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Autore: Duncneyforever    17/11/2015    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Mi affretto ad asciugarmi quell'unica lacrima, per evitare di essere vista. 

- Perdonami. Non intendevo... - Fried si rimprovera dopo qualche minuto di silenzio, terminando la frase a metà. 

- " Resistere " non significa solamente combattere. Essere se stessi, nonostante tutto... Forse è questa la più grande prova di coraggio. - Lo interrompo, cercando di discolparlo. 

- Du bist Einzel. - Scuote la testa, evidenziando particolarmente quest'ultima parola. 

Unica? Devo aver certamente frainteso...

Ricordi, lenti ed implacabili, iniziano a riaffiorare:

 

< - la mia materia preferita? Direi... storia, qual’è la vostra? - 

Non mi dire... Ragazze! Abbiamo una secchiona qui! - > 

 

Chiudo gli occhi, come a voler scacciare un brutto sogno. 

 

< - Perché non parli più con me? " Migliori amiche per sempre ", non ricordi? - 

- I gusti cambiano, Sara. Apri gli occhi e guardati! Sei strana ed è solamente colpa tua se non ho amici, cerca di capirmi. Ti comporti come una bambina... - > 


- Basta! Ti prego. - Supplico, tra me e me. 

Mi raggomitolo tra le braccia di Friederick, portandomi le mani sulla nuca e stringendo convulsamente i capelli. 

- Non sono unica, sono solo strana io. - Lo correggo, ripensando a ciò che mi è stato detto in questi anni. 

- Ma cosa dici? Ich finde dich so nett... / Io ti trovo così gentile... - Mi consola, tenendomi stretta tra le braccia. 

- Grazie. - In un contesto diverso, forse, sarei arrossita, ma ora come ora il mio unico pensiero è raggiungere la caserma al più presto e rintanarmi dentro la sua camera, lontano da questo orrore. 

- Riguardo al campo, se ti può consolare... Siamo quasi arrivati. - Mi fa sapere, sforzandosi di apparire il più tranquillo possibile. 

La sua espressione è malinconica, le labbra pizzicate tra i denti e le pupille dilatate. 

Non gli riesce bene. 

- Dici davvero? - Domando, trattenendo la contentezza egoistica che mi pervade nel sapere d’esserne quasi fuori... 

Non ci posso credere... Sembra passato un secolo da quando abbiamo varcato quei cancelli. 

Ma terminato l'inferno cosa dovrò aspettarmi? Il purgatorio forse? Dubito seriamente che in un simile posto possa esistere una sorta di " paradiso ". 

- Dai Fred, permettimi di guardare! - Esclamo, scostando le sue braccia. 

- No, aspetta! - Il tedesco cerca di avvisarmi. Inutilmente, purtroppo. 

Guardandomi intorno, alle nostre spalle, intravedo un particolare che mi turba non poco: 
all’orizzonte, oltre la fila di betulle, si innalza del denso fumo nero. È impossibile che provenga dal Crematorio, ancora in progettazione, per cui cosa potrebbe essere? 
Il mio sguardo si posa con inquietudine su quel punto, prima di realizzare. 

- Santo cielo! - Grido, terrorizzata, portandomi una mano alla bocca. Chino gli occhi a terra: la strana patina grigia che avevo notato prima è composta da... Oh mio Dio! Osservo nuovamente il punto lontano, inorridita.

" È un rogo. Un rogo in cui si brucia carne umana e la si usa come combustibile. " 

Ripeto mentalmente questa frase un paio di volte, prima di essere sopraffatta da conati di vomito. Una folata di vento mi fa arrivare sotto il naso un odore terribile... Un odore pungente di ruggine e ossa.

Grido. 
Grido come non ho mai fatto prima; un urlo acuto e disperato, tanto forte da far sobbalzare il germanico.
Friederick mi stringe forte, comprensivo. 

- Schrei so laut du kannst, schrei wenn es weh tut. / Grida più forte che puoi, grida anche se fa male.* - Mi dice, in tedesco, prima di ripetere in italiano. 

Decido di ascoltarlo, questa volta. 

- Non guardare più, promettimi che non guarderai più. - Mi supplica. 

- Non riesco a non pensarci. - Sussurro, con le lacrime agli occhi.
- Sono destinati a morire. Capisci Fried? Quella gente varca questi cancelli, convinta di porter trovare la salvezza... Ma è tutto il contrario. Le SS non salveranno nessuno di loro, eppure sono convinti del contrario. Perché? E perché tanta ipocrisia da parte vostra? - 

- Speranza, Sara. Speranza. Girano voci sui campi, voci a cui qualcuno crede. Ma se tu fossi una madre, avresti il coraggio di dire al tuo bambino che il treno su cui sta salendo lo porterà dritto tra le braccia della morte? Le SS non vogliono che si creino sommosse; li illudono fin quando non diventano troppo deboli per poter reagire. Alcuni negano fin davanti alla porta della camera a gas. - 

Il biondo ha vergogna di ciò che mi sta dicendo, perché sa che, nei tempi a venire, anche lui verrà accusato d’aver collaborato. Prova disgusto verso se stesso.

- Credo che tu abbia ragione, in fondo. Eppure è tutto così folle e mostruoso... Non è umano. -  
Ripenso a ciò che ho udito, visto e provato nel campo... Ancora stento a credere di esserci finita in mezzo. 

- Un attimo... Guarda laggiù. Siamo arrivati! - Dopo interminabili minuti, il nordico mi fa scendere; è trascorso relativamente poco tempo, anche se mi sono sembrate ore. 

Istintivamente inizio a correre, annaspando verso la caserma ancora lontana come una disperata, inciampando varie volte; non mi curo dei tedeschi che mi guardano divertiti nè dell'odioso sorriso dipinto sulle labbra del colonnello Schneider... Non mi importa del loro giudizio; penso solamente a correre verso quel cancello, verso la mia salvezza. 

Solo pochi metri separano il futuro settore BII dagli alloggi dei soldati... 

Ed io voglio uscire da questo posto. Ora. 

Oltrepasso la barriera piegandomi sulle ginocchia, per poi volgermi indietro alla ricerca del mio amico. 

- Ich bin hier! - Urla, agitando le braccia, diverse decine di metri addietro. 

Provo un piacere immorale sapendomi da questa parte del filo; mi sento meschina nell’esultare in questo modo... Migliaia di persone darebbero tutto ciò che hanno pur di ritrovarsi al mio posto. Per colpa di quest'orribile esperienza, mi rendo maggiormente conto del grado di libertà che ho avuto fin oggi: noi contemporanei non ci rendiamo davvero conto di ciò che possediamo.

- Bimba, cosa ti aspettavi? Un villaggio vacanze? - Un'ironica domanda mi desta dal torpore. 

Schneider. 

Ad ogni suo respiro, l'odio che nutro nei suoi confronti cresce sempre più. 

- Non parli mai? Vi immaginavo più chiassosi, voi italiani. - Sentenzia, infastidito dal mio mutismo. 

- Mai con razzisti fanatici come voi. - Ribatto, mal celando una buona dose di rabbia. 

Dopo ciò che mi ha obbligata a vedere, non intendo mostrare alcun tipo di riguardo nei suoi confronti... È solamente un mostro, un mostro insensibile.

- È un vero peccato, dato il fatto che d'ora in poi trascorreremo parecchio tempo insieme. - Sussurra, portandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio. 

Un momento... Che cosa ha detto?! 

 

 

 

Note autrice: 

* non è una frase che mi sono inventata, ma l’ho ripresa da una canzone dei Tokio Hotel, " Schrei " per l’appunto. 

 

 

 

 

  
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