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Autore: TheSims1991    12/11/2015    2 recensioni
«Cosa sei venuto a fare qui?» Chiese.
«È così che si salutano i vecchi amici?»

Una persona dal passato di Killian arriva a Storybrooke. Le sue intenzioni sono nascoste, imprevedibili. Nascosta è anche la storia di quel ragazzo, ferma nella mente del Capitano, mai rivelata ad anima viva, mai rivelata ad Emma. Un'ombra nella mente del giovane pirata torna a farsi spazio dal passato, ora che, finalmente, aveva trovato ciò che aveva rincorso per una vita intera. La paura di riscoprire dissapori vecchi ormai di secoli, il timore di perdere chi gli è vicino...
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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I personaggi citati in questa fanfiction non sono di mia proprietà ma appartengono ai rispettivi proprietari.
Questa storia è scritta e pubblicata senza scopo di lucro.

That man

«Ordino la colazione anche per te?» Killian sorrise ed annuì, mentre Emma andava al bancone a chiedere due caffè e una cioccolata con cannella. Henry scrutò il pirata per qualche istante. Da qualche giorno era più silenzioso, senza le sue battute di spirito sempre presenti. Aveva sentito lui e sua madre discutere di questo nuovo tizio in città e sapeva che Killian era molto preoccupato.

«Sai» Disse, attirando l’attenzione di Hook. «Quando August è arrivato in città sembrava un tipo losco sia a me che alla mamma. Pensavamo che non saremmo mai riusciti a capire cosa ci facesse a Storybrooke. Emma invece ci è riuscita.» Il ragazzino sorrise. Hook ricambiò il sorriso e in quel momento Emma tornò a sedersi accanto a lui.

«Di cosa parlavate senza di me?» Domandò, afferrando la mano al pirata e intrecciandola alla sua.

«Niente, mamma.» Rispose Henry. «Piuttosto dove sono la mamma e Robin? Avevano detto che ci avrebbero raggiunto qui.»

Mentre parlavano Granny portò al loro tavolo ciò che avevano chiesto, e una grande fetta di torta al cioccolato.

«So che qualcuno ne va matto.» Disse con lo sguardo rivolto al ragazzino. «Offre la casa!» Henry ringraziò e sorridente ne assaggiò un gran pezzo, tra gli sguardi allegri di Emma e Killian. Erano passati quattro giorni da quando Damien era arrivato a Storybrooke e aveva detto al capitano che aveva del lavoro da fare. I fantasmi del passato di Killian lo avevano tormentato ogni notte, e ogni notte aveva rivisto i momenti passati con quel tipo, i belli e i brutti. Si sentiva in colpa per ciò che era successo, per come erano andate le cose.

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dall’arrivo di Robin e Regina che si scusarono per il ritardo. Dalle loro espressioni era più che comprensibile che quello era stato un piacevole contrattempo. Killian ed Emma si scambiarono uno sguardo complice e sorrisero, mentre Regina cercava di guardare altrove, sebbene un piccolo sorriso le si disegnò sul viso.

«Signorino, non sarà troppa quella torta?», disse con fare autorevole il sindaco. Henry sorrise, stringendosi nelle spalle e continuò a mangiare. Emma scambiò quattro chiacchiere con Regina, mentre Robin, ancora in piedi, mise una mano sulla spalla di Hook.

«Come stai?» Domandò. Hook lo fissò per una frazione di secondo di troppo.

«Bene, bene.» Robin alzò le sopracciglia e Killian sospirò. «Non ho fatto altro che pensare a Damien, a cosa ci faccia qui.» Emma e Regina furono attirate dalla discussione e si misero in ascolto.

«Conosco bene quel ragazzo, è così per colpa mia.» Emma gli prese la mano.

«Killian…» Lui la guardò fisso negli occhi. Erano pieni di senso di colpa, quasi stessero chiedendo perdono a lei di aver fatto del male in passato.

«L’ho abbandonato nel momento in cui aveva bisogno di me. Se è così è per colpa mia.» Ripeté il capitano.

«Non è colpa tua, Killian» Disse Henry, posando la forchetta sul piatto ormai sporco di cioccolata. «Ognuno fa le sue scelte, lui avrà fatto le sue. Non sei responsabile di qualsiasi cosa abbia fatto. E qualunque cosa sia, l’affronteremo come sempre, insieme.» Killian lo guardò meravigliato e gli sorrise. Regina gli volse uno sguardo ammirato, così come Emma, e Robin gli sorrise.

«Vi meravigliate?» Disse lui, osservandoli uno ad uno. «Sono pur sempre l’autore!» Henry aveva reso l’atmosfera più leggera e la colazione continuò tra risate e chiacchiere leggere, come non succedeva da tempo. L’ombra di Damien non scomparve, ma Hook riuscì a godersi un po’ di tranquillità con le persone che amava.

 

«È così… dolce!» Gli disse. «L’uomo che ti ha buttato in mare ora se ne sta sereno e tranquillo con le persone che… ama, mentre tu sei qui, dopo secoli, senza nessuno!» Damien non sollevò neanche il viso.

«Dovrei invidiare Jones?» Domandò, secco.

«Non so se dovresti invidiarlo, ma di certo se la passa meglio di te, non credi?» Rispose l’uomo.

«Ho imparato tempo fa che i sentimenti non portano a niente di buono. Se pensi che Jones se la passi meglio per questo motivo, direi che ti sbagli di grosso.» Damien guardava fuori dalla finestra: alberi, tantissimi alberi. Erano al limitare della foresta di Storybrooke, in un luogo dove nessuno si sarebbe mai sognato di cercarli. L’uomo, dietro di lui, trafficava con i suoi arnesi.

Anche Damien aveva ripensato all’incontro col suo vecchio amico. Per quanto fosse stato in grado di trasmettere la sua sfacciataggine, rivedere l’amico aveva avuto anche un altro effetto. Quella ferita mai del tutto richiusa aveva ripreso a poco a poco a sanguinare, tutto il dolore gli era tornato in mente.

“Fanculo. Avevo detto che non ci avrei più rimuginato.” Disse tra sé, sbattendo i pugni sulla soglia di legno della finestra.

«Problemi?» L’uomo dietro di sé non si era voltato. Era impassibile, come sempre. Damien non l’aveva mai visto scaldarsi, solo compiacersi dei suoi traguardi.

«Come se t’interessasse.» Non erano amici, non lo sarebbero mai stati. Quell’uomo aveva solo preteso, pardon, richiesto a Damien di aiutarlo nella sua impresa. Se questa non fosse andata secondo i piani, avrebbe perso molto. E anche Damien. Il ragazzo pensò a questa rosea prospettiva e fece un bel respiro.

«Cosa dobbiamo fare?» Domandò. Anche se non poteva vederlo in viso, sapeva che quell’uomo aveva un sinistro ghigno disegnato sul volto. Agitò in aria le dita e di colpo, da un fumo violaceo, spuntò un foglio che l’uomo consegnò a Damien.

«Iniziamo da… lei.» Disse, con voce bassa e roca.

 

Era quasi metà mattina. Damien era fermo davanti alla porta del The Rabbit Hole, sebbene a quell’ora del mattino fosse tutto chiuso. Sapeva che la persona che cercava sarebbe passata di là, prima o poi. Aspettava pazientemente, lasciando che il vento di Storybrooke gli scompigliasse un po’ i capelli scuri. Le ciocche più lunghe si muovevano sulla fronte, dando ombra agli occhi di un azzurro pieno e corposo, che si muovevano lenti alla ricerca di quella ragazza. Il naso, piccolo e dritto, assaporava gli odori di quel mondo così strano ed interessante al tempo stesso.

Non ci volle molto. Damien scorse la ragazza poco lontano. Infilò una mano nella tasca della giacca e afferrò lo strano braccialetto che quell’uomo gli aveva dato. Iniziò a camminare in direzione opposta a quella della ragazza e, di proposito, la urtò. Il bracciale gli scivolò dalla mano, ma Damien non se ne curò.

«Scusami, accidenti… Ero sovrappensiero e non ti ho visto arrivare.» Disse impacciatamente. La ragazza rispose con accennando un sorriso.

«Ti è caduto…» Di colpo si fermò. Damien raccolse il braccialetto e ricambiò il sorriso, infilandolo al polso e stringendolo.

«Quello è…» Balbettò la ragazza. Damien sorrise ancora, fingendosi imbarazzato.

«Sai cos’è?» Disse.

«È un frammento di uovo di drago.» Lily concluse. Di colpo pose una mano sul petto, nel punto esatto in cui la sua maglietta nascondeva il suo ciondolo.

«Speravo di trovare qualche indizio di mio padre, qui a Storybrooke.» Disse il ragazzo, con lo sguardo triste. Lily ebbe un sussulto.

«Tuo padre era… un drago?» Il ragazzo annuì.

«Ho chiesto a mia madre, molto tempo fa… Ma neanche lei sa chi fosse… Sai…»

«Cose da draghi» Lo interruppe Lily, pronunciando la frase in modo estremamente lento. Lui si fece scappare una leggera risata ed annuì. «Hai… hai trovato nulla?» Domandò lei. Damien scosse la testa.

«Niente di concreto. Un’anziana signora, nel nostro mondo, mi aveva consigliato un incantesimo che mi avrebbe portato da lui. Ha sempre detto che sarebbe stato estremamente complicato ma voglio provarci ugualmente. Se è qui a Storybrooke lo troverò.» Lily era sempre più confusa. Anche lei era disperatamente alla ricerca del padre e a quanto pareva, quel ragazzo poteva darle qualche risposta. Afferrò il ciondolo e lo mostrò a Damien. Il ragazzo si finse sorpreso.

«Forse puoi aiutarmi.» Disse lei. Damien sgranò gli occhi.

«Tu sei…?» Domandò. La ragazza non lo lasciò finire e annuì. La meraviglia sul volto di Damien si trasformò in uno stupendo sorriso.

«È così… raro. Pensavo di essere l’unico, o quasi.» Lily sorrise di rimando.

«So bene che cosa si prova. È… bello.» Disse lei.

«Anche tu cerchi tuo padre?» Domandò Damien. La ragazza annuì.

«Puoi insegnarmi come fare?» Chiese, ansiosa.

«Posso fare di più, possiamo farlo insieme. Purtroppo c’è solo una scaglia di drago, ma credo che potrebbe funzionare ugualmente.» Lily non riusciva a crederci. Finalmente avrebbe avuto notizie di suo padre, avrebbe saputo chi era.

I due si recarono in mezzo alla foresta. Damien aveva già preparato un cerchio di pietre e un fuoco ardeva esilmente.

«Iniziamo. Ci stai?» Disse lui, tendendo la mano verso la giovane. Lei esitò per un istante, poi la strinse forte.

«Ci sto.» Disse la giovane. Damien le sorrise. Afferrò dalla tasca una scaglia nera e un ago.

«Prendi la tua collana e dammi la mano.» Disse alla giovane. Lily si sfilò il pendente e pose il pezzetto di uovo nel palmo della mano. Damien si avvicinò e con l’ago punse l’indice della ragazza.

«Condividete lo stesso sangue, potremo cercarlo così.» La rassicurò sorridendo. Divise in due la scaglia di drago e ne posò metà sul ciondolo di Lily. Lui fece lo stesso con il braccialetto. Piegò l’indice che andò a piegarsi esattamente sulla scaglia e a macchiare il frammento. Con un cenno del capo incitò Lily a fare lo stesso. Improvvisamente il rossore del sangue si diffuse in tutto quel pezzo di guscio, facendolo illuminare di una luce strana.

Lily guardò verso il ragazzo, speranzosa. Damien annuì, sorridendole. La scaglia di drago si fuse ai due oggetti, dando loro una sfumatura nerastra.

«Ci siamo quasi.» Disse lui. Lily si sentiva eccitata e intimorita al tempo stesso. Da lì a poco avrebbe potuto sapere chi… Dopo pochi secondi, cadde a terra come svenuta. Damien sollevò una mano e la sospinse indietro. Lily si fermò come a mezz’aria. Mentre la mano del giovane scendeva lentamente verso il basso, anche il corpo faceva lo stesso, adagiandosi sul terreno. Il ciondolo restò così illuminato per qualche altro secondo, fino a che Damien non lo prese tra le sue mani.

«Mi dispiace.» Disse. Agitò la mano e di colpo, in una nuvola le cui sfumature ricordavano la profondità del mare, scomparve tutto: prima il focolare, poi Lily.

Damien mise via il ciondolo della ragazza e si incamminò verso il limitare della foresta. Era stato estremamente facile. Aveva giocato con il desiderio più grande della ragazza: era un’arma che funzionava sempre.

 

«L’abbiamo trovata qui, così. Sembra che non riesca a svegliarsi.» David aveva chiamato Emma, che esaminò la ragazza. Da lontanò si sentì urlare il nome della giovane e, con uno sguardo, chiese a Regina di tenere Malefica a distanza.

«Non è il caso che tu la veda, aspetta» Disse, cercando di fermarla.

«Mia figlia, mia figlia!» Gridava l’altra, con le lacrime che le sgorgavano lungo il viso.

«È viva!» Urlò Emma, sentendo il respiro della ragazza. «Adesso calmatevi, dobbiamo capire cosa le è accaduto.» Scese il silenzio. La Salvatrice osservò l’amica distesa su una panchina del porto.

«Non c’è niente di strano…» Sussurrò a David, che annuì. Un ambulanza dello Storybrooke General arrivò dopo pochi istanti. Emma scambiò due parole con i paramedici e corse da Malefica.

«È viva, ma non riesco a capire cosa succeda. La porteranno in ospedale e faranno dei controlli. Puoi andare con loro se…» Emma non aveva finito di parlare che Malefica annuì e corse verso l’ambulanza.

«Che cosa è successo?» Sussurrò Regina. Emma scosse il capo.

«Non ne ho idea.» Disse. «Aspettiamo di sapere cosa ci diranno i medici.» C’era qualcosa di strano, ma Emma pensò ad uno dei suoi soliti, prevenuti presentimenti. L’ambulanza partì. La ragazza si guardò ancora intorno in cerca di indizi ma sembrava non esserci niente.

  
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