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Autore: Lulumiao    03/11/2015    1 recensioni
Peach non ha mai vissuto grandi avventure, ma stavolta dovrà affrontare l'ignoto.
Fanfiction per Halloween che mi è venuta in mente all'improvviso. È il mio primo tentativo di scrivere qualcosa di horror, spero sia riuscito.
Nella descrizione c'è scritto che è una raccolta di One-shot, ma non è così. È che non riesco a togliere la dicitura D:
Il rating, gli avvertimenti e i personaggi possono variare con il procedere della storia. Sappiate comunque che quasi sicuramente il rating diventerà rosso, tra uno o due capitoli.
Genere: Dark, Erotico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Mario, Peach, Sorpresa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ho deciso di scrivere una long :)
Questo capitolo è più corto dell’altro, serve per descrivere i pensieri di Peach. Il prossimo probabilmente sarà più interessante.
Buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate!
 
 
 
This burning desire is turning me to sin
 
Peach si svegliò. 
Indolenzita, guardò l'orologio: erano le tre del pomeriggio. A quell'ora Mario era fuori al lavoro e il personale di servizio faceva un pisolino. 
La ragazza si sentiva un po' meglio, ma ancora avvertiva un malessere generalizzato. Sfiorò il lato sinistro del collo, dove sentì le due profonde ferite lasciate da quella paurosa apparizione. 
Non era stato solo un sogno, purtroppo.
Nonostante le persiane chiuse, qualche raggio di sole filtrava comunque nella camera, dandole un leggero fastidio al viso.
Doveva ancora analizzare per bene l'accaduto, cercando di superare la barriera dell'incredulità che la sua mente ancora non accennava ad abbattere. 
Dunque, tutto lasciava credere che fosse stata morsa da una vampira; aveva l'intenzione di cercare quel libro di leggende yoshi, ma ne ricordava bene il contenuto anche senza averlo davanti, tanto ne era stata colpita. Per quanto assurdo potesse sembrare, quegli esseri notturni di cui aveva letto esistevano davvero e una di loro aveva avuto l'idea di farle visita per trasformarla. 
Toccò di nuovo il morso, ricordando le sensazioni provate con un misto di imbarazzo e vergogna. Nessuno, neanche suo marito, l'aveva mai fatta sentire così, come sul punto di sciogliersi. Ciò che la toccava di più riguardo al lato sessuale della faccenda era l'aver provato piacere grazie ad una donna. 
Sovrannaturale, ma sempre una donna.
Il periodo storico non era il più favorevole all'accettazione dell'omosessualità e la povera fanciulla era condizionata dalla mentalità chiusa dell'epoca. Gli omosessuali erano guardati con grande disprezzo, come i koopa o i goomba.
Fin da piccola, a Peach era stato insegnato che una volta cresciuta avrebbe sposato un uomo benestante che l'avrebbe protetta e a cui avrebbe donato numerosi figli, diventando l'angelo del focolare, un bel soprammobile sorridente ed educato da tenere in mostra quando c'erano ospiti e da usare di notte per soddisfare le voglie del marito finché questi non avesse trovato un'amante più giovane e carina di lei, ormai sfatta dai parti e dalla noia mortale della sua vita.
Le cose erano andate meglio di così, in realtà: fino al giorno prima il destino era stato molto buono con lei, concedendole una bellezza angelica durevole e un marito di successo non autoritario che non la obbligava a fare nulla e donandole la libertà di non dover attingere a quella vocazione materna che in fondo non sentiva.
La sua vita era questa, a casa tutto il giorno a leggere e a ricamare (attività che comunque gradiva e che di solito non erano permesse a tutte le donne: le povere non leggevano e le ricche non cucivano, e a volte neanche leggevano) e a messa la domenica... Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi invischiata in relazioni saffiche vampiresche.
E che dire della trasformazione? La mutezza del suo cuore era come una lapide messa a commemorazione della sua precedente condizione di comune mortale. Sentiva crescere in sé un estraniamento per il giorno, sentiva di desiderare la notte e avvertiva il richiamo di qualcosa di nuovo, di un'altra dimensione. 
Tutto ciò era assurdo, sbagliato, impossibile da accettare. 
Eppure... non aveva desiderato che quel meraviglioso morso durasse in eterno? Non aveva sentito una spinta irrefrenabile verso quella sensuale strega che l'aveva avviluppata e legata a sé? Non aveva improvvisamente sete?
Quest'ultimo pensiero la colpì profondamente. 
Se davvero era una vampira, allora il suo più grande impulso avrebbe dovuto essere quello di nutrirsi di sangue. E in effetti, la sete che sentiva era diversa da quella provata fino al giorno prima, assomigliava di più ad un desiderio di riempimento. 
La disperazione si fece ancora più pressante nella poverina: doveva forse bere il sangue di qualcuno ogni notte, trasformando a sua volta in vampiro l'ignara vittima? Doveva diventare un mostro demonizzato da tutti? Avrebbe perso per sempre la sua vita? Quanto tempo ci avrebbero messo i suoi conviventi a notare il cambiamento?
Si sentiva persa e le lacrime che fino a quel momento erano rimaste in disparte per lasciare posto al rimuginio iniziarono a scendere copiose lungo le guance bianche come la neve di Peach.
Che ne sarebbe stato della sua anima? Non sarebbe mai stata ammessa al Mondodisu, ormai era dannata per sempre. Era condannata ad una vita d'inferno, perversa, lontana dal rassicurante nido che si era creata...
Qualcuno bussò alla porta.
Peach cercò di ricomporsi asciugandosi le lacrime con il lenzuolo. «Avanti!».
Entrò la cameriera. "Come state, signora? Vi sentite meglio? Vi ho portato una tazza di tè" disse premurosa, poggiando sul comodino un vassoio con tè e biscotti. 
«Ti ringrazio, Beatrice, ma non ho appetito» disse Peach, irrequieta.
«Ma dovete mangiare, o non guarirete mai. Volete che chiami il medico?».
Al pensiero che qualcuno potesse vedere il morso la giovane inorridì. «No, non serve, non preoccuparti. Mi sento già molto meglio» dichiarò, senza mentire. 
«Va bene, allora vi lascio riposare. Avete bisogno di qualcosa?».
«Nulla, grazie. Puoi andare».
«D'accordo. Buon riposo».
La toad Beatrice uscì e si chiuse la porta alle spalle, lasciando Peach di nuovo sola con i suoi pensieri.
 
Con grande fatica, Peach riuscì a bere il tè e a mangiare un biscotto, non riuscendo tuttavia a placare quella che ormai riconosceva come una via di mezzo tra la fame e la sete.
Alle otto scese a cena, cercando di rendersi presentabile con un semplice vestito senza corsetto. Mario era appena tornato ed era molto preoccupato. «Hai un colorito spettrale, mia cara. Mangia, ti sentirai meglio. Il brodo rinforza» disse, accennando alla minestra.
Peach cercò di ingoiare il cibo che ormai la disgustava, in silenzio. Dopo aver ingoiato l’ultimo cucchiaio di minestra come se fosse veleno se ne tornò al piano di sopra il prima possibile, stanca. 
Durante la cena aveva mantenuto il suo solito contegno, ma appena entrata in camera scoppiò a piangere. Lo sconvolgimento era inevitabile, dopotutto.
Mentre singhiozzava riversa con il viso sul cuscino udì un picchiettio leggero provenire dalla finestra. Si voltò e nel buio distinse chiaramente la sagoma di un gatto.
Pensò che fosse arrivato sul davanzale dal tetto, ma ora gli sarebbe stato difficile risalire e se si fosse buttato si sarebbe fatto male. La ragazza decise di aprirgli, le faceva pena la povera bestiola.
Quando Peach aprì la finestra il micio balzò dentro immediatamente. Era un gatto tigrato, scuro, con gli occhi azzurri. Iniziò a strusciarsi contro le gambe di Peach facendo le fusa. La ragazza era intenerita, i gatti le erano sempre piaciuti. Si chinò per accarezzarlo e vide che era una femmina. «Oh, quanto sei graziosa…» mormorò, grattandole il mento.
Dopo un po' di dolce ronf ronf la gatta saltò sul letto.
«Non sul letto, micia!» la rimproverò Peach. «Ho già abbastanza problemi, mancano solo i peli di gatto sulle coperte».
Si avvicinò per scacciarla, ma all'improvviso dal nulla una nebbia indistinta iniziò ad avvolgere il felino in spire, lasciando Peach interdetta per un attimo.
Una nube verdastra circondava la gatta, nascondendola alla vista della fanciulla, che non fece in tempo a meravigliarsi dell'ennesima stranezza nel giro di meno di ventiquattro ore che la nebbia si diradò, rivelando al posto della gatta una ragazza, la stessa che si era resa coprotagonista della notte precedente.
Peach balzò dallo sbigottimento. L'altra la fissò, seduta a gambe incrociate sul letto. Indossava un vestito nero e gli stessi orecchini a forma di fiore che Peach aveva visto la sera prima. La cosa che più colpiva era lo sguardo: un dardo penetrante. 
«Capisco che tu sia spaventata, mia cara, ma ormai non ha più senso esserlo» disse la nuova arrivata in tono inespressivo, guardando negli occhi Peach come un falco fissa la sua preda. «Ormai questa vita non ti appartiene più».
Peach rimase dov'era. Sentiva le ginocchia deboli. «...Chi siete? Uscite subito, potrebbe entrare qualcuno» farfugliò.
«Ora ti spiegherò ogni cosa. Chiudi a chiave la porta» ordinò, mettendosi più comoda.
Peach cercò di riacquisire padronanza di sé. «Io... io non chiuderò nessuna porta. Andatevene immediatamente o inizierò a urlare!».
«Non essere così scontrosa, biondina mia» la esortò la vampira, alzandosi e avvicinandosi.
«...Non vi avvicinate!» gridò Peach, indietreggiando. Purtroppo il muro mise fine alla sua fuga e la ragazza vide l'altra avvicinarsi sempre di più. «Stai calma, non urlare. Non voglio farti male» disse la vampira, ormai proprio davanti a Peach. Prima che quest'ultima potesse fare qualsiasi cosa, fu baciata delicatamente sulle labbra. 
Per un attimo Peach rimase impietrita.
Poi sentì nascerle dentro quella sensazione piacevole e calda della notte precedente, sebbene molto meno intensa. 
Fu un bacio molto casto che durò cinque secondi, trascorsi i quali la fanciulla della notte si staccò.
«Mi chiamo Daisy. Stasera mi sembri molto agitata, tornerò domani, ma fa’ in modo di esserti calmata, così sarai nelle condizioni di ascoltarmi». 
Peach, ancora una volta, era rimasta immobile.
La mano di Daisy le accarezzò il volto, indugiando con il pollice sulle labbra.
«La morte ti dona molto, bambolina, e da vicino sei ancora più bella. Non pensavo che potessi diventare più incantevole di quanto già non fossi» disse Daisy, accennando un sorriso che, ad una successiva rielaborazione mentale, Peach avrebbe definito molto dolce.
Senza dire altro, Daisy si avvicinò alla finestra e la aprì. La nebbia di poco prima la avvolse di nuovo, ma stavolta dalle particelle vaporose uscì un pipistrello che, dopo un paio di giri della stanza a mo' di saluto, volò via nella notte.
Nel frattempo Peach si era ripresa dal torpore. 
Si portò una mano alle labbra e corse alla finestra, guardando fuori, ma della creatura non v'era più traccia.
 
Ho deciso di intitolare ogni capitolo con un verso di una canzone in inglese attinente al contenuto del capitolo. Non sarà molto originale, ma alcuni brani mi ispirano molto. In questo caso il titolo proviene da “Hellfire”, canzone de “Il gobbo di Notre Dame” della Disney. Penso che molte canzoni che daranno i titoli alla storia proverranno da cartoni animati XD Sono un’eterna bambina.
Il Mondodisu è una specie di paradiso che troviamo in Super Paper Mario, il cui capo è Granbì.
Grazie per aver letto!
  
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