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Autore: CassandraLeben    27/02/2009    27 recensioni
Questa storia è ambientata dopo Eclipse ed è stata elaborata prima dell’uscita di BD.
HO AGGIORNATO!!!!!!!
In breve: un racconto alternativo, avventuroso e romantico, nonché triste, di ciò che avevo immaginato potesse accadere dopo il fatidico “Sì” tra Edward e Bella.
Il ritorno dei Volturi, di Jack, Alec e Jane sconvolgeranno la vita dei novelli sposi
ATTENZIONE, PUò CREARE ASSUEFAZIONE E PROBLEMI CARDIACI! XD
< Isabella. > Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei. Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. > Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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55

Ahem…
Ecco…
Allora…
Alla fine ci siamo arrivate… per lo meno, quasi…
Dopo tanto tempo, eccoci giunte al fatidico momento…
Prima, una piccola premessa:
Spero che sappiate pazientare ancora un capitolo… avrei voluto finire con il 55 ma avrei dovuto tagliare dei pezzi e per, non affrettare troppo, ho preferito “spanderlo” su due cap.
Il 56 è già quasi finito, quindi posterò Lunedì nel primo pomeriggio.
Mi raccomando, non odiatemi, vi prego! Sapete, sono mesi che volevo arrivare a questo punto e, mentre scrivevo, mi tremavano un po’ le dita e sentivo lo stomaco agitarsi per l’emozione!!!
Annuncio poi che, a storia terminata, aggiungerò un paio di capitoli che raccontano il finale nella sua prima versione. (vi assicuro, è estremamente cruento quel finale… molto più di questo. Quando avrete letto questo cap, vi chiederete come sia possibile.)
Io pensavo di scrivere cose tristi (per lo meno dato il finale) ma un autore che ammiro moltissimo e che è infinitamente, assolutamente, indicibilmente più autorevole di me, davanti a cui mi prostro umilmente, a cui guardo dal basso delle mie ff… (sto parlando del grandissimo Kahled Hosseini) è molto più drammatico e devastante di me quindi questo mi consola un po’. Evidentemente non sono l’unica inguaribile pessimista!
Vi prego di aver fede. Non preoccupatevi, nel prossimo cap spiegherò cosa sta succedendo e tutto tornerà al suo posto.
Abbiate fiducia in me. In fondo, sono un’accanita sostenitrice della coppia Edward/Bella!
Allora, a Lunedì… spero vi piaccia e non vi sconvolga troppo questo cap 55.

Un bacio e a presto, Erika. 

PS: doppio POV!!! Bella, Edward, e di nuovo Bella!!!

Bella’s POV

Appoggiai Liz sul divano e le misi una copertina addosso. Le carezzai la guancia e feci per andarmene. Lei mi afferrò la manica e biascicò:
< Mamma, ho fame. >
< Sì… adesso ti preparo la merenda. >
< Quando torna papà? >
< Presto. È andato un attimo dal nonno. >
< E quando torna il nonno? >
< Fra poco. >
< Fra poco quanto? >
< Appena i suoi amici dottori avranno finito di fare a Mel e Alec la visita. >
< E quanto ci mettono? >
< Poco. Ma se continui a pensarci, ti sembrerà tantissimo tempo. >
< Mamma… >
< Sì? > le dissi esasperata. Era proprio vero che i bambini non fanno altro che fare domande.
Scuotendo leggermente il capo, si mise seduta e mi disse: < Mi sento triste. > Poi mi prese la mano e si nascose tra le mie braccia. < Mi piace il tuo profumo. > La strinsi forte a me e le sussurrai: < Non devi essere triste. Sai che io e il papà abbiamo deciso di mandarti all’asilo. Vedrai, ti piacerà. Conoscerai molti bambini simpaticissimi. E ti farai tanti amici. > Vidi che si stava spaventando. < No, non fare così. Non devi preoccuparti. Non ti lasceremo lì. Ci sarà sempre qualcuno di noi vicino a te. E poi, ci starai pochissimo. Poche ore al giorno. Vedrai, ti piacerà. E poi, potrai invitare qui i tuoi amichetti. >
< Ma loro vorranno venire qui? > Mi inginocchiai davanti a lei e le carezzai la guancia.
< Ma certo tesoro, perché non dovrebbero? > Lei, imitando suo padre, si strinse nelle spalle ed evitò il mio sguardo. Fece un lungo sospiro e poi sussurrò: < Io non sono come loro. Quando andiamo al parco, a Gibson, mi stanno lontano. Mi guardano… >
< Oh, Liz, ma è normale. È perché non ti conoscono. Ma se siete in classe assieme, sono sicura che tutti vorranno essere tuoi amici. >
< Ma sarò comunque diversa. >
Mi si gelò il sangue. Non riuscivo a capire cosa stesse cercando di dirmi. Non volevo che si sentisse un’emarginata. < E perché saresti diversa dagli altri bambini? >
Rimase in silenzio per alcuni secondi, mordendosi il labbro inferiore. Con le mani giocava nervosa con il suo vestitino bianco come il mio. Le carezzai le guance e lei mi guardò di sottecchi.
< non te lo posso dire. > < E perché no? A me puoi dire tutto, lo sai… io sono la tua mamma. Alla mamma e al papà bisogna sempre dire tutto. Noi ti amiamo. > 
< Ma è un segreto. Mio e del papà. >
La mano mi rimase sospesa a mezz’aria.
Come si permetteva Edward di farmi una cosa del genere? Dopo un primo istante di rabbia ed egoismo (in quei momenti sentivo una sorta di senso di possessione nei confronti di Liz e dei Gemelli. Quasi appartenessero più a me che non al padre) mi calmai. Forse, era una cosa insignificante. Magari Liz se ne vergognava… magari Edward l’aveva scoperta fare qualcosa che non doveva e lei gli aveva chiesto di non dire niente… o magari, semplicemente, era una stupidata, a cui Edward aveva dato importanza, ma per fare felice nostra figlia magari…
Forse, vedendo quanto io e la bimba fossimo legate, unite nel nostro piccolo universo privato in cui ci si capiva con un solo sguardo e non servivano nemmeno parole, aveva voluto creare un clima di complicità fra lui e nostra figlia. Voleva solo sentirsi più unito a lei? Mente, con la mano ancora alzata come per carezzarle il volto, rimanevo immobile, Liz prese la mia mano tra le sue e la strinse.
< O mamma, lo sapevo che dovevo stare zitta. Adesso sei arrabbiata. Papà me lo aveva detto… >
< Io non sono arrabbiata. Come puoi anche solo pensarlo? Cosa, ti aveva detto il papà, tesoro? >
Mi abbracciò e poi mi confessò: < Papà non vuole che ti preoccupi. Ma io non voglio stare con gli altri bambini perché, quando sono al parco, tutti mi stanno lontani. E quando ci parlo, loro non mi capiscono. Loro non sentono le cose come le sento io. Non le vedono come le vedo io. Mi guardano male quando cerco di spiegare… >
< Oh, Liz, non devi fare così. Tu sei speciale. Ma non è una cosa brutta, anzi. Tu sei preziosa. E vedrai, anche gli altri bambini capiranno quanto sei speciale. Devi lasciare loro il tempo di conoscerti… e poi, ma questo non dirlo a papà, al massimo fa finta di essere come loro. Quando sei a casa con noi, sii te stessa. Ma magari con gli altri bambini, non far vedere quanto sei in gamba. Non mostrare loro quanto sei forte, veloce ed agile. Vedrai che non si accorgeranno di niente. >
< Sicura? > < Ma certo. La mamma, lo sai, ti vuole bene. Non farebbe mai qualcosa che possa farti sentire male. fidati di me. >
Mi abbracciò forte e mi disse: < Io mi fido di te. E ti voglio tanto bene. > < Anche io… >
Mi alzai in piedi e le arruffai gentilmente i capelli. Liz mi sorrise, raggiante. Mi voltai e la sentii tossire. < Ti preparo una tisana calda… e tiro anche fuori la torta. Va bene? >
< Sì! Ah, mamma! Sta suonando il telefonino! > Mentre parlava, la suoneria si faceva più squillante. Andai velocemente verso il mobiletto e presi il telefono.
< Pronto? > < Pronto amore, come va? > < Bene, Sei già arrivato? > < No, sono ancora in auto. C’è un po’ di traffico qui in città. Tutto a posto a casa? >
Sbuffai. < Edward, sei uscito di casa 25 minuti fa… non è cambiata molto la situazione. >
Era teso. Mi nascondeva qualcosa. Ero certa però che non si trattasse dei bambini. In quel caso mi avrebbe portata con lui. Più probabilmente non gli andava a genio il sapermi sola a casa con Liz. Fortuna che Alice e Jasper stavano tornando dalla caccia… < Beh, senti, adesso devo lasciarti… ti chiamo dopo, va bene? > < Certo. Lascio il telefono sul tavolo… > < Bella… > < Sì? > < Ti amo. > < Anche io. > < Salutami Liz. > < Certo. > Prima di riattaccare, mi ripeté due volte quanto mi amasse, facendomi arrossire.
Liz, che nel frattempo era andata a giocare in sala, mi urlò: < Mammi, ti faccio un disegno! >
< Va bene. Ti porto la merenda quando è pronta. >
< Va bene! > e poi accese lo stereo. Rachmaninoff. Lo adorava ed Edward le aveva già insegnato a suonare qualcosa di questo compositore. Il tutto in presenza dei gemelli. Anche loro adoravano la musica e, ascoltandola, si tranquillizzavano...
Sorrisi a pensare come Liz si divertisse con il pianoforte del padre. Edward, per il compleanno, voleva comprargliene uno e tutti, specialmente Rose, erano d’accordo.
Andai al frigorifero e presi la torta, poggiandola sul piano della cucina. Misi l’acqua a bollire e preparai la tazza di Liz. Miele, una bustina di melissa. Presi una pera e una mela. Con delicatezza le sbucciai e le tagliai a pezzetti. Per me, preparai una tazza di the. Era piacevole fare merenda insieme. Di solito ci mettevamo in salotto e ascoltavamo Edward suonare per noi. Ovviamente, appena mi sedevo, uno dei due piccoli cominciava a piangere ed io ero costretta ad andare ad accudirlo. Sorrisi al pensiero che oggi io e Liz avremmo trascorso un po’ di tempo sole, come quando era dentro di me. Nonostante questo però, sentii la mancanza degli altri miei due bambini… stare sola con loro tre era sempre bello. speciale.
Chissà se, quando fossi  diventata vampiro, mi avrebbero vista in modo diverso? Io ed Edward eravamo riusciti a metterci d’accordo. Io e lui saremmo partiti per una vacanza di una settimana. Una sorta di viaggio di nozze al termine del quale Edward mi avrebbe trasformata. Bisognava aspettare che i bimbi fossero un po’ più grandi. Il desiderio che fossero felici aveva vinto la mia ritrosia nei confronti dello scorrere del tempo. Separarsi da me così presto sarebbe stato per loro troppo doloroso. Quando i gemelli avessero compiuto due anni e mezzo, saremmo partiti. Per un anno, forse di più, non avrei più potuto vederli e questo mi spezzava il cuore. Era una separazione necessaria.
Assorta in questi pensieri, mentre disponevo sul vassoio le tazze e i piattini, sentii la voce di Edward chiamarmi…

 

Edward’s POV

Chiusi il telefonino e sospirai. Bella pareva non essersi accorta di nulla. Mi era parsa serena come al solito. Composi immediatamente il numero di Esme. < Il numero chiamato non è al momento raggiu… > Chiusi la chiamata e telefonai a Carlisle. < Ancora niente? >
< Niente. Ti sto aspettando… non posso lasciare i bambini soli. Sono irrequieti. I miei colleghi ed io siamo stati nella camera dei guardiani. Le telecamere mostrano Esme che esce. Sembra normale. Da quello che abbiamo visto fin’ora, non è proprio tornata in ospedale. Non riesco proprio a capire dove possa essere! Sono così preoccupato. >
< Sto arrivando. Ormai sono qui… vedo già l’ospedale. >
< Comincia a fare un giro, magari cogli la sua scia, o la sentii… > La sua voce quasi tremava.
< Va bene. Non preoccuparti. >
Parcheggiai. Scesi. Presi un gran sospiro. In quel momento il mio cellulare suonò. Lo afferrai all’istante e risposi. < Alice? >
< Edward, sono quasi arrivata. Jasper ha proseguito in auto… sarà a casa fra un’ora al massimo. >
< Hai visto qualcosa? >
< Esme sta vagando per la città. Sembra andare a caso… per fortuna che è nuvoloso… sembra confusa. Continua a guardarsi attorno. Non ha senso. Non ha senso! >
< Alice, calmati. Io ora vado a dare un’occhiata in giro. Tu vai all’ospedale. Carlisle ti sta aspettando. > < Cosa credi che l’abbia spinta ad andarsene? > < Non lo so. Magari ha visto qualcosa che l’ha turbata… non preoccuparti. La troveremo. Te lo prometto. > < Sì. Ci vediamo da Carlsile. > < Va bene. > La telefonata si concluse così… Prima di uscire dall’abitacolo, mi presi il capo tra le mani. Mi concentrai. Non sentivo la voce di Esme, tra le centinaia, le migliaia che affollavano la mia testa. “devo rifarmi il trucco” “Dobbiamo comprare le patate” “guarda che culo quella. Potessi…” “Sono in ritardo, questa volta mi licenziano” “Cosa regalo ad Anne? Oggi è il suo compleanno.” “devo essere dal dentista fra tre ore.”  “mazzate quant’è carino sto tipo sulla volvo. Quasi quasi gli chiedo se ha bisogno di aiuto. Sarà certamente un modello…” < Basta! Basta! > Gridai appoggiato allo schienale. Respirai a fondo e mi inserii nel flusso di persone ignare persino della mia stessa natura. Altrimenti, non avrebbero nemmeno osato passarmi accanto.
Il cellulare vibrò. Lo presi e notai che mi era arrivato un messaggio. “Esme, la persona chiamata è ora disponibile.” Mi affrettai a chiamarla ma era occupata. Poco dopo mi telefonò Carlisle.
< Edward, mi ha appena chiamato > < Ho visto che ha acceso il telefono. Cos’è successo? > < Vieni in ospedale che ti spiego. Alice la sta raggiungendo. > < Va bene. Sono praticamente davanti all’ospedale. Eccomi. A che piano sei? > < Pediatria. Quinto piano, corridoio F, allergologia. >
< Va bene. Ci vediamo davanti alle scale. > < Ok. Arrivo. Prendo i bambini. >
Varcai le porte dell’ospedale nel momento stesso in cui chiusi la telefonata.
 

Bella’s POV

Sentii la voce di Edward chiamarmi e mi voltai, sorpresa che fosse già tornato. Sorrisi ma mi accorsi che lui non c’era. Sbattei le palpebre due volte prima di rendermi conto che la voce che avevo sentito era nella mia stessa testa. Come quando lui non c’era, come quando stavo per annegare, come quando facevo la cretina con Jake, su quelle stupide moto.
Rimasi immobile ma la voce non tornò. Mi resi conto che era solo autosuggestione.
Sentii la porta di ingresso aprirsi e chiudersi. Gridai: < Liz, torna in casa. Hai la tosse. Prendi freddo. >
< Un attimo mamma! Voglio prendere una cosa. Torno subito! >
Mi lavai le mani e presi il vassoio.
Bella, Bella, sbrigati. ” Evidentemente, mi mancava Edward, dato che continuavo a sentirne la voce. Decisi di chiamarlo non appena avessi dato a Liz la merenda. Presi il vassoio e mossi i primi passi verso la sala quando la voce tornò, furiosa e terrorizzata.
Bella. La bambina. Bella! Bella! Prendi la bambina e scappa! Prendi Liz e scappa!
Rimasi interdetta un secondo. Voltai lentamente lo sguardo dal vassoio alla finestra alla mia destra.
Vidi Liz camminare tranquillamente nel giardinetto davanti al portico. C’era qualcosa di strano, che mi bloccava il respiro. Il sangue pulsava furioso nelle mie vene.
Lentamente, andai in sala e poi, da lì, all’ingresso. Con una mano abbassai la maniglia e poi uscii nella fresca aria di marzo.
Feci tre passi e poi mi immobilizzai. I miei occhi incontrarono quelli di Liz che, sorpresa, mi fissava confusa.
Non ebbi nemmeno la forza di urlare. Niente. Vuoto, buio, terrore…
Il vassoio mi sfuggì dalle mani. Scivolò e cadde sul pavimento del portico.
Un rumore acuto. Argento che sbatte per terra. Un tintinnare grazioso. Porcellana che si fracassa e frammenti che schizzano ovunque. Mi ricordò lo specchio di Volterra nel momento in cui lo frantumai. L’acqua delle tisane si era rovesciata ai miei piedi, formando una pozza da cui si spandevano lentamente dei rivoli lunghi e sottili…
Mi portai le mani alla bocca quasi a bloccare l’urlo sordo che non riuscivo ad emettere.
Avanzai come in stato di trance. Caddi sulle ginocchia. Caddi e pezzettini di porcellana, affilati e taglienti, si conficcarono nelle mie ginocchia facendomi sanguinare. Quasi non mi accorsi del male. il vento mi scompigliava i capelli, sferzandomi il viso. Protesi un braccio verso mia figlia e poi sussurrai:
< Ti prego. Ti prego! Lasciala andare. Ti prego. Lei non ti ha fatto niente. >
Liz mi guardò confusa tra le braccia dell’algida e splendida estranea che le carezzava il viso. Aveva issato Liz sul fianco e le stingeva la vita con un braccio.
Le lacrime mi solcavano le guance ma non potevo fare niente per fermarle. La voce, nella mia testa, mi gridava: “
Bella, alzati! Scappa. Scappa! Prendi Liz e scappa! ” ma io sapevo che sarebbe stato impossibile. Ero bloccata dal terrore. E poi, quanto lontano sarei riuscita ad andare, ammesso anche che fossi riuscita a prendere Liz? No, no… non ero una stupida. Sapevo che sarebbe arrivato quel momento. Avevo chiesto troppo e la vita mi aveva dato anche di più. Era giunto il tempo in cui erano venuti a chiedermi il conto. Ma non Liz… tutto ma non Elizabeth…
Cercando di farmi forza, mi rimisi in piedi e, tremando, mossi appena due passi prima che la ragazza dalla pelle bianca e dura come marmo sfiorasse il collo della mia bimba.
< Lasciala… ti supplico! >
< Mamma. > sussurrò Liz confusa, sporgendosi verso di me, tendendo le sue manine al vento.
La donna le carezzò la gola e prese tra le dita il ciondolo di diamante che Liz portava al collo.
< Ma che bel cuoricino, tesoro. Chi te lo ha regalato? >
Liz le rispose incerta: < Il mio papà. >
< Sai, è molto bello. Il tuo papà deve volerti molto bene. >
< Sì. Ce lo ha anche la mamma. E poi, papà ne tiene anche un altro. E poi ha un orologio, perché ad Alec non può regalare un cuore. È un maschio. >
La confusione sfiorò il volto pacato della giovane donna che si ricompose subito.
< E tu vuoi bene al tuo papà? >
< Sì. Tantissimo. >
< Ma dimmi, ne vuoi di più alla mamma o al papà? > Liz restò in silenzio per un po’ poi disse: < A nessuno dei due. Io voglio bene uguale a mamma e papà. >
< Comunque, è proprio un bel cuoricino… >
Cercai, mi sforzai di parlare… < Jane, ti prego, lasciala andare. >
Jane mi guardò sprezzante. Si chinò a sussurrare qualcosa ad Elizabeth con il sorriso sulle labbra. Mia figlia impallidì e cercò di ritrarsi. Jane strinse le dita sul cuoricino che Liz teneva al collo e, esercitando una piccola pressione, chiuse il pugno.
Una pioggerellina argentata le sfuggi dalle sue dita serrate.
Liz cominciò a piangere forte e Jane aprì la mano. Le carezzò la guancia e le disse di smettere. Liz si divincolava, cercando di scendere. Non smise di gridare.
Senza che potessi fare niente, improvvisamente, le diede un ceffone in pieno viso col il palmo sulla guancia destra e con il dorso della mano sulla guancia sinistra.
Ci fu silenzio per appena pochi attimi. Liz cominciò poi a singhiozzare in silenzio, portandosi le manine alle guance. Il segno della mano di Jane stava già prendendoforma sulla sua pelle candida.
< Ecco. Se vuoi, sei una brava bimba. > Liz non era mai stata sfiorata nemmeno come un dito. Non sapeva che il dolore non arriva solo se ci si fa male… non sapeva che il male poteva arrivare anche dagli altri. Era shockata. Mi fissava terrorizzata.
Dentro di me ritrovai quella forza che già una volta scovai in me, quando ruppi lo specchio a Volterra. La forza di una madre che vede la sua creatura in pericolo.

Corsi. Corsi.

Corsi più veloce che potevo. Jane non si mosse neanche di un millimetro. Quando le fui vicina, lei mi rivolse un sorriso innocente. Disse: < Questa bambina, assomiglia molto al padre… ma ha preso molto anche da te. > E in quel momento mi resi conto con gioia che, nonostante la mia debolezza, la proteggevo. Le avevo trasmesso la capacità di resistere agli attacchi di Jane. Proprio come la sua mente era segreta per Edward, il suo corpo era immune a Jane. Ero ormai a poco più di un metro da Jane quando lei afferrò Liz per il collo e, con un gesto secco del braccio, la scaraventò lontano.
Mia figlia volò per una decina di metri prima che il suo corpo andasse a sbattere contro un alberò. 
Sentii il suono di uno scrocchio insopportabile.  Un osso che si rompeva...
Liz sbattè con violenza, emise un urlo breve, di dolore e, senza piangere, si accasciò a terra, carponi. Si rannicchiò su se stessa e cominciò a singhiozzare. Sentivo che mi chiamava. Un istante dopo, mentre ancora urlavo < NO! >, Jane si spostò talmente velocemente che neanche la vidi. 
Schizzò alla mia destra. Una macchia sfocata. Non vi badai, sconvolta com’ero da quello che avevo visto. Non capii nemmeno come fu possibile ma la mia testa sbattè contro la terra. Il cielo venne coperto da un volto sorridente, di bambina.
< Allora, come sono stati questi tuoi ultimi… 4 anni? Tu e tuo marito… e tua figlia? Sicuramente, migliori dei miei. Mi hai tolto tutto. Schifosissima stronza. Sgualdrina che non sei altro. Mi hai tolto tutto! Tutto! > 
E in quel momento sentii qualcosa colpirmi. Un calcio fortissimo mi raggiunse lo stomaco. 
Il ventre mi sembrava squarciarsi. Lo stomaco mi si rivoltò e ringraziai di non avere niente da rimettere. Mi accorsi di avere gli occhi chiusi.  Nella mia mente sconvolta apparve l'immagine di James...
Jane mi afferrò per i capelli e mi costrinse a mettermi in ginocchio. Mi accorsi che, a casa, il telefono squillava. La vampira si chinò sorridente su di me e mi sussurrò: 
< Non preoccuparti, quando saranno qui, sarà già tutto finito. È un peccato. Speravo di potermi prendere un minimo della mia giustizia… evidentemente, dovrò fare in fretta. Ritieniti fortunata. > e in quel momento mi arrivarono due schiaffi in piena faccia. Sentivo il sapore del sangue e il labbro rotto pulsava. Poi altri calci. Era come se venissi picchiata da una statua di marmo. Ogni colpo mi mozzava il respiro.  
Bella. Bella! Resisti! Combatti! Resisti!
Sentivo il sangue scorrermi copioso sul volto, sulle braccia. Socchiusi a fatica gli occhi e vidi i suoi farsi neri. Improvvisamente, Liz afferrò la gamba di Jane. Aveva un rivolo di sangue che le scendeva dal naso. < Lasciala! Lascia andare la mamma! Lasciala! > < vattene, mocciosa. >
< Lascia andare la mia mamma! >  Mi misi sui gomiti e, sentendo delle fitte nel tentativo di fare un respiro profondo, le gridai: 
< Liz, vattene! Vattene subito da qui! Vattene! > L’idea che Jane l’avrebbe lasciata andare mi diede un briciolo di speranza. Le aveva detto “vattene”… forse, se fossi riuscita a tenerla occupata con me abbastanza, Liz sarebbe riuscita a scappare senza che lei l'inseguisse... 
Edward aveva detto che Jaz e Alice stavano arrivando… se li avesse incontrati (e confidai nel fatto che Alice avrebbe visto mia figlia correre nel bosco) la mia bambina sarebbe stata salva.  Le gridai ancora: < Scappa! Scappa Liz! >
Mi arrivò un altro calcio. Liz non se ne voleva andare. Si inginocchiò al mio fianco, piangente. La sentii stendersi su di me, come a proteggermi.  Jane la prese per un braccio e la scrollò con forza: < Vuoi crepare anche tu? Eh? Eh? Eh? Basta dirlo. A me non importa. > e poi la scagliò alla sua destra. Liz piangeva. Jane, lo sguardo di ghiaccio, mi sibilò: < Scusami un secondo. Vado a rispondere al telefono. Non ce la faccio più a sentirlo squillare… >
Si allontanò da noi. Sebbene fossi distrutta, sanguinante, praticamente impossibilitata a muovermi, mi alzai in piedi. 
Liz si aggrappò a me. Inghiottii sangue e le dissi: < Liz, presto, corri. Corri il più lontano che puoi. > Sentimmo Jane rispondere al telefono. Ci salutò con la mano, da dietro il vetro della finestra. Io non potevo sentire cosa dicesse ma Liz sì. Impallidì ulteriormente e mi afferrò la mano. < Mamma! Mamma, vieni. Dobbiamo andarcene. Vieni mamma! >

Mi trascinai per alcuni metri. Mi girava la testa, mi sentivo fatta a pezzi. Jane aveva fatto attenzione a non colpirmi in punti vitali ma mi sentivo così male da non riuscire quasi a respirare. Sapevo cosa voleva. Che morissi lentamente, davanti a lei. Voleva godersi lo spettacolo. Mi costrinsi a camminare. Avrei voluto correre ma a malapena mi reggevo in piedi. Riuscii ad arrivare al limitare del boschetto. Imboccammo il sentiero. Due metri dopo caddi carponi. Liz cercava di trascinarmi. Piangeva disperata. < Mamma! Mamma! No mamma, no! Ti prego! >
< Liz, ascoltami. Vai. Scappa. Alice sta arrivando. Mi aiuterà lei. Ma tu ora devi correre più veloce che puoi. Non ti devi guardare mai indietro. Qualunque cosa tu senta. Hai capito? >
< No mamma! No! Non posso! >
< Liz… > sentivo ormai le forze abbandonarmi. Mi sforzai di sussurrarle: < Liz, ascoltami. Se tu vai, la zia Alice potrà aiutarmi. Se resti qui, dovrà prendersi cura di te… il papà sta già venendo a prenderti. Vagli incontro… > non sapevo cosa le stessi dicendo. Vedevo solo le sue lacrime… Sapevo che Alice l’avrebbe vista… l’avrebbero trovata. Sarebbe stata salva, con i suoi fratellini.
< Dai un bacio a papà e a Mel ed Alec. Dì loro che li amo tantissimo, proprio come amo te. >
< No mamma! Non mi lasciare. >
< Non ti lascio… ma tu ora vai. > “
Ti prego Bella, sforzati. Alzati e scappa anche tu!”
Sentii il suo respiro bloccarsi fra i denti. Qualcuno stava calpestando le foglie dietro di me. Jane camminava lentamente. Liz cadde all’indietro. Era terrorizzata. Arretrò di alcuni metri poggiandosi sui polsi poi si girò e cominciò a correre. Corse, corse come il vento lontano da me.
La mia mano tesa verso di lei si chiuse su delle foglie secche mentre Jane cominciò a stuzzicare il mio braccio piegato in una posizione innaturale. Per non urlare mi morsi le guance e le labbra. Altro sangue cominciò ad inumidirmi la bocca… Gli occhi serrati…

Nella mia mente Edward continuava a gridare: “Resisti, Bella, non lasciarmi,ti prego, combatti!”
Edward…
Edward… Oh, Edward...

  
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