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Autore: InuAra    29/11/2015    10 recensioni
ULTIMO CAPITOLO ONLINE!
Con due bellissime fanart di Spirit99 (CAP. 4 e 13)
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Cosa succede se il mondo di Ranma incontra il mondo di Shakespeare? Rischia di venirne fuori una storia fatta di amori, avventura, amicizia, gelosia, complotti. Tra fraintendimenti e colpi di scena, ne vedremo davvero delle belle!
DAL CAPITOLO 2
Ranma alzò lo sguardo verso il tetto. “Akane. Lo so che sei lì” “Tu sai sempre tutto, eh?” A Ranma si strinse il cuore. Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto. “Beh, so come ti senti in questo momento” “No che non lo sai” “Si può sapere perchè non sei mai un po’ carina?” “Ranma?” “Mmm…”  “Sei ancora lì?” “Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?” Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto. “Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre” “E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un piccolo riassunto per riportarvi nel vivo della storia:
Medioevo giapponese - Akane, figlia di Soun-sama, signore delle terre dell'ovest, non è mai uscita dal palazzo, dove è cresciuta accanto a Ranma, un giovane orfano che lavora come paggio al servizio di Soun Tendo.  A vegliare su di loro ci sono i due anziani consiglieri, Obaba e Happosai, e gli immancabili confidenti, Ryoga, amico, nonchè servo, di Ranma, e Ukyo, ancella di Akane. Soun si risposa con una giovane nobildonna, Kodachi, e al fratello di lei, Kuno Tatewaki, promette in sposa la principessa Akane, che rifiuta categoricamente i suoi corteggiamenti. A poco a poco Ranma e Akane si accorgono di essere innamorati e, sfidando i problemi di classe, si dichiarano. Decidono quindi di sposarsi di nascosto e scappare in Cina, in attesa di tempi migliori, ma immediatamente dopo il matrimonio e la prima notte di nozze vengono scoperti e divisi. Ranma viene prima imprigionato e poi esiliato e Akane è tenuta sotto stretta sorveglianza, pur con un discreto raggio di azione. Partendo per la Cina, Ranma promette ad Akane che le scriverà spesso e che farà di tutto per ricongiungersi a lei. Tra una lettera e l’altra, passano i giorni. In Cina, Ranma viene accolto dalla signora Nodoka, una donna Giapponese che gestisce una locanda, dove lavora come cameriera Shan Pu, che tenta invano di sedurre Ranma. Durante una festa, uno degli ospiti, un giovane guerriero di nome Mousse, provoca Ranma e lo istiga a scommettere sull’onore di Akane. Sarà Mousse stesso a provare l’infedeltà della giovane principessa recandosi in Giappone e tentando di sedurla. Una volta a Palazzo Tendo, Mousse fallisce ogni tentativo di fronte alla fedeltà di Akane. Nottetempo si intrufola quindi, nascosto in un baule, nella sua stanza e le ruba un bracciale che Ranma le aveva donato prima dell’esilio. Ranma, in Cina, divorato dalla paura e dalla gelosia, si pente di aver scommesso con tanta leggerezza.
 
 
Dangerous conceits are in their natures poisons,

Which at the first are scarce found to distaste,

But which a little act upon the blood,

Burn like the mines of sulphur.
 

I sospetti sono per loro stessa natura come veleni:
in un primo momento si prova appena un senso di disgusto,
ma, quando cominciano ad agire sul sangue,
bruciano come zolfo.
 
Othello – William Shakespeare
 
 

L'alba di quel giorno a lungo atteso spandeva i primi raggi a illuminare di taglio la figura di un uomo che galoppava a tutta velocità in direzione del porto di Hakata.
 
Un uomo che aveva aspettato paziente che il suo servo venisse a prelevare dalle stanze della principessa il baule in cui era nascosto, lo caricasse sul calesse e prendesse una ragionevole distanza da Palazzo Tendo. Un uomo che, uscito dal baule e pagato il servo per il suo silenzio, era balzato a cavallo per divorare nel minor tempo possibile la strada che lo separava dalla Cina e vincere la sua scommessa.
 
Mentre Mousse si allontanava verso sud, da nord si stavano avvicinando alla parte opposta del palazzo altre due figure.
 
A ben guardare, i contorni appena delineati dalla prima luce del mattino, si trattava di due carrozze che, arrivando da diverse direzioni, si incontravano in una radura poco distante dall'ingresso settentrionale della grande tenuta.
 
Dalla prima carrozza scese un uomo stanco, segnato dal tempo e dalla mancanza di sonno; dietro di lui una giovane donna, dallo sguardo scaltro e l'acconciatura impeccabile.
 
Dalla seconda carrozza balzò giù un uomo aitante e fiero, seguito da un vecchio silenzioso ma dall'occhio vivo, pronto a tutto.
 
Nel silenzio rotto dai primi timidi cinguettii, i quattro, che evidentemente si erano dati appuntamento in quel luogo a quell'ora, si vennero incontro, fino a fronteggiarsi.
 
"Avevate ragione, Soun-sama", il primo a parlare fu Kuno, con un guizzo impaziente di euforia nella voce, "I vostri cinque vassalli dell'estremo ovest non accettano questo affronto. 'Guerra o disonore', questa è la loro risposta"
 
"E con questo siamo in netta minoranza, caro", intervenne Kodachi con un sorriso nello sguardo, a dispetto del dispiacere nella voce, "Anche se siete il principe di queste terre non potete opporvi al voto dei vostri vassalli"
 
"Con ciò volete dirmi", la interruppe senza troppe cerimonie Happosai, "che pure il vostro viaggio presso i signori che amministrano le terre più a est si è rivelato vano? Non siete dunque riusciti a convincerli dell'assurdità di una guerra contro la Cina in questo momento?"
 
"No, Happosai", rispose finalmente Soun in un soffio, "Sono praticamente unanimi nella volontà di dichiarare guerra all'impero cinese per l'affronto subito"
 
"Si faranno ammazzare tutti"
 
"Non vogliono pagare un tributo per qualcosa che reputano loro di diritto..."
 
"Ma non pensano alle perdite che avranno in seguito all'inutile spargimento di sangue? Perchè non tentare per vie diplomatiche?"
 
"Il Giappone è perfettamente in grado di fronteggiare l'esercito cinese", ringhiò Kuno contro Happosai.
 
"Ho già cercato di spiegarvi che il loro esercito ci supera per numero e organizzazione..."
 
"Ad ogni modo... questa è la decisione del clan. Quindi c'è poco da discutere", lo freddò il giovane.
 
Dopo un pesante silenzio fu Soun a parlare nuovamente.
 
"Purtroppo hanno ragione mia moglie e mio cognato... Ho le mani legate di fronte alla maggioranza. La Cina pretende che torniamo a pagarle un vecchio tributo risalente a due secoli fa, ma che era caduto in prescrizione col tacito accordo di entrambi i Paesi. Ora il continente vuole tornare a soggiogare le nostre genti e questa è vissuta come la peggiore delle provocazioni..."
 
"Sì, ma le nostre genti verranno sterminate..."
 
"Basta Happosai, stai stancando il tuo signore", lo fulminò Kodachi, "e il giorno per noi è ancora lungo"
 
"Dobbiamo avvisare l'ultimo dei miei vassalli, quello che ci darà le milizie più nutrite. Devo parlargli personalmente e... vecchio mio, ho bisogno del tuo sostegno", concluse Soun, dirigendosi con la consorte verso la carrozza, mentre Happosai mestamente li seguiva.
 
"Un'ultima cosa", aggiunse, voltandosi verso il cognato, "Tatewaki, ti prego, torna immediatamente a palazzo. Sta succedendo tutto così in fretta... Una guerra alle porte... Non mi sento sicuro a sapere sola la mia bambina. Ha fatto molti sbagli ed è testarda, ma...  Va' da lei e stalle accanto. Noi saremo di ritorno prima di sera"
 
 Kuno non se lo fece ripetere una seconda volta e mentre la carrozza del principe si allontanava nuovamente, lui galoppava verso la reggia.
 
Un solo pensiero martellante in testa: Akane Tendo.
 
 
***
 
 
Ancora abbandonata sul letto, Akane aprì faticosamente gli occhi, e mosse appena le membra intorpidite da quella notte senza sogni.
 
Ricordava vagamente di aver aperto la stanza a Ukyo e a Ryoga alle prime luci dell'alba, di averli visti entrare - ancora sentiva il ragazzo con la bandana scusarsi più e più volte per questo - e prelevare il baule di Mousse per consegnarlo al servo di lui.
 
Ributtandosi stancamente a dormire aveva poi sentito allontanarsi sempre più il rumore di un calesse fino a cedere nuovamente al sonno.
 
Ora era sveglia e si sentiva stranamente inquieta.
 
Si mise a sedere e inspirò a pieni polmoni l'aria fresca del mattino.
 
Probabilmente a quell'ora Mousse non era troppo distante dal porto di Hakata, e con un po' di fortuna entro poche ore sarebbe stato a bordo di una nave in direzione della Cina.
 
Cercò di trovare conforto formulando quel pensiero.
 
*Ranma, presto avrai la mia lettera!*, sorrise tra sé e sé, dandosi della sciocca per quella sensazione di angoscia assolutamente priva di fondamento.
 
"Quello che ci vuole è un po' di movimento! Basta piangersi addosso, Akane! E' ora di allenarsi un po'"
 
Si scrollò di dosso gli ultimi rimasugli di sonno e iniziò a prepararsi con una ritrovata energia.
 
Mentre però si allacciava l'ultimo alamaro della camicetta della tenuta di allenamento, l'occhio le cadde sul polso destro.
 
Si bloccò di colpo.
 
"Ma dove...?"
 
Spostò immediatamente lo sguardo a terra e poi dietro di sè.
 
Niente.
 
Ma dov'era finito? Dove si era cacciato il magatama che le aveva regalato Ranma e che lei teneva saldamente al polso, senza levarselo mai?
 
"Ranma...", sussurrò come una bimba colpevole, quasi lui la potesse sentire.
 
Si gettò sul letto e lo cercò nervosamente tra le lenzuola, tra le pieghe dello yukata del giorno prima per poi alzarsi di scatto e frugare tra le carte sparse sul tavolino basso.
 
Niente!
 
Il bracciale era sparito.
 
Come era possibile? Eppure si ricordava di averlo baciato la sera prima, durante le sue preghiere, come faceva ogni sera, prima di andare a dormire.
 
"Dev'essere qui, da qualche parte", cercò di calmarsi, con scarso risultato.
 
Ukyo! Forse l'aveva preso lei per lucidarlo, pensò speranzosa.
 
Si fiondò fuori dalla stanza.
 
"Ucchan!"
 
Ma il fiato le morì in gola.
 
Non fu la sua ancella che trovò ad aspettarla.
 
Davanti alla porta della sua camera, pronto a farle la posta come alla preda che prima o poi dovrà uscire dalla propria tana, le si parò davanti Kuno Tatewaki.
 
"Grigio mattino.
L'oro dell'orizzonte
lo sfida il cielo.
 
Con le parole del poeta vi dò il buongiorno, mia sposa... ‘dorata’", le si avvicinò arrogante, calcando l'ultimo pretenzioso aggettivo.
 
"Buongiorno a voi", gli rispose secca. Non aveva tempo da perdere in discussioni. Doveva trovare il bracciale al più presto. "Scusate ma sono un po' di corsa", sperò di affrancarsi.
 
Ma lui non glielo permise.
 
"Quanta fretta. Ma come? Il vostro promesso galoppa nottetempo per miglia e miglia così da venirvi a omaggiare di primo mattino e voi non lo ringraziate come si conviene?", le si avvicinò ulteriormente, "Vostro padre, mia sorella e il vecchio non saranno qui prima di sera... Non vorrete lasciarmi tutto solo...", le sussurrò con dolcezza, ma a lei suonò come un avvertimento.
 
"Mi dispiace per la vostra... dedizione, ma è inutile. Voi mettete a dura prova la mia pazienza: sono sposata e non vi amo", gli disse ferma, sperando di metterlo a tacere e andare oltre.
 
Illusa...
 
"Quello che è inutile", rise lui tentando di mascherare l'ira crescente, "è questo vostro incaponirvi in queste assurde convinzioni! 'Sposata'?! Con quel villico?! Ahaha! Voi vaneggiate!... E parlate di 'amore'... ma l''amore' non è una cosa che deve riguardare voi... Io vi dico che vi amo, e ciò deve bastarvi. Siete chiaramente in preda alla pazzia e io non posso lasciarvi in questo stato"
 
La afferrò per il polso, lo stesso polso alleggerito dal bracciale.
 
Akane sentì la frustrazione diventare rabbia e scaldarle il sangue.
 
"Chi è pazzo e chi è cretino!", si divincolò dalla presa, "Così cretino da credere ancora che l'amore possa essere imposto. Non mi farò mai dominare da voi, dovreste averlo capito!"
 
Punto nell'orgoglio di uomo e di maschio, Kuno non ci vide più e la spinse aggressivo contro la parete.
 
"Come osate rivolgervi a Kuno Tatewaki con questo tono? Vi farò rimangiare i vostri insulti", la minacciò, tentando di baciarla a forza.
 
Akane reagì d'istinto e gli assestò un calcio sul petto, allontanandolo da sè.
 
Furioso, Kuno sguainò la katana di legno che teneva al fianco.
 
"Benissimo... Volete sfidarmi dunque?", la derise.
 
"Non chiedo di meglio", gli rispose mettendosi in assetto di difesa, con un sorriso sghembo stampato sulle labbra, lo stesso che aveva Ranma tutte le volte che iniziava un combattimento.
 
"Akane Tendo! Quando ti avrò sconfitta non potrai più opporti!", tuonò a gran voce in un grido di battaglia, andandole contro con la katana sollevata.
 
Akane schivò prontamente l'affondo, ritrovandosi nuovamente all'interno della propria stanza, incalzata da quell'idiota di Kuno.
 
Gli avrebbe finalmente dato pane per i suoi denti.
 
Non c'era stato giorno in cui non si era allenata e ormai metteva a dura prova anche Ryoga, che pure era sempre stato un avversario di tutto rispetto per Ranma.
 
Kuno stava faticando a starle dietro. Come credeva di averla raggiunta, lei spariva fulminea dalla sua traiettoria. Quella ragazzina insolente gli stava facendo sprecare i suoi colpi migliori. Le avrebbe fatto pagare anche questo!
 
Aumentò la foga dei propri assalti, spingendola contro la parete opposta alla porta e per un attimo pensò di averla raggiunta.
 
Prontamente lei balzò fuori dalla finestra aperta e lo attese in giardino, in uno spazio più adatto alla sfida.
 
Livido di rabbia il giovane la raggiunse e decise di cambiare strategia: le avrebbe fatto abbassare la guardia colpendola nel suo punto debole.
 
"Quel verme che dite di amare è cresciuto di elemosine ed avanzi", la provocò sprezzante, "Il legame che credete di aver stipulato con lui,  non è un contratto: è nullo!"
 
Il risultato fu molto diverso da quello sperato: Akane con un balzo gli fu alle spalle e in tutta risposta, prima che lui potesse accorgersene, gli assestò un calcio alla schiena, facendolo caracollare in avanti.
 
"Maledetto! Se anche voi foste figlio di una dea dovreste essere grato di fargli da servo! E anche così sareste troppo in alto, per quel che valete in confronto a Ranma!", gli urlò inferocita.
 
"Spero che muoia, ovunque si trovi in questo momento!", proseguì lui, lo sguardo torbido d'ira, infierendo con la spada e con la parola, colpo dopo colpo, "Che lo consumino le febbri di un morbo sconosciuto... che venga sventrato dai briganti...  che crepi come è nato, senza nome e senza onore!"
 
Akane si sentì mordere dal dolore e per qualche istante le ingiurie del suo avversario la tramortirono, tanto che un paio di colpi andarono a segno, fiaccandola leggermente.
 
Ma per fortuna era temprata da ore e ore di allenamento e non sarebbero state due percosse a metterla in ginocchio. Anzi, non appena si riebbe dalla morsa di quelle immagini terribili provò un tale rancore che la forza le si raddoppiò, desiderosa di vendetta.
 
Contrattaccò  con una velocità tale che Kuno non riuscì quasi a scorgerne i movimenti, figuriamoci prevederli o addirittura pararli.
 
"La più grande disgrazia che potrà mai capitargli è che voi pronunciate il suo nome, insozzandolo! Il peggior straccio che gli abbia mai sfiorato il corpo mi è caro più di voi... delle vostre parole o dei vostri... regali!", concluse atterrandolo con una cascata di pugni e facendogli schizzare via la spada.
 
Proprio in quel momento sbucò Ukyo, che, attirata dalle urla era accorsa seguita da Ryoga.
 
Compresa immediatamente la situazione, si portò le mani alla bocca, trattenendo il fiato sgomenta.
 
Ryoga era altrettanto pietrificato, ma pronto a intervenire.
 
"Ho vinto", gli ricordò Akane, ansimando appena, e per  Kuno fu un ulteriore schiaffo in pieno viso.
"Come vedete non sono la debole donna che credevate. Siete stato sconfitto. Battuto in combattimento da me,  come meritate. E, secondo le vostre disposizioni, mi ritengo del tutto libera dall'obbligo di sposarvi"
 
Kuno la guardava furente.
 
"Me la pagherete per questo", sibilò tra i denti, ancora a terra.
 
Andandosene, lei non diede peso a quelle parole, trovandole ripetitive e banali.
 
 Sapeva che Kuno non avrebbe smesso di assillarla, ma aveva dimostrato a quel pallone gonfiato e soprattutto a se stessa che era perfettamente in grado di difendersi dagli attacchi indesiderati.
 
Vittoriosa, rientrò in casa, prontamente seguita da Ukyo e Ryoga, che premevano per allontanarsi il prima possibile dalla vista del nobile, che si stava rialzando lentamente.
 
Ma non era la fatica a rallentare i suoi movimenti... Il livore, piuttosto, che lo permeava fino ad accecarlo.
 
"Il p-peggior straccio...", balbettava ancora incredulo, "b-battuto da quella sgualdrinella... Me la pagherà per questo... Eccome se troverò il modo di vendicarmi... Basta con la comprensione e con la gentilezza. Aspetterò il momento giusto... Saprò aspettare. E poi mi prenderò ciò che è già mio, con la violenza, se necessario. E con la katana affilata, questa volta", aggiunse dando un calcio di frustrazione repressa alla propria spada di legno che rotolò nella polvere.
 
 
***
 
 
Il sole era sul punto di tramontare.
 
Un altro giorno senza avere notizie di Akane. Un altro giorno con Mousse lontano dalla Cina, libero di corteggiare lei, laggiù, in Giappone, lontano anni luce da lui.
 
Un altro giorno in cui Ranma aveva sentito scivolare via dall'anima gli ultimi brandelli di certezza.
 
Aveva cercato di tenersi impegnato, di fare lavori di fatica, di non pensare, ma nella sua mente, minuto dopo minuto, gli si erano conficcati sottili aghi di angoscia.
 
Erano giorni che non mangiava, che non dormiva. Era in bilico su quel filo sottile che divide lo strazio dalla tristezza, la pazzia dalla coscienza.
 
Era sul limitare dell'uscio della locanda, con gli occhi pesti, mentre si asciugava sovrapensiero alcune gocce di sudore dal mento, quando sentì un rumore crescente e regolare farsi sempre più vicino. Si voltò proprio nel momento in cui spuntarono sulla grande strada antistante le prime fila in marcia di una divisione dell'esercito cinese.
 
Ranma rimase sbalordito a guardare quegli uomini in tenuta da combattimento, per un attimo dimentico dei propri guai.
 
"Ma cos...?"
 
"La guerra... La guerra è davvero alle porte?", la voce preoccupata della signora Nodoka lo raggiunse alle spalle. Non si era accorto che, quatta quatta, era sgusciata fuori, attirata anche lei dal frastuono.
 
"La guerra?"
 
Quale guerra?
 
"Avevo sentito parlare del fatto che correva una certa tensione politica tra la Cina e il nostro Paese", lo guardò tristemente materna avvicinandosi a lui, "ma non credevo che la situazione sarebbe precipitata tanto presto...!"
 
"Allora volete dire che in Giappone in questo momento...?"
 
"Sì. Temo che anche oltremare stiano organizzando i loro eserciti per la battaglia"
 
"Ma perchè...", riuscì soltanto a formulare Ranma, schiacciato da quella notizia ma non riuscendosi a togliere di dosso l'immagine di Akane aggrappata a Mousse, il solo che potesse salvarla durante un eventuale attacco nemico.
 
"Pare che molti anni fa la Cina riscuotesse un tributo in segno di sottomissione dal Giappone. Poi questa legge venne abolita, se non giuridicamente, almeno di fatto. Il nostro Paese è cresciuto e si è affrancato... E tuttavia ora l'imperatore, vuole far valere stupidamente questo antico diritto. Sapevo che molti nobili nipponici si erano rifiutati di pagare... Suppongo che la decisione sia stata unanime e che questa ne sia la conseguenza", concluse amaramente indicando stancamente i giovani militari in marcia.
 
Prima che Ranma potesse chiedere ulteriori spiegazioni, la sua attenzione e quella della signora vennero catturate dal passaggio di un generale a cavallo.
 
Lo videro arrivare dalla cima della collinetta da cui scendeva lo stradone.
 
La prima cosa che Ranma vide di lui furono gli occhi fieri, celesti e luminosi, accompagnati da un portamento modesto, ma che allo stesso tempo emanava nobiltà d'animo e forza fisica.
 
"Shinnosuke...", mormorò la signora Nodoka, senza riuscire a trattenere una luce di ammirazione nello sguardo.
 
"'Shinnosuke'? Volete dire che quel generale è in realtà giapponese? Lo conoscete?", le chiese Ranma, guardando quel ragazzo a cavallo, mentre un misto di inquietudine e sospetto si impadronivano impercettibilmente di lui.
 
"Non di persona, no. Ma so chi è. Giapponese di nascita, cinese di adozione... Qualche anno fa ci fu una scaramuccia tra mercanti. Così la chiamarono loro ma comportò seppur per breve tempo un campo di battaglia non troppo lontano da questa città e la perdita di molte vite, figlie del Giappone e della Cina. Shinnosuke, con ancora addosso la divisa giapponese da soldato semplice, fu trovato in fin di vita da un vecchio soldato cinese. L'uomo avrebbe potuto finirlo, ma non lo fece, perchè quel ragazzo aveva appena evitato il massacro delle truppe cinesi manomettendo la polvere da sparo così da impedire all'esplosione programmata di raggiungere l'esercito nemico. Si era opposto in prima persona a un inutile spargimento di sangue, finendo per essere coinvolto. Il vecchio ne curò le ferite. Quando il ragazzo riprese conoscenza, aveva perso la memoria, e non ricordava nulla del suo passato. Gli fu raccontato l'accaduto, e decise di rimanere fedele al suo salvatore e di servire da quel momento l'esercito cinese. Via via si è distinto per onestà e accortezza ed è diventato un onorato generale. Ha avuto un ruolo fondamentale nel gestire i rapporti diplomatici col Giappone... E adesso... Adesso è crollato tutto ciò che aveva costruito in mesi di accordi e trattative... Dovrà soffrire molto, anche se non lo dà a vedere...  Guidare i suoi uomini in una guerra in cui non crede..."
 
"Una guerra...", disse Ranma tra sé e sé sempre più cupo.
 
"Ora capisco il significato della lettera che ci è stata recapitata ieri per Mousse..."
 
"Sarà richiamato alle armi?", chiese Ranma con un filo colpevole di speranza.
 
"E' probabile... Ma non lasciamoci abbattere dai cattivi pensieri! Ogni ragazzo che vive qui è come fosse figlio mio e farò il possibile per aiutarlo!", si risollevò la buona donna, con un sorriso combattivo, rientrando in casa. "E anche tu, Ranma caro, tirati un po' su... Ti ho preparato un infuso corroborante alle erbe! Vedrai che ti torna l'appetito! L'ho lasciato riposare, come vuole la ricetta, ormai sarà pronto. Te la faccio portare da Shan-Pu"
 
"Ma no, posso tranquillamente..."
 
"Non si discute!", lo zittì lei amabilmente, "Finisci di spostare quelle casse e poi prenditi un po' di fresco qui sulla veranda. Oggi è una giornata molto calda, un po' d'aria non potrà farti che bene", concluse rientrando, mentre le ultime fila della milizia di passaggio sparivano al loro sguardo.
 
 
Ranma portò a termine le proprie mansioni e crollò sulla panca in pietra davanti alla locanda.
 
Lo sguardo fisso nel vuoto, per lui era impossibile sentire il venticello leggero scompigliare i suoi capelli o scuotere i rami degli alberi che incorniciavano la piazzetta.
 
Avrebbe solo voluto svegliarsi e scoprire che si trattava tutto di un sogno...
 
Perchè Mousse tardava tanto?
 
Erano passati diversi giorni e ancora di lui nessuna traccia.
 
Il tempo scorre troppo lento e troppo crudele quando attendiamo una risposta che temiamo...
 
"Akane...", sospirò.
 
Ci fu un fruscìo alle sue spalle.
 
Per un attimo scaraventato in un altro dove e un altro quando, interpretò quel fruscìo come una risposta allucinata alle sue preghiere: Akane era lì con lui e quello non era stato che un orribile incubo!
 
Si voltò scioccamente speranzoso e quel che vide fu una nuvola color lavanda ondeggiare verso di lui.
 
Shan Pu.
 
Era solo Shan Pu, che portava un vassoietto su cui era posato un bicchiere di terracotta.
 
Ma certo, le erbe della signora Nodoka, che altro?
 
"Piccola pausa pel Lanma!", ammiccò gioiosamente la cinesina.
 
"Grazie, Shan Pu", tentò di ricambiare il ragazzo mentre afferrava svogliatamente il bicchiere. "Certo che… puzza parecchio questa roba, eh?"
 
"Bele tutto d'un fiato, così si è laccomandata signola!"
 
Troppo stanco per ribattere, Ranma obbedì.
 
Tutto d'un fiato.
 
Una strana luce balenò nella sguardo di Shan Pu.
 
Non perdeva d'occhio la figura di lui, impegnato ad asciugarsi meccanicamente le labbra con un lembo della camicia.
 
Chi avrebbe potuto accorgersi della piccola mano di lei che si insinuava nella taschina del grembiule e stringeva grata una boccetta di vetro scuro ormai vuota?
 
*Ancola qualche istante, e andlà in cilcolo…*
 
Lo teneva d'occhio, lui completamente ignaro di quello a cui stava andando incontro.
 
*Finalmente ho tlovato occasione giusta pel plopinalgli  più potente dei filtli di mia tella: quello che fa peldele se stessi e fa acclescele ogni più piccola emozione...*
 
Era un piano perfetto. L'avrebbe sedotto nuovamente, e questa volta, con l'aiuto del filtro, la mente di lui avrebbe capitolato e il suo corpo… Beh, in fondo era pur sempre un uomo, certo sensibile agli stimoli che una donna sapiente può eccitare… E sì, si sarebbe arreso a lei, almeno nel corpo e nell'istinto, in barba a quella principessa d'oltremare e a tutte quelle fandonie di morale e fedeltà.
 
Era necessaria una sola piccola spinta.
 
L'occasione non si fece attendere.
 
"Grazie", le si rivolse lui, accennando un sorriso amaro eppure sincero, "grazie per tutto quello che state facendo, tu e la signora Nodoka"
 
Continuando a guardarlo, con languidi occhi innocenti, lentamente la ragazzina si chinò verso di lui e sporgendosi un poco, le labbra molto vicine a quelle di lui, sussurrò: "Dovele"
 
E condì il tutto con una carezza che scivolò dal volto al collo, al petto inerme di lui, che deglutì a fatica.
 
Cos'era quell'improvviso sapore amaro che dalla bocca dello stomaco si propagava in lui, annebbiandogli per un istante anche la vista? E perché la testa gli girava tanto?
 
"Cosa mi sta…?"
 
Ma la domanda gli morì in gola, così come il sorriso di vittoria morì sulle labbra di lei, che dovette interrompere la strategia appena iniziata.
 
"Lieto di trovarvi in ozio e in buona salute"
 
Tinta di un lieve sarcasmo, la voce di Mousse annunciò che il cinese aveva appena fatto ritorno.
 
Ranma sollevò a fatica lo sguardo su di lui, alto e sicuro, le braccia conserte mentre era appoggiato a una colonna.
 
Mousse?
 
Mousse!
 
E portava buone notizie…?
 
"Voi… qui?"
 
Non riusciva a formulare un pensiero, una domanda.
 
Solo quegli occhi verdi indecifrabili davanti a lui. L'immagine di Akane troppo lontana per essere afferrata.
 
"M-Mousse… Già di litolno?", balbettò Shan Pu, vedendo andare in fumo i suoi progetti e sprecata la pozione.
 
"Purtroppo, mia cara, purtroppo. Sarei rimasto volentieri qualche altro giorno laggiù, dove la principessa ha tentato poverina di trattenermi, ma mi premeva tornare per onorare la scommessa"
 
"Fuggire piuttosto… fuggire dall'umiliazione della sconfitta", ridacchiò Ranma, tentando di esorcizzare il dubbio dell'ignoto che stava iniziando a divorarlo attimo dopo attimo.
 
Mousse lo guardò divertito. E poi sospirò.
 
Che significato poteva avere quel sospiro?
 
Rassegnazione?
 
Tristezza?
 
Allora forse…?
 
"Fuggire, sì, mio caro Ranma, fuggire dalla bellezza per non esserne intrappolato oltre… Decisamente avevate ragione. La principessa Akane è la più bella donna che io abbia mai incontrato"
 
Al sentir pronunciare il suo nome un brivido caldo gli corse su per la schiena, mordendogli la carne tenera del collo, come un serpente velenoso.
 
"…e la più onesta, ovviamente", tentò di aggiungere Ranma, in una domanda non confessata.
 
Ancora quello sguardo fisso su di lui.
 
Cosa c'era in quello sguardo?
 
Forse una sottile pena per lui…?!
 
Ranma sentì la propria mano tremare impercettibilmente e l'aria farsi spessa.
 
Sbattè alcune volte le palpebre. I contorni delle cose stavano sbiadendo. Desiderava rimetterli a fuoco.
 
Diavolo, faceva davvero molto caldo.
 
In tutta risposta Mousse gli porse una lettera.
 
"Per voi. Da parte di lei"
 
Una lettera? Da Akane?
 
La afferrò con una zampata e la lesse febbrile.
 
Amore… Lontani… Giorni tutti uguali… Dolore…Sto bene…
 
Parole già lette mille volte, che non gli dicevano nulla dell'incontro tra lei e Mousse…
 
Ah, ecco…
 
Questo tuo amico, Mousse… Onesto, nobile…
 
Correva veloce con lo sguardo, in cerca di una prova, un segno.
 
Felice di saperlo accanto a te laggiù in Cina…. Scrivimi… Tua… Akane…
 
Tua…
 
Tua.
 
Era tutto a posto. Stava bene. Pensava a lui.
 
E allora perché qualcosa non gli quadrava? Perché quelle parole per la prima volta gli sembravano vuote? Aveva a che fare con quello sguardo che ancora quel dannato cinese si ostinava a tenere inchiodato su di lui?
 
"Se avete qualcosa da dire ditelo e basta!", gli ringhiò contro Ranma, incapace di trattenersi oltre.
 
Un sorriso triste si dipinse sul volto rilassato di Mousse.
 
"Che cosa, che già non conoscete, nel vostro intimo?", gli lasciò intendere.
 
Shan Pu, appena in disparte, cominciò a intuire il gioco del compatriota. Lo conosceva troppo bene e ne ammirava le mosse, quando si divertiva a giocare al gatto col topo. Benissimo allora, si sarebbe unita al divertimento… In fondo cosa c'era di meglio se non assistere alle emozioni lancinanti di uomo portarlo alla rovina? E - c'era da aggiungerlo? - soprattutto se quell'uomo si era rifiutato di cedere ai suoi begli occhi.
 
Ranma sentì il sangue defluire di colpo dal volto e dalla mente, per andare a infuocare una rabbia crescente.
 
Era come se il cuore pulsasse a una velocità tripla e lui non era in grado di placarlo.
 
"Osate dire che la mia donna mi avrebbe tradito?!"
 
Ormai non riusciva neanche più a simulare di essere calmo.
 
"Voi usate questa crudezza di linguaggio… Ma temo di dovervi dare ragione"
 
Ranma sentì bruciargli le budella.
 
Nella frazione di secondo in cui Shan Pu allargò un leggero sorriso di soddisfazione, il ragazzo si era già scagliato contro il cinese, che con rapida maestrìa bloccò l'attacco capovolgendo immediatamente la situazione.
 
Ranma si trovò a terra, umiliato, sovrastato da un placido Mousse.
 
"Perché questa reazione? Se non ricordo male i termini della scommessa imponevano uno scontro solo nel caso in cui ci fosse stata la calunnia. Ma io vi porto prove certe di quel che vi dico, pertanto un duello non è paradossalmente previsto"
 
"P-prove certe?", Ranma si sentì venir meno.
 
Nello stato confusionale in cui si trovava, la rabbia fece spazio alla paura. Non più al dubbio, ma a una paura lacerante.
 
Shan Pu riusciva a immaginare perfettamente la lotta impari che Ranma stava combattendo dentro di sé in quel momento, per non cedere all'ira e perdere se stesso. E la cosa la deliziava oltre misura.
 
Le parole di Mousse gli cascarono addosso come sassi.
 
Ancora a terra, inerme, Ranma lo ascoltò snocciolare una descrizione minuta della stanza di Akane, che solo chi vi fosse entrato e vi fosse rimasto a lungo, avrebbe potuto fare.
 
Ansimante, con la gola stretta in una invisibile morsa, rimase a terra alcuni secondi, lunghi più del tempo stesso.
 
Ma un barlume di lucidità gli venne in soccorso.
 
“Forse…", tentò di alzarsi, "Avrete di certo sentito qualche serva parlare con ammirazione della sua stanza, perdendosi in dettagli… Le donne lo fanno, a volte senza sapere che sarebbe meglio stare zitte… Sarà stato solo a causa di qualche pettegolezzo, tutto qui! O-oppure Akane vi ha invitato a prendere un tè, lontano da orecchie indiscrete. Non ci sarebbe nulla di male. E sono certo che Ukyo o Ryoga, o entrambi, erano lì con voi"
 
In tutta risposta il cinese gli srotolò di fronte al volto il bracciale rubato alla principessa.
 
Lo stesso che lui le aveva lasciato in pegno.
 
Ranma perse l'equilibrio, crollando nuovamente nella polvere.
 
"I-il magatama di Akane?"
 
"E' stata lei a darmelo", si giustificò Mousse.
 
Ranma deglutì.
 
"Che eleganza nello sfilarselo, il ricordo di quel gesto è impresso nella mia memoria…"
 
Ranma si sentì avvampare.
 
"L'ha sfilato per regalarmelo, dicendomi che un tempo le era caro… Perché? Vi dice qualcosa?", lo pungolò Mousse.
 
"Avrete capito male… L'avrà tolto per darlo a me…", tentò Ranma in extremis.
 
"E ve l'ha scritto nella lettera?"
 
"Oh kami… N-no!…"
 
Si sollevò da terra come una furia, senza riuscire a stare fermo, gli occhi fuori dalla testa, sbuffando come un bufalo stretto in un recinto troppo angusto.
 
"Deve averglielo dato… per forza…", delirava, "Ma… può averlo perso!… E qualche ancella può averlo dato a voi… Certo, è l'unica spiegazione!… No… No! Le ancelle sono tutte oneste, nessuna tradirebbe Akane… Ma… Akane… tradirebbe… me?", con una mano nervosa cominciò a tormentarsi l'anello al dito, "Ma no… no! Questo bracciale non è una prova sufficiente!"
 
Quanta inutile resistenza si ostinava a opporre al potere del filtro, pensò Shan Pu. A quell'ora la sua mente sarebbe già dovuta essere completamente obnubilata da un rancore senza eguali. Soprattutto dopo l'abile intervento del cinese. Sbuffò appena e Mousse fece l'ultima e la più decisiva delle sue mosse.
 
"Siete in cerca di prove ancor più nette? Benissimo. Siete voi che mi costringete ad essere diretto"
 
Ranma si fece nuovamente attento, il respiro fermo in gola.
 
"All'altezza del cuore", iniziò Mousse, "appena sotto il suo seno - che bello è stato stringerlo tra le mani! - ci sono tre minuscole macchioline, orgogliose di trovarsi su quel petto… Le ho baciate e mi saziavano e m'affamavano… Ve le ricordate voi? Come tre gocce di sangue schizzate sul petalo bianco di una rosa"
 
Scandì ogni parola, tingendola di significato e l'effetto fu quello desiderato.
 
Sotto quelle stilettate fu il cuore di lui che scoppiò, impregnando di sangue quel che era rimasto della propria anima. Il filtro di Shan Pu si mescolò alle menzogne di Mousse, gonfiate da dubbio, paura, rabbia e gelosia in una miscela bruciante che si riversò nelle sue vene, avvelenando ogni sua cellula e lasciando che nel suo corpo prendesse forma al suo posto un demone mostruoso assetato di vendetta. 
 
"Lei…! Lei si è concessa a voi!… Tenete! L’anello è vostro! Avete vinto la scommessa…. Prendetelo! Gettatelo alle ortiche se vi fa piacere! Come ha potuto?!… Se l'avessi qui…”
 
Il demone cresceva dentro di lui.
 
“Se l'avessi qui… Io… Io…”
 
Non c’era quasi più traccia di Ranma. Ormai dentro di lui lo spazio era occupato interamente dalla cieca passione.
 
 “Grrr!!! Se l’avessi qui per farla a pezzi!!… "
 
Gridava e piangeva.
 
Si prendeva a pugni da solo e si faceva sanguinare le labbra mordendole folle.
 
"Oh, povero Lanma…! Ma in fondo lei è sola… Tu lontano… Donna può facilmente dimenticale malito quando altlo uomo entra in suo letto… Lanma, calo, pelché non chiedi confelma a qualche amico, lì con lei?", suggerì Shan Pu, porgendogli carta e inchiostro che aveva tirato fuori da chissà dove chissà quando.
 
"Di meglio…! Farò di meglio!!"
 
E accecato dall'ira, con l'ultima parvenza di logica, strappò la carta di mano da Shan Pu e scrisse ad Akane parole che pur nel delirio avevano qualche significato…
 
Prese poi un secondo foglio e senza pensarci vi fissò il proprio dolore, urlando al contempo quelle parole, che se fossero state delle pugnalate avrebbero fatto meno male:
 
Ryoga!
Ho bisogno di te, amico. E della tua fedeltà, visto che quella di mia moglie mi è stata negata per l'eternità.
Adulterio!
Tradito da chi più amavo e che ora più odio! E il tradimento va lavato con la morte.
Agisci tu per me. Per l'amicizia che mi hai giurato.
Il suo sangue sarà la prova della tua lealtà.
Il suo sangue su un fazzoletto come prova.
Non chiedo altro.
Il suo sangue.
Fallo. Fallo per me.
Le ho appena scritto una lettera. Lei non sospetterà nulla. Vedrai che sarà lei stessa a darti l'occasione per compiere la giusta vendetta!
 
Ranma ebbe appena il tempo di sigillare i due fogli, che l'uragano che gli vorticava nella mente e nel corpo, divorandone la coscienza, fu troppo anche per lui.
 
La mente gli franò del tutto, i muscoli si tesero in una convulsione che gli contorse le budella, le vene si irrigidirono, gli occhi gli diventarono bianchi.
 
"AKANEEEEE!!"
 
Un urlo disumano gli squarciò il petto prima di perdere del tutto i sensi.
 
Si sentì precipitare nel vuoto di un burrone senza fondo. Vide allontanarsi ogni suono o immagine di senso compiuto.
 
Finchè non fu solo buio e orrore.
 
 
 
 
Incuranti di quel corpo che rovinava nella polvere, come privo di vita, i due si scambiarono un rapido sguardo.
 
Mousse strinse i denti, si infilò l’anello in tasca ed entrò nella locanda.
 
Da parte sua Shan Pu afferrò le due lettere e senza dire nulla si diresse leggera verso il porto. Avrebbe pensato lei a verificare che partissero con l’ultima nave della sera, per raggiungere il Giappone il prima possibile.
 
Il filtro non aveva sortito l'effetto desiderato, ma aveva comunque fatto alla perfezione il suo dovere.
 
 
 
 
 
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Ciao a tutti!
 
Dopo tempo immemore sono tornata ad aggiornare!
So che quando passa così tanto tempo da un aggiornamento all’altro si perde l’entusiasmo di seguire una storia… Vi capisco perfettamente… Motivo di più per dare una medaglia – immaginaria purtroppo - a chi ancora mi sta dando fiducia e continua a leggerla e a commentarla!

Spero che i discorsi di guerra non vi abbiano annoiato troppo… Purtroppo erano necessari per introdurre ciò che sta per accadere nei prossimi capitoli! Consigli a riguardo sono sempre ben accetti. ;-)
Intanto abbiamo fatto entrare in scena anche Shinnosuke… spero che la cosa risulti gradita, eheh!
Spero di non aver esagerato con questo Ranma indemoniato… Come sapete la mia penna tende alla gravità e all’esagerazione teatrale…XD Ma volevo in qualche modo giustificare la scelta finale, se di scelta si può parlare… Mi rendo conto che qui più che mai l’OOC è definitivo, ma ho tentato il tutto per tutto, giuro! La storia mi porta purtroppo in direzioni estreme…

Basta chiacchiere!

Un grazie infinito a voi tutti, se passando di qui volete lasciare due parole ve ne sarò grata.

Un abbraccio enorme alle mie Ladies, sempre presenti, nonostante le mie assenze, sempre con me, anche oltreoceano! ;-*
 
Inuara
  
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