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Autore: elyxyz    02/03/2009    21 recensioni
Chicago, Illinois – giugno 1917
Le vite di due perfetti sconosciuti s’incrociano per pochi attimi.
Forse è solo una fortuita casualità, forse un bizzarro gioco del Destino.
Benché sia presente un personaggio originale, vi posso assicurare che NON è una Mary Sue.
(Pairing: Edward x Bella)
Seconda Classificata al Contest “Pre–Twilight” indetto da Queen_of_sharingan_91 – EFP Forum
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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antenata

Questa storia si è classificata seconda al concorso indetto da Queen_of_sharingan_91 sul forum di EFP.

L’ingaggio prevedeva che si dovesse “scrivere una storia ambientata prima della saga, prendendo quindi in esame un momento specifico della vita di un qualunque personaggio precedente all’arrivo di Bella a Forks.”

 

 

 

<>O<>O<>O<>

 

 

 

Déjà vu

 

by elyxyz

 

 

 

 

Chicago, Illinois – giugno 1917

 

 

 

Era una bella giornata d’inizio estate. Il sole splendeva alto in cielo, un cielo terso così azzurro da lasciare incantati.

Marie, incapace di staccare lo sguardo, restò col nasino all’insù e gli occhi che quasi le bruciavano per l’ostinazione. Neppure una nuvola a rovinare quel quadro perfetto, ed era tutto merito del forte vento che la sera precedente aveva soffiato su tutta la regione, spazzando via dei minacciosi nuvoloni carichi di pioggia.

 

“Marie? Mi stai ascoltando?”

 

A malincuore deviò lo sguardo e il corso dei propri pensieri, volgendosi alla donna che sedeva accanto a lei sulla morbida coperta scozzese.

 

“Perdonatemi, zia Marge, sareste così gentile da ripetere?”

 

“Benedetta ragazza!” l’apostrofò l’anziana signora, “E’ fonte di riprovevole maleducazione estraniarsi durante una conversazione!”

 

Marie avrebbe voluto ribattere che lei, di conversazioni, non ne sentiva: Lady Margareth, vedova inconsolabile del compianto signor Wellington, stava portando avanti un lungo e noioso monologo da almeno mezz’ora, e francamente a lei non interessava minimamente essere messa a conoscenza degli ultimi succosi pettegolezzi di città.

Le indiscrezioni sulla vita mondana di Chicago non erano una sua priorità, perciò le lasciava la prerogativa dell’intrattenimento e la cura delle relazioni sociali dettate dal loro rango.

La sua era una famiglia benestante, certo, ma non particolarmente in mostra. Non possedevano neppure un goccio di sangue altolocato, perciò - per quanto la riguardava - sua zia poteva benissimo esimersi dallo snocciolarle confidenze da salotto e dicerie affettate.

Del resto, non c’era nessun pretendente all’orizzonte pronto a chiedere la sua mano, perché sin dalla nascita era stata promessa in sposa ad un lontano cugino poco più grande di lei, e niente l’avrebbe sottratta al suo destino.

Suo padre Leonard, uomo inflessibile e austero, taciturno e riservato all’inverosimile, condivideva con la sorella Marge un cipiglio militaresco e il carattere forte, e avevano riversato su di lei tutta la loro attenzione e le loro aspettative.

Da quando Marie era nata prendendosi in cambio la vita di sua madre, avevano programmato la sua esistenza fin nei minimi particolari e il matrimonio con il cugino Randall era il loro fiore all’occhiello.

Ossessionati dal bisogno di preservare il casato, avrebbero salvaguardato il patrimonio paterno, la sua cospicua dote e tramandato il nome di famiglia, che altrimenti sarebbe stato destinato a scomparire con lei, figlia unica ed erede universale.

Marie aveva piegato malvolentieri all’obbedienza il suo temperamento energico, ma fin da piccina aveva deciso di rendere le cose difficili ai quei due. Che le volessero bene era fuor di questione, ma questo non li autorizzava a scegliere per lei ogni cosa, dalla più futile all’essenziale.

 

“Insomma, Marie! Tu non mi stai prestando attenzione!” la sgridò nuovamente la donna, stringendo con evidente nervosismo un fazzolettino di pizzo con le iniziali ricamate.

 

Poverino, pensò tra sé la ragazza mentre osservava il monogramma, una M e una S finemente intrecciate, aveva la sfortuna di appartenerle.

 

“Zia cara,” esordì d’un tratto, risollevandosi da terra e spolverandosi la lunga gonna color pesca, prima che l’altra potesse obiettare. “Avverto la necessità di fare due passi, spero voi mi concediate il vostro benestare.”

 

“Non è confacente che una giovane di buona famiglia passeggi da sola in un prato così grande!” contestò la donna, “E sai bene che il mio piede esige il maggior riposo possibile.” Chiarificò, e poi si addolcì. “Potresti rimandare a dopo? Quando saremo rientrate, potrai passeggiare con una cameriera che, ne sono certa, sarà ben disposta ad accompagnarti.”

 

“Grant Park è un luogo rispettabile, zia Margareth.” Dichiarò, decisa a non mollare. Voleva un attimo di libertà e l’avrebbe ottenuto, a costo di fuggire. “Osservate tutte le famigliole che, come noi, si stanno godendo la frescura sull’erba e l’ombra degli alberi. Scorgo addirittura Lord Raeburn e la sua consorte in lontananza… e, ah!, se la vista non m’inganna, c’è il Reverendo Lennox con la figlioletta minore...”

 

“Dove? Dov’è?!” chiocciò l’altra, punta nel vivo interesse, guardandosi attorno tra gli schiamazzi dei bimbi e l’abbaiare festoso dei cani. Tuttavia non si rialzò, per non dare il cattivo esempio. “Bene, mia cara.” Accordò, malcontenta. “Avrei preferito condividere con te un’altra fetta di questo delizioso dolce,” accarezzò il cestino del picnic, “Tuttavia noto che i miei desideri non coincidono con i tuoi capricci.

 

Marie represse un sorriso soddisfatto, mentre la ringraziava generosamente.

Stava già allontanandosi, prima che la donna potesse ripensarci, quand’ecco, ella la richiamò a sé.

La ragazza represse un moto di stizza e un’espressione colorita che aveva udito dal giardiniere, e che nessuna giovine educata avrebbe mai dovuto conoscere, né tanto meno proferire.

 

“Santi Numi! Indossa il cappello e prendi con te il parasole, per cortesia. La istruì, ed ella obbedì.

 

Nella fretta di congedarsi, infilò i guanti al rovescio e raccolse anche il fazzolettino maltrattato. Casomai sua zia s’intestardisse a esigere persino quello.

 

Una Miss non può andare in alcun luogo senza borsa, cappello, guanti e un fazzoletto immacolato.

Come le preghiere del mattino e della sera, gliel’aveva ripetuto fino alla nausea, fin da che aveva memoria.

Beh... aveva tutto con sé, si disse, anche se il fazzolettino non era esattamente perfetto, ma questo non era dipeso da lei.

 

“Voglio sperare che tu sia di ritorno al più presto.” Le intimò, aspettandosi niente di meno che un “Come volete” e un bacio veloce sulla guancia rugosa, prima di incamminarsi il più lontano e il più celermente possibile senza inciampare. Difatti Marie non possedeva un’andatura fluida e armoniosa, a nulla erano servite le lezioni di portamento e quelle di danza. Sua zia si era disperata invano, per quest’infelice suo difetto.

 

Quando la coperta fu solo un puntolino simile a decine di altri, Marie rallentò, per riprendere fiato e per sciogliere il fiocco che le teneva legato il copricapo sotto al mento. Se lo sfilò, asciugandosi la fronte imperlata di sudore e lo tenne in mano, restia a rimetterselo.

 

Avanzò ancora di poco, osservando un gruppetto di bambini che nutriva le oche dello stagno con dei pezzi di mollica. Sorrise, quando una bimba dalle lunghe trecce bionde le offrì qualche briciola perché anche lei potesse sfamarle, e così fece.

 

Poi si disse che aveva fatto penare a sufficienza sua zia, e che era ora di tornare.

Provava del sincero affetto per lei, ma nulla più. Certo, essendo molto più vecchia di suo padre, poteva capire che crescerla fosse stato un impegno gravoso, ma Marie non si sentiva in debito.

Non era mai stata una madre per lei, si era limitata ad allevarla secondo le proprie intenzioni.

Non aveva rispettato neppure l’ultimo desiderio di sua madre Marie, difatti tutti la chiamavano come lei, non col nome di battesimo che invece aveva scelto, prima di morire, nel caso fosse nata una femmina. Ingoiò un groppo amaro, e inconsciamente rallentò.

No, non le avrebbe fatto male aspettarla sulle spine un altro po’, realizzò.

 

E di colpo la sua attenzione fu attratta da altro. Esclamazioni meravigliate le fecero alzare lo sguardo in cielo, dove un aquilone volava grazie al vento che giocoso lo trasportava: una macchia di sgargianti colori contro una tavolozza turchina.

 

Un ragazzino e un giovane uomo dai capelli bronzei tenevano il filo teso, rincorrendolo a perdifiato.

Li osservò venirle incontro e oltrepassarla scapicollandosi di gran carriera, mentre delle grida festose li incitavano a continuare. E loro correvano, casualmente incalzati verso la sua stessa meta.

 

Irrazionalmente, Marie si chiese cosa avrebbe detto sua zia se l’aquilone le fosse caduto addosso per un bizzarro capriccio della sorte. Le iridi cioccolato s’accesero di ironica allegria: si sarebbe dispiaciuta per il rimbrotto di quegli sfortunati, quantunque sarebbe stata una cosa memorabile!

 

Accelerò il passo per star dietro a loro, così impegnata e incuriosita, da seguirli senza ricordarsi di riposizionare il copricapo come si conveniva.

All’ultimo - prima che sua zia se ne accorgesse - se lo adagiò malamente sui lunghi capelli castani raccolti in una morbida treccia, con le fettucce a penzoloni. E fu un errore.

Una folata di vento particolarmente birichina glielo strappò via, facendolo volteggiare al pari dell’aquilone, i nastri che sbatacchiavano come le code del piccolo uccello di carta variopinta.

Il suo volo da Icaro finì tra i rami di una vecchia quercia ombrosa.

 

Marie si scusò con Dio per i suoi pensieri cattivi di poco prima e borbottò qualcosa sul fatto che, lassù, qualcuno avesse poco senso dell’umorismo. Subito dopo, inorridì al pensiero di cosa avrebbe detto Margareth.

Fu in quel mentre che una voce estranea le promise aiuto: il giovane coi capelli bronzei era lì, davanti a lei, ad offrirle i suoi servigi.

 

N-non è necessario, signore, davvero… la prego, non…” farfugliò lei, ma fu troppo tardi, perché il ragazzo - probabilmente suo coetaneo - s’era già arrotolato le maniche della costosa camicia che indossava e si accingeva alla scalata del grosso fusto.

 

Pur temendo per la sua incolumità, fu difficile per Marie non rimanere meravigliata dalla rapidità con cui il gentile sconosciuto si inerpicava, con gesti esperti e sicuri, fino al ramo incriminato.

Il cappello fu fatto cadere tra le radici nodose, ma lei non distolse gli occhi dal giovane, imbambolata, mentre questi procedeva nella discesa.

 

“Signorina, ecco il suo cappello!” lo raccolse, lo pulì alla bell’e meglio con due colpetti della mano e glielo porse, con un sorriso sghembo così affascinante che le fece aumentare i battiti del cuore.

 

Gra-grazie infinite.” Balbettò, arrossendo.

 

Il sorriso di lui contagiò anche gli splendidi occhi verde smeraldo. “Dovere!”

 

Marie deglutì a vuoto, poi si diede della sciocca. “Le sono debitrice, ma non doveva rischiare per…” gesticolò a vuoto. “Voglio dire… Santo cielo! Non conosco neppure il suo nome!”

 

“Lei ha ragione, signorina. Un’imperdonabile mancanza da parte mia.” Si sporse, con l’intento di fare un inchino. “Edward Anthony Masen, al suo servizio.”

 

“Miss-” s’interruppe. “Ma lei ha una ferita sul braccio!”

 

“E’ solo una sciocchezza, davvero. Mi sarò graffiato con un ramo.”

 

Lei non sentì storie, mentre a malincuore estraeva dalla borsetta l’unico fazzoletto a disposizione e si vergognò. Per una volta, capì cosa intendesse sua zia. “E’ malconcio ma pulito, mi creda.”

 

Mister Masen rifiutò garbatamente, indietreggiando. “Non è il caso che glielo rovini!”

 

“Oh, suvvia! Lei è stato così gentile che…” avanzò di un passo e incespicò, mettendo il piede in fallo in una zolla di terra smossa.

 

Edward la afferrò per i fianchi sottili, affinché non cadesse; e la strinse a sé, sentendo contro le dita le stecche del corsetto.

 

Mortificata, lei mise nuovamente una distanza accettabile tra loro, e lo ringraziò per l’ennesima volta. Poi, colta da un pensiero improvviso, gemette, raccolse un po’ la gonna - anche se andava contro ogni pudore o buonsenso - e, quasi inciampando, s’allontanò trafelata brontolando qualcosa su una zia arrabbiata e una sgridata imminente.

 

Si volse verso di lui un’unica volta, salutandolo in modo poco confacente, sventolando un braccio in ampi gesti.

Lui aprì la mano per ricambiare, svelando il fazzoletto ricamato col monogramma.

Sorrise. Che ragazza strana!

…se n’era andata, e non aveva saputo neppure il suo nome.

 

Michael lo richiamò, a cinquanta passi da lui, mimando il gesto di far ripartire l’aquilone. Egli gridò di aspettarlo e corse nella sua direzione, opposta a quella dov’era sparita la sconosciuta, e si dimenticò di lei.

 

“Isabella Marie Swan!” sibilò zia Marge - e lei non la chiamava mai col suo nome completo -, “Potresti essere così cortese da dirmi, di grazia, dove ti eri cacciata?!” quando la nipote fu abbastanza vicina da farle una ramanzina senza destare l’interesse dei vicini, nulla la trattenne più.

Pretese un resoconto dettagliato, che ovviamente non coincideva assolutamente con la realtà, anche perché… Marie già lo sapeva…

“Quando rincaseremo, ti aspetterà una bella punizione, signorinella! Come osi farmi prendere certi spaventi?! Alla mia età!”

 

Eppure Marie non la ascoltava già più, non riusciva a togliersi dalla mente il viso di quel giovane e il suo sorriso, così particolare, e si chiese se l’avrebbe mai rivisto…

 

Forse no, poiché di lì a qualche mese si sarebbe trasferita nello stato di Washington, su al Nord, dove suo cugino, e futuro marito, dirigeva col padre un’imponente impresa nel commercio di legname, in un posto dimenticato da Dio, dove pioveva ogni santo giorno.

Alzò lo sguardo un’ultima volta, sentendo già la mancanza di un cielo così blu.

 

 

*****

 

 

Un giorno, in un futuro lontano, Edward Masen Cullen avrebbe confessato alla sua fidanzata una cosa che teneva per sé fin dal primo momento in cui l’aveva scorta.

 

“Sai cos’è un déjà vu, Bella? A volte, ho il sospetto… ho come il presentimento di averti già vista altrove…

 

Ma quel momento sarebbe giunto solo molto, molto tempo dopo.

 

 

 

Fine

 

 

 

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note varie: Il titolo della ficDéjà vu” si rifà all’omonimo concetto studiato in Psicologia, secondo il quale “è la sensazione di aver vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando.” Una spiegazione più completa, tratta da Wikipedia, qui:

http://it.wikipedia.org/wiki/D%C3%A9j%C3%A0_vu

 

- Essendo la storia ambientata nel 1917, conformandomi all’usanza del tempo, ho usato i seguenti registri verbali:

IlVoi’à linguaggio di rispetto, ma per i parenti.

IlLei’ à è formale, si usa con gli sconosciuti.

IlTu’ à è informale.

 

- Il luogo è il parco cittadino di Chicago, Lake Park è il nome originale del 1910, poi divenuto Grant Park.

 

- Una curiosità: in passato, dal 1.500 fino alla Prima Guerra Mondiale, il fazzoletto di stoffa ha avuto una notevole importanza nelle relazioni sociali delle nobildonne, da semplice vezzo a indice di status (in base al numero e alla qualità dei ricami, dei merletti e della stoffa pregiata utilizzata).

Basti pensare che, nel corso dell’Ottocento, donarne uno - ricamato con le proprie iniziali - ad un uomo, significava offrire pegno d’eterno amore.

 

- Io adoro da morire quelle cose che sanno di predestinazione, questo concetto di ‘Disegno Superiore/Destino/Fato’: Edward che, senza mai saperlo, ha aiutato la bisnonna di Bella *___*

Le ho dato molto spazio perché è come se raccontassi delle origini di Bella stessa, in un certo qual modo. Isabella ha ereditato il nome e un pezzetto di quella sua antenata.

Ho volutamente evitato di parlare della guerra imminente o dell’epidemia della Spagnola che - di lì a poco - avrebbe per sempre cambiato l’esistenza di Edward, perché la mia storia è solo il racconto di un pomeriggio spensierato come tanti altri.

 

 

 

 

 

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Seconda Classificata al Contest “Pre-Twilight” – EFP Forum

 

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8208696&p=1

 

 

 

Bene!, detto questo…

Ringrazio il giudice per il suo lavoro e quanti leggeranno la fic, mi congratulo con le altre partecipanti e le altre podiste.

 

Un pensiero riconoscente alla gentilezza di chi ha commentato il mio ultimo capitolo della raccolta “Life”.

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)


elyxyz

   
 
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