei Volturi e in circa sessant’anni, non aveva mai infranto alcuna regola. Lo stesso Aro ne fu sconvolto, quando, in pieno giorno, Marco attaccò un ragazzo, nella piazza del mercato. Nessuno si capacitava del gesto. Nemmeno lui. Ricordo che al cospetto dei Volturi, non seppe giustificare l’aggressione. Semplicemente, disse che non era riuscito a controllarsi”. Seguì una pausa, durante la quale, vennero raggiunti anche dagli altri membri della famiglia.
“Alice” disse Esme “Hai visto Edward attaccare la ragazza?”
Alice sembrò stupita dalla domanda. “No, ma cosa è successo?”
“Edward ha incontrato la sua Cantante” rispose Carlisle.
“Ma tutto questo è assurdo!” quasi tuonò la voce di Edward, incapace di ammettere che la sua natura potesse essere così influenzata dal sangue di Bella.
“Bella Swan?” chiese Alice. Edward la guardò. “Ho visto l’espressione della ragazza mentre usciva dalla lezione di Biologia e ho provato a sondare il suo futuro. Non so perché, ma ho creduto che tu centrassi qualcosa nella faccenda”
“E… ?” incalzò Edward, irritato.
“E credo che abbia intenzione di parlarti” Alice pronunciò quelle parole guardando altrove. La paura prese possesso di Edward, che sapeva di non poter controllare la sua sete una seconda volta.
“Edward, tu puoi farcela” disse Carlisle, intuendo i pensieri del ragazzo “Devi solo nutrirti con più frequenza. Non sarà facile, ma puoi riuscirci”
“Carlisle c’è un’altra cosa, che non vi ho detto” ora gli sguardi erano tutti su di lui. “Non riesco a sentire i suoi pensieri”
“Interessante” disse il medico “Nemmeno uno?” chiese, incuriosito.
“Nulla. Silenzio completo”
Carlisle congiunse le mani sul mento, pensieroso. “Non so spiegarmi questo” ammise, con franchezza “Ma credo che dovremmo affrontare i problemi uno alla volta. Innanzitutto, devi andare a caccia, Alice e Jasper verranno con te. Poi penseremo al resto”
Nelle ore che seguirono, Edward si chiuse nella sua camera, cercando di fare chiarezza nei suoi pensieri e aspettando la notte per poter uscire a caccia. Non capiva ciò che era accaduto, non riusciva a credere che il sangue di Bella potesse scatenare in lui una tale sete. Anche in quel momento di solitudine, sentiva di non aver più sete del solito: era convinto che avrebbe potuto resistere ancora qualche giorno, prima di sentire la morsa dalla fame. Eppure, non appena pensava a Bella, la gola iniziava a bruciare. La storia della Cantante lo inquietava: se fosse stata vera, allora quella ragazza doveva mantenere le distanze da lui. Ma soprattutto, lui doveva starle lontano. Sentiva di non averne la forza e temeva che la caccia non avrebbe sortito alcun effetto.
L’aria fresca della notte, riuscì a cambiare l’umore del vampiro. Correva affiancato da Alice e Jasper per i boschi, diretto a Nord. Dovevano allontanarsi da Forks il più possibile, come da accordi con i Quileute. In poco tempo, raggiunsero il Canada: una distesa di boschi ricchi di puma. Edward adorava cacciare: sentire il suo corpo che si trasformava in predatore, l’attesa e la corsa. Lui cacciava predatori, non prede. Anche con gli animali, faceva un distinguo: non gli sembrava corretto usare la sua forza contro prede inermi, preferiva la lotta con quelli più forti. Anche Emmett era come lui, adorava i predatori, ma la sua preda preferita erano gli orsi. Non c’era da stupirsi, visto che il colosso dei Cullen somigliava più ad un orso che ad un vampiro. Quando Edward uccise il primo puma della serata, si sentì rinvigorito. Certo, il sangue animale non aveva lo stesso effetto di quello umano, ma dava la forza necessaria ad un vampiro. I suoi occhi cominciarono a riprendere la colorazione ambrata, tipica della sua dieta e i suoi pensieri trovarono pace. Non poteva negare a se stesso il fatto che, con ogni probabilità, il senso di pace fosse indotto da Jasper, tuttavia godeva del momento. A mano a mano che si nutriva, riacquistava anche più sicurezza riguardo al proprio autocontrollo. Bella Swan faceva meno paura.
Edward si prese qualche giorno in più per la caccia, mentre Alice e Jasper tornarono a Forks l’indomani. Preferiva rientrare a casa con lo stomaco ben pieno, piuttosto che rischiare. Le serate trascorse da solo gli mettevano un po’ di tristezza: lui era uno solitario, ma non amava la solitudine. Adorava la gente, la musica, la sua famiglia: ecco perché non avrebbe mai pensato di lasciare i Cullen per fare il Nomade. Molti vampiri, prima di trovare una famiglia, trascorrevano anni in completa solitudine, divenendo più simili a bestie che a uomini. Il grande pericolo, che essi rappresentavano, era sempre presente ai Cullen: capitava, a volte, di dover convincere un Nomade a passare oltre Forks, a lasciare stare quel terreno di caccia. La loro richiesta era stata, quasi sempre, ascoltata, anche perché non conveniva mai ad un solo vampiro scontrarsi con un clan. Eppure, venivano guardati in modo strano, dagli altri vampiri. Cominciò a spargersi la voce che i Cullen non bevevano sangue umano e con essa, si sparse anche quella secondo la quale fossero un clan debole. Ecco perché in alcune occasioni dovettero arrivare allo scontro: i Cullen non amavano combattere, ma se messi alla prova, sapevano lottare con forza estrema.


Il caos del parcheggio scolastico, ricordò ad Edward il motivo per cui amava il silenzio delle montagne. Scese dalla sua Volvo e si gettò nella folla, accompagnato dalla sempre attenta Alice e dai suoi fratelli. La vampira gli stava vicino, rincuorandolo con i suoi pensieri: presto avrebbe rivisto Bella e la paura cominciò ad attanagliare il suo animo fin dal suo rientro a Forks. La mattinata passò tranquilla, così come la pausa pranzo. Edward allungò lo sguardo verso il tavolo dove la compagnia di Bella era solita pranzare e la vide. Non riuscì a nascondere un moto di frustrazione, quando provando per l’ennesima volta a sondare i pensieri di lei, fallì. Lei lo guardava in modo torvo, un misto fra paura e frustrazione. Probabilmente, doveva a verla scioccata al loro primo incontro ma mai quanto lei aveva sconvolto lui. Raggiunse la classe di biologia, ben prima che la campanella suonasse, in modo da poter fare mente locale sul da farsi. Avrebbe dovuto presentarsi? E cosa le avrebbe detto? Ciao sono Edward Cullen, scusa se non mi sono presentato ma ero troppo impegnato a pensare al modo di ucciderti? Insomma, stava partendo dal presupposto che a lei interessasse qualcosa di lui, ma in fondo, Alice gli aveva detto che Bella avrebbe voluto parlargli. Mentre pensava a cosa dire, Bella entrò in classe accompagnata da Mike. Era strano: ascoltare i pensieri di Newton lo fece arrabbiare. Perché? Perché ogni cosa avesse a che fare con quella ragazza, faceva emergere la sua parte peggiore? Lei lo guardò fisso negli occhi, mentre si avvicinava al banco. Edward aveva cominciato a non respirare da quando era entrato a scuola: non voleva sentire nemmeno un piccolo assaggio del profumo della ragazza che, con ogni probabilità, impregnava anche i muri dell’edificio. Trattenere il respiro sembrò funzionare, per lo meno non faticò a mantenere il controllo quando lei gli fu accanto.
“Ciao” le disse, sfoderando il sorriso più convincente che poteva “Mi chiamo Edward Cullen”
Lei sembrò quasi sollevata dal suo saluto, anche se Edward intravvide una certa perplessità nel suo sguardo. A cosa pensa, dannazione?! “Tu devi essere Isabella Swan” continuò, in modo amichevole. Ma che stava facendo? Cercava di familiarizzare con la sua Cantante? Avrebbe dovuto mantenere le distanze, doveva starle lontano. Eppure, c’era qualcosa che lo attraeva, come un magnete.
“Bella” lo corresse e lui si diede dello stupido, perché sapeva che lei detestava essere chiamata Isabella. Edward la guardò con più attenzione: i suoi capelli erano castani e profumavano di pesca, mentre la sua pelle, candida, lasciava intravvedere il reticolo di vene che trasportavano il suo sangue. Dovette distrarsi, perché l’istinto gli disse di respirare a pieni polmoni, di lasciarsi inebriare dal suo odore. Lei arrossì e lui la maledisse per quello. Cercò di capire di più su di lei, facendo domande sulla sua vita precedente, su sua madre e sul motivo del suo trasferimento.
“Vuoi davvero sapere cosa penso?” le chiese, quando lui domandò il motivo del suo trasferimento a Forks. Era strano parlare con una persona senza sapere a cosa stesse pensando, si sentiva smarrito e stupido. Quando lei lo guardava perplessa, per una domanda, Edward sentiva crescere la frustrazione. Allora cominciò a tirare ad indovinare, ma le sue induzioni finivano, quasi sempre, per fare un buco nell’acqua. Era così assuefatto dal suo dono, da non essere più capace di capire una persona senza sondarne i pensieri e, questo, lo rendeva curioso. Mentre procedeva la lezione, Edward poté constatare che Bella non sembrava una ragazza stupida come le altre, che aveva o che sembrava avere, una buona cultura. Era sempre più affascinato da quella creatura: così debole, così impacciata eppure così interessante.
Tornò alla realtà quando lei gli chiese il motivo del cambio di colore dei suoi occhi.
“Porti le lenti a contatto?” gli chiese, quando ormai erano vicini agli armadietti. Cosa dire?
“No” si limitò a negare, pensando in fretta ad una spiegazione.
“Strano. L’altro giorno sembravano neri mentre oggi sono ambrati” disse avvicinando il suo volto, per guardare nelle ridi del vampiro. Lui si allontanò di scatto, timoroso della vicinanza.
“Sono le luci al neon” si limitò a dire e se ne andò, per evitare altre domande. Si, Bella non era stupida e lo aveva osservato fin troppo bene. Mentre si allontanava da lei, sorrise: era riuscito a non ucciderla, era un ottimo risultato.
Nel parcheggio, lo attendeva Alice. “Come è andata?” gli chiese, con un grande sorriso perché conosceva già la risposta. Edward si limitò a sorridere.
“Wow!” disse Jasper “Per essere uno che non vedeva l’ora di bere il suo sangue, sorridi un po’ troppo spesso ultimamente” lo canzonò. In effetti, Edward aveva sorriso di più. Chissà perché…

   
 
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