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Autore: HatoKosui    31/10/2015    2 recensioni
Nishiyoshi Mayori è una studentessa dello Yosen. Dalla fervida immaginazione e dal carattere diretto e diffidente, se ne sta sempre sulle sue, fa poca attenzione al mondo che la circonda ed ancora di meno ai ragazzi che le parlano. A malapena ricorda i loro nomi.
O almeno questo accadeva prima di conoscere Kise Ryouta. Travolta dal modello durante un viaggio in bus si ritrova a dover resistere ai suoi corteggiamenti... e come se non bastasse, sembra che la coach del club di basket della sua scuola la voglia in squadra ad ogni costo come manager.
Mayori è una ragazza semplice.
O almeno credeva di esserlo prima di innamorarsi di... di chi, esattamente?
Genere: Erotico, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Murasakibara, Nuovo personaggio, Ryouta Kise, Tatsuya Himuro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Premessa.
Scusate il ritardoooo! Ho avuto molti problemi con il pc, tanto che ne ho dovuto comprare uno nuovo, quindi ho dovuto sistemare un pò di cose... spero che il capitolo piaccia!
Ditemi le vostre impressioni, mi raccomando!
Grazie :*
-HK



-CAPITOLO 3: NOTTE E SHOCK-

 

Quando sono tornata a casa mia, quella sera, le luci erano spente, segno che nessuno era in casa e così mi sono lasciata alle spalle il Modello, facendomi una bella doccia rilassante. Dopo aver chiamato Hibiki ed essermi scusata per non essere più andata da lei, mi sono messa qui, sul letto dove sono ora, iniziando a fissare il soffitto bianco della mia camera.

Kise è sicuramente un bel ragazzo, un modello con i fiocchi, ma quel suo faccino perfetto è strano, qualcosa mi dice che non è quello che sembra.

Vorrei davvero togliermelo subito dalla testa, ma quel bastardo – posso dirlo, si – non se ne va, e la questione inizia a darmi non poco fastidio.

Mi rigiro nel letto morbido, poggiando la testa sul cuscino, mentre nella penombra della stanza osservo come la luce del mio telefono acceso brilli poco lontano da me. Forse avrei almeno dovuto mandargli un messaggio. Ma non lo sopporto, con quel faccino, quindi ho eliminato anche quell'orrenda scritta sul braccio che mi aveva fatto.

Ormai è troppo tardi.

Basta.

Mi sistemo a pancia in giù, mettendomi sotto le coperte ed abbracciando il cuscino, mentre sento quella sensazione di fastidio crescermi dentro, così la reprimo e chiudo gli occhi, iniziando a sognare.

 

 

“Mi rigiro tra le lenzuola, il collo impregnato di sudore, le coperte ammucchiate in un angolo.

Sento delle mani avvicinarsi poggiandosi ai lati del mio corpo. Mi giro a pancia in su, le mani salgono fino ad arrivare vicino al petto e il suo respiro di accarezza la pelle del collo. Kise porta la sua mano a toccarmi la vita, mentre lo sento salire dal collo agli zigomi. Il suo respiro è caldo, le sue mani sono proprio lisce ed affusolate. Scende e mi accarezza il ventre, mentre inzia a leccarmi i lineamenti del viso. Non riesco a vederlo, il mio corpo è come bloccato, sotto di lui. Riesco ad incarnare la schiena, riesco a percepire la sua mano che scende ad accarezzare le cosce.

Sento i brividi, il suo respiro pesante e poi il mio, irregolare.

Si avventa deciso sul mio collo, lo morde un po', poi scende e va via passando sulle clavicole ed arrivando al petto, coperto dalla maglia e dall'intimo.

Con la mano libera mi tira su il reggiseno, iniziando a giocare con i miei seni, mentre li sfiora leggermente con la punta del naso. Riesco solo a vederlo in penombra.

-Che succede...?

Mi chiedo, poco presente in me stessa. Riesco a percepire una sua mano tra le mie cosce, che sale, sale e sale più su ancora più su e...”

 

-AAH!

Mi alzo dal letto che fuori il sole è completamente alto nel cielo. Il respiro accelerato e la sudorazione consistente – che non dovrebbe esserci visto che fuori fa freddo – mi fanno capire che è stato solo un sogno.

Eppure mi sento molto stupida.

Il corpo infuocato, e la sensazione di fastidio in mezzo alle gambe mi fanno saltare i nervi, scendo dal letto come una furia, uscendo dalla stanza con velocità e chiudendomi in bagno senza guardare niente e nessuno.

-Non ci credo. Non può essere vero. - apro il getto della doccia – io non posso aver fatto una cosa come quella. Con lui. NO.

Mi spoglio degli indumenti in fretta, senza neanche guardarmi, mentre sento la voce di mi madre, che mi urla “Ehi, buongiorno eh! Guarda che è l'una!”

Alzo gli occhi al cielo, troppo arrabbiata per dire qualcosa ed entro in doccia.

-Dovrei davvero spaccargli la faccia. Davvero. Altro che numero. Quello non si merita nulla!

Il getto della doccia mi colpisce, facendomi rabbrividire. Quel sogno mi ha shoccata; io, che non sono mai stata con un ragazzo, ora sogno quelle cose con uno sconosciuto.

L'unica volta, ricordo molto bene, che provai anche solo a baciare un ragazzo – inteso come essere maschile, perché aveva dieci anni ed era al limite un bambino – finì così male, che lui non mi parlò più.

E come dargli torto.

A quel tempo portavo l'apparecchio e si sa che se la piastrina è un po' rialzata fa male e taglia. Io ormai ero abituata ad avere tagli in bocca, lui avrebbe dovuto immaginarselo, insomma, non l'ho mandato apposta all'ospedale!

Mi rigiro nella doccia, sciacquandomi i capelli, mentre un sorriso mi compare sulle labbra al ricordo della faccia di mia madre dopo quell'accaduto.

Io vivo con tre fratelli maggiori ed uno minore che però è spesso da mia nonna. E nessuno, dico, nessuno, di questi fratelli ha mai fatto nulla di sconsiderato, manesco, violento o particolare.

E poi sono arrivata io, che ho picchiato un bel po' di gente in terza elementare – autodifesa, intendiamoci! - e che sono sempre stata single e senza speranze di famiglia.

Mia madre era distrutta.

Ma con il tempo ci ha fatto l'abitudine.

Dopo essermi lavata, mi rendo conto che è possibile allontanare quel pensiero dalla mia testa, e come al solito preferisco metterlo lì, in un angolo del mio cervello, sperando di non vederlo mai più.

Questa storia deve finire, ora.

Non posso permettermi di sognarlo ancora.

Basta.

 

°°°

 

Come sempre, i giorni di vacanze settimanali finiscono subito ed il lunedì arriva più prepotente che mai. Oggi mi sono alzata molto presto, si potrebbe dire che non ho dormito per niente. Da quella sera in cui l'ho sognato, non ho fatto altro che farmi mille problemi anche solo per appisolarmi.

Cammino, quindi, sconsolata e infastidita per le vie della cittadina, dopo aver preso i mezzi. Tengo il viso basso e gli occhi socchiusi, così nessuno oserà guardarmi, anche se è molto presto e non c'è nessuno in strada.

Questo clima mi piace. Io odio la gente, la folla, specie nelle situazioni pubbliche come le metro o bus. In realtà odio in qualche modo anche la scuola, ma non posso dire di odiare i miei compagni. Non tutti almeno, perché ricordo che qualche filosofo, di cui non ricordo il nome, aveva detto che l'uomo era un animale sociale e che necessita di essere in rapporto con gli altri.

Quindi seguiamo il pensiero di gente famosa e illustre e parliamo con tutti, sorridiamo a tutti e non amiamo nessuno in particolare.

Varco il cancello quasi meccanicamente, passando accanto a gli alberi che ornano il cortile, mi dirigo in classe, ma noto che non c'è davvero nessuno.

Apro la porta, ascoltando il silenzio rilassante della scuola semi-deserta, ma rimango subito delusa entrando in classe. Tra i banchi vuoti, seduto in fondo, intento a leggere un piccolo manuale c'è un ragazzo moro. Mi avvicino quasi scocciata, avrei preferito restare un po' da sola.

-Ciao – Mi dice, alzando il suo sguardo verso di me, mentre io poso la mia borsa proprio al mio banco, davanti al suo.

-Ci conosciamo?

Gli chiedo, mentre lo fisso scettica. Lui sorride, chiudendo il piccolo manuale di etica.

-No, non sono di questa classe.

Io annuisco, sedendomi sulla sedia.

-E quindi perché sei qui?

Lui sembra avere sempre la stessa faccia. Noto solo ora che lo guardo dalla sua stessa altezza che ha un neo vicino all'occhio.

-Sto aspettando un amico, come tutti i giorni. E tu? Non ti ho mai vista arrivare così presto.

Io lo fisso accigliata.

-Non mi piace svegliarmi presto. Tutto qui. - cerco di sviare il discorso – Chi è questo amico?

-Murasakibara.

-Cosa?!

Dico quasi urlando, visto che quel nome non mi era nuovo. Anche Kise me ne aveva parlato. E lui ha detto che aspetta un suo amico, quindi deve essere davvero nella mia stessa scuola!

Potrei salutarlo per Kise.

Giusto per non avere debiti, non perché mi interessi.

-Lo conosci? - Mi chiede, poggiando i gomiti sul tavolo e poi il viso sulla mano.

-No, ma a quanto pare è famoso, lo conoscono in tanti o e una mi impressione?

Sussurro più a me stessa che a lui, ma ricevo comunque risposta.

-Si è molto bravo nel basket. Un personaggio particolare!

-Basket? Non farà mica parte della squadra...

-Si, certo. Non ti piace il basket?

Lo fisso per qualche minuto e lui mi guarda interrogativo, io distolgo lo sguardo, dandogli le spalle.

-No per nulla. Anzi, lo odio.

Lo sento che fissa da dietro, in modo penetrante, ma non mi va di parlare più e così mi accuccio sul banco, nascondendo la testa tra le braccia, chiudendo gli occhi. Lui sta fermo per un bel po', tanto che penso di averlo davvero shoccato, ma poi lo sento alzarsi e sospirare in modo quasi impercettibile – a qualcuno che non sia abituato ad usare bene l'udito.

Mi passa accanto e già sono pronta a mandarlo a quel paese dicendogli di lasciarmi stare, che lui allunga un mano e mi accarezza la testa in un gesto veloce e famigliare che mi lascia sorpresa.

-Comunque piacere, Himuro Tatsuya. Spero di rivederti.

E mi lascia, andandosene dall'aula. Alzo la testa piano, prima controllando con gli occhi da qualche fessura della mia gabbia da scuola – fatta di un intreccio sapiente di braccia e capelli scompigliati – per poi rimanere fissa a guardare la porta chiusa.

Sono confusa dal suo comportamento.

Però forse potrei ricordarmi del suo nome.

Himuro Tatsuya.




 

 

  
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