Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Wassat    16/11/2015    2 recensioni
Sono passati due anni dall'assassinio e Levi è finalmente pronto a lasciarselo alle spalle. La casa in fondo alla via Ashbury è antiquata e isolata - un regalo da parte di un vecchio amico, che con essa vuole dargli la possibilità di un nuovo inizio. Tuttavia, quando le ombre prendono a muoversi nel mezzo della notte prendendo la forma di un tesoro ormai perso, Levi inizia a temere sia per la sua sanità mentale che per la sua vita. Improvvisamente, la strada verso la guarigione diventa un gioco in cui o uccide o viene ucciso.
Genere: Angst, Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Eren, Jaeger, Irvin, Smith
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo
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HoE chap 1

Euheueheuh, eccomi qui con la nuova fic! Spero vi piaccia. I capitoli sono più corti di PF e questa è un po' una grazia dal cielo, dato che con la scuola mi trovo meglio così. Grazie alla brevità di essi potrei riuscire a postarne anche due a settimana, ma sicuramente non sarà la regola. Questa volta non mi do un giorno preciso per l'aggiornamento, perché tra i compiti per casa e lo studio non penso riuscirò ad aggiornare regolarmente. Comunque se mi capiterà di dover saltare anche l'aggiornamento settimanale lo scriverò nel gruppo facebook che trovate qui. Al prossimo capitolo!

Credits: i personaggi appartengono a Hajime Isayama, mentre la fanfiction appartiene a shotgunsinlace. Mia è solo la traduzione :3

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Tick, tock, tick fanno le stanghette dell'orologio appeso sopra porte blindate.

Uno, due, tre secondi passati per sempre, mentre siede sospeso nel vuoto, ad aspettare l'inevitabile.

Questo non lo aveva mai preoccupato mentre scappava e si nascondeva, mentre era al volante e seguiva il comando di un fantasma. La vita è insignificante. Il mondo è insignificante. Gli umani non sono altro che atomi su un granello di sabbia, in confronto alla vastità del cosmo.

La morte non importa. Nulla importa.

Canticchia a bassa voce, riempiendo il silenzio della cella isolata. Canta, quando le porte sotto al rumoroso orologio si aprono.

"They used to be sweet little boys, but something went horribly askew..."

Il ritmico ticchettio di tacchi contro il pavimento in linoleum si scontra spiacevolmente con il ritmo della sua canzone.

"Now killing is their only source of joy."

Da sbarre di ferro e una stanza grigio chiaro, la vista cambia al biondo rossiccio dei capelli della nuova arrivata. Un sorriso triste intrappolato nei confini di un completo blu.

"The Shankill Butchers on the rise, they're waiting 'till the dead of night."

"Levi," Dice la donna, attenta a stare dietro le linee bianche distanti tre metri dalla porta della cella.

"They're picking at their fingers with their knives, and wiping off their cleavers on their thigh."

"Per favore, smettila di cantare quella canzone." Dice, prendendosi la sedia della guardia per sé. Non c'è nulla nelle sue mani, nessun block notes o registratore, al contrario di altri psichiatrici o procuratori che hanno varcato quelle porte.

"'Cause everybody knows..."

"Non te lo chiederò un'altra volta."

L'uomo permette alla sua bocca di incurvarsi in un mezzo sorriso, può vedere il brivido di disagio della donna anche in quella luce fievole. Le cose erano diverse tra loro due, tempo fa. Una fiamma spenta ancor prima che avesse la possibilità di bruciare. Ora, la persona davanti a lui non è altro che un avvocato, la donna che aveva il compito di non farlo finire in prigione.

La donna che aveva fallito il proprio compito.

Ora quello che restava era fare ricorso.

Con la fortuna di Smith e l'abilità di Ral nel fare provare pietà alle persone, erano certi che in qualche modo lo avrebbero fatto uscire da lì.

"Ci hanno dato la possibilità di riaprire il caso. Potremmo riuscire a tirarti fuori da qui." Gli dice Petra, con un'espressione scura in volto.

"Avrei dovuto dare ascolto alle parole di mia madre," Dice Levi, incrociando le gambe e piegandole alle ginocchia. "Un vento malvagio mi ha scompigliato le ciocche fin da piccolo."

Petra sospira e le sue mani vanno a torturare l'orlo della gonna. "Possiamo ancora cercare di farti passare con l'infermità mentale, Levi. Ti faremo aiutare, se è quello di cui hai bisogno, se è quello che vuoi. Per favore, non buttare via questa tua possibilità. Viene concessa così raramente."

L'uomo misura il tempo che gli ci vuole per sbattere le ciglia, le volte che il cuore gli batte sotto la giacca arancione. Aria condizionata o meno, il sudore gli bagna le ascelle. Se non altro, scambierebbe il suo ultimo pasto con una bella doccia.

La testa contro il muro in cemento, Levi porta gli occhi di fianco a sé, verso il suo letto precedentemente vuoto. Lì siede un giovane uomo con un tiepido sorriso che gli incurva le labbra. Diversamente da Levi, lui non sta indossando la divisa da prigione. Un paio di pantaloni eleganti assieme ad una bella camicia bianca coprono il suo corpo.

"Che ne pensi?" Gli chiede il carcerato.

"Beh-"

"Non tu." Dice a Petra, rivolgendole uno sguardo severo, ma che non è cattivo. Semplicemente non gli piace quando la gente risponde a domande che non sono riservate a loro. Torna nuovamente a rivolgere il suo sguardo al letto. "Eren?"

Il giovane inclina la testa di lato e il suo sorriso si allarga, trasformando la sua espressione da annoiata a gioiosa. Fa un versetto e gli offre una scrollata di spalle. "E' solo tua la decisione. Io sono solo qui per seguirti."

Levi ragiona per un lungo momento, prima di rivolgere gli occhi ad un'allarmata Petra. "Non sono pazzo," Risponde, pieno di noia. "Preferirei che la mia ultima azione non sia mentire."

Petra lo fissa dritto negli occhi, incontrando i suoi prima di rivolgerli al lettino. "Lo vedi là?" Le sue parole sono un sussurro e Levi può sentire esitazione nel suo tono.

Lo vedi là?

Sei mesi a dover sentire la stessa domanda ed ogni volta l'uomo aveva dato ogni risposta immaginabile, ognuna di essa respinta. Se mente, gli viene fatto notare che sta mentendo. Se dice la verità, viene chiamato pazzo ed obbligato a cambiare la sua storia. Se tace, riceve lo stesso sguardo che Petra gli sta riservando in quel momento.

Levi lo vede sempre: la rovina della sua esistenza, l'ingranaggio della macchina che è il suo corpo.

"Lascia che mi gassino," Dice, evitando gli occhi verdi che lo guardano con tenerezza. "Non sarebbe giusto per Erwin lasciarmi uscire. Non dopo aver ammazzato il suo compagno, averlo fatto a pezzi e chiuso in sacchi neri."

Il colore lascia le guance rosee della donna e, per qualcuno professionale come lei, è sorprendente vederla trattare l'uomo come un amico, piuttosto che un cliente. "Perché?" Gli chiede, muovendo a malapena le labbra. "E' stato Eren che ti ha portato a fare questo?"

Levi intreccia le dita, mettendosi comodo per la lunga conversazione che lo aspetta. "Non nel modo che ti aspetteresti."

Da una tasca interna del suo completo, Petra prende un piccolo registratore. Alzandosi dalla sedia, si avvicina al tavolo ed appoggia su di esso il piccolo oggetto, premendone il bottone rosso prima di tornare a rivolgersi verso la gabbia di Levi.

Con le mani strette tra loro, prende a camminare avanti e indietro nella stanza. Nonostante la sua sottile vena di professionalità, è facile vederla dibattere la sua prossima mossa. Petra sceglie con attenzione le sue parole, cercando di prevedere i possibili risultati e manipolarli in suo favore. Nonostante lo scenario, Levi sente un senso di orgoglio per la sua ex collega.

"Mercoledì 16 aprile, 2014. 22.00" Si ferma giusto prima della striscia bianca, al sicuro dalla presa dell'uomo. "Dimmi, Levi." Facendo un lungo passo, afferra le sbarre in metallo. Il rosso delle sue unghie contrasta magnificamente col metallo. "Dimmi cos'è successo. Se vuoi morire, bene, sarà quello che accadrà - so fin troppo bene che è inutile cercare di fermarti." Amarezza. "Ma almeno dimmi perché l'hai fatto."

"Questa storia sta iniziando a diventare noiosa, se posso dirlo." Grugnisce Eren, rigirandosi sul letto, tirando su col naso. Si gratta appena sotto di esso. "E pensare che dovrebbero semplicemente crederti, dopo tutto questo tempo. Cioè, l'evidenza c'era."

"Non sta chiedendo degli omicidi. Sta chiedendo di te."

"Sì, beh, cosa vuole sapere di me? Non c'è nulla che possiamo fare per fargli credere a quello che dici, quindi perché continuano a chiederti le stesse cose in continuazione?"

Levi schiude la bocca per replicare, ma Petra si schiarisce la gola. C'è disagio nel suo viso, ma non si scosta dalle sbarre. "Voglio sentire quello che hai da dire." Dice. Per la verità, Levi non è sorpreso dal suo tentativo di farlo parlare. "Non te lo sto chiedendo da avvocato."

"Le mie ultime dodici ore e vuoi che le passi a raccontarti una storia di fantasmi?"

"Voglio sapere perché un mio amico è così deciso a morire, quando in passato era molto più forte di così."

"Non siamo mai funzionati assieme perché tutto quello che eri capace di fare era presupporre. Non è il prospetto di morire che mi trattiene dal chiedere innocenza per infermità mentale."

La sua frase fa voltare lo sguardo a Petra, ma non c'è imbarazzo nel suo volto. Nessun arrossimento o sorriso timido. Non c'è nulla.

"Pensi che riuscirai a vederlo di nuovo, quando morirai?" La donna alza le spalle e fa ricadere le mani dalle sbarre della cella.

Circa, ma non esattamente. Levi può vedere Eren, ogni momento. Eren cammina lungo i freddi corridoi di casa sua, siede al suo tavolino da caffè e si sdraia sul pavimento del suo salotto per guardare i film. Ma c'è di più che l'uomo vorrebbe ottenere.

Uno sbadiglio porta la sua attenzione verso il ragazzo, che vede sistemarsi meglio nel lettino. Si acciambella su sé stesso, pronto a dormire.

"Cos'è esattamente che vuoi sentire?" Parlare di cos'è successo, circa i fatti tangibili accaduti per mano sua, è più semplice che pensare a come potrebbe ottenere l'infermità mentale, per quanto questo possa essere vero.

"Tutto." Gli risponde Petra, con voce ferma e improvvisamente alta e chiara. "Senza trattenerti, senza omettere informazioni che potresti trovare compromettenti. Se vuoi veramente fare questa fine, almeno dirci com'è andata per davvero ce lo devi."

Divertente, pensa. E' sicuro che non deve niente a nessuno.

Portando gli occhi al soffitto crepato, Levi sospira. "Non ti piaceranno metà delle cose che ti dirò."

"Ho sopportato di peggio."

"Io mi ci sono masturbato."

L'ammissione porta silenzio nella stanza, eccetto per un verso interessato da parte di Eren. C'è calore nei suoi occhi, lo stesso calore che ha portato Levi a premere il proverbiale grilletto.

L'uomo scosta lo sguardo, quando vede il ragazzo accarezzarsi il petto in un chiaro invito del quale nessuno dei due potrebbe approfittarne.

"Non m'interessa." Le parole di Petra non sono altro che un sussurro esitante.

"Mi sono fatto il tè col loro sangue, l'ho mescolato coi loro metacarpi."

"Erwin non ti incolpa per la morte di Mike," Lo interrompe la donna. "Onestamente crede che tu sia malato-"

"No, non è vero." La interrompe Levi, quasi ridendo, perché Erwin sa meglio di chiunque altro. Diamine, tutti loro lo sanno. Tutti loro conoscono Levi troppo bene per credere davvero che ciò che ha fatto sia stato causato da un colpo di pazzia, è semplicemente più facile abbracciare la scusa più conveniente. "Erwin lo sa perché l'ho fatto."

Il movimento di un sopracciglio della donna gli dice che anche lei lo sa. "Voglio solo sentire la verità."

Il ticchettio dell'orologio non c'è più, soffocato dal rumore dei suoi pensieri. Raccontare nuovamente gli avvenimenti degli ultimi mesi sarebbe stato come raccontare le sue ultime memorie. Si chiede se Petra le avrebbe scritte, se ne avrebbe fatto un best seller. Spera lo faccia. Il nome di Eren merita di essere reso immortale e lui non può pensare ad un metodo migliore per farlo, al posto di portarselo semplicemente nella tomba.

Che questo sia il suo ultimo atto di vanità.

"Va bene, allora." Dice, rivolgendo un'occhiata al giovane di fianco a lui. "Ti dirò tutto."

   
 
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