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Autore: miatersicore23    11/11/2015    4 recensioni
Elena guarda spesso quel ragazzo da lontano. Non gli ha mai parlato e lui non l'ha mai guardata. Sa solo il suo nome.
Elena non pensa più a se stessa da ormai tanto tempo.
Damon è un soldato che non può più combattere, ha un passato che gli fa male e una persona, la più importante della sua vita, che lo aspetta a casa.
AU/AH | Delena! | Forse OOC
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE SESTA


 
Quando Damon riapre gli occhi, gli sembra essere passata un’eternità. Ma il cielo è ancora scuro. Le nubi temporalesche decorano ancora la visione che c’è al di fuori della finestra. E l’acqua scende ancora copiosa dal cielo, mentre con uno sbuffo si tira su a sedere perché l’umidità della pioggia gli crea qualche fastidio alla gamba. Ma non è quello che lo rende di pessimo umore.

Un ricordo, che gli dà fastidio, continua a torturarlo all’altezza del petto. Come una morsa possessiva che gli fa avere delle strane e preoccupanti sensazioni.

Per un attimo si illumina e pensa di aver trovato la risposta. Non è più riuscito a sentire la sua piccola Jane, ma notando il tempo probabilmente non riuscirà ancora a chiamarla. Eppure quella morsa è ancora presente. Fa ancora un po’ male.

Poi si gira verso l’altra parte del letto ed è vuota, fredda. La sveglia sul comodino segna le undici passate e la mattina, sebbene non sembri, è più che inoltrata. Si stende di nuovo sul letto e allunga una mano verso le lenzuola vuote. Elena.

Il suo profumo è ancora presente sul cuscino, in tutta la stanza, su di lui. E quel bacio lo fa ancora impazzire. In tutti i sensi. È Elena che lo rende così e Dio solo sa quanto quell’uomo sia riuscito a trattenersi questa notte. È difficile spiegare quanto tutto della notte precedente si sia ridotto ad un semplice bacio. Ma Damon ha voluto fermarsi perché non è pronto. Lei non è ancora pronta. Fa comunque male, ma l’incertezza che lo tormenta non fa altro che spingerlo lontano da lei.

Allora, sarà quando non la rivedrà più per un po’ di tempo che capirà quanto lei sarà importante per lui. Che capirà se la ama davvero.

Amore. È una parola talmente grossa per lui e per lei. Fa terribilmente paura ed è immessa. È grande. Poi c’è Elena, così piccola, da proteggere. Lui vorrebbe andare da lei e allontanarla da ogni male, ma non è sicuro di farcela. Non è sicuro di vincere le sue paure ed è convinto di essere troppo debole per una ragazzina che in poco più di un mese gli ha fatto battere il cuore.

“Dannazione!” impreca in silenzio, quando si accorge di star respirando il suo profumo dal cuscino. E si dà del malato, forse dell’ossesso. Ma quella ragazzina gli piace e lo fa diventare matto. Contro ogni sua decisione, lei cambia le sue mete. Anche quando non c’è.

Ogni singola traccia di Elena lo condiziona definitivamente.

Decide di rialzarsi, da quella prigione di tentazioni. Cerca la sua camicia tra le robe sparse sulla sedia, ma non la trova più. Per un attimo, pensa a che fine essa abbia fatto, ma cerca di non pensarci. Ne risentirebbe il suo stato mentale.

Purtroppo ha la conferma dei suoi timori, quando ritorna in cucina e ritrova tutti gli altri che si spalmano del burro su delle fette di pane non tostati.

Caroline sembra la più spazientita da questo blackout. I suoi capelli, non più piastrati, non ricadono più elegantemente sulle spalle, ma alcune ciocche sono decisamente fuori posto.

Elena è seduta sullo sgabello alto della penisola delle cucina, indossando la sua camicia, decisamente più lunga della maglietta che Caroline le aveva prestato la notte precedente. Un po’ si sente sollevato del fatto che gli altri uomini non possano vederla più scoperta di così, un po’ si sente frustrato perché sbirciando nuovamente quelle gambe, si ritrova a ricordare quel momento della sera precedente.

Ancora.

Era solo un semplice bacio, eppure le sue mani erano posate delicatamente sulla pelle liscia delle gambe di Elena. Non che Damon non volesse andare oltre e carezzare più audacemente la ragazza. Ma sa cosa è in grado di fare lei e sa fino a che punto è in grado di andare lui, per non perdere il controllo o la ragione.

“Buongiorno a tutti.” Sembra solo un sussurro, quello di Damon, in confronto ai rumori della pioggia, ma tutti gli altri sembrano sentirlo ugualmente, mentre la noia regna sovrana nella casa e ogni scusa è buona per distrarsi.

Caroline sembra rianimarsi, soprattutto quando con lo sguardo indugia troppo sul suo petto e la sua mente potrebbe fare troppe considerazioni fuori luogo, visto che la sua migliore amica indossa, per giunta, la sua camicia.

“Buongiorno anche a te, Damon. Dormito bene?” sembra quasi famelica, Caroline. Curiosa e desiderosa di nuove informazioni.

Elena gli aveva accennato che la sua migliore amica è fatta così, ma non per cattiveria. Forse per semplice indole.

Damon si limita a non rispondere, aiutato anche da Bonnie che accidentalmente fa cadere un bicchiere di vetro rompendolo in mille pezzi, facendo distrarre così la sua interlocutrice.

Sfruttando l’occasione, si avvicina ad Elena e le regala un timido sorriso di buongiorno. Dedicato solo a lei. Nel momento esatto in cui lei ricambia il sorriso, Damon sente un leggero calore all’altezza del petto che lo fa stare meglio. Sempre. Ogni volta che Elena gli sta di fronte, tutte le sue preoccupazioni sembrano svanire.

Maledizione!

“Perdonami se ho preso la tua camicia, ma con la maglietta di Caroline mi sentivo troppo scoperta.” gli sussurra la ragazza, mentre Damon prende posto accanto a lei.

“A me non importa. Puoi prendere tutto ciò che è mio. Solo che così puoi dare delle impressioni sbagliate. Sappiano solo noi quello che è successo stanotte.”

“Assolutamente nulla.”

“Esatto. Assolutamente nulla. Ma dobbiamo parlare.” Le sussurra, avvicinandosi leggermente al suo orecchio. Sente un sussulto da parte della ragazza e raggela al solo pensiero che lei stia provando le sue stesse sensazioni. “Quello che tu chiami nulla deve avere un seguito… o una fine.” Conclude a malincuore.

Elena si volta verso di lui. Non sorpresa, ma consapevolmente triste di quello che presto accadrà ad entrambi.

Si sono baciati, ma tutti e due sanno che continuare di questo passo con questa velocità, non conviene. Non avrebbe senso, non quando c’è ancora tanta confusione nelle loro teste. Quel bacio era stato emozionante. Damon riesce ancora a percepire uno spiraglio di sensazioni che quella sera precedente ha provato.

Ma ogni volta che pensa a Elena e gli sfiora l’idea di toccarla e di baciarla ancora, ritorna in lui il ricordo di Katherine e la terribile delusione, il dolore che spesso viene a fargli male.

Non un’altra donna nella sua vita. Non per far soffrire lui. E Jane.

Lei annuisce, consapevole del destino di entrambi.

“D’accordo.”

E la mattinata passa lentamente. Averla vicina non può aiutarlo di certo. È sempre sul punto di cambiare idea, ma cerca di resistere e di non farsi condizionare dalla sua presenza.

A Elena sembra andare bene così. Fino a quando la tempesta sembra calmarsi, almeno per un po’, e Damon l’accompagna, d’avanti a casa sua. Non vede l’ora di vedere sua figlia e di abbracciarla, ma prima deve chiarire al meglio la questione.

Elena lo guarda con quello sguardo così consapevole che Damon è tentato di non dir nulla e di lasciare nel vento quelle parole che non occorre dire ad alta voce. Ma non bisogna lasciare nulla a caso. Bisogna mettere un punto o una pausa alla loro situazione. Non serve parlare, ma deve farlo. Forse più per se stesso che per Elena.

Si avvicina un po’ di più a lei, per sentire il calore del suo corpo almeno un’ultima volta. Le sposta delle ciocche di capelli dal volto e resta lì fermo con le mani sulla sua testa. Lei sembra bearsi di quel contatto, quasi come fosse un camino acceso durante una tempesta di neve. Le dita sono come le fiamme che, con il loro calore, accarezzano chi le sta più vicino.

Socchiude gli occhi Elena e Damon vorrebbe baciarla ancora. Un’ultima volta.

“So cosa vuoi dirmi.” Sussurra lei con quella voce roca. Probabilmente si è raffreddata e lo può vedere dalla punta del naso diventata rossa.

È normale che Elena sappia cosa Damon voglia dirle. Ormai si sente un tutt’uno con lei e i loro pensieri sono quasi sempre gli stessi.

“Sono troppo instabile.” Afferma Damon e con quelle parole sembra volersi ancorare fisicamente a lei. Preme un po’ di più sulla testa, senza farle male.

“Lo sono troppo anche io.” E quell’intreccio dei capelli di lei e delle sue dita si scioglie. Tanta è la paura di farla cadere.

“Quindi è impossibile sostenerci a vicenda. Anche se lo volessimo con tutto il nostro cuore, al primo ostacolo cadremmo all’istante.”

Gli occhi di Elena sembrano voler approvare quelle parole e mentre un sorriso si fa strada sulle sue labbra (uno di quei sorrisi leggeri, un po’ tirati, che sanno di addio), una mano va ad accarezzargli il volto.
“Questa notte con te è stata bella. Non ho avuto pensieri.”

“Io non ho avuto incubi, perché c’eri tu. Ma voglio focalizzare questi sentimenti per Jane. Quando sono con te, Elena, provo quella piacevole sensazione che mi fa sentire… a casa. È una cosa stupenda, soprattutto quando mi ricordo che insieme a tutte queste emozioni ci sono i tuoi occhi.”

“Che cos’hanno i miei occhi?”

“Sono bellissimi.” Il sorriso di Elena si allarga e a Damon scoppia il cuore. Le emozioni si fanno più amplificate e nessuno sa che il suo battito  del cuore non è altro che l’eco del cuore di Elena.

Si sente più forte rispetto ad un minuto prima e torna ad accarezzare quella ragazzina che prontamente afferra la sua mano e la stringe tra le sue fredde e umide.

“Anche i tuoi occhi sono bellissimi. Soprattutto se sono illuminati dai lampi della tempesta. Diventano di un blu intenso e mi fanno rabbrividire. Quando sono con te, mi sembra di star assistendo ad un temporale. Tu sei come una tempesta, Damon. Maestoso, che a volte intimorisce, ma piacevole.” Inizia a tremare, Elena, e Damon l’accarezza un’ultima volta, quando nota il tremore delle sue labbra.

Non è sicuro che sia il freddo.

“Tu invece sei come la luna. Bellissima, ma quasi irraggiungibile… forse anche con un lato oscuro che nessuno conosce. E vorrei toccarti veramente adesso. Baciarti meglio di ieri sera, ma sono convinto che se lo facessi, non riuscirei più a fermarmi.”

Vede Elena sussultare, trattenere il fiato e fissarlo fino a farsi bruciare gli occhi. Poi, quando il suo respiro ritorna regolare, anche il rossore delle guance si fa più vivo e Damon, ancora, ha voglia di sfiorarla.
“Allora dovresti andare via. Perché quello che pensi di volere forse non è reale. Forse è un’illusione costruita da altri… e se tu ritornassi a baciarmi in questo momento, potremmo solo farci del male. Io non voglio ancora soffrire Damon. Ma non voglio nemmeno che tu soffra. Ci tengo troppo a te per ucciderti l’animo.”

Eppure Damon è ancora ancorato a lei. Non si stacca, non si allontana e puntualmente ogni “buon” proposito va in fumo. Vorrebbe rimangiarsi tutto. Attirato dalle parole di Elena che, invece, gli pregano di allontanarsi.

È una reazione contraria a quella che entrambi dovrebbero fare. Il punto è che non vogliono. La forza di volere è pericolosa quando c’è di mezzo l’amore.

Adesso sono uno di fronte all’altra, con le nuvole grigie che oscurano il sole di primo pomeriggio. Si cercano, si convincono, intanto supplicano mentalmente di essere fermati dall’altro. Di dire che non importa ciò che pensano gli altri. Alla fine, stanno bene insieme.

Ma nessuno dei due lo fa. Perché tanto è forte il loro potere, tanto è forte la loro paura.

Entrambi hanno scoperto cosa sia il dolore. Quello atroce, quello disperato, quello che ti logora l’anima e si attacca ad essa senza andarsene mai. Risvegliare quel mostro è una paura troppo grande.

Damon continua a fissarla, a cercare una risposta più chiara a tutti i suoi dubbi e i suoi perché, ma non trova niente di sensato. Solo un forte impulso.

Di slancio l’abbraccia, alla ricerca di quel profumo che lo ha cullato tutta la notte. More e cioccolato. Ed eccolo lì, insieme all’odore fresco di pioggia che si fa strada in lui e lo rianima.

In quella stretta quasi ferrea, Damon imprigiona il debole corpo di Elena. La sente tremare tra le sue braccia, irrigidirsi per poi rilassarsi. La sente sospirare piano piano e dolcemente posargli le braccia sui fianchi e ricambiare l’abbraccio.

Non sa se è un frutto della sua immaginazione o meno, ma sente un “non lasciarmi” lontano, in profondità del suo cuore. Chiude gli occhi per scacciare quel pensiero e delicatamente le sfiora una tempia con le labbra. La bacia e in quel momento, solo in quel momento, con quel bacio le dice di volerle bene, di amarla.

Presto, però, ogni sentimento se ne va, scacciando via ogni amarezza.  Spazzato dal vento che torna impetuoso e separa i loro corpi e le loro anime.

“Vado via.” Le sussurra con una voce così bassa che sembra stia parlando con se stesso.

Gli occhi di lei sono lucidi, eppure Damon tenta di non guardarli più. Perciò suona il campanello e dopo appena due secondi il volto di Jane fa capolino dietro la porta per accertarsi che ci sia veramente il padre a prenderla.

“Papà!” esclama contenta, saltandogli in braccio.

Damon in lei vede il su spiraglio di luce. Sono scomparsi i momenti di prima con Elena. Scompare anche il dolore alla gamba. Va via tutto. C’è solo la sua adorata bambina.

“Ciao scricciolo. Mi sei mancata.” Le dice, sollevandola ancora di più con le sue forti braccia. “Sei stata bene qui?”

La bambina annuisce contenta mentre stringe il suo pupazzo di peluche preferito.

“Bene allora prendi le tue cose e andiamo a casa.”

Quando Jane ritorna dentro l’abitazione dei Gilbert, Jenna si affaccia sul portico e invita Damon ad entrare. Ma l’uomo declina l’invito della sua amica. Sa che se spendesse ulteriori minuti con Elena la situazione potrebbe peggiorare ancora di più.

Già il solo non guardarla, ignorarla, ma sentirla allo stesso tempo vicina lo manda nel pallone. Lo farebbe sempre e comunque, alla presenza degli altri anche.

“Credo che voglia stare da solo con Jane.” E dopo che la donna rientra, Damon ed Elena restano ancora una volta da soli, ma non si sfiorano, non si guardano nemmeno. Non si vogliono nemmeno cercare.  Sanno che potrebbe essere la fine o l’inizio della fine.

Iniziare una storia con lei… sarebbe un errore da principianti, da deficienti. Eppure l’immagine di loro due insieme, fa un bell’effetto. E non per le smancerie o perché tutto quello che potrebbe accadere potrebbe portare felicità, ma perché Damon sente che quando sta con Elena va tutto bene. Sente come se abbia trovato il tassello giusto del puzzle. L’incastro perfetto.

Quando si trova la persona che fa sentire in quel modo, si è finalmente a casa. Non sempre la famiglia riesce a far stare bene. A volte fa sentire fuori posto, o non compresi. Damon ama Jane, la ama con tutto il suo cuore e quella bambina sarà per sempre la sua vita. 

Ma…

Il pensiero di Elena ritorna sempre. Prepotente, come un uragano si fa strada nel suo cuore, impazzisce sempre di più e aumenta i battiti ad una velocità inarrivabile. È questo l’effetto che fa Elena e adesso Damon si sta chiedendo perché si stanno allontanando.

Poi, ad un tratto, ricorda le parole di sua madre, di Alaric e sa anche che l’amica di Elena ha ficcato il naso nella loro “relazione”. Per non parlare di quel Percy…

Tutti sembrano sapere cosa loro due vogliano. Tutti sembrano capire che si amano. Ma Damon non è ancora arrivato a questa conclusione. Per quanto Elena possa farlo sentire così,  lui non può avere la certezza di amarla. Eppure per gli altri sembra una certezza. Eppure tutti i sintomi della malattia sono presenti. Tutti li vedono. Tranne loro. Non sono pronti ad ammetterlo.

Alle altre persone tutto è chiaro, come l’acqua, ma un velo nero sembra essere caduto sui loro occhi. Perché loro non sanno più che dire.

“Ho passato un bella serata con te, Damon.” La voce flebile di Elena si fa strada nelle sue orecchie, mentre i rumori della città lentamente prendono vita e Damon non li sente. Non si è nemmeno accorto che ha smesso completamente di piovere e non vede nient’altro se non la porta di casa con il 2104 dorato sopra di essa.

Non la vede, ma la sente e vorrebbe girarsi, guardarla negli occhi. Perché, davvero, niente è più bello degli occhi di Elena.

“Anche una bella nottata.” Continua lui, ricordando di essersi svegliato solo una volta durante le ore di buio e di averla vista dormire accanto a lui, in una visione splendida. Con i lampi dei fulmini che filtravano attraverso le tende blu della finestra e le illuminavano il corpo, mentre il petto si alzava e abbassava regolarmente, mentre ciocche di capelli le ricadevano sul volto, nascondendone i lineamenti.

Si è lasciato cullare da quella visione, Damon, e l’ha fatta sua. Non la dimenticherà mai.

“Anche una piacevole mattinata.” Finisce lei, mentre sente il principio di una risata sbucare fuori dalle sue labbra, per poi spegnersi all’istante.

Quel calore che stava finalmente nascendo nel suo petto, si spegne definitivamente con una folata di vento.

“Non ci saluteremo nemmeno quando ci incroceremo?” gli domanda sinceramente preoccupata e, sinceramente, lui non sa che rispondere.

“Vedremo. Credo che le cose si risolveranno da sole.” Le risponde sentendo la sua mano posarglisi sulla spalla e accarezzarlo. Come se Elena fosse alla ricerca di un ultimo contatto.

Non si dicono addio. Semplicemente si lasciano così, senza guardarsi negli occhi.

Damon si dirige verso la macchina, aspettando che sia Jane a raggiungerlo, mentre Elena, senza voltarsi, entra in casa e non guarda indietro.



 
§§§



 
È sera e alla pensione Salvatore Damon sta accarezzando la sua bambina mentre lentamente si sta addormentando. Lui è stanco, non ha così tanto sonno ma sa che se prenderà le pillole che il dottore gli ha prescritto, passerà una notte tranquilla.

Guarda sconsolato la figlia in cerca di risposte da darle. Per la prima volta in tutta la sua vita, Jane gli ha chiesto della sua mamma. Prima di oggi ha sempre fatto quella fatidica domanda a Lily, ma Damon si doveva aspettare qualcosa del genere prima o poi.

È stato come un fulmine a ciel sereno, come la tempesta che da poche ore si è fermata.

“Dov’è la mamma?”

“Lei lavora lontano. È difficile per lei ritornare a Mystic Falls.”

Per quanto tempo andrà avanti così? Jane crescerà e non resterà per sempre una bambina ingenua che chiederà in continuazione di Katherine. Tra qualche anno potrebbe anche mettersi in testa di andare a cercarla e lì, ne rimarrebbe devastata, come devastato ne è rimasto Damon, che troppo lontano da casa ricevette la notizia di essere solo, con una figlia a carico e una fidanzata che lo aveva mollato.

A Jane per adesso basta quella risposta, ma presto non ci sarà tempo per le scuse e cambiare discorso non sarà più così facile. A Damon gli è bastato distrarla su un giocattolo nuovo o su una Barbie da comprare e sua figlia ha sorriso dimenticando il suo dispiacere di non avere una mamma.

Poi Damon si è sdraiato accanto a lei e si è messo a cantarle una dolce ninna nanna, una di quelle che gli cantava sua madre quando era piccolo e Jane pian piano ha chiuso gli occhi fino a quando non ha raggiunto un respiro regolare e non si è addormentata. Damon nella luce soffusa della camera da letto, la guarda riposare, avvolta nelle calde coperte e continua ad accarezzarle i capelli.

Stava per andarsene, poi si è fermato catturato da una smorfia di sua figlia. Ha arricciato il naso e aggrottato le sopracciglia proprio come faceva Katherine quando sentiva un odore che non le piaceva durante la gravidanza.

Non ci ha mai pensato così tanto. Sua madre gli ha sempre detto che Jane è la sua fotocopia. I suoi occhi azzurri, i suoi capelli neri… proprio come i suoi. Eppure ci sono molte cose di Katherine in Jane, più di quanto Damon si aspettasse. Le labbra a cuoricino, il naso piccolo e sottile, le guance morbide e alcune espressioni degne della madre.

Anche il carattere (certo Damon è sempre stato un tipo troppo burrascoso durante l’adolescenza, ma dopo la morte del padre è cambiato) è senz’altro vispo è allegro come quello di Katherine.
Forse non lo ha mai voluto ammettere, ma c’è molto di quella donna in sua figlia.

Adesso gli fa uno strano effetto. Perché non ripensa a lei da un bel po’. Non sa che fine ha fatto. Durante i primi sei mesi di vita di Jane non ha fatto altro che chiamarla e provare a contattarla, ma non è servito a niente. Katherine era scomparsa dalla faccia della Terra e per Damon ogni speranza di tenere unita la così detta famiglia era svanita nel nulla. Così come ogni sua possibilità di essere felice.
Quello era stato il suo colpo di grazia.

Se con la morte del padre, Damon aveva perso ogni traccia della sua adolescenza, con la presenza di una nuova ragazza e con l’imminente arrivo di Jane era ritornato quel nuovo faro ad attenderlo. Ma la fortuna non gira mai a suo favore. La fortuna è talmente cieca da non arrivare mai a lui.

La piccola sussulta nel sonno, presa tra le braccia di chissà quale sogno e istintivamente si aggrappa al braccio si Damon, soffiando un po’ impaurita sulla sua pelle. Lui riprende ad abbracciarla e ad accarezzarle i capelli, mentre lentamente, grazie a quelle attenzioni la bambina si calma.

Quando ormai da un’ora Jane è intrappolata nel regno di Morfeo, Damon si allontana dalla sua stanza. Si avvicina cautamente in cucina per non far rumore e prende un bicchiere d’acqua. Ma presto viene distratto da rumori ovattati provenienti dal vecchio studio del padre.

Si avvicina alla porta socchiusa e la luce della lampada filtra attraverso essa. Quando la apre lentamente nessun rumore riesce a distrarre colui che ha tanto da fare da non prestare attenzione da nient’altro.
Stefan cerca senza sosta qualcosa tra i libri, tra gli scaffali, nei cassetti. A volte si piega anche sul pavimento per guardare sotto i tappeti. Sembra quasi frenetico, impazzito. I suoi occhi brillano di una luce che Damon non ha mai visto nel fratello. Eppure che cosa potrebbe esserci di tanto importante in un vecchio studio come quello?

Giuseppe Salvatore era un semplice uomo d’affari e non gli sembra che a Stefan sia mai interessata l’attività del padre. Così come a lui, del resto. E quei registri, quei libri in effetti sono incomprensibili, eppure suo fratello sembra esageratamente interessato ad ogni riga di ogni singola pagina, mentre ogni volta che richiude uno di essi lo sigilla con un semplice post it giallo.

“Ma che stai combinando?”

Per un attimo Stefan sobbalza e fa quasi cadere il libro che ha in mano a terra. Si gira verso la voce che gli ha parlato e nota Damon sulla soglia della porta presto dalla curiosità del suo gran da fare.

“Non dovresti essere al college o a studiare?”

Inizialmente Stefan sembra voler sviare il discorso, guardando altrove e indietreggiando sempre di più come a farsi scudo dalla domanda del fratello.

“Io ho preso una settimana di riposo. Devo fare una cosa.”

“E cosa sarebbe questa cosa?”

“Io… no, lasciamo stare, mi prenderesti per stupido.”

Fa cenno di no con la testa come a voler scacciare ogni voglia di confessare tutto al fratello. Riprende i libri che aveva messo sulla scrivania e li mette in ordine.

“Cosa sarebbe troppo stupido? Ti sei interessato all’economia.”

“Ma che dici? Io… è complicato, ok! Faccio questa cosa e… mi sembra di diventare più stupido.”

“Cosa esattamente ti fa diventare più stupido, di grazia? Così almeno quando inizierai a soffrire di qualche demenza saprò sicuramente quale sarà la causa.”

Il più piccolo dei Salvatore è ancora indeciso se raccontare tutto o niente al maggiore, ma alla fine sembra prendere  una decisione, dirigendosi verso una foto appesa della loro famiglia. Una Lilian e un Giuseppe ancora giovani mentre lei culla tra le sua braccia un appena nato Stefan e mentre lui poggia una mano sulla spalla di un piccolo Damon. Sorridono tutti in quella foto. Tutti erano felici.

Ma la foto non resta ferma, Stefan fa scattare qualcosa, una specie di ingranaggio schiacciando un pulsante microscopico e la fotografia si apre da un lato, rivelando così una cassaforte, di cui Damon non ne conosceva l’esistenza.

“L’ho scoperta due anni dopo la morte di papà. La mamma non voleva più entrarci, tu eri sempre via a combattere in chissà quale posto dell’Afghanistan e questa stanza era sempre sigillata. Così quando finalmente mi sono deciso ad aprirla, ho trovato questa cassaforte. Ho provato ad aprirla con la data del matrimonio, con le nostre date di nascita, con tutto quello che possa essere collegato a papà, ma non c’è nulla che riesca ad aprire quella cassaforte. Così ho iniziato a sfogliare i suoi libri, i suoi diari, tutto quello che c’è in questa maledetta stanza, ma nulla.”

“Magari non c’è nulla.”

“Come puoi dirlo? Papà si è ammalato all’improvviso ed è morto subito dopo.”

E su questo Stefan ha ragione. Il padre sicuramente non ha fatto in tempo a svuotarla, se solo all’interno ci fosse stato qualcosa. Adesso anche in Damon sta nascendo quella curiosità che sta letteralmente divorando il fratello e gli ha fatto nascere quella luce negli occhi.

Damon si va a sedere sulla poltrona del padre, di fronte alla scrivania di mogano. Si ricorda quando da piccolo ci giocava e faceva finta di essere il presidente degli Stati Uniti nella stanza ovale.

“Non hai mai trovato nulla?” gli chiede mentre si massaggia la gamba un po’ dolorante. O forse è solo l’emozione del momento che lo induce a fare tutto ciò.

“No. A volte trovo delle cifre appuntate a matita tra le pagine, ma sono solo dei numeri di soldi o altro. Li ho provati tutti. E poi puntualmente due settimane l’anno mi ritrovo a leggere e rileggere questi libri. Convinto che prima o poi noti qualcosa che non abbia ancora visto.”

Damon non può credere nemmeno alle sue orecchie. Suo fratello si è messo davvero a fare una cosa del genere?

“Un momento. Io pensavo che questa fosse la prima volta che leggevi questi libri. Stefan, così finirai per impazzire.”

“No, te l’ho detto. È una cosa che faccio periodicamente così non esagero e non impazzisco… e poi è un modo per sentirmi ancora vicino con il vecchio.”

In quel momento Damon si rende conto quanto effettivamente a suo fratello manchi Giuseppe. Quando lui è morto Damon ormai era grande, l’adolescenza era finita ma il dolore che provava per la morte del padre  lo indusse ad arruolarsi nell’esercito. Tecnicamente scappò, ma per lui fu un sollievo allontanarsi da Mystic Falls così a lungo. Non si è mai reso conto di aver lasciato Stefan, poco più bambino, da solo con la madre. Senza nessuna figura paterna ad accompagnarlo durante l’adolescenza e senza neanche un fratello maggiore a fargli da guida.

Tutti sono rimasti distrutti da quella morte e cercare in quelle pagine ormai ingiallite è l’unico modo che Stefan ha per sentirsi vicino a suo padre e per non provare dolore.

“Che cosa speri di trovarci dentro?” gli chiede rassegnato, consapevole del fatto che suo fratello non si fermerà fino a quando non troverà quel maledetto codice.

Stefan intanto sta osservando le pagine dell’ennesimo libro e richiudendolo ci pensa su un attimo, prima di rispondere.

“Sinceramente non lo so. Spero che sia almeno un qualcosa che possa farmi mettere l’anima in pace. Sai mi manca.”  Manca anche a me. Si dice Damon senza parlare. Stefan sa che anche per lui è così. “Ma adesso sto quasi perdendo la pazienza. Ho letto queste pagine una miriade di volte. Anche Katherine le ha lette.”

E a quelle parole Damon ha un tuffo al cuore. Katherine. Quel nome sta ritornando troppe volte in quella giornata e sembra non volersene andare più via. Quella donna sarà la sua maledizione.

“Katherine? Che cosa c’entra Katherine adesso?”

Damon vede suo fratello deglutire e distogliere repentinamente lo sguardo, mentre lui continua a guardarlo interrogativo.

“C’è una cosa che non ti ho mai detto. Come te Katherine, una volta mi sorprese qui dentro mentre cercavo il codice e decise di aiutarmi. Restammo tutta la notte svegli, ma come al solito non trovammo niente. Io… io ero solo un ragazzino. Avevo quindici anni, Damon. Mi sono solo lasciato trasportare da lei e dalla gratitudine. Così… la baciai. Ma lei si distaccò subito…”

Non lo lascia nemmeno finire di raccontare. Alla fine non c’è ne bisogno. Katherine è ormai una storia passata. Sì, all’epoca la gelosia nei confronti della ragazza lo avrebbe fatto diventare matto. Si sarebbe senz’altro infuriato con Stefan e sarebbe stato addirittura capace di lasciare l’esercito per tenere d’occhio lei. Infondo, Katherine era (forse è ancora) una fotomodella molto carina, senza dubbio attraente e molti uomini cadevano facilmente ai suoi piedi. Sì, Damon sarebbe stato sicuramente geloso nei confronti della madre di sua figlia.

Adesso, però, ogni sentimento verso di lei è morto e sepolto e non c’è possibilità che ritorni indietro. Perciò Damon si mette a ridere, lasciando interdetto Stefan e con la bocca spalancata si allontana da lui.

“Non sei arrabbiato?”

“Perché dovrei? Katherine per me non esiste più. E poi tu eri un ragazzino, ti eri sicuramente preso una cotta per lei, ma a quell’età passa tutto.”

Stefan sembra essere sollevato dalle parole di Damon e quando un silenzio rilassato si fa spazio in quella stanza, Damon ricorda qualcosa. Un qualcosa di nascosto in quella stanza che suo fratello sicuramente non conosce, ma infondo anche lui non dovrebbe sapere di esistere. Un posto in cui Stefan non ha cercato niente.

Così si alza Damon e va a prendere un piccolo libro sullo scaffale più alto della libreria e lo poggia sulla scrivania facendolo vedere al fratello.

“Aprilo!”

Suscitando la sua curiosità Damon gli indica quel piccolo manuale con le scritte ormai cancellate. Stefan fa quello che gli dice e non appena le pagine si aprono, ne escono fuori dei fogli sicuramente più nuovi, piegati accuratamente. Il ragazzo dà un’occhiata e le analizza per bene.

“Sono le piantine della casa. Tutti i piani.”

“Sono i progetti, per l’esattezza. Vennero fatti quando la casa doveva essere ancora costruita. La mamma mi ha detto che papà ci mise anima e corpo per costruirla. Era preso dall’euforia e ogni aggiunta era buona per lui. Io in realtà ne ero già consapevole. Perché due anni prima la morte di nostro padre, trovai queste.”

“Ma cosa c’entrano con Katherine?” gli chiede spaesato, senza trovare una logica con i temi delle loro discussioni.

“Con lei nulla, in realtà ci sto pensando da quando ti sei messo a parlare del fatto che vuoi sentirti più vicino a lui.”

“E allora? Devo conoscere la cartina della casa a memoria per lui?”

“Sei un idiota, Stefan.” Damon alza gli occhi al cielo e facendo accomodare il fratello accanto a lui gli indica alcuni punti delle varie cartine. È ora di svelare la verità. “Guarda. Qui siamo noi, questo è lo studio e esattamente al piano di sopra c’è il bagno della mia camera. Ma non ti sembra che questo studio sia più piccolo del mio bagno?”.

Stefan si è fatto improvvisamente più interessato alla rivelazione del fratello e sovrappone le due carte mettendole poi in contro luce.

“Sulla cartina i muri combaciano perfettamente, ma in effetti, il tuo super lussuoso bagno è molto più grande. Quasi il doppio.” Damon annuisce, poi guarda la parete di fronte alla scrivania ricoperta completamente da una mastodontica libreria. “Lì, non c’è una parete, non è vero?”

Lui nega con la testa e osserva suo fratello perdersi completamente dall’euforia del momento e per la rivelazione che praticamente gli sta accartocciando i polmoni facendolo respirare a fatica.

Damon prende il taglia carte appuntito e si dirige verso la libreria. Sa che sul secondo scaffale a sinistra c’è un minuscolo buco. Ci infila la punta dentro e proprio come la prima volta, sente quel meccanismo scattare. Due secondi più tardi la libreria sembra dividersi a metà e sbloccare entrambi i lati come se fossero due ante.

Stefan in un primo momento resta a bocca aperta, poi si rende si rende conto dell’enorme scoperta che ha appena avuto e si precipita ad aprire quelle ante.

Più o meno aveva la stessa età, Damon quando scoprì l’altra metà della stanza. Forse il tesoro più prezioso del padre.

All’apertura delle ante una stanza viene illuminata automaticamente e rivela armi di ogni genere.

“Mamma non conosce questo posto, probabilmente non sa nemmeno che papà aveva il porto d’armi.” E effettivamente ciò che si mostra d’avanti a loro sono decine di teche riempite con armi di ogni genere. Fucili, pistole, rivoltelle. La maggior parte da guerra.

E al centro, appesa al muro, una pistola che sicuramente riesce ad attirare l’attenziondei fratelli.

“Non appena scoprì questo posto, papà mi beccò all’istante, ma non si arrabbiò anzi mi stette a spiegare tutta la sua storia. Mi disse che aveva una passione per le armi. Ovviamente non le ha mai usate, ma gli piacevano. E poi questa…” fa indicando la pistola centrale. “… è la più importante di tutte. La usò nostro nonno durante la seconda guerra mondiale. La Colt .45. La cosa più importante per nostro padre. Venerava questa pistola, poi quando mi spiegò la sua storia, la prese in mano e la smontò in mille mezzi spiegandomi tutte le sue funzioni.”

Stefan sfiora il vetro della teca, emozionato e senza fiato.

“Perché non me lo hai mai detto?”

“Eri un bambino, Stef. Poi papà è morto e io me ne sono andato. Quando ritornavo avevo così poco tempo per stare con voi che non potevo di certo mettermi a pensare a questa stanza.”

Suo fratello, però, sembra non ascoltarlo più.

“È stupenda.” Dice osservando ancora la Colt.

“Questa è l’amore in comune che hanno tutti i Salvatore. Non mi sorprende che ti piaccia. Papà l’adorava.” Poi un lampo di genio gli passa per la testa. “Stefan… il codice della cassaforte, da quante cifre è composto?”

“Quattro. Perché?”

“Sai Colt. 45 non è il suo vero nome. È solo quello più utilizzato per via delle munizioni. Il vero nome è Colt M1911. Papà amava questa pistola, forse potrebbe andare bene.”

Stefan non gli risponde neanche. Si precipita dall’altro lato della stanza per digitare le quattro cifre.

1… e la cassaforte sembra accettarlo emettendo un suono acuto e facendo illuminare di verde la prima lucina.

9… Stessa cosa. E i fratelli Salvatore sospirano a quel suono presi dalla curiosità.

1… La terza lucina si accenda. Ormai Damon ne è quasi sicuro. La sua intuizione è giusta.

1… Così come la libreria, l’anta della cassaforte scatta in avanti, lasciando immobili Damon e Stefan.

Il più piccolo sembra quasi aver paura, adesso. Dopo tutti questi anni è veramente giunto il momento di scoprire cosa di nascosto c’è in quella cassaforte.

Quando Stefan la apre, vede solamente gruzzoli di banconote sparsi in tutta la nicchia. Sembra quasi deluso e Damon può capirne il motivo. Il fratello brontola esasperato e, preso dalla foga, scaraventa tutto il contenuto della cassaforte al di fuori, non notando una lettera che finisce ai suoi piedi.

Damon, trafelato, lo chiama e con lo sguardo gli indica la lettera. Ancora chiusa, sigillata.

Stefan vorrebbe aprirla, ma sa che non può. Damon capisce del gesto mancato del fratello quando nota la scritta in un elegante corsivo. È la scrittura del padre e c’è scritto:

 
Alla mia famiglia.

 
Aspetteranno il mattino dopo per aprirla, quando anche Lily sarà sveglia e potranno leggere l’ultimo saluto di Giuseppe Salvatore alla sua famiglia.


 
§§§



 
Rientrata in casa, l’umore di Elena non è di certo dei migliori. Ha appena rotto con Damon, se le è consentito usare quel termine, o perlomeno hanno preso una decisione che li allontanerà per molto.

No, non è affatto contenta. Ne era consapevole, già dalla sera precedente che il legame tra lei e quell’uomo si sarebbe allentato, per così dire. Anche mentre si stavano baciando (e Elena non dimenticherà mai più il sapore di quelle labbra), una delle sue poche sensazioni era che presto lei non l’avrebbe più rivisto.

Se deve essere sincera, Elena spera vivamente di poterlo rivedere almeno un’altra volta o, ancora meglio, che lui cambi idea, che si renda conto che entrambi possano stare insieme.

Eppure non ci sperava più nell’amore Elena. Quando spesso vedeva Stefan a scuola di danza, si chiedeva se prima o poi avrebbe incontrato la persona della sua vita. Ma, davvero, non ci sperava più, nonostante la sua giovane età, nonostante l’avere un’intera vita davanti a sé. Poi è arrivato Damon e l’ha letteralmente sconvolta e in cuor suo, sapeva che con Damon le era rinata la speranza. Speranza che è appena stata assopita, nel giro di una giornata.

Può inventarsi tutte le scuse di questo mondo, può arrampicarsi su ogni specchio che la circonda, ma nulla le negherà il fatto che Damon le manca già.

Anche se non può affermare che il sentimento sia reciproco.

Vederla con quella tristezza negli occhi non giova nemmeno a Jenna e Alaric, che preferiscono non fare domande. Sapevano sin dall’inizio dell’avvicinamento tra Damon ed Elena che i due erano terribilmente complicati e confusi anche da soli. Di certo, speravano che una loro possibile unione li avrebbe fatti migliorare, ma evidentemente sia l’uomo che la ragazzina non sono ancora pronti a fare il passo successivo.

Perciò non fanno domande. Alla fine Elena è abbastanza grande e matura per prendere le sue decisioni e per scegliere da sola se raccontare tutto alla sua famiglia o meno. Stessa cosa vale per Damon.

Alaric sarà sempre pronto con una bottiglia di Bourbon in mano nel Mystic Grill ad accoglierlo e ad ascoltare tutti i suoi problemi amorosi.

Quindi Elena si chiude la porta alle spalle e evita la sua famiglia che non insiste ovviamente a forzare di sbloccare quel suo mutismo.

L’unica che l’accoglie a braccia aperte e Margaret. Non vede quella bambina da un giorno intero, ormai e… Damon una volta aveva ragione. Le bambine saranno la loro salvezza.

Elena prende in braccio la sua sorellina che inizia a riempirla di baci e si va a sedere sul divano mentre Jenna le porge una tazza traboccante di cioccolata calda e Alaric le si siede accanto, facendo sì che lei possa poggiare il capo sulla sua spalla.

È un ottimo amico Alaric, e in quei mesi di solitudine è forse stata l’unica persona che possa avvicinarsi ad una figura paterna. Con lei si preoccupa, rimprovera Jeremy e coccola quando può Margaret.  Elena spera che prima o poi lui e sua zia possano avere dei figli propri. E poi lei sarebbe contenta di avere dei cuginetti da accudire.

Immagino che non ci resterà niente da fare se non crearne uno nostro, di bambino.

Sobbalza al ricordo di quella frase detta qualche tempo fa da Damon e ancora una volta, il pensiero di un bambino tutto suo, le riscalda il cuore, ma la immobilizza allo stesso istante.

Forse tutto ciò che la fa stare bene in questo momento è la sua famiglia. Anche se al quadro familiare manca solo suo fratello.

“Che fine ha fatto Jeremy?”

“Appena finito il temporale, ne ha approfittato ed è uscito fuori di casa.” Le risponde la zia, quasi esasperata.

Jeremy è sempre stato uno spirito libero, in famiglia. Più di Elena. Ma prima della morte dei suoi genitori non si è mai comportato in questo modo. Non parla più con nessuno, nemmeno con Alaric che spesso si è dimostrato un amico e un complice per lui. Sembra quasi voler chiudere i rapporti con la famiglia, per affacciarsi al mondo esterno.

Ma ha lasciato la scuola, sporadicamente lavora così come sta facendo Elena, ma non vuole avere accanto nessuno.

Elena è convinta che suo fratello stia ancora soffrendo, come lo pensano tutti, ma con Jeremy le cose sembrano arrestarsi. Nessuno ha il coraggio di andare da lui e di affrontarlo a testa alta. Quel ragazzo è come una bomba ad orologeria. Pronto ad esplodere.

E proprio mentre quelle parole iniziamo a girare nella sua testa, Jeremy come un uragano entra in casa sbattendo la porta e facendo spaventare tutti, soprattutto la piccola Margaret. Senza accorgersi dei suoi famigliari, entra in soggiorno e getta il suo zaino dietro il divano (no, non è uno zaino di scuola, ma Jeremy è un artista e si porta sempre dietro, matite, fogli e gessetti) e corre in cucina per bersi un bicchiere d’acqua.

“È successo qualcosa?” domanda Alaric seriamente preoccupato.

“Sì, mi hanno licenziato.” Afferma il ragazzo restando in cucina.

Elena può notare come il fratello sia sul punto di esplodere. Le sue braccia fanno perno sulla penisola bianca e i muscoli sono tutti contratti. Anche le mani si chiudono in pugni tanto da far diventare le nocche bianche.

Poi  il ragazzo sembra rianimarsi da quello stato di trance in cui era entrato e risollevarsi in posizione eretta per dirigersi verso le scale e scappare in camera sua.

Mentre il suo piede tocca i primi gradini, Jenna riesce a fermarlo con le sue parole.

“Che cosa hai combinato?”

“Perché pensi che sia colpa mia?” le urla contro per non ascoltare nemmeno la risposta e andarsene definitivamente da quella stanza.

Quando Elena si volta verso sua zia, nota il rammarico nei suoi occhi. È dispiaciuta, pentita di quello che ha detto. Lei non voleva dire quella frase, eppure le è scappata senza nessun motivo. O forse un motivo c’è. Suo fratello non ne sta combinando una giusta in questo periodo e sì, tutto quello che fa preoccupa immensamente la sua famiglia, ma sono scelte sue. Irrimediabilmente tutto quello che gli accade è una conseguenza delle sue stesse azioni.

È stato facile, quasi spontaneo, per Jenna pensare che la causa del suo licenziamento sia stato lui stesso, ma può essere stata qualsiasi cosa a cui nessuno ha provato nemmeno a ipotizzare.

“Tranquilla. Provo a parlarci io.” La consola Elena, facendo alzare la piccola Margaret dalle sue gambe (ancora troppo spaventata per la brevissima discussione avuta in famiglia) e dandola ad Alaric. Si alza e così come ha fatto suo fratello, sale anche lei le scale per raggiungerlo.

Crede che sia arrivato il momento di risolvere questa situazione, di riportare un tassello della sua vita al posto giusto.

La sua mano si paralizza in aria solo per un attimo. Normale. Nessuno vorrebbe buttare benzina sul fuoco se c’è Jeremy attorno, ma comunque bussa alla sua porta e anche se non riceve risposta, la apre e trova suo fratello leggere uno dei suoi fumetti con le cuffie ad alto volume.

Gli si siede accanto e quasi lo fa spaventare, ma senza cacciarla, senza dirle una parola, Jeremy si toglie le cuffie, ma non guarda in faccia la sorella.

“Perché sei stato licenziato, Jeremy?” gli domanda pacatamente, senza alcun tono d’accusa nella sua voce.

“Un cliente ha toccato il fondoschiena di Vicki. Io non ci ho visto più niente e l’ho preso a pugni.” Sospira rassegnato dal suo destino. “Il signor Monroe non ha potuto fare altro se non licenziarmi.”
Elena annuisce lentamente. Alla fine non crede che sia colpa di suo fratello. Lui ha solo difeso una sua cara amica, forse Vicki è qualcosa di più.

“Va bene. Forse riparlandone con il signor Monroe possiamo farti assumere di nuovo.”

“No, non ti preoccupare. Sono andato in quel negozio di musica in centro e sono riuscito ad avere un posto lì.”

Lei sorride, contenta dell’intraprendenza del fratello. Si accascia sul letto circondando le spalle di lui con le sue braccia.

“Credo che sia meglio così. Alla fine è più dignitoso stare in mezzo all’arte che passare bottiglie intere di Bourbon ad Alaric senza fargliele pagare.”

Jeremy sembra sorridere a quella frase.

“Ultimamente era anche peggio. Ho dovuto passare anche una al suo amico, Damon. Quello con cui ti vedi tu.” E a quel nome, Elena sussulta. Come se fosse una stilettata che ha puntato dritta al cuore.
Damon. Alla fine arriva sempre Damon. In ogni cosa che faccia, lui… il suo nome è presente. Fisso è immobile. Più cerca di non pensarlo, più lui sembra ritornare a lei, anche attraverso gli altri.

“Dovresti dire al tuo fidanzato di darsi una regolata.”

“Lui non è il mio fidanzato. Noi non siamo niente.” Afferma poco convinta di quello che ha appena detto, ma per fortuna suo fratello sembra bersela. Qualcuno che finalmente non insiste o non fa pressioni su quella relazione/ non relazione.

Eppure sebbene Damon ed Elena non siano niente, lei sente quella preoccupazione ristagnare nel fondo del suo stomaco quando Jeremy le ha detto che Damon deve darsi una regolata. È  da stupidi preoccuparsi, ma come abbiamo già detto, Damon è fisso nei pensieri di Elena. Quindi quei suoi pensieri sono più che giustificabili.

“Ero convinto che voi due stesse insieme, ma a quanto pare Caroline deve aver viaggiato troppo in là con la fantasia, quando me lo ha detto.”

Dio, quando la sua migliore amica imparerà a starsi zitta?

“È complicato.”

“Ogni relazione lo è.” Dice Jeremy voltandosi verso di lei serio e mettendosi a fissare un punto indeterminato del soffitto.

Da quando il suo piccolo Jeremy è diventato così saggio? Un sorriso le scappa, quando Elena ripensa ai suoi genitori e al fatto che suo fratello assomiglia così tanto alla loro mamma. Per un attimo, le sembra di vivere una delle tante chiacchierate con sua madre, come un dejà-vu.

“Mi mancano tanto il papà e la mamma.” Confessa il più piccolo, mente continua imperterrito a non guardarla. “Mi sarebbe piaciuto avere papà e non Alaric sgridarmi per aver lasciato la scuola. Forse… forse lo avrei ascoltato. Più per timore che per vera e propria volontà.”

“Tu saresti a scuola, io avrei già iniziato il college, non dovremmo occuparci noi due della famiglia.”

“E invece spetta a noi. È inutile farne un dramma. Dico solo che avrei preferito averli con me un altro po’.”

“Anche io.” Sussurra Elena appoggiandosi sul suo petto e ascoltando i battiti del suo cuore.

Non parlava così con suo fratello da mesi ormai e quella tranquillità le regala una sensazione così familiare da farla stare bene. Al sicuro, protetta. A casa.

A casa. 




 
Note finali: Salve a tutti. Prima di tutto mi scuso per non aver aggiornato ad ottobre, ma con l'inizio dell'università è tutto un po' incasinato. Scusate, scusate, scusate!
Adesso passiamo al capitolo. L'inizio è simile al capito precedente: Damon si risveglia dopo aver passato una notte con Elena, ma questa volta non la trova al suo fianco, e questa volta è successo qualcosa in più (chi si ricorda del bacetto dell'altra volta?). La "rottura" tra i due credo che fosse d'obbligo  anche se poi rottura non è visto che stavano insieme, ma poiché io di solito sono molto frettolosa, tendo molto a far mettere i miei personaggi subito. Cosa che non mi piace, perché non c'è nessuna storia su cui basare la loro relazione, non c'è nessun vissuto. Ergo Damon ed Elena non si vedranno per un bel po', calcolando che il mio "bel po'" potrebbe essere davvero corto. Non considerate i miei spazi temporali, sono strani.
A proposito di tempo... avrete notato che la scena di Damon con Stefan è ambientata di notte, mentre quella di Elena con la sua famiglia accade non appena i due si lasciano. Ho voluto mettere quella di Damon più che altro perché la narrazione in terza persona in quel momento era incentrata su di lui, sui suoi pensieri, quindi per continuità ho creato il salto che ha portato Damon agli avvenimenti notturni, per poi ritornare indietro nello stesso pomeriggio per vedere quello che succede in casa Gilbert?
Se vi dico che la scena che ho preferito è quella di (Elena e Damon che si lasciano... no dai non sono così sadica, in realtà mi dispiace molto) Stefan e Damon mi volete male? Non tanto per l'iimprovvisa dose Defan che vi ho regalato, ma perché mi sono un pochino cimentata con cose un po' più fighe tipo pistole, camere segrete, ecc...
Adesso vi lascio veramente, anche perché se siete arrivati fin qui, c'è davvero da premiarvi.
Rigrazio velocemente chi ha recensito lo scorso capitolo: 
katherina23aria3FgfsElle_Ls e chicchi93.
Chi ha messo la storia tre le preferite, seguite e ricordate. 
A presto, mi auguro.
Mia :)

 
   
 
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