[35. Sesto senso]
“Ci pensi mai?” soffia Kanon, le parole nel collo di una
bottiglia.
“Mh? A cosa?”
“A noi” scrolla le spalle. “ A ieri. A domani. A fra vent’anni.”
“Paura di sentirti vecchio?” lo sfotte Saga. “Però sì. Ci
penso.”
“E?”
“E niente” arriccia il naso. “Ci penso. Punto. Non progetto”
mormora. “Quello delle grandi pianificazioni sei tu. O sbaglio?”
“Re…” ride Kanon, rigirando
fra le mani le carte da gioco. “Pensi che lo saprò? Anche domani? Anche fra
vent’anni?”
“Cosa?”
“Se avrai bisogno. Se...” mormora, un gesto nervoso. “Non
voglio mollarti, Saga.”
“Anche se…?” inghiotte Saga.
“Soprattutto per quel se.”
Questa drabble è pronta da secoli. E per secoli (10 mesi in
realtà. Ma siamo comunque giù di lì) è rimasta a vegetare nel computer. Non mi
piaceva. Per nulla.
Così, questa sera, l’ho riscritta. Deciso. Tassativo.
E così, dopo un’accurato labor
limae, la posto.
È un po’ un punto di arrivo. Non della raccolta, ma di loro:
di Saga e Kanon.
Per quel misto di sospensione fra ieri e domani, per i tanti
ricordi che hanno e stanno costruendo e per la sottile angoscia che sta
premendo e crescndo. Lenta come un cancro.
Potevo parlare dell’addestramento; potevo parlare di quel
legame che, secondo tanti, c’è fra gemelli. Potevo parlare di un’armatura che
vola via nel cielo degli Inferi per soccorrere Saga dopo aver vestito Kanon.
Ma non l’ho fatto. E fondamentalmente perché penso che
quello, di Saga e Kanon, sia ormai il passato. La consapevolezza di aver fatto,
di esserci stati in qualche modo. E adesso, appunto, siamo al giro di boa.
Della boa della loro parabola, della loro vita (almeno nella mia ottica).
Quindi, adesso, la domanda è: ciò che li ha sempre legati, in
un modo o nell’altro, ci sarà ancora? Sopravviverà?
Saga sa che, prima
o dopo, il suo disturbo dissociativo della personalità (perché sì: per me Saga
è affetto da tale sindrome, e nemmeno Atena e il suicidio lo hanno guarito. Ha
solo potuto riportare la situazione a un maggior equilibrio) e sa che potrà
essere devastante, sa che potrebbe fare cose che non vuole fare e non
riconoscere persone che conosce da sempre. Lo sa. Lo accetta. Anche se per
questo non sta meno male; non ha minor paura.
E allora ecco che il futuro fa paura, e il sesto senso
vacilla. Anche in un cavaliere.
Kanon invece. Kanon invece sa che prima o dopo riperderà quel fratello che sta ritrovando, e
che può e non potrà farci nulla. Assolutamente nulla. E se, in altri scorci, ha
faticato ad accettarlo on lo vuole proprio accettare, qui lo sa e la sua paura
è proprio non accorgersene, non esserci in quel momento, il primo, quello
cruciale, in cui Saga avrà bisogno di lui. Anche se Saga lo guarderà senza
riconoscerlo e in ogni istante si chiederà chi sia la persona con cui sta
parlando.
Sesto senso ho voluto interpretarla così: con questa doplice
natura.
Il ricordo di un legame e l’intuizione di una consapevolezza.
Il ricordo di come si sono rincorsi nella vita e sul campo di battaglia e la
consapevolezza di un qualcosa che si sa che dovrà arrivare, ma si sta solo
immaginando. Tremando.
Infine, contro forse alle normali aspettative, è Kanon il
patito delle pianificazioni, dell’ordine (almeno mentale) quasi maniacale; Saga
invece vive alla giornata, vive senza progettare, senza porre scadenze a lungo
termine, anche se, all’esterno, è Saga il maniaco dell’ordine (apparente). Ma
questo è solo il disperato bisogno che ha di avere controllo sul mondo, visto
che non può/potrà averlo sul proprio cervello.
…
Urge Mare greco.
Ormai lo so. E so anche che queste drabbel avranno senso
completo solo quanso sarà meglio delineato questo mio personale universo
post-Hades (sì: c’è il problema Soul of
Gold, ora. Troveremo un equilibrio) e infra-Omega.
Intanto, grazie a quante e quanti, imperterriti, continuano a
seguirmi, nonostante silenzi, assenze e recensioni (graditissime!!!!) non
puntualmente commentate ( o proprio non commentate).
Siete magnifiche e magnifici!!!
E sì: in un certo senso sono tornata^^