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Autore: Spring Dania    16/11/2015    4 recensioni
Riprese il telefono e il giornale, poi digitò nuovamente il numero di Sakura e attese.
Il numero della persona chiamata potrebbe essere spento o non raggiungibile.
Sasuke cercò di mantenere la calma: magari le si era scaricato il telefono proprio mentre stava andando a cercarlo.
No.
Sakura non era esattamente il tipo che si faceva scaricare il cellulare giusto prima di un appuntamento con lui.
L’opzione chiamata era fallita perciò l’alternativa che gli restava era andare a cercarla.
Dove poteva trovarsi?
Hinata gli aveva detto che Sakura era uscita di casa per andare a cercare lui: questo significava che si era diretta specificatamente da casa sua in direzione dell’istituto.
Aspettò.
Il ragionamento di Sasuke non faceva una piega, sicuramente le cose erano andate in quel modo.

La storia di Naruto in un universo alternativo.
L'amore segreto per Naruto di una timida compagna di classe, Hinata, la serrata silenziosità di Sasuke e il suo irremovibile desiderio di vendetta.
Pairing: Naruto/Hinata, Sasuke/Sakura, Kakashi/Anko e molti altri.
Fanfiction ripresa dopo anni di pausa... perdonate perciò la differenza di stile tra inizio e fine.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Asuma/Kurenai, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Pensiero ricorrente:
Il mio pensiero ricorrente è dedicato a tutti i nostri fratelli morti a Parigi, a Beirut, sul Sinai e in Siria e a tutti coloro che combattono e che cercano la libertà,
ogni giorno, da chi invece terrorizza, alimenta la criminalità, fomenta estremismi e ignoranza o cavalca l’onda dello sciacallaggio.
Perché prima di parlare bisogna sempre ascoltare, documentarsi, capire.

"Il dolore che proviamo per questa terribile perdita mi rammenta, ci rammenta,
che nonostante proveniamo da luoghi diversi e parliamo lingue diverse i nostri cuori battono all'unisono."
Albus Silente, 'Harry Potter e il Calice di fuoco'

Quello che spero è che ciascuno di noi continui a inseguire i propri sogni e la propria vocazione, nonostante il terrore, nonostante l’odio e le ingiustizie.
Spero che EFP, quale portale di scrittura creativa, si faccia sempre e in ogni caso ponte di cultura e divulgazione.
Chiunque voglia farsi promotore di questo pensiero può tranquillamente copiarlo e incollarlo sul proprio profilo.

Spring Dania



Capitolo 20
La tua donna


When I saw my best friend yesterday,
she said she never liked you from the start…
Well me, I wish that I could claim the same
but you always knew you held my heart
and you're such a charming, handsome man,
now I think I finally understand…
Is it in your genes? I don't know
but I'll soon find out, that's for sure…
Why did you play me this way?

Well I guess what you say is true,
I could never be the right kind of girl for you,
I could never be your woman…

Your woman – White town

“Mio padre è mancato sette anni fa.” Cominciò Neji. “Lui e mio zio Hiashi erano gemelli monozigoti perciò sono stati concepiti nello stesso istante: tuttavia mio zio è nato per primo perciò è il primogenito.”
Naruto osservò il compagno in tralice ma non fiatò.
“Essendo nato per primo, mio zio è diventato l’erede della fortuna che negli anni è stata costruita dalla famiglia Hyuuga e che, devo ammettere, lui ha saputo gestire e portare avanti.
“Saprete sicuramente che da un paio di anni è diventato giudice… ma ancora oggi mantiene la fama di principe del foro. Anche mio padre era avvocato ed era bravo tanto quanto mio zio… ma era il secondogenito e proprio per questo motivo è stato sempre socio di minoranza.”
Il silenzio continuò a regnare nella presidenza. Neji riprese fiato.
“Tuttavia lui e mio zio hanno sempre lavorato insieme anche se, a conti fatti, gran parte dei meriti e dei successi andassero a mio zio. Da bambino non capivo bene questa cosa… vedevo solo una persona dedita al proprio lavoro, professionale, altruista. Col tempo mi accorsi che mio padre era triste, che gli pesava il fatto che le sue capacità non fossero riconosciute da tutti. Poi accadde qualcosa.”
Kakashi spostò il peso del proprio corpo da un piede all’altro.
“Che successe?” chiese Gai.
“Il giorno dell’ottavo compleanno di Hinata, mio zio avrebbe dovuto prendere parte a un processo come parte civile contro un politico che era stato accusato di corruzione. Perciò quel giorno chiese a mio padre di sostituirlo.”
Il silenzio che si era creato nella presidenza era carico di tensione e di preoccupazione: nessuno osava parlare.
“Uscendo dal tribunale, tuttavia, fece per raggiungere la sua macchina ma fu investito da un tizio che guidava in stato di ebbrezza. Mi dissero che poco prima aveva parlato al telefono con mio zio.”
Quello che si leggeva sul volto di Neji era livore allo stato puro.
“Mio padre, sin dalla nascita, era stato destinato ad essere secondo. Non avrebbe mai potuto eguagliare mio zio, non avrebbe potuto mai ottenere un successo equivalente al suo perché il destino aveva già deciso per lui.”
Kakashi si toccò il mento: quel ragazzo per tutto quel tempo aveva concentrato tutto il suo odio su Hinata, convincendosi che lei fosse la causa della morte del padre.
Se un solo elemento di quella storia avesse preso una piega diversa, probabilmente non avrebbero nemmeno avuto bisogno di sostenere quella conversazione.
Tsunade osservava Neji, tenendo le dita intrecciate.
Jirayia osservò tutti i presenti, finché notò Naruto stringere i denti in maniera leggermente convulsa e iniziare ad articolare un discorso.
“A me dispiace che tu abbia sofferto tanto Neji… ma non sono d’accordo con te quando dici che il destino decide per ognuno… perché è il contrario: è ognuno che decide il proprio destino. Chiunque mi conosca sa che io, più di chiunque altro, ho avuto un’infanzia difficile ma questo non significa che non ci sia stato qualcuno capace di farmi capire cosa è giusto e cosa è sbagliato e di condurmi sulla buona strada. E poi comunque è sempre stata una mia iniziativa intraprenderla.”
Istintivamente il pensiero di Naruto andò al professor Sarutobi e a Iruka, che più di chiunque altro avevano avuto la volontà di occuparsi di lui e di salvarlo da una vita all’insegna dell’esclusione e dell’ostilità.
Hiashi riservò a Naruto un’occhiata furtiva, giusto appunto con la cosa dell’occhio; Kakashi lo vide contrarre leggermente i muscoli della faccia.
Forse il ragazzo aveva per l’ennesima volto colto nel segno.
“Hinata è una brava ragazza, dall’animo gentile… io penso, anzi, sono sicuro che lei si sia convinta che tu pensi tutte queste cose di lei, che lei sia consapevole dei motivi di tutto questo rancore che tu provi… e che io posso comprendere. Prendersela con lei però non serve a niente. Non ti restituirà tuo padre.”
Neji chiuse gli occhi e poggiò le mani sulle ginocchia.
“Io… vorrei andare a casa.”
Hiashi fece un gesto di assenso con la testa e guardò Tsunade, aspettando la sua approvazione.
“D’accordo.” Disse lei. “Potete andare, anche tu Naruto… vai a casa. Signor Hyuuga, vorrei parlare con lei ancora qualche minuto, da sola. Neji, ti dispiace aspettare qui fuori?”
Il ragazzo si alzò e uscì dalla presidenza e, a turno, i professori, Naruto e Jirayia lo imitarono.
“Mi dica, preside.”
“Signor Hyuuga… non prenderò provvedimenti disciplinari né per Neji né per Naruto ma spero davvero che non accadano più episodi del genere.”
“Le do la mia parola.”
“Per quanto riguarda sua figlia… è meglio che la porti in ospedale.”
Hiashi mostrò un’espressione interrogativa.
“Quando prima Naruto ha detto che Neji le ha fatto male, non stava scherzando… ha qualcosa al ginocchio. La porti in ospedale.”

“Ecco fatto, puoi andare, non perdi più sangue.”
“Grazie…”
“Ho detto a tuo zio di aspettare in sala d’aspetto per tua cugina.”
“Sì.”
Neji uscì.
Il corridoio dell’ospedale era di un bianco innaturale: era come se tendesse ad allargare gli spazi in maniera spropositata.
Dipingere le pareti di bianco determina come effetto ottico quello di rendere una stanza più ampia ma in un ospedale sembra rafforzare determinati aspetti che poco hanno a che fare col colore, come ad esempio il rimbombo assordante di un’eco al battere dei piedi sul pavimento.
Di fatto il bianco illumina e, in uno spazio spoglio come quello di un ospedale, sembra assumere un ruolo pregnante.
Neji però era convinto che ricordasse troppo il pallore della morte.
Il rosso invece a suo dire era un colore decisamente eccentrico: poteva animare improvvisamente quel bianco immobile e mastodontico… anche con una semplice macchia; aveva poi un che di sinistro ma al tempo stesso di vigoroso nel rappresentare ciò che di fatto alimenta la vita.
“Ti senti meglio?”
Hiashi era appena tornato con due bicchieri in mano.
“Un po’ meglio… ho un lieve mal di testa.”
“Tieni, è the verde.”
Neji afferrò il bicchiere offerto dallo zio, mentre quest’ultimo si accomodava su una delle sedie fissate al pavimento. Mosse la mano, invitandolo a fare lo stesso.
Neji obbedì e iniziò a sorseggiare il the: improvvisamente quel senso di sbandamento nel vedere tutto quel bianco smise di attanagliarlo.
“Fu tuo padre a dirmi di non andare in tribunale, quel giorno.”
Hiashi teneva la testa poggiata al muro dietro di sé e guardava verso l’alto; Neji ruotò lentamente il capo per guardarlo.
“Prima giustamente accennavi al fatto che essendo io a capo dello studio, essendo il socio di maggioranza… la maggior parte dei meriti andasse a me. In realtà su di me gravavano tantissime responsabilità, problemi di facciata, cose che tuo padre conosceva molto bene. Tuo padre si esponeva solo in alcuni casi minori, per quelli più complessi io ero sempre in prima linea.” Fece una pausa. “Non che Hizashi non lo fosse, però talvolta certe cause si trasformavano in faccende mediatiche di un certo peso.”
Neji non lo interruppe, si limitò a stringere il bicchiere.
“Poi iniziarono i problemi.” Riprese Hiashi. “La carriera procedeva, con molti alti e alcuni bassi… ma la famiglia era diventata un optional e tutto quel lavoro non faceva altro che allontanarmi da tua zia e dalle bambine.”
Lo disse compiendo uno sforzo immane, Neji ne era sicuro.
“Finché non arrivò quel giorno. Ero in studio quando tuo padre mi telefonò.”
La voce di Hiashi aveva preso a tremare.
“E poi?” chiese Neji.
“Mi disse che lui era andato in tribunale e che non c’era bisogno che andassi anche io al processo perché… ci eravamo occupati insieme di quel caso ma lui conosceva il dossier a memoria e, cosa a suo dire più importante, pochissimi conoscevano il suo modo di parlare, di esprimersi e di porre domande.” I suoi occhi si illuminarono. “Io ero bravo ma appartenevo a una scuola… vecchia. E il mio matrimonio si stava frantumando.”
La tensione era palpabile.
“Gli chiesi se fosse sicuro di ciò che stesse dicendo e lui mi rispose che dovevo andare al compleanno di Hinata e che il peggio che potesse accadere sarebbe stato perdere la causa. Gli dissi che era proprio quello il problema ma lui rispose che, in ogni caso, una perdita non è un fallimento… e che per vivere la propria vita bisogna fare esperienza di tutto e anche degli errori e degli insuccessi, perché così da quelli impari a trovare la strada giusta. Questo è un ragionamento che può fare solo un vincente… Neji. Uno che il destino se lo costruisce.”
Una lacrima scese sul viso di Hiashi. Neji non credeva ai suoi occhi.
“Poco prima di essere investito, tuo padre mi aveva chiamato per dirmi che tutto fosse andato per il verso giusto e che mi avrebbe raggiunto. Dopo quello che è successo… io promisi a tua madre che mi sarei assolutamente preso cura di te, che mi sarei occupato della tua istruzione e che non avrei passato giorno alcuno senza ricordarmi dell’impegno che tuo padre aveva messo nel lavoro e nella vita. Non… non prendertela con Hinata.”
Neji deglutì nervosamente: tutte quelle parole stavano avendo lo strano effetto di farlo sentire peggio di prima, come se la ragione di tutti i suoi sforzi e sacrifici si fosse volatilizzata con un solo alito di vento.
“Signor Hyuuga?”
I due alzarono la testa all’unisono, rivolti al medico del pronto soccorso.
“Sì?” chiese Hiashi.
“Venite con me.”
Hiashi e Neji si alzarono.
Il primo parlò. “Come sta mia figlia?”
“È proprio di questo che volevo parlare. Abbiamo riscontrato una lieve distrazione sul tibiale anteriore destro.” Rispose il medico, guidando i due lungo il corridoio. “E sono arrivati i risultati della risonanza.”
“Una risonanza?”
Neji si sentì girare la testa.
“Cosa è venuto fuori?” chiese Hiashi.
Il medico si fermò davanti a una porta. “Si tratta del crociato anteriore destro… l’impatto dovuto alla caduta lo ha lesionato.”

* * *

Da quando aveva scoperto che Itachi avesse provato ad avere contatti con Sakura, Sasuke era entrato in uno stato di panico generale.
Non c’era giorno in cui fosse seduto accanto alla ragazza senza che ne scrutasse ogni singolo movimento.
Ogni qual volta la ragazza si azzardasse a prendere in mano il cellulare, Sasuke sembrava pronto a scattare come una molla: cercava sempre di sbirciare il nome di tutti coloro che le scrivevano ma in ogni caso il nome o il numero visualizzato non sembravano mai corrispondere alla persona di Itachi.
Da un lato gioiva del fatto che la ragazza non avesse contatti col fratello, dall’altro sembrava provare una sorta di delusione dinanzi all’evidenza che Itachi, dopo la sua telefonata, fosse sparito dalla circolazione.
Del resto era passato tanto tempo dall’ultima volta che si erano visti, ovverosia cinque anni prima, quando Itachi era ancora in libertà e ci vedeva: probabilmente si era lasciato andare ad una vita di eccessi, eccessi che avevano iniziato, man mano, a distruggere le sue stesse membra.
Sakura d’altro canto non sembrava aver perso la sua cognizione del mondo: a suo dire Sasuke non sembrava essersi reso conto del fatto che la ragazza avesse notato i suoi atteggiamenti strani, a cominciare dal continuo sbirciare sul suo telefono per finire al modo insistente con cui ultimamente la osservava.
Anche Ino aveva iniziato a prendere atto del fatto che per Sasuke fosse inconcludente: anzi, sembrava quasi che manifestasse nei suoi confronti un fastidio maggiore del solito.
Non che normalmente le avesse dato retta ma del resto neanche nei confronti di Sakura si era mai mostrato così disponibile… eppure avrebbe dovuto iniziare a farsi due domande quella sera alla festa di Choji.
“Che cosa c’è tra te e Sasuke?”
Sakura non si era abbassata a rispondere a una domanda del genere: aveva scrollato le spalle ed era tornata al suo libro di storia.
“Non so di che cosa stai parlando.”
“Senti, non prendermi in giro.”
“Non prendo in giro nessuno.”
“Ma lui ti piace!”
“Questo non impone che debba esserci qualcosa tra me e lui.”
“Ti ho detto di non prendermi in giro.”
“Ino? Basta.”
Aveva tagliato corto, in maniera netta.
Sakura poteva solo essere felice del fatto che Sasuke fosse in qualche modo interessato a lei o alle sue azioni, ciò che l’aveva stranita più di tutto però era stata la maniera inattesa con cui quelle attenzioni fossero venute alla luce.
Finora il loro rapporto era stato di amicizia, rispetto e condivisione… non costellato da occhiate furtive.
Per quanto Ino risultasse invadente aveva avuto comunque il potere di accendere una lampadina nella mente di Sakura: Sasuke si era accorto di lei.
“Tu dici?”
“Non ne sono sicura ma ho questa impressione.”
“Effettivamente è strano… ma ti è sembrato più espansivo?”
“Più espansivo del solito no, semplicemente più… curioso.”
“Sì, ho capito.”
“Che mi consigli di fare?”
“Mah… io sono una frana, lo sai, Sakura…!”
“Sei un’amica, Hinata.”
“Dai, non te la prendere…”
Sakura guardò il calendario appeso alla parete. “Per quanto tempo dovrai portare il tutore?”
“In totale tre settimane ma in questi giorni non devo assolutamente fare sforzi e quando lo avrò levato devo stare molto attenta… fare attività fisica è fuori discussione e prima di ricominciare devono operarmi.”
“Che scocciatura.”
“Già…”
“Ma Neji?”
“Neji è… tranquillo. Nel senso che non dice più le cose che diceva prima.”
“Capisco. Comunque in tutto ciò non mi hai dato alcun consiglio.”
“Beh… che ti posso dire, Sakura? Parlatene.”
“Proprio tu fai la predica?!”
“Io… io sono timida e comunque io non so se Naruto ricambi qualcosa nei miei confronti… Sasuke invece…”
“Sì, ho capito.”
“Ecco… bene.”
“Dai, Hinata. Adesso torno a studiare. Riposati, vengo a trovarti tra due giorni.”
“Ok, grazie Sakura. Buon pomeriggio.”
“Ciao.” Sakura riagganciò.
Hinata aveva ragione: tutti quei dubbi sarebbero stati chiariti solo se avesse parlato con Sasuke.
Non le importava che risposta le avrebbe dato… o almeno, sì le importava ma non le sarebbe importato cosa poi avesse iniziato a pensare di lei.
Non lo fece subito.
Aspettò qualche giorno, cercando di confermare che le sue impressioni fossero esatte, dopodiché si costrinse a parlargli un pomeriggio mentre tornavano insieme a casa.
“Sasuke, stai bene?”
“Sì, perché me lo chiedi?”
“Ultimamente ti ho visto strano.”
Stai parlando con Sakura Haruno, mica con un cactus.
“No, ti sbagli.”
“Sicuro?”
Sasuke non sapeva fino a che punto valesse la pena mentire a Sakura.
Non le mentì ulteriormente ma non rispose in modo affermativo.
“Non so…” disse Sakura, passeggiando con le mani nelle tasche dei jeans. “Ho visto che ultimamente mi osservi in modo insistente. Non che mi dispiaccia… ma non lo avevi mai fatto prima.”
Ecco, era fatta: gli aveva detto tutto, esattamente come le aveva consigliato Hinata.
Sasuke in ogni caso si era aspettato che la ragazza fosse in grado di capire qualcosa dei suoi atteggiamenti.
“Sì, è vero.”
“E come mai?”
Sasuke continuò a camminare. “Mi chiedevo se ti stessi frequentando con qualcuno.”
Beh… in parte è così.
“No… non mi vedo con nessuno.”
Sakura ebbe la prontezza di rispondere ma lo fece palesando una lieve nota stonata: come se si fosse sentita scoperta.
Sasuke ne era certo: Sakura non stava mentendo ma qualcosa gli suggeriva che la ragazza avesse subito una specie di delusione, un rifiuto.
Come se provasse una sorta di rammarico all’idea che in quel momento non stesse frequentando qualcuno.
Sasuke si convinse quasi istantaneamente che Sakura stesse parlando di Itachi e, a dispetto delle sensazioni che aveva provato nei giorni precedenti, avvertì una sorta di sollievo all’idea che la ragazza fosse stata lasciata in pace e che quindi il fratello gli avesse dato retta.
Però…
“Allora ti vedevi con qualcuno.”
“Perché dici così?”
“Rispondimi.”
Sakura guardò Sasuke: sembrava che il ragazzo in quel momento le stesse leggendo la vita negli occhi.
“Non mi vedevo con qualcuno.” Cominciò Sakura. “Ma avevo fatto amicizia con una persona, un ragazzo non vedente. Forse si è sentito compatito… non lo so. Mi ha detto che non voleva più avere niente a che fare con me.”
Sasuke annuì. “E come si chiama?”
“Itachi.”
Bingo.
Quello che Sakura gli stava dicendo era piuttosto chiaro: Itachi l’aveva allontanata, le aveva detto di restare a distanza, che non dovevano vedersi o sentirsi.
Ora il dubbio era: Itachi si era davvero ritirato a vita privata o era un modo per fingere e attirarlo dunque in una trappola, facendogli abbassare la guardia?
Istintivamente pensò al professore Hatake: lui, più di tutti gli altri, gli aveva sempre detto che se ci fosse stato qualcosa che, in qualche modo, avesse rappresentato motivo di preoccupazione, avrebbe fatto bene a parlarne con lui o con una qualsiasi altra persona affidabile oppure alla polizia.
“Però… c’è una cosa che non mi convince.”
Sasuke si concentrò sull’ascoltare Sakura; la ragazza stava mostrando un’espressione concentrata.
“Cosa?” le chiese.
“Questo ragazzo, ti ho detto che è non vedente… è stato lui a cercarmi più volte. Nel senso che… quando lo incontravo c’era sempre qualcuno con lui. Qualcuno che gli ha detto che aspetto avessi, penso che avessero notato il colore dei miei capelli.”
“Quello è decisamente inusuale.”
“Tutte le volte che l’ho incontrato, è stato sempre lui a notarmi per primo, o meglio… c’è stato sempre qualcuno che mi notasse e glielo riferisse.”
“Intendi dire che ti sei sentita seguita o più semplicemente osservata?”
“Sì.”
“Gli avevi detto che vai al Leaf, immagino.”
“In realtà è stato lui a chiedermelo.”
“Capisco…”
“Perché… perché ti interessano tutte queste cose?”
“Perché sono preoccupato per te.”
Che bugiardo…
Allora, bisognava chiarire una cosa: Sasuke si preoccupava veramente per Sakura, lui era il solo a sapere di cosa fosse capace quella mente malata di suo fratello Itachi.
Ma si preoccupava per lei anche per qualche altro motivo?
Eppure quando aveva scoperto che al centro dei pensieri di Sakura ci fosse qualcun altro, aveva come avvertito una morsa al cuore; c’era sempre comunque da sottolineare il fatto che Sasuke avesse saputo sin da subito che quel qualcun altro fosse Itachi.
Il problema era il seguente: Itachi gli aveva portato via la famiglia e la felicità; non gli avrebbe portato via anche l’unica fonte di svago e normalità simboleggiata dallo spirito vivace e affezionato di Sakura.
Sakura era sempre stata lì per lui, pronta ad amarlo, e così doveva continuare ad essere.
Si poteva dire che la sua fosse una gelosia ancestrale.
Probabilmente quel modo di pensare, il fatto di accorgersi di avere le cose fuori posto e di dover quindi rimetterle in sesto, era da maniaco del controllo, era la radice di un sentimento di possessione, un sentimento sbagliato e più terreno che platonico.
Tuttavia Sasuke non aveva mai provato niente per nessuna e probabilmente quello era il suo modo di manifestare i suoi sentimenti.
Doveva solo migliorare.
“Ti preoccupi per me?”
“Ma certo, Sakura.” Sospirò Sasuke, abbassando lo sguardo. “Non ti accompagnerei a casa quasi tutti i pomeriggi se non mi preoccupassi per te.”
Sakura sgranò gli occhi. “Quindi tu ci tieni a me.”
“Io tengo molto a te.”
Sebbene nella sua mente fossero affiorate tante domande, quel pensiero era davvero sincero; del resto non si era ancora perdonato per ciò che avevano fatto alla ragazza quella sera in palestra.
Vide Sakura fermarsi e guardarlo con gli occhi sgranati, mentre il rossore le invadeva il viso.
Erano lì, soli, sul marciapiede.
Gli prese la mano, probabilmente Sasuke se lo aspettava perché non si scompose né disse alcuna parola.
“Io… devo andare.”
Non si era reso conto che alle spalle di Sakura ci fosse il portone del suo condominio: era chiaro che non avesse voglia di congedarsi da quell’insolita ed espansiva conversazione.
“Ah, sì. Non mi ero accorto che fossimo arrivati.”
“Ti andrebbe di uscire con me?”
Sasuke sbatté le palpebre.
Come?
“Io… si può fare. Quando?”
“Sabato prossimo c’è il festival del quartiere… i nostri compagni ci stanno andando tutti insieme. Possiamo unirci a loro ma non dobbiamo stare tutto il tempo insieme. Si indossa lo yukata.”
“Io non credo di averne uno.”
“Te ne presto uno io. Allora, ci vieni? Ci andiamo prima di pranzo se ti va… o dimmi quando preferisci tu.”
“No, va bene. D’accordo.”
Sakura sorrise e fece una cosa che stavolta Sasuke non si sarebbe aspettato: si avvicinò e gli scoccò un bacio sulla guancia, poi girò i tacchi ed entrò nel palazzo.
Sasuke poggiò la mano sulla guancia, sorpreso, poi sorrise e riprese a camminare.
Stava procedendo lungo il marciapiede, imboccando la traversa che lo avrebbe condotto verso l’istituto quando udì un rumore alle sue spalle.
Si girò di scatto ma non vide nessuno.
Si guardò intorno, incerto sul da farsi, ma alla fine ricominciò a camminare a passo sostenuto, finché non fu arrivato presso l’edificio della comunità.
Citofonò.
“Chi è?”
“Sasuke.”
Il portone si aprì e si richiuse solo dopo che il ragazzo ebbe fatto il suo ingresso.
Una figura maschile si scostò da dietro un muretto, dopo aver osservato la scena, per poi recuperare il cellulare e digitare un numero.
“Kabuto.”
“Maestro, ho delle nuove informazioni.”

* * *

“Sei sicuro che Hinata non riesca a venire?”
“Mi ha detto che riesce a camminare solo con le stampelle.”
“Poverina… e tu non ti sei offerto di aiutarla?”
“Ma per chi mi hai preso, certo che mi sono offerto! Solo che non posso costringerla, se non si sente. Il medico le ha detto di non fare sforzi.”
“Questo è anche vero. A che ora pensate di arrivare?”
“Io verrò probabilmente insieme a Kiba e Shino e poi ci raggiungeranno Shikamaru, Ino e Choji… non sappiamo ancora se prima o dopo pranzo.”
“Non c’è bisogno che veniate prima di pranzo!”
“Ma sentila, è perché scusa?”
“Fatti gli affari tuoi!”
“Mmh…! A volte sei davvero ingiusta, Sakura! Scommetto che ti devi vedere con quel pallone gonfiato di Sasuke!”
Sakura rise. “Però Naruto, che perspicacia!”
“NO! Questo non dovevi farlo!”
Sakura continuò a ridere. “Dai, smettila. Devo andare adesso, a più tardi!”
Naruto gracchiò un breve saluto e chiuse la telefonata.
Sakura piegò lo yukata maschile che suo padre le aveva messo a disposizione per poi poggiarlo sul letto e appese il suo all’anta aperta dell’armadio, per indossare quindi un paio di jeans e una t-shirt.
Andò dunque in cucina e vi trovò sua madre intenta a preparare la colazione.
“Buongiorno!”
“Ehi, Sakura.” Iniziò la signora Haruno. “Vedi di sbrigarti a far colazione, ci sono alcune commissioni che devi assolutamente fare.”
“Ti pareva…” sbuffò Sakura contrariata.
La madre le servì un’abbondante tazza di latte con caffè e un piattino con due fette di pane tostato ricoperte di burro e marmellata. “Smettila di lamentarti.”
Sakura fece un sorriso esasperato e iniziò a mangiare, nel frattempo la madre le piazzò sotto il naso la lista delle cose da fare.
“Devi andare al supermercato a comprare i detersivi per la lavatrice che devo finire di fare il bucato, poi le cose da mangiare, il giornale per tuo padre. E bisogna ritirare il mio kimono dalla lavanderia, eccoti la ricevuta.”
“Serve altro?” mugugnò Sakura, iniziando a bere il latte.
“Sbrigati che si fa tardi e tu dopo devi uscire! A che ora arriva il tuo amico Sasuke? Papà ti ha dato lo yukata?”
“Prima di pranzo, comunque sì.” Rispose Sakura.
Ingurgitò le due fette di pane tostato e dopo aver riposto tutto nel lavandino della cucina, corse subito a indossare le scarpe e impugnò chiavi e borsa.
Fece tutto come le aveva detto la madre, perdendo un po’ di tempo presso la lavanderia, quando la titolare del negozio parve mostrare sintomi di incertezza nella ricerca del kimono di sua madre.
Dopo aver benedetto tutti gli dei del cielo, andò in direzione del chiosco dei giornali, acquistando il quotidiano preferito del padre.
Sistemò il giornale dentro la borsa della spesa sulla spalla sinistra, sorreggendo il kimono con la mano destra.
“Eccomi!”
“Ah, sei stata veloce!”
Sakura porse il kimono alla madre e poggiò la borsa della spesa sul tavolo della cucina, impugnando il giornale.
Fece per andare in direzione dello studio di suo padre quando qualcosa in fondo alla prima pagina attirò la sua attenzione, costringendola a bloccarsi.

Delitto Uchiha: concessa libertà vigilata a Itachi Uchiha

Dopo aver scontato quattro anni presso l’istituto di detenzione della regione ed aver trascorso l’ultimo anno agli arresti domiciliari ospedalieri, è stata recentemente concessa la libertà vigilata a Itachi Uchiha, anni 27, nonostante dovesse scontare più della metà degli anni di reclusione previsti dalla pena inflittagli, dopo la condanna per gli omicidi dei genitori Fukagu e Mikoto Uchiha e dei familiari Tekka Uchiha, Yashiro Uchiha e Shisui Uchiha.
Tale riduzione della pena è stata concessa a causa della cecità che da tempo affligge il pluriomicida, rendendo la struttura carceraria inadeguata ad ospitarlo.
Itachi Uchiha attualmente lavora presso la centrale operativa di Tokio in qualità di centralinista e il provvedimento cui è sottoposto prevede l’obbligo di firma giornaliero.

Ad aver attirato l’attenzione di Sakura però non era stato di per sé l’articolo ma la foto di Itachi posta lì accanto.
“Sakura, va tutto bene?”
“Io… sì.”
Sakura si era ridestata da quello stato di torpore e aveva ripreso subito chiavi e borsa.
“Che fai, esci?”
“Sì, torno subito.”
“E il giornale di tuo padre?”
“Glielo riporto appena torno, non ci vorrà molto.”
Sakura uscì di casa, ignorando le proteste di sua madre: l’unica cosa che le interessava in quel momento era andare a parlare con Sasuke.
D’istinto prese il cellulare e fece il numero di Hinata.
“Sakura?”
“Ciao, Hinata. Scusa se ti disturbo… hai il giornale di oggi a casa?”
“Aspetta che guardo.”
Le chiese se la testata fosse la stessa, sapendo bene che in un ambiente colto come quello dell’amica non avrebbe ricevuto risposte negative.
Infatti…
“Sakura, ma è…?”
“È lui. È il fratello di Sasuke.”
“Secondo te Sasuke ha capito che…?”
Era bello parlare con Hinata perché parlava poco ma quando lo faceva dimostrava di capire tutto e di dire cose sensate.
“È quello che sto andando a chiedergli.”
“Io… Sakura, non essere troppo prevenuta.”
“Non lo sarò.”
“D’accordo. Ci sentiamo dopo?”
“Sì, ci sentiamo dopo. Devo andare.”
Chiuse la chiamata e ficcò il cellulare nella tasca dei jeans ma qualcosa o, meglio, qualcuno la trattenne.
“Andare dove?”

Well I guess what they say is true,
I could never spend my life with a man like you…
I could never be your woman.

I could never be your woman,
I could never be your woman,
I could never be your woman.

Your woman – White town

Prossimo capitolo: Folle

Ringrazio Heart_break, kry333, flyikary19, Mfelewzi e Rairakku per le loro recensioni.
Ringrazio poi quest’ultima e maryantony1406 per aver inserito la storia tra le seguite e poi Kira_asia per averla aggiunta tra le ricordate.
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.
Per qualsiasi curiosità, non esitate a scrivermi una recensione, sarò ben lieta di rispondervi.

Scusate se non ho scritto le mie solite riflessioni pre e post capitolo in cui vi spiego i miei percorsi mentali ma mi è sembrato doveroso esprimere un pensiero sugli avvenimenti degli ultimi giorni, soprattutto perché proprio venerdì pomeriggio parlavo con le persone che conosco di voler svolgere un tirocinio all'estero, mentre poi è arrivata la tragedia e tutto mi è crollato addosso.


Tornando ad argomenti più allegri... per quanto riguarda i prossimi aggiornamenti, potrei avere un rallentamento sulla tabella di marcia perché giorno 24 mi laureo, qualche giorno dopo si laurea il mio fidanzato... perciò sarò un po' in coma e probabilmente mi organizzerò per andare qualche giorno in uno chalet in montagna a scialarmi XD

   
 
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