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Autore: Duncneyforever    02/12/2015    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Apro gli occhi dopo qualche minuto, perché di dormire non ne voglio sapere. In verità vorrei chiudere la porta a chiave, ma nella serratura non era inserita e nemmeno mi pare di averla vista altrove. Non mi fido di lui, stanotte non so nemmeno se riuscirò a chiudere occhio, sapendolo nell’altra stanza. Sarò anche una ragazzina, ma non sono ingenua... 

C’è qualcosa sotto. 

Giro in tondo, soffermandomi davanti al vetro: un giardino curato, due presunti giardinieri intenti a potare le aiuole e filari di rose multicolore, che poco si addicono alla personalità del rosso. 

Una bella gabbia, ma pur sempre una gabbia. 

Se Friederick mi avesse concesso questa camera, avrei interpretato il gesto come un atto di gentilezza, ma Schneider non è gentile, né tantomeno compassionevole.

Non capisco come mai scalpitasse tanto per ricevermi in casa sua. Lo scoprirò a mie spese... ho questa impressione. 

- Entro domani ragazzina! - Sbraita d'un tratto l'ufficiale, picchiando sulla porta. 

 - Avevate detto un'ora! - 

Cerco di affrettarmi, sbuffando come un montone inferocito. 

- Schnell! - 

- Aspettate un attim... - Appena metto un piede fuori dalla stanza, ritrovo la mia valigia. Sono in ritardo, ma voglio comunque assicurarmi che ci sia tutto. 

La trascino dentro la stanza, spalancandola e mettendomi a frugare tra i vestiti. 

Il mio cellulare! Ma come mi è saltato in mente di portarmelo appresso! Con tanto di cuffie e caricatore, poi! 

Chiudo velocemente la porta, sedendomici a ridosso per ostacolare l’eventuale passaggio del rosso. Due cose, in particolare, mi disturbano: la prima, è che questo è il mio telefono, ma non il mio attuale telefono, bensì il modello vecchio, quello che mi era stato regalato nel... Duemilaquindici. 

Già, duemilaquindici. La schermata, per di più, mi riporta una data che è diversa da quella in cui mi ero ritrovata il giorno in cui ho incontrato Friederick. Era estate, mentre qui mi dice che è inverno.  

Com'è possibile tutto questo? Sono passati solamente pochi giorni, dopotutto.

Se già prima ero convinta che qualcosa non andasse, ora ne sono sicura. 

Dovrei avere quattordici anni, ma ho l’impressione di esser tornata indietro nel tempo ben prima di esser stata teletrasportata qui. 
Sto ringraziando mentalmente il mio viso d’eterna bambina, che mi ha sempre permesso di apparire più giovane di quanto fossi in realtà. 

Sono ancora molto confusa e vorrei riuscire a capire, ma sfortunatamente non ne ho il tempo, quindi afferro repentinamente il telefono e lo ripongo di nuovo in valigia, prima di uscire dalla camera.

- Subito significa nell'immediato, te lo hanno mai detto? Eppure sto parlando la tua lingua... - Mi rimprovera il rosso, alzando gli occhi al cielo. 

- Chiedo umilmente perdono, signore. Prometto che non accadrà più. - Figuriamoci se sono seria! Non direi mai e poi mai nulla del genere, neanche sotto tortura. 

- Potrei punirti per ciò che hai detto. - 

- Volete uccidermi per caso? Per una battuta? - Ridacchio, incupendomi un poco al pensiero d’aver esagerato e di essermi messa in pericolo. 

- Non ho detto questo. - Mi informa, accennando una risata alquanto sinistra. 

- D-dove dobbiamo andare? - Chiedo, ancora un po' scossa dall'ultima affermazione. 

- Seguimi. - 

Dopo aver ripreso un po' della sua iniziale compostezza, mi fa strada verso il portone d’ingresso, ostentando una calma irreale. 

Tutta apparenza. 

" Sono certa che non perderà occasione per rimbeccarmelo " mi dico, fra me e me.

Cosa sta facendo? No... non ci credo. 

Mi sta... aprendo la portiera? Quella anteriore? 

Osservo sconcertata l'auto parcheggiata sul vialetto, lo sportello, la sua mano, il suo viso... 

-  Fate sul serio? -

- Mi credevi una specie di selvaggio incivile? - Mi domanda, divertito. - Sei pur sempre una signorina, no? - 

- Non me lo aspettavo da voi. - Faccio sapere, a braccia incrociate, per poi accomodarmi sul sedile morbido. 

Prende posto lui stesso al volante. 

Strano, decisamente strano.

- Non avete un autista? - Data la sua estrazione sociale, non mi sarei stupita se avessi visto un’altra persona alla guida. Sono più sorpresa della sua assenza. 

- Non più. -

- Ed ora dov'è quell'uomo? - 

- All'inferno. - Tremo al pensiero di cosa possa essergli successo, anzi, di cosa Schneider possa avergli fatto. Sbaglio, o il rosso sembra felice di essersene sbarazzato? 

- Non era tedesco. - Afferma, come se mi avesse letto nel pensiero. 

- Non vorrete mica farmi credere, che il vostro autista era ebreo... -

-  Ein schmutziger Jude che appoggia le sue putride mani sul mio volante? Avrei dovuto bruciarlo, a quel punto. Hai decisamente troppa fantasia, ragazzina... Si addice alla tua giovane età. - Afferma, scombinandomi i capelli. - Era un polacco, solamente un ottuso manovale. Non ha importanza, comunque sia. -

- Un uomo con un nome ed una dignità, una persona esattamente come voi. - Lo contraddico, impastando la mia voce di tristezza e rabbia. 

Dannato nazista, si vanta persino di aver ucciso una persona! come se ci fosse qualcosa di onorevole in questo, come se quel pezzo di ferro che ha allacciato al collo testimoniasse il suo valore. 

- Ha sbagliato ed ha pagato per il suo errore. Era un peso, un peso per me, per il campo, per la Germania e per il mondo intero. La sua esistenza non aveva alcuna rilevanza, esattamente come la vita dei parassiti giudei... non ha alcun valore. - 

Vi è un tale odio nei suoi occhi... Stento a credere che possa essere reale, poiché è senza fondamento. 

- La vita umana non ha prezzo. - Sibilo, serrando la mandibola e facendola scricchiolare per la forte pressione. 

Mi è stata impartita un’educazione molto diversa dalla sua, che predica uguaglianza e non odio reciproco tra i popoli. Alcune persone sono fermamente convinte del contrario, ossia che la mescolanza di etnie diverse possa " insozzare " il sangue di quella ritenuta " superiore ", favorendo la procreazione una stirpe degenerata. Ridevo per tanta bassezza, quando mi capitava di leggere estratti che riportavano le loro folli teorie, ma ora che Schneider me ne parla, non lo trovo più tanto divertente.

- Du wirst fallen, meine kleine Sternschnuppe. / Crollerai, mia piccola stella cadente. - Le sue labbra s’increspano in un ghigno sardonico, lasciandomi solo presupporre cosa intenda. 

 

La chiave, devo cercare quella maledettissima chiave. 

 

 

 

 

 

 

Note: 

* schmutzig = sporco 

 

 

 

  
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