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Autore: Fraywood_Granger    05/11/2015    2 recensioni
Ricordate la scena del Malfoy Manor de "I Doni della Morte", quando Draco finge di non riconoscere i nostri eroi? Cosa gli sarà passato per la testa in quei momenti? Nata come one-shot, penso che la dividerò in due-tre capitoli. Non sono del tutto convinta del titolo, in caso lo cambierò in seguito. L'ho scritta ascoltando "Writing's on the Wall" di Sam Smith, quindi se vi va provate ad ascoltarla mentre leggete. Mi farebbe piacere conoscere la vostra opinione, quindi se avete voglia e siete registrati recensite, ne sarei molto contenta! Baci a tutti!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Pensieri di un Mangiamorte

Seconda Parte

“Cosa succede?” È la voce di mio padre ci guarda esaltato non appena entriamo, seduto comodamente sulla sua poltrona preferita. Lo guardo, lo guardo e non riesco a riconoscerlo. In lui, in quegli occhi grigi folli dal piacere, non c'è nulla di quello sguardo duro che ha sempre con me, o di quello carezzevole che mi riserva quando faccio qualcosa di cui è felice, nemmeno di quello gentile che mi rivolgeva a volte quando ero piccolo, in rari momenti che ancora adesso giudico di vera felicità. No, non c'è nulla di tutto questo nelle iridi ferree di Lucius Malfoy: c'è solo pazzia, e amore per il tormento altrui.

Nella sala, sopra il camino, c'è una grande specchiera dorata decorata a volute, che riflette come in un'istantanea le varie figure della stanza; ma io mi soffermo solo su due di loro, dimenticandomi per un attimo di Potter; inizialmente osservo quella alta e affilata, in piedi, pallida, e poi quella, straordinariamente somigliante alla prima, più o meno elegantemente stravaccata sulla poltrona. Io e mio padre. Dio, siamo davvero così simili? Lo fisso ancora, incredulo della rivelazione. Quello non è lo sguardo di mio padre. Quello è lo sguardo di un folle. E io non voglio essere un folle.

Io voglio solo essere me stesso.

Mi riscuoto, fisso le altre figure che mi circondano. Mia madre si è spostata vicino al camino, senza che me ne sia accorto. La ascolto lentamente rispondere a mio padre, come in sogno: “Dicono che hanno preso Potter” dice, e poi: “Draco, vieni qui.”

E io vado. Faccio qualche passo avanti, incerto.

Greyback gira i prigionieri, in modo che siano sotto la luce accecante del lampadario.

Guarda guarda, c'è proprio tutta la combriccola. Lenticchia, Sfregiato e Mezzosangue, la triade al gran completo. Sebbene possa anche riconoscere tra me e me che la Granger sia stata piuttosto ingegnosa con quella maledizione, si vede piuttosto bene che quello è Potter. Non ha nemmeno camuffato la cicatrice con un Incantesimo di Disillusione: idiota.

“Allora, ragazzo?” sbraita Greyback. Stringo la mano intorno all'impugnatura della bacchetta. Non mi piace essere apostrofato così, soprattutto se a farlo è uno schifoso semiumano che mangia ragazze vive e che quando si trasforma ogni mese ammazza l'equivalente della popolazione di un piccolo villaggio del Costwolds.

Faccio ancora qualche passo avanti, incerto sulla mia prossima mossa. Lanciare un Cruciatus a sorpresa sul caro cucciolotto di famiglia? Riconoscere Potter? Oppure, cosa davvero strana, persino da pensare, coprire lui e gli altri prigionieri?

Sono ancora nel dubbio quando mio padre torna a parlare. “Allora, Draco” sembra ansioso. Ma mi faccia il piacere – sappiamo benissimo tutti che vuole solo la bolla ufficiale per poter avere la scusa di saltellare allegramente per la stanza scagliando fatture a casaccio.

“È lui? È Harry Potter?”
 

Inizio a sentire il cuore battere forte. Devo decidere, e devo farlo alla scelta.

Io non l'ho mai avuta, quella divisa rossa e oro. Non me l'hanno mai data. Mi hanno Smistato in Serpeverde. Io non l'ho mai avuta, quella possibilità, quella possibilità che è stata data a loro, a Potter, Weasley e Granger, io ero quello che si rinchiudeva nei sotterranei, io ero quello creato e pensato per fare battutine all'arsenico in modo da provocare i Grifondoro, io ero quello che si sceglieva gli amici Purosangue, figli di generazioni di Serpeverde.

Io non l'ho mai avuta, quella possibilità, perché sono Serpeverde, perché sono Malfoy.

E i Malfoy sono abituati a prendersi sempre quello che vogliono.
 

“Io non... Io non sono sicuro” sento le mie labbra dischiudersi e sussurrare velocemente quelle parole, come se mi fossero state strappate a forza.

Mio padre spalanca gli occhi, incredulo. Insiste. E io, come in un sogno, continuo, continuo a negare. Ma, immancabilmente, a un certo punto sopraggiunge la paura.

 

Del resto, ci sarà pur un motivo se non sono Grifondoro.

Alla fine, con Potter me la cavo con un ambiguo “Non so”, e allora mia madre interviene, “È meglio essere sicuri, allora”, eccetera, eccetera. Io non guardo negli occhi nessuno. Non dico niente.

Avanti, stupido idiota, approfittane. Scappa. Fa' qualcosa.

“E la Nata Babbana, allora?” si intromette di nuovo Greyback, e questa volta non è come quando è entrata mia madre in camera mia, questa volta il tuffo al cuore lo sento davvero. Sento la bacchetta diventare bollente sotto la mia presa.

Narcissa sbraita su come quella lì sia davvero la Granger, la riconosce, lei, l'ha vista da Madama McClan con Potter... “Guarda, Draco, non è quella la Granger?”

 

No, no, non voglio guardare. Non la guarderò, perché altrimenti crollerei. Sono passati anni, ma ricordo ancora i primi tempi a Hogwarts, quando cercavo di evitarla, quando, se la incontravo, cercavo di ridurla in lacrime, sempre invano. Ricordo quando, al sesto anno, ricevetti l'ordine di uccidere Silente e io mi dissi di togliermela dalla testa una volta per tutte. Lei era così presa dai suoi intrighi personali, Weasley con la Brown, Amortentia, Incantesimo Confundus... Sì, senza volerlo, mi sono tenuto aggiornato su di lei. Non ho perso nulla di importante che l'abbia mai riguardata, sono ricorso persino all'attività di spie in erba di alcune ragazze Grifondoro perché riferissero a Pansy quello che lei faceva, e Pansy, che mi raccontava tutto, e io che le leggevo nel pensiero per vedere se stesse mentendo e poi la Obliviavo ogni volta...

 

Sento i suoi occhi su di me, li sento quasi imploranti, ma sempre orgogliosi.

 

Potter, scemo che non sei altro, portala via di qui. Vattene subito.

 

Ma Potter non ascolta la mia preghiera mentale, rimane lì impalato, nessuno interviene, e, alla fine, sussurro un mormorio soffocato: “Io... forse... sì.”

 

Non è un sì. Non è un sì. È un forse. Me lo devo ripetere, per poter rimanere abbastanza tranquillo da continuare la recita, altrimenti... non so nemmeno io quel che succederebbe, ma probabilmente mi sentirei troppo in colpa da poter proseguire senza destare sospetti.

 

Non ce la faccio. Non ce la faccio.

Mi volto, dando le spalle ai prigionieri.
 

Fine Seconda Parte
  
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