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Autore: Mary P_Stark    27/11/2015    2 recensioni
Lithar mac Lir, gemella di Rohnyn, porta con sé da millenni un misterioso segreto, di cui solo Muath e poche altre persone sono al corrente. Complice la sua innata irruenza, scopre finalmente parte di alcune tessere del puzzle di cui è composta la sua esistenza, ma questo la porta a fuggire dall'unica casa - e famiglia - che lei abbia mai avuto. Lontana dai fratelli tanto amati, Lithar cercherà di venire a patti con ciò che ha scoperto e, complice l'aiuto di Rey Doherty - Guardiano di un Santuario di mannari - aprirà le porte ai suoi ricordi e alla sua genia. Poiché vi è molto da scoprire, in lei, oltre alla sua discendenza fomoriana e di creatura millenaria, e solo assieme a Rey, Lithar potrà scoprire chi realmente è. - 4^ PARTE DELLA SERIE 'SAGA DEI FOMORIANI' - Riferimenti alla storia nei racconti precedenti
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Fomoriani'
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9.
 


 
 
 
Sbadigliai sonoramente nello svegliarmi, quella mattina.

E strizzai gli occhi subito dopo quando, a sorpresa, un raggio di luce ramingo mi ferì gli occhi.

Questo mi portò a balzare fuori dal letto come una molla, rischiando così di scaraventare a terra Rey.

Erano passate quasi tre settimane dalla visita di Conner e, dopo quel brutto momento di impasse, Rey era tornato ad aprirsi con me.

E a dormire con me.

Non eravamo ancora arrivati al dunque, visto che io non avevo avuto il coraggio di sondare altri ricordi nella mia memoria.

Un contatto intimo come un atto amoroso, avrebbe previsto che lui toccasse anche le zone in cui erano ancora presenti i glifi, perciò avevamo evitato.

Si era accontentato di dormirmi accanto, lasciando che le sue labbra indugiassero sulla mia pelle in lente carezze.

Io, invece, avevo avuto più libero accesso al suo corpo, ma mi ero astenuta dall’avventurarmi troppo in là, per non apparire egoista.

L’idea di non farlo mio, però, si stava rivelando davvero pessima, e la paura di scoprire altri segreti del mio passato, cozzava violenta contro il desiderio di averlo.

“Ma che succede?” brontolò Rey, passandosi una mano tra la ondulata zazzera di neri capelli.

Gli sorrisi, aprendo completamente le imposte e, eccitata, esclamai: “C’è il sole! E c’è una temperatura umana!”

Rey mi raggiunse ciondolante, i pantaloni del pigiama sbilenchi su un fianco.

Era a torso nudo, come piaceva a me, più che a lui.

Mi aveva confidato di detestare dormire con qualcosa addosso ma che, per me, aveva fatto un’eccezione.

La sola idea di vederlo completamente nudo era un ulteriore guaio, unito ai tanti che già mi facevano combattere contro il desiderio di fargli aprire gli ultimi glifi.

Soprassedetti a quei pensieri lascivi per tornare a volgere lo sguardo verso la campagna assolata, e sorrisi.

Lui mi avvolse la vita con le braccia, mentre io ammiravo il cielo terso e le verdeggianti colline. Poggiato il mento sulla mia spalla, guardò fuori e assentì.

“Ebbene sì. Aprile, finalmente, ci ha concesso una tregua dal maltempo. Cosa dovrebbe significare, di così eccitante, da svegliarmi così di buon ora, scusa?”

Mi volsi mogia verso di lui, trasmettendo attraverso gli occhi tutta la mia tristezza all’idea che si fosse dimenticato della promessa.

Ma, come sempre, Rey non aveva dimenticato.

Era ben difficile che dimenticasse qualcosa che poteva rendere felice gli altri.

La cosa, poi, risultava quasi impossibile, se si trattava di far felice me.

Anche di questo, gli ero grata.

Non mi ero mai sentita così protetta, a livello emotivo, come da quando avevo messo piede nella sua tenuta.

Ogni suo più piccolo gesto, dal darmi il bacio del buongiorno, allo sfornarmi i muffin al lampone – che avevo scoperto di adorare – tutto era mirato a rendermi allegra.

A farmi godere di ogni istante.

Stava diventando difficile persino ricordare la mia vita senza di lui, che ora mi appariva vuota e priva di attrattive, se non incorporavo Rey nell’equazione.

Quant’era stato inutile e insoddisfacente, il mondo, senza la presenza di Rey Doherty nel mio personale universo?

Certo, i miei fratelli avevano contribuito a portare un po’ di luce in quella mia vita fatta di guerre e spade, ma ora tutto assumeva una forma nuova.

Con Rey, tutto acquisiva vero significato.

Per quel poco che avevo compreso di lui – non avendo voluto sbirciare – io riuscivo a essere il suo lenitivo contro la tristezza.

L’unica in grado di smuoverlo dall’apatia che, la sua famiglia, riusciva a fargli calare sulle spalle come un maglio.

Sarebbe stato più semplice – e facile – che Rey dimenticasse di rendere felice se stesso ma, con gli altri, era tutt’altro affare.

Io, però, stavo tentando di inculcargli una buona dose di amor proprio e, poco per volta, sembrava stessi ottenendo qualche risultato.

Mi sorrise, dandomi un bacetto sul naso e, nello scostarsi da me, disse: “Stavo aspettando la giornata giusta per portarti a fare un giro. Così, mi sono messo d’accordo con Mrs Green, la signora che abita in fondo alla via, perché venga a dare un’occhiata a nonnina. La chiamerò, dicendole che oggi usciamo per un giro in moto.”

“Rey…” mormorai commossa.

Aveva già pensato a tutto e, come al solito, lo aveva fatto senza dar peso al proprio comportamento altruista.

Quando lo baciai, riuscì persino a mostrarsi imbarazzato dal mio entusiasmo.

Che dovevo fare, con quell’uomo? Quando si sarebbe convinto di essere all’altezza del suo compito? E, anzi, molto di più?

Cos’altro avrebbe dovuto dimostrare, per convincere se stesso di essere un uomo di valore?
 
***

L’aria gelida mi schiaffeggiava la pelle, ma non volli per nessunissimo motivo abbassare la visiera del casco che, premuroso, Rey mi aveva messo in testa.

Prima di partire, aveva addestrato rigorosamente Mrs Green, mentre lei aveva ammiccato comica a nonnina, ignorando bellamente Rey.

Avevo cercato di non ridere ma, alla fine, con le lacrime agli occhi per l’ilarità, l’avevo trascinato via per non dover sentire altro.

Brontolando, Rey era infine salito sulla moto e, assieme, ci eravamo diretti verso il mare.

In quel momento, niente più di una linea argentata in lontananza, l’oceano era illuminato dai caldi raggi di quel sole primaverile.

Dopo aver preso la regionale 630, oltrepassammo Whitegate per inoltrarci nei territori coltivati di quella fetta del Sud Irlanda.

Ammirata, osservai i campi ancora brulli, ma pronti per la semina primaverile.

Quelle erano state le terre dei miei avi, dei miei genitori.

Chissà se le avevano governate con saggezza, o con pugno di ferro?

Sapevo davvero così poco, della cultura Tuatha, e meno ancora di ciò che riguardava le poche famiglie miste che, i secoli, avevano visto succedersi.

Forse, nei due glifi rimasti, avrei trovato notizie attinenti la loro vita prima che io nascessi.

Non sapevo davvero che aspettarmi.

Lanciato uno sguardo verso l’entroterra, lasciando il mare alla mia destra, sorrisi estasiata di fronte alla selvaggia bellezza di quei luoghi.

I muretti a secco erano già colmi di sottili steli d’erba e, ben presto, si sarebbero riempiti di fiori dai mille colori, pronti a profumare l’aria dell’isola.

In lontananza, sul mare, decine di gabbiani volteggiavano in tondo, forse aspettando il momento migliore per abbattersi su un branco di sardine.

Sorrisi, pensando ai cacciatori fomoriani che, alla medesima maniera, avrebbero fatto incetta di prede da portare alla capitale.

Rey rallentò proprio mentre stavo curiosando il paesaggio dinanzi a noi e, presa una piccola via, si inoltrò verso le scogliere.

Le auto erano praticamente inesistenti, su quel tratto disperso nel nulla e, quando infine giungemmo nella contea di Lahard, rallentò l’andatura.

L’Harley Davidson, con il suo motore scoppiettante, rombò sotto di me, quasi protestando per essere stata ‘presa per le redini’.

Ma il suo pilota non vi badò, permettendomi di godere dei profumi di quella giornata, e dei bellissimi paesaggi visibili tutt’attorno.

Le aziende agricole si intervallavano ad ampi e interminabili appezzamenti di terreno, dove l’erba aveva iniziato a rinvigorirsi.

Poco lontano, notai dei pescherecci di ritorno dalla battuta mattutina, con le loro forme tozze e i colori tenui e bruciati dalla salsedine marina.

Non ebbi difficoltà a percepire i profumi, il rombo dei motori, le chiacchiere dei pescatori.

Il vento mi aiutò, in questo. Diversamente, neppure il mio udito sopraffino sarebbe riuscito a percepirli.

Imboccata infine una piccola stradicciola sterrata, Rey rallentò ancora l’andatura finché, ormai impossibilitato a proseguire, si fermò in uno spiazzo.

Con un movimento secco, depositò la moto sul cavalletto e, senza attendere oltre, scesi con un balzo, togliendo il casco dalla testa.

La brezza proveniente dall’oceano mi portò i suoi profumi, le voci dei suoi abitanti e, allargate le braccia per meglio percepirla sulla pelle, mormorai estasiata: “Il regno è in festa. Krilash si è ufficialmente sposato con Rachel.”

Rey mi guardò pensieroso, lanciando poi uno sguardo verso l’oceano.

Un paio di delfini balzarono fuori dall’acqua, e a loro ne seguirono altri, più piccoli.

“Vorresti essere là?” mi domandò, riportando lo sguardo su di me.

Scossi il capo, afferrandogli la mano per dare maggiore peso alle mie parole.

“No. Krilash sa che gli voglio bene, e Rachel capisce perché me ne sono dovuta andare.”

A Rey parve bastare e, con rinnovata fiducia, mi attirò verso le scogliere poco distanti, dicendomi: “Da qui, si può arrivare a una caletta tranquilla, che in pochi conoscono. Ho pensato che avrebbe potuto piacerti.”

“E a te piace?” gli ritorsi contro, facendolo ridere.

“D’accordo… piace molto anche a me” mi concesse, sorridendomi con partecipazione.

“Allora, sarei lieta di vederla” assentii a quel punto, tutta contenta.

Con calma metodica, e una pazienza che rasentava l’ossessione, mi ero convinta a voler far capire un paio di cose a Rey.

Questo aveva voluto dire replicare a ogni sua battuta, a ogni suo commento, ma la cosa non mi aveva turbato per nulla.

Sulle prime, Rey mi aveva detto di smetterla, di non badare a lui, ma sia io che nonnina non ci eravamo lasciate intimidire.

E lui aveva dovuto iniziare a dirmi quali fossero  i suoi desideri,  i suoi pensieri, le sue speranze.

Non quelle degli altri. Le sue.

L’avrei fatto anche quel giorno, finché lui non avesse fatto in automatico ciò che desiderava, e quando voleva.

Procedemmo agilmente giù per il pendio roccioso, approfittando di scanalature nella roccia e gradini formatisi naturalmente nella parete.

Sorridendo a Rey, quando infine raggiungemmo la spiaggia - dove il vento era più forte, ma il sole più caldo - gli dissi: “Ricordi che ti dissi che il Sentiero dei Giganti fu la porta da cui passarono i fomoriani, per giungere qui?”

“E prese quel nome grazie a loro. Sì, lo rammento” assentì, curioso.

Annuii, pensando a quanto potessero apparire mostruosi nella loro altezza, i vecchi fomoriani come Tethra e Muath.

Se fossi stata in un umano, sarei sicuramente morta di paura.

“Gli Originali giunsero qui da un Vanaheimr morente. La nostra stella stava collassando, perciò gli dèi Vani trasmisero tutti i loro poteri in un portale, che permise ai fomoíre di raggiungere la terrà attraverso il passaggio offerto da bifröst” mormorai, indicandogli poi un punto riparato dal vento, ma baciato da quel dolce sole primaverile.

Lui mi seguì e lì, toltami gli scarponcini, affondai i piedi nella sabbia, pensierosa.

Dopo alcuni momenti, proseguii nel mio racconto.

“Appartengo a una stirpe di semi-dei, i fomoriani, nati dall’atto d’amore di due Vani, Freya e Freyr, che vollero dare lunga vita alla razza più forte del loro pianeta.”

Rey assentì ancora, sfiorandomi il viso con una mano.

Capiva perché gli stavo raccontando tutto questo? Forse, e forse no.

E io sapevo perché lo stavo facendo? Forse, e forse no.

“L’altra mia stirpe, è interamente divina. Sono i figli di Dana, i Tuatha, e scomparvero dal mondo terreno quando le genti abbandonarono il loro culto, in favore dell’unico Dio. Io sono tutto questo.”

Lui allora chinò il capo a baciarmi con delicatezza sulle labbra e, dopo essersi scostato per guardarmi, mormorò: “So chi sei.”

Già. Lui sapeva chi ero, e lo accettava.

Risi, lasciandomi finalmente andare dopo mesi, anni, secoli di stretto controllo sulle mie emozioni e, cominciando a piroettare su me stessa, esclamai: “Sono maledettamente felice, oggi!”

Rey lasciò che dessi voce alla mia gioia, sorridente e tranquillo.

Gli sorrisi, lieta e piena di una grazia che mai avrei pensato di provare.

Nell’avvicinarmi a lui, gli afferrai una mano e lo baciai.

Allacciai subito le braccia dietro la sua schiena, avvicinandolo a me e, per lungo tempo, non facemmo altro che baciarci con gentilezza, dilungando quei gesti a oltranza.

Lo zaino con il pranzo dimentico sulla sabbia, mi scostai da lui per trascinarlo verso il mare e, nell’osservare l’orizzonte, gli dissi: “Quattrocento miglia verso ovest, e due miglia sotto il livello del mare, si trova Mag Mell, protetta agli occhi del mondo dalla pura magia. Essa è il regno incontrastato di Re Tethra mac Lir e Muath mac Ildaihr, la sua consorte.”

Gli sorrisi, e lui assentì, apparentemente ben disposto ad ascoltare ogni cosa. Ogni segreto.

“Nacqui oltre quattromila anni addietro in Irlanda, da una donna Tuatha e un fomoíre, e mi diedero nome Litha mac Elathain. Avevo un fratello molto più grande di me, di nome Tuirell che, a sua volta, aveva già dei figli, quando io nacqui. Egli fu tra i fautori della guerra tra i fomoíre e i figli di Dana. Fui cresciuta dai fomoriani, addestrata a essere la migliore tra le guerriere, in quanto principessa e, per molti millenni, il mio unico scopo è stato quello di combattere, vincere i miei avversari ed essere un lustro per la famiglia reale.”

Mi volsi verso di lui, che mi stava ascoltando attento, e presi tra le mie le sue mani, osservandole con attenzione.

Erano mani forti, irruvidite dal duro lavoro, esattamente come le mie.

Ma, se le mie avevano brandito spade e lance per uccidere e asservire, le sue avevano brandito ben altri strumenti, per proteggere e curare.

Non avremmo potuto essere più differenti, eppure…

Levai finalmente lo sguardo a scrutare i suoi scuri occhi color del cioccolato e, sorridendo, dissi: “Ora, non sono né una fomoriana, né una Tuatha. Non so chi sono veramente, ma una cosa la conosco. Non sono mai stata una codarda, e non inizierò certo adesso a esserla. So che posso ricominciare da questo punto e andare avanti… assieme a te. Se lo vorrai. Se mi vorrai.”

Rey non fu di molte parole.

Si limitò a prendere il mio viso tra le mani e, con tenerezza, mi baciò sulle labbra.

Lente, le sue mani scesero sulle mie spalle, la vita e, con fame e bramosia assieme, mi accarezzarono tutta, accendendo fuochi segreti dentro di me.

Avevo provato, nel corso dei secoli, il piacere proveniente dal corpo di un uomo.

Pur se, per entrambi, era stato gradevole, non vi avevo mai trovato nulla di speciale.

Di fronte a quell’umano, invece, mi sentii avvampare di passione, desiderosa di strappargli di dosso gli abiti per averlo pelle contro pelle, solo io e lui.

Le mie mani imitarono le sue e si fecero audaci, afferrando la maglia sotto il maglione di lana per estrarla dai pantaloni.

Lui sospirò di colpo, quando le mie dita sfiorarono i suoi addominali contratti.

Affondò il viso nell’incavo del mio collo, mordendomi leggermente, e io ansai.

Scostandomi da lui con forza, lo trascinai con me verso l’incavo protetto dove avevamo lasciato lo zaino.

Lì, lo afferrai al collo del maglione e lo spinsi contro una roccia, levigata dall’infrangersi dell’acqua nel corso dei secoli.

Rey mi lasciò fare e, nel contempo, mi slacciò i pantaloni, affondando le mani al suo interno.

Le sue dita ruvide sfiorarono le mie natiche e, ridendo sommessamente, gli sollevai maglia e maglione per sfilarglieli dalle braccia, annullando così il suo tocco.

“Cattiva” mormorò, lasciandomi però libera di agire.

Annuii ridendo e, chinandomi un po’, baciai uno dei suoi capezzoli, già inturgidito per il freddo.

Ansò e, per rendermi la pariglia, mi denudò dalla vita in su, un pezzo alla volta, lasciando solo un esile strato di pizzo a coprirmi i seni.

Mi divorò con lo sguardo, prima di carezzare la mia carne con baci e tenere dita in esplorazione.

Ansai nuovamente, aggrappandomi a lui per non cadere e, con calma, Rey mi fece scivolare verso il basso, sulla sabbia umida e scaldata dal sole.

I suoi baci proseguirono, disegnarono sulla mia pelle onde di piena dirompente e, senza rendermene conto, la sua bocca si ritrovò su uno dei glifi.

Come le altre volte, flash del passato mi si conficcarono nel cervello ma, mitigati dal piacere infuso dalla bocca di Rey, non mi spaventai.

Vidi mia madre sanguinante, la sua mano distesa verso l’alto… e Muath.

All'esterno, gli ultimi clangori della battaglia. E Muath in lacrime, e furiosa come poche altre volte l’avevo vista. 

Appariva come la volta in cui, dopo essere caduta priva di sensi, mi ero risvegliata nell’infermeria delle senturion, con lei a curarmi e Ciara al mio fianco, su un letto vicino.

“Non… non uccidetela… non lasciatela… a Bress…”

La voce di mia madre giunse debole, vicina alla fine, e io percepii l’attimo in cui il suo cuore iniziò a cedere.

La bocca di Rey continuò il suo percorso, baciando anche il secondo glifo, sul fianco opposto e, come l’altro, prese a brillare sfavillante, prima di svanire lentamente.

“Abbiamo irrotto in questa casa, convinti che si celasse un covo di nemici, e invece abbiamo dato solo voce alle mire di Bress” mormorò Muath, piegandosi su mia madre per sollevarla da terra. “Non sapevamo che fosse la casa di Oghma. Dov’è lui?”

Dietro di lei, un furioso Tethra lanciò uno sguardo ai suoi sottoposti, perché si allontanassero lesti dalla casa per cercare Oghma... ovunque lui fosse.

Quella confessione mi sorprese, e mi fece sgranare gli occhi per lo sgomento.

Era mai possibile che…

Non giunse altro, da quei glifi, ma ora c’era altro che volevo, ed era l’oblio.

L’oblio tra le braccia di Rey.

Gli sorrisi e, nel togliere anche l’ultimo indumento che ci separava, mormorai: “Fammi scoprire come un uomo può amare una dea.”

“Ti esaudirò con sommo piacere, da suddito devoto quale io sono” ironizzò lui, tornando a baciare le mie anche, il mio ventre e giù, molto più giù.

Reclinai il capo all’indietro, afferrando le sue spalle per spingerlo più a fondo, verso il centro del mio fuoco.

Nel mormorare roca il suo nome, pregai che quel piacere durasse in eterno, che non mi abbandonasse mai.

Fu su di me quando anche lui non se la sentì più di attendere e, con un’unica spinta, si unì al mio corpo in fiamme.

Il suo nome sgorgò dalle mie labbra come un’invocazione agli dèi, come la supplica verso un’entità superiore.

Rey mi accontentò.

Esaudì il mio desiderio, affondando con spinte lente, suadenti, che sovraccaricarono il mio corpo di emozioni, di sensazioni.

Avvolsi le gambe ai suoi fianchi, perché la nostra unione fosse completa, totalmente intima e, assieme a lui, continuai quella danza millenaria.

La brezza rinfrescò le nostre carni febbricitanti, mentre il nostro ritmo si faceva più incalzante, più frenetico.

Affondai le unghie nella sabbia, sapendo più che bene che, se le avessi usate sulla carne di Rey, lo avrei scorticato.

Non avrei mai permesso che qualcuno potesse fargli del male, soprattutto se il male poteva provenire da me.

Inarcai tutto il mio corpo verso di lui, lasciando che la sua bocca cercasse e trovasse i miei seni, finché l’apice ci colse di sorpresa, accecandoci.

Ricademmo entrambi sulla sabbia smossa, ansanti come se avessimo percorso l’oceano a nuoto… ma infinitamente più appagati in confronto a una simile impresa.

Scostandosi da me, Rey mi attirò accanto a sé, cercando ancora il contatto con la mia pelle, tutta quanta me e, nel carezzarmi i capelli, mormorò: “Ho soddisfatto la mia dea?”

“Sei un suddito devoto, e la tua dea è così contenta del tuo agire che, credo, si concederà il bis. Ma a modo suo.”

Gli sorrisi maliziosa e, poggiate le mani sulle sue spalle per spingerlo verso il basso, mi stesi su di lui e mi accoccolai al suo fianco.

Nessuna fomoriana, lo avrebbe mai fatto.

Nessuna fomoriana, avrebbe ammesso di desiderare di essere abbracciata, coccolata, amata in modo così totalitario.

Nessuna fomoriana, avrebbe mai esternato in modo così palese il suo bisogno di un uomo.

Di quell’uomo che aveva saputo aprirmi dentro un intero mondo, illuminandolo con la sua sola presenza.

“Litha…” mormorò, avvolgendomi con le braccia così forte che, per un momento, temetti potesse spezzarmi.

“Non voglio andarmene. Non voglio abbandonarti, o lasciare nonnina” ammisi contro il suo petto, iniziando a tremare.

“Né io voglio che te ne vai, o che tu lasci nonnina. Resta con me, Litha. Resta.”

Il suo tono accorato, tremante e speranzoso, mi fece sollevare per guardarlo negli occhi, per accertarmi di aver compreso bene le sue parole.

La sua mente era un caleidoscopio di immagini e sensazioni sconnesse, perciò lasciai presto perdere, concentrandomi solo sui suoi occhi.

Entrambi ci sedemmo, io in grembo all’uomo che mi aveva trovata, ricomposta e, infine, amata, e sorrisi.

“Sapevo di non poterti obbligare, di non poterti offrire nulla oltre me stesso, per questo non ho mai tentato di… di andare oltre…” mormorò sommessamente, carezzandomi i fianchi. “… ma, se sei tu a volerlo, ben volentieri accetterò.”

Scossi il capo, prendendo il suo viso tra le mie mani e, volitiva, replicai: “Rey, convinciti una volta per tutte di una cosa. Sei un uomo di valore, non hai bisogno dell’approvazione della tua famiglia, ma solo delle persone che  ti vogliono veramente bene. Devi decidere per te stesso, non perché sono io a chiedertelo.”

“Resta con me, allora, Litha. Vivi con me, amami come io ti amo e ti amerò, per tutto il tempo che ci verrà concesso” mi disse allora, tornando a baciarmi.

Assentii, abbracciandolo e, sorridendogli con trasporto, mormorai: “Scioglierò il mio contratto col tempo, esattamente come fece Rohnyn, e tu non ti libererai mai più di me.”

Lui rise, rise così corte da far tremare entrambi e, nel ricadere sulla sabbia assieme a me, esalò: “Sei tu a rimetterci, non certo io.”

“Ho molto tempo a disposizione per farti cambiare idea. Capirai, prima o poi, ne sono sicura” lo rabberciai bonariamente, baciandolo sul naso.

Rey sorrise pacifico, imperturbabile alle mie minacce, ma sorridente e sereno come mai lo avevo visto, in quei mesi.

Sì, ero riuscita a smuovere la sua inossidabile calma, e ora lo vedevo brillare per l’essere splendido quale sapevo lui era.

Sapevo già che, prima di sera, questo suo lato sarebbe scomparso dietro la solita facciata inflessibile, sorta per proteggersi dall’insensibilità familiare.

Ma, presto o tardi, me ne sarei liberata per sempre.

Per lui. Per noi.
 
***

Tornare all’azienda fu un viaggio dolce amaro, per me.

Ciò che avevamo condiviso su quella spiaggia, sarebbe rimasto nel mio cuore per sempre, e lasciare quel luogo era stato per me difficile, quasi doloroso.

Ma a casa avremmo trovato nonnina, e l’avremmo resa partecipe delle nostre decisioni, della nostra aspettativa per il futuro.

Forse, sarebbe stata sorpresa, o forse no.

Come völva, avevo idea che avesse già più o meno compreso ciò che, nel corso dei mesi, era cresciuto tra me e suo nipote.

Forse, ci avrebbe preso in giro, dicendoci di non riferirle nulla di nuovo, o di qualcosa già letto nel corso delle stelle.

Non sapevo bene come funzionasse il suo strano potere, ma tutto poteva essere.

Era probabile che fosse davvero in grado di percepire lo scorrere del tempo, attraverso l’altalenante andirivieni delle stelle nel cielo.

Io sapevo solo che, la vita che stringevo in quel momento, mentre il rombo del motore faceva vibrare il mio corpo, era dell’uomo che avevo imparato ad amare.

L’amico cortese, l’uomo generoso e altruista, l’essere più umile che io avessi mai conosciuto.

Mani pronte a guarire e proteggere, come le mie erano state pronte a colpire per difendere e uccidere.

Mani che si erano incontrate nel momento peggiore della mia vita e che, intrecciate in eterno, avrebbero proseguito assieme.

Fino alla fine dei nostri giorni.


 




Note: Litha ha scoperto un altro pezzetto del suo passato, oltre alla passione vera e sincera tra le braccia dell'uomo che ama. E' ben decisa a rinunciare a tutto, per Rey, come già Rohnyn fece prima di lei. Ma Muath glielo permetterà? E la sua duplice natura, le metterà i bastoni tra le ruote? Direi che lo scopriremo presto, ma fatemi sapere cosa ne pensate.
A presto, e grazie per avermi seguita fino a qui.
  
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