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Autore: La_Folie    14/11/2015    1 recensioni
Che cosa succederebbe se una giovane ragazza italiana vincesse una borsa di studio per andare a studiare in Inghilterra e realizzare il suo sogno?
Questo è il caso di Giulia che decide di accettare il suo destino e di mettersi alla prova andando a vivere a Londra e di Jamie, la cui vita verrà stravolta da qualcosa di inaspettato.
Amici, alcool, feste, premiere, viaggi, sfilate di moda, musica e cinema sono all'ordine del giorno per Jamie.
Musica, danza, cinema, teatro e scuola sono la vita di Giulia.
Ma allora come faranno a scontrarsi due mondi così differenti, ma anche così simili?
Che cosa li porterà ad odiarsi e poi ad amarsi?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jamie Campbell Bower, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II
L'accademia degli sguardi e dei sussurri


La mattina seguente mi svegliai immediatamente al suono della sveglia che avevo impostato la notte precedente alle 6:30 a.m., prima di andare a dormire, e subito un sorriso comparve sulle mie labbra non appena aprii gli occhi. Ero carica e di buon umore perché oggi sarebbe stato il mio primo giorno da allieva in una delle accademie di danza più prestigiose di Londra ed ero felice perché sentivo che pian piano ce la stavo facendo, nonostante i vari ostacoli, a far avverare il mio sogno più grande: diventare una performer.

Così quando mi alzai dal letto, scesi immediatamente in cucina a prepararmi una leggera colazione a base di yogurt, cereali, caffè ed acqua e limone... ormai era diventata una cosa abbastanza meccanica. Da quando avevo cominciato a frequentare le lezioni di Musical avevo dovuto cambiare anche la mia dieta, poiché gli artisti sono obbligati a mangiare in una maniera abbastanza differente rispetto al resto delle persone perché hanno delle necessità diverse. Ad esempio io avevo dovuto abbandonare una cosa che bevevo sempre, ovvero il latte: crescendo avevo sviluppato un'intolleranza al lattosio e quindi avevo cominciato a bere un tipo di latte che ne era privo, ma le mie insegnanti mi consigliarono di ridurne le quantità perché il latte dava fastidio alle corde vocali e quindi, per evitare di perdere continuamente la voce, come accadeva in precedenza, avevo deciso di lasciarlo, ma quando potevo berlo non me lo facevo dire due volte e lo riassaggiavo.

Comunque, una volta finito di mangiare corsi in camera mia per lavarmi e per prepararmi: indossai un top nero antisudore, un paio di calze senza piedi* nere cinquanta denari e il body nero con una culotte nera senza scritte e poi per il tragitto fino in accademia indossai sopra a ciò che avevo messo una felpa blu a maniche lunghe e con cappuccio, data l'aria leggermente fredda di Londra, e un paio di jeans, mentre ai piedi avevo deciso di indossare le mie solite e immancabili Converse nere.
Una volta pronta corsi in bagno per raccogliere i miei lunghi capelli castani in uno chignon alto e per truccarmi un pochino con un eye-liner nero e mascara e un rossetto color carne. Non feci nemmeno in tempo a vedermi allo specchio che vi era appeso in bagno che ero nuovamente in camera per preparare il borsone, nel quale misi le mezzepunte, le punte, le scarpe da ballo con il tacco, alcuni portalistini con degli spartiti ed altri vuoti, un asciugamano, dei cerotti, degli assorbenti (non si sa mai!), un libro – da leggere durante la pausa pranzo, in caso non avessi fatto amicizia con nessuno – e la borsa con dentro i cellulare e l'iPod, con i rispettivi caricabatterie, il portafoglio e le chiavi di casa. Una volta terminato tutto questo scesi in cucina e presi dal frigorifero una bottiglietta di energizzante e prima di uscire fuori dalla stanza afferrai da uno dei mobili una bottiglia da un litro e mezzo di acqua liscia a temperatura ambiente. Prima di andare via, però, indossai una delle mie tante e fedelissime sciarpe, me ne portavo sempre una dietro in caso di aria fredda o di mal di gola, e poi finalmente uscii di casa, chiudendola con le chiavi di riserva che, come mi aveva detto Samuel, si trovavano dietro uno dei grandi vasi posti all'ingresso e scappai letteralmente a prendere l'autobus che mi avrebbe condotto all'Underground più famoso del mondo.
Nonostante mi fossi svegliata presto ero in ritardo e per questo che quando salì sul bus avevo il fiatone, ma come se non bastasse non vi era neanche un posto a sedere e quindi mi toccò rimanere in piedi sia lì e sia in metro, poiché i posti a sedere ve ne erano davvero molto pochi, rispetto alla gente che vi viaggiava a quell'ora di mattina.

Quando arrivai in accademia erano le 7:45 a.m. ed ero fortunatamente in orario.
Prima di entrare però, alzai lo sguardo in alto e mi accorsi che il cielo di Londra era nuvoloso, ma pensai che era così solo perché era abbastanza presto.
Appena varcai la soglia della porta, però, mi ritrovai con tutti gli sguardi dei presenti che mi squadravano dalla testa ai piedi. C'era gente che addirittura si era presentata con un abito elegante!
Mi diressi verso la segreteria dell'accademia per andare a terminare l'iscrizione, pagando una piccola quota d'ingresso, e per prendere l'orario delle mie lezioni e il numero del mio armadietto con il rispettivo codice, ma appena vi entrai per presentarmi, la segretaria mi squadrò dalla testa ai piedi per il modo in cui ero vestita e successivamente mi disse in tono acido di ripresentarmi alla fine delle lezioni di quella giornata se no avrei fatto tardi e non mi avrebbero ammessa in classe. Peccato che io non sapessi nemmeno quale sarebbe stata la lezione che mi avrebbe atteso dopo quella di musical, così a tentativi, cercai gli spogliatoi femminili, ma appena vi entrai mi accolse nuovamente quella sensazione sgradevole di essere osservata da tutti, ed infatti fu proprio così, in quanto tutti mi stavano guardando e vociferavano tra di loro in silenzio per non farsi sentire dalla sottoscritta e il tutto con scarsi risultati, perché sentivo perfettamente la maggior parte delle cose che dicevano.
Alcune ragazze parlavano addirittura indicandomi e facendomi un identikit completo, dicendo anche da dove venivo e perché mi trovavo in quella scuola. In più alcune sbruffavano scocciate dalla mia presenza lì in quell'istituto.
Più che un'accademia di danza sembrava un'accademia degli sguardi e dei sussurri.
Appena trovai il mio armadietto, mi avvicinai immediatamente per inserirvi la combinazione che mi aveva consegnato pochi minuti prima quella sgradevole segretaria e non appena lo aprì, vi lasciai dentro il mio borsone e cominciai a spogliarmi velocemente, lasciandomi addosso solo gli indumenti necessari alla lezione, ma mentre stavo per chiudere il mio armadietto per dirigermi in classe, mi si avvicinò una ragazza castana che ad occhio e croce doveva avere la mia età. Era alta tanto quanto me, magra al punto giusto, tanto da avere un fisico perfetto, e aveva un viso dolce e, a prima vista, sincero. 
«Non farci caso. Fanno sempre così quando arriva qualche nuova alunna.» Mi disse mentre si appoggiava con una spalla ad un armadietto.
«Come scusa?» Le domandai perplessa.
«Dicevo che sei il giocattolino nuovo e quindi fino a quando non arriverà una nuova new entry tu sarai l'attrazione del momento.» Mi spiegò come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Odio essere al centro dell'attenzione.» Borbottai tra me e me, sperando di non essere sentita, ma ovviamente la fortuna quel giorno non era dalla mia parte.
«So come ti senti. Anche io ci sono passata quando sono entrata qua dentro.» Cercò di tranquillizzarmi, ma con scarsi risultati.
«Comunque, io sono Emily, per gli amici Emy.» Si presentò la ragazza, porgendomi la mano destra che io strinsi immediatamente presentandomi a mia volta.
«Io sono Giulia o Juliet, come ti pare. Per gli amici... scegli tu come chiamarmi. Tanto qui in Inghilterra non conosco nessuno». Dissi scrollando le spalle in modo non curante, per poi chiudere velocemente l'armadietto reinserendo la combinazione e voltandomi verso la figura al mio fianco.
«Ora conosci me.» Mi sorrise ed io non potetti non ricambiare il gesto. Quella ragazza aveva un sorriso così contagioso che ti rallegrava la giornata.
«Sei silenziosa, ma tagliente e sincera... Mi piaci!» Disse la ragazza per poi esclamare con sicurezza «Credo che questo sia l'inizio di una grande amicizia.»
Ci fermammo un paio di secondi ad osservarci per comprendere appieno il significato veritiero delle parole che aveva appena affermato e poi scoppiammo entrambe a ridere per poi uscire dagli spogliatoi e incamminarci lungo gli ampi corridoi dell'accademia.
«Quale disciplina hai ora?» Mi chiese dopo un paio di minuti.
«In realtà non ne ho la più pallida idea.» Sospirai imbarazzata per poi spiegarle per quale motivo mi trovavo in quell'edificio.
«Quindi mi stai dicendo che sei tu la vincitrice della borsa di studio di Musical Theatre?» Mi chiese spalancando gli occhi dalla sorpresa.
«Sì, ma non ho la più pallida idee dei corsi che dovrei seguire...»
«Lo so io!» Esclamò interrompendomi e girandosi verso di me, arrestando la nostra camminata. Lei probabilmente mi lesse la confusione in viso poiché cominciò a parlare nuovamente.
«Ora ti spiego: la nostra acting coach* di Musical ci aveva detto al termine dello scorso trimestre che era stata vinta una borsa di studio da una ragazza di una nazionalità straniera e che da questo trimestre in poi avrebbe frequentato i nostri corsi qui in accademia. Ora il fato vuole che la stessa insegnante mi abbia chiamato ieri sera e mi abbia lasciato il compito di farti ambientare, poiché, avendo controllato i nostri orari, frequenteremo le stesse lezioni tutto l'anno.» Mi annunciò con un sorriso a trentadue denti.
Pensai che quel giorno almeno una buona notizia mi era stata data. In più ero al mio secondo giorno della mia nuova vita da indipendente in Inghilterra e avevo già trovato un'amica e la cosa non mi dispiaceva affatto.
In quel momento, però, la campanella suonò interrompendo i nostri discorsi e facendoci affrettare a dirigerci verso la classe di Musical Theatre, dove si sarebbe tenuta la prima lezione della giornata.

Quando suonò la campanella che avvisava gli studenti del termine delle lezioni di quella mattina, tirai un sospiro di sollievo: avevo avuto due ore e mezza di Musical Theatre con riscaldamento di Pilates per ballerini annesso, due di Commercial e una di danza contemporanea. Ero totalmente esausta. Sapevo che in Inghilterra l'allenamento sarebbe stato molto più intenso rispetto a quello che facevo in Italia, ma non pensavo davvero che fosse così duro. Gli insegnanti erano severi, ma anche molto disponibili e chiari nella spiegazione dei vari otto.
Avevo conosciuto anche il direttore della scuola, il quale era venuto per congratularsi per la conquista della mia borsa di studio e per informarmi del fatto che essendo il mio primo giorno in accademia e non essendo abituata ai loro ritmi, avrei integrato tutti i corsi a poco a poco e che quel pomeriggio non dovevo rientrare per le altre lezioni.
Così, dopo aver essere andata in segreteria a ritirare il mio orario e a terminare l'iscrizione, feci pranzo insieme a Emily e, dopo aver concordato di ritrovarci il giorno seguente davanti all'ingresso dell'accademia, decisi di tornarmene a casa per riordinare le cose che non ero riuscita a sistemare il giorno precedente, ma percorrendo la strada per andare a prendere la metro, passai accanto ad un negozio che vendeva articoli da danza e rimasi incantata di fronte ad un body nero ricamato con disegni floreali, anch'essi neri, e con le maniche lunghe lavorate interamente con il pizzo. Stavo per entrare all'interno del negozio per chiedere di poterlo provare, ma cambiai idea non appena l'immagine di me con indosso quel body si fece spazio nella mia mente: la mia fisicità un po' troppo formosa non mi permetteva di indossare un body simile.
Rimasi a sospirare innanzi alla vetrina fino a quando non mi cadde l'occhio sul prezzo di quell'indumento: quel body costava ben ottanta sterline ed io di certo non potevo permettermi di spendere una cifra tale per un vestito che avrei utilizzato pochissime volte, così, sempre sospirando, ripresi la mia strada verso casa.

Feci appena in tempo a rientrare in casa perché subito dopo aver chiuso la porta un acquazzone tipicamente inglese aveva preso a cadere su Londra. Una volta varcata la porta di casa mi diressi verso il soggiorno dove posai sul divano il grosso borsone che mi trascinavo dietro da quella mattina e andai al piano superiore per farmi una doccia rilassante; così, una volta in camera, cominciai a preparare l'intimo, una felpa e un paio di pantaloni di una tuta che avrei indossato appena uscita dal box doccia e poi andai in bagno, posizionandomi difronte allo specchio posto sopra il lavandino e cominciai a disfare lo chignon che avevo fatto per andare in accademia, pensando che avrei auto lezione di danza classica, e mi struccai mentre facevo scorrere l'acqua per farla arrivare ad una temperatura che per me fosse abbastanza calda.
Una volta finito, mi svestii ed entrai in doccia e immediatamente il getto d'acqua che mi colpì iniziò a scaldarmi e a lavare via la stanchezza di quella giornata, rigenerandomi completamente.
Appena finito, uscì fuori dal box doccia avvolgendomi in un asciugamano grande e poi tamponai i capelli mentre mi dirigevo in camera per rivestirmi e asciugarmi i capelli: li asciugavo lì perché in bagno vi era troppo vapore e rischiavo di prendere la scossa a causa dell'umidità.
Una volta asciugati i capelli, cominciai a sistemare gli abiti che il giorno prima avevo buttato infondo all'armadio e  poi scesi in soggiorno per aprire il borsone e prendere gli indumenti sporchi per racimolarli e andarli a lavare nella lavanderia della casa e, in seguito, preparai la borsa per il giorno seguente, il quale, speravo, fosse un po' più tranquillo rispetto ad oggi.
Verso sera venne a salutarmi Samuel e a chiedermi come era andato il mio primo giorno in accademia e lui fu felice di sapere che avevo trovato un'amica su cui contare, perché, a suo parere, non si può sopravvivere in una gabbia di matti fatta solo di punte, tutù e regole se non si conosce qualcuno.
Una volta che ebbi terminato tutte le faccende e che Sam fu andato via preparai una cena leggera e veloce e poi andai a dormire, poiché ero distrutta.

Jamie's P.O.V.

Finalmente ero a casa. Non vedevo l'ora che quel maledetto aereo atterrasse a Londra, ma, come tutti sanno, gli aeroporti si trovano in periferia e quindi per arrivare a casa dovetti chiamare un taxi che mi conducesse nella mia amata città. Un'ora dopo essermi messo in viaggio feci fermare il tassista un po' prima del cancello di casa dei miei genitori, per evitare che essi vengano assediati dai paparazzi.  Fortunatamente aveva smesso di piovere non appena ero uscito dall'aero e avevo potuto trasportare i miei bagagli senza paura che si potessero bagnare.
Avevo già avvisato la mamma che sarei atterrato di notte e che quindi ci saremmo visti il giorno dopo, ma io volevo fare loro una sorpresa e quindi, invece di tornarmene al mio appartamento nel cuore di Londra, mi fermo in campagna da loro e per non farmi scoprire vado verso la dépendance, dove ho deciso di alloggiare per questa notte.
Arrivo davanti la porta di casa e come sempre la chiave è dietro il vaso: la prendo e la inserisco nella serratura, facendola scattare, e subito dopo entro in casa cercando di fare il meno rumore possibile per non essere scoperto dai miei nella casa affianco, i quali potrebbero venire a controllare per “rumori sospetti”.
Ricordai di quando invitai a casa un po' di amici senza il consenso dei miei e li ospitai nella dépendance per non farmi scoprire, ma i miei accorsero immediatamente, come se fossero stati chiamati. Il risultato? Stetti in punizione per un mese e non potetti uscire neanche per andare a fare le prove con il mio gruppo.

Appena entrai fui invaso da un odore strano, dolce, quasi di... pulito.
«Strano, questa topaia non viene mai pulita, chissà perché ora è così profumata» mi domandai tra me e me, mentre lasciavo cadere le mie valigie sulla poltrona del soggiorno e mi dirigevo al piano superiore per andare a dormire in quella che era camera mia.
Ero talmente stanco che non accesi nemmeno la luce per vedere dove mettevo i piedi e non appena arrivai vicino al letto, mi spogliai rimanendo in boxer, e mi ci buttai sopra cadendo in un sonno profondo.

To be continued...


*Per chi non fa danza o non mastica il linguaggio teatrale: il loro nome è proprio “calze senza piedi” poiché sono come dei collant, ma tagliati dalla caviglia in giù ed è per questo motivo che sono differenti dai leggins, perché sono vere e proprie calze.
*L'acting coach è l'insegnante di recitazione


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Buongiorno a tutti!
È passato un bel po' di tempo dall'ultima volta che ho pubblicato, ma purtroppo non riesco ad aggiornare velocemente perché da quest'anno ho tutti i pomeriggi occupati e non mi è permesso dedicarmi alla scrittura, come invece vorrei fare. Spero, comunque, che continuerete a seguire questa storia, anche se gli aggiornamenti saranno sporadici.
Passando a parlare del capitolo...
Qui si viene a conoscenza di un lato della nuova vita di Giulia, quella accademica (la quale è veramente strutturata in questo modo), si conoscono alcune sue abitudini alimentari e la si vede fare amicizia con Emily.
Abbiamo anche un nuovo/vecchio arrivato a Londra!
Jamie è ritornato a casa, ma... chissà che cosa succederà!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continuerete a seguire questa storia.

Vi ricordo la mia pagina facebook dove potete seguire e trovare news, curiosità e spoiler riguardanti le mie storie e i personaggi, così se avete delle domande da fare potrete scrivermele direttamente qui e non solo nelle recensioni: →
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Ora vi lascio liberi
A presto!
La_Folie
   
 
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