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Autore: Puzzola_Rossa    05/12/2015    1 recensioni
La pioggia di cenere lo chiamiamo, il grande cataclisma che si è abbattuto sulla terra, cancellando tutto ciò che un tempo era, portandosi via intere popolazioni, culture, razze ed etnie differenti, che ora non ci sono più.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Ceres


Nessuno ricorda il momento della propria nascita, quando, per la prima volta, si viene stretti tra le braccia della propria madre, commossa perché il grande sforzo compiuto è servito a qualcosa, qualcosa di tanto meraviglioso, dare la vita ad un nuovo essere; io, invece, di quel giorno mi ricordo ogni istante.
La mia è stata decisamente diversa dall’ordinaria nascita di un bambino, proprio perché io non lo ero.
Quando aprii gli occhi mi ritrovai in una stanza illuminata da tante luci bianche artificiali, le quali, a primo impatto, mi impedivano di vedere con chiarezza ciò che avevo intorno.
Non capivo cosa stesse succedendo, non riuscivo a trovare una spiegazione plausibile a come fossi capace di pensare conoscendo ogni parola, ogni cosa presente in quella stanza.
Avevo la sensazione di essere onnisciente, tranne per quanto riguardasse  la donna dai capelli biondi che mi guardava dall’altro lato della stanza, con uno sguardo fisso ed un sorriso di soddisfazione.

Finalmente.- fu la prima parola che mi rivolse. Una voce limpida, suadente, quasi ipnotizzante. Non avevo idea di chi fosse, di cosa ci facesse lì in quel luogo, mentre, camminando lentamente, quasi circospetta, come se pensasse che in qualche modo mi potessi avventare su di lei, si avvicinò a me.
Rimasi in silenzio, sedendomi composta su quello che avevo riconosciuto essere un lettino da studio medico, ed aspettai, aspettai che fosse lei a rivolgermi nuovamente la parola.
Si sedette vicino a me, con aria compiaciuta, guardandomi come se fossi uno spettacolo di rara bellezza.
Finalmente ce l’ho fatta.- disse con un tremolio nella voce, ma trionfante. Mi sfiorò una guancia. Il contatto con le sue dita mi provocò un sussulto, un brivido lungo la schiena.

Ormai stanca della confusione nella mia testa, cercai di parlarle, di porle una domanda.

- Chi sei? Anzi, chi sono io?- solo col tempo avrei capito che quella domanda mi avrebbe tormentato per  tanto tempo ancora.
Sei impaziente, ma tutto ti sarà spiegato a tempo debito.-
Si, volevo sapere. Ma più di ogni altra cosa capire, capire ciò che stava accadendo.
Il tuo nome è Ceres e io sono colei che ti ha messo al mondo.- mi disse, guardandomi di sottecchi, cercando di cogliere una mia qualche reazione o emozione.
Anche se ti ho creata, tu non sei assolutamente come me. Sei diversa, speciale. Una meravigliosa creatura perfetta.- pronunciò le ultime parole con voce sognante, e gli occhi colmi di gioia e aspettative.

Subito dopo si alzò, invitandomi a fare lo stesso, accompagnandomi davanti a uno specchio; e per la prima volta vidi il mio volto, il mio corpo, vidi ciò che ero.
Dei corti capelli rossi mi coprivano il capo, occhi azzurri, sembravano liquidi, come se potessero diventare acqua da un momento all’altro, la mia pelle era così bianca, che sotto la luce dei neon sembrava quasi risplendere. Avvicinai la mano allo specchio, guardai la  donna che mi era accanto e poi mi osservai nuovamente. Aveva  ragione, non ero come lei, delle linee mi attraversavano gli occhi, il collo e quando guardai il resto del mio corpo, mi resi conto che si delineavano anche lungo le braccia e le gambe.
Fu allora che la donna riprese a parlare, intuendo che iniziavo a comprendere la mia vera natura.

Vieni con me, ti racconterò la tua storia e ciò che sei.- mi disse, poggiandomi una mano  sulla spalla, e portandomi in un’altra stanza.
Ciò, non aveva usato la parola Chi, ma Ciò. Una parola che mi avrebbe perseguitato e mi avrebbe condotto ad una follia senza fine.
 
La donna  mi diede una vestaglia per coprire la mia nudità, il verde smeraldo faceva risaltare il pallore del mio incarnato, ero ammaliata da me stessa, e avevo timore che lei se ne accorgesse e che pensasse che ero una creatura vanitosa non più degna della sua ammirazione e di quello sguardo che aveva rivolto quando mi aveva toccato la prima volta.
Mi condusse fuori quello studio, dove avrei preferito non tornare mai più.
Salii una lunga scalinata in marmo fino a giungere in un enorme salone, le cui mura non erano tali, al loro posto vi erano innumerevoli vetrate che affacciavano all'esterno della casa, grazie alle quali, per la prima volta, vidi il mondo, la bellezza sconfinata del mondo.
Mi avvicinai alla prima  vetrata, ignorando completamente le parole della donna che fino a quel momento era stato il mio punto fermo, poggiando una mano sul vetro e rimanendo immobile ad osservare il cielo.

Ceres! Sto parlando con te! - mi richiamò alla realtà, con tono stizzito e occhi di rimprovero, nonché di sorpresa, come se non si aspettasse che avrei potuto ignorarla in quella maniera.
Oh lasciala stare Meredith, si affaccia alla vita per la prima volta, è normale che sia curiosa e disorientata. - disse qualcuno, dall’altra parte della stanza, ridacchiando.
Era un uomo sulla sessantina, capelli grigi, occhiali tondi, un viso scarno e con non poche rughe. Mi sorrideva e mi guardava con dolcezza, come si fa con i bambini. Non sapevo cosa pensare. Ma volevo sapere chi fosse. Prima ancora che potessi muovermi in sua direzione Meredith prese la parola.
Signor Lancaster sa bene che non tollero disubbidienze, non le ho dato alcun permesso di andare dove vuole, ne tantomeno di potermi ignorare quando parlo.- disse tutto d’un fiato, rivolgendomi uno sguardo truce. Fu allora che capii di aver perso ogni qualsivoglia tipo di attrattiva per lei, ero già diventata qualcosa di rotto, un fallimento.
Beh tornerò immediatamente a mettermi a lavoro, devo raggiungere la perfezione. Suppongo lei possa fare gli onori di casa. - si rivolese nuovamente all’uomo, voltando le spalle e tornando nel luogo della sua nascita.
Avvicinati cara.- mi rivolse la parola con dolcezza, come se avesse paura che da un momento all’altro mi sarei potuta rompere, non capendo che qualcosa in me si era già rotto, all’altezza del petto sentivo come una morsa, come se qualcuno avesse preso qualcosa e lo avesse stritolato.
Feci come mi era stato chiesto, temendo di poter scatenare  nuovamente disappunto e rabbia. Mi avvicinai velocemente, a passo marziale, mi posi dinanzi a lui e rimasi immobile ad aspettare un altro ordine.
Non sono il tuo padrone, non mi devi ubbidire se non vuoi. Meredith è.. diciamo che non è cattiva, ma non è in grado di comportarsi, come avrai potuto notare. Ma ci tengo a precisare che non sei una mia proprietà, ti voglio considerare piuttosto.. una nipote, ecco. Se vorrai potrai stare sotto la mia protezione, potrò prendermi cura di te, spiegarti le cose che non sai, rispondere, al limite delle mie conoscenze, a tutte le domande che mi porrai; o se vorrai, potrai andare via, vedere il mondo e vivere la tua vita come vorrai. Cosa decidi di fare? Hai il totale libero arbitrio. - mi disse.

Ero sorpresa, allibita, quest’uomo era totalmente diverso da Meredith. Agiva diversamente e mi guardava diversamente. Meredith guardava la sua creazione, il signor Lancaster guardava una donna.
Chi sono? Dove mi trovo?Lei chi è? E Meredith?- chiesi tutto d’un fiato. La mia risposta era stata abbastanza chiara, volevo rimanere lì ed imparare, sapere tutto ciò che non sapevo, e magari riconquistare la fiducia e l’apprezzamento della donna che mi aveva dato la vita.
Ehi ehi quante domande in una volta!- esclamò,ridendo, provocandomi un leggero imbarazzo, - Da dove posso cominciare.. vediamo.. Lasciamo la domanda più importante alla  fine. Io sono il signor Lancaster, ma puoi chiamarmi anche Seamus, sono il proprietario di questa immensa casa, nonché dei laboratori sottostanti. Meredith è un’alchimista, una donna che si occupa di genetica e in particolar modo della tua razza. Gli Homunculus. Cerca di creare l’Homunculus perfetto. Mi chiedo sempre quale sia il suo parametro di perfezione, perché credo che con te e Joshua lo abbia già raggiunto. Su chi sia Joshua ne parleremo poi. Penso tu voglia sapere chi tu sia. Bhe che dire, oltre ad essere bellissima, e a parer mio una creatura meravigliosa, come già ho accennato sei un homunculus, un essere fatto per metà umano e metà macchina. Tu in particolar modo sei fatta di titanio, un materiale resistente all’acqua, Meredith è molto scrupolosa su questo. Sei completamente una macchina, se non fosse per due importanti organi al tuo interno. Come potrai notare, poggiando la tua mano sul petto, sentirai dei battiti, è il tuo cuore, il cuore di un essere umano, e precisamente della mia defunta figlia. Abbiamo provato a salvarla ma non vi è stato rimedio, Meredith ha quindi avuto l’idea di metterlo dentro di te. Infatti, inizialmente il tuo unico organo doveva essere il cervello.
Ti sarai sicuramente chiesta come fai a conoscere molte cose, nonostante sia appena nata, e come riesci ad avere pensieri tuoi, come tu possa fantasticare sul mondo là fuori.
Il tuo emisfero sinistro è parte del cervello di un importante studioso, nonché ingegnere e matematico, il tuo emisfero destro è invece quello di un artista. Meredith ha voluto renderti capace di poter eccellere in qualsiasi materia, mentre per l’addestramento fisico, nonché alla battaglia ti addestrerà Joshua, che è stato creato proprio per svolgere la mansione di guerriero.- prese un lungo sospiro e cessò di parlare, aspettando che fossi io ad aprir bocca, che dicessi qualcosa, probabilmente qualsiasi cosa.

Credo pensasse di avermi chiarito tutto, invece ero ancora più confusa di prima. Cosa ero? Una macchina o un essere umano? E chi era Joshua? Forse lui avrebbe potuto aiutarmi, era come me, avrebbe sicuramente capito, mi avrebbe sicuramente dato una risposta.

Chi è Joshua?- fu l’unica cosa che chiesi, perché sapevo, capivo, qualcosa dentro di me lo stava urlando forte e chiaro, Seamus, per quanto potesse essere gentile, buono e una brava persona, non avrebbe mai potuto capire cosa sentivo, provavo e che non avevo bisogno di sentirmi dire ciò che agognavo, ma la sola e pura verità.
Penso che dovresti chiederlo a lui, è qui fuori la villa, ad allenarsi, parla con lui, potrebbe essere più istruttivo che parlarne con me. - mi disse, guardandomi di sottecchi, come se mi avesse letto nella mente. Cosa che mi mise terribilmente a disagio, ma feci come mi disse, scacciando quella sensazione, e voltandomi ogni tanto verso quello strano uomo mentre mi allontanavo verso il giardino.

Quando uscii fuori respirai a pieni polmoni, nonostante non ne avessi, e non avessi necessità di respirare, ma era la prima cosa che avevo desiderato non appena avevo guardato il cielo. Davanti a me si stagliava un giardino poco curato, o più che malmesso era inesistente, vi era ghiaia, pietra, non un filo di erba o qualsiasi cosa che potesse parere un vegetale; sembrava più un campo di addestramento. Non appena formulai quel pensiero mi si parò davanti un uomo. Era più alto di me, circa 2 metri, e qualcosa di più. I capelli castani, di media lunghezza portati in alto, come se fosse una cresta, ma non aveva nulla per tenerli su, era la loro normale posizione. Aveva gli occhi neri, penetranti. Capii subito chi era, era come me, era Joshua.
Mi tornarono in mente le parole di Lancaster, “Vuole raggiungere la perfezione, ma ritengo che con te e Joshua ci sia già  riuscita”, non vi era nulla di più vero. Joshua le sembrava perfetto, se non fosse per le sue braccia, nere, totalmente meccaniche, come le sue, ma non coperte dalla pelle. Probabilmente lei ne sarebbe stata turbata, ma a lui sembravano piacere così, come se far vedere ciò che era lo riempisse di orgoglio.

Chi sei?- fui la prima a parlare, nonostante sapessi chi fosse, volevo che si presentasse, volevo rendere quella prima esperienza il più umana possibile.
Un’unità d’assalto creata per combattere per coloro che  la pagano.- disse con tono serio, forse solo io sarei stata in grado di percepire quell’incrinazione nella sua voce.
Non ti ho chiesto per cosa sei stato messo al mondo, ma chi sei tu. – insistetti, insoddisfatta di quella risposta.
Un’unità d’assalto creata per combattere per coloro che  la pagano.- ripeté nuovamente.
- Oh per diamine!- esclamai, dandogli uno spintone, mi stava prendendo in giro? Quella non era una risposta, non era ciò che  voleva dirmi realmente, non era ciò che volevo udire. Iniziai a prenderlo a pugni, che prontamente riusciva a parare, e sfogai con lui tutte le frustrazioni che ero riuscita ad accumulare in 3 ore di vita. Avevo il terrore di sapere come sarebbe stato il resto della mia esistenza.
- Non sei un’unità di assalto. Sei  Joshua! E sei splendido! I tuoi capelli sembrano rame al sole! E sei bravo a combattere mi hanno detto.. e .. e .. e sei come ME! Sei un Homunculus! Siamo una razza speciale! NOI siamo speciali, siamo creature perfette! Siamo immortali! Non sei una COSA! IO NON SONO UNA COSA! Siamo vivi! Siamo su questo mondo! Ed è la nostra vita! Non di chi ti paga! OK? Tua è solo e unicamente TUA!- gli urlai addosso quel fiume di parole, sentendo il cuore battere sempre più forte, il mio cervello cercava altre parole, qualcos’altro da dire, qualcosa che potesse fargli capire che eravamo vivi, quando sentii dell’acqua scorrere sul mio viso. Rimasi immobile, senza parole, quelle che stavano scendendo sulle mie guance erano lacrime. Joshua mi guardava allibito, finalmente qualcosa aveva scalfito quella corazza impenetrabile, e non erano state le mie parole, erano state le mie lacrime. Mi si avvicinò con fare incerto, e con un dito raccolse una goccia prima che potesse scivolare giù dal mio volto.
La osservò, poi guardò me, e finalmente mi rivolse nuovamente la parola.
Ce l’ha fatta. Sei veramente tu quella perfetta. – disse con voce roca, in silenzio come se le sue parole potessero distruggere ogni cosa.
Non per lei. Sono disubbidiente. Per Meredith non sono perfetta. Ma per me si! E lo sei anche tu! E anche per il signor Lancaster. Ha detto che io e te siamo perfetti. – dissi con un po’ di rammarico, odiavo essere stata una delusione per colei che mi aveva messa al mondo, ma ero felice che Seamus mi apprezzasse, e ancor di più che ci fosse Joshua, non sapevo niente di lui, ma sapevo che avremmo potuto aiutarci.

Vieni con me. – mi prese da un braccio e mi condusse lontano dal giardino, dalla vetrata, lontano dalla casa. Mi portò in un boschetto che affacciava direttamente sulla villa. Non era un bosco come quelli che potevi immaginare in un libro di favole, era piuttosto mal ridotto, i tronchi erano vecchi, e le uniche foglie erano su quegli alberi chiamati Sempreverdi.
Non dire più quello che hai detto poco fa. E prima che tu possa  fare un’altra sfuriata, non è perché non lo pensi anche io, o perché non sia vero, ma perché l’unico a credere che siamo esseri viventi come gli altri è Seamus. Ripeto: L’UNICO. Se ti avesse sentito Meredith saresti già stata distrutta. – mi disse con rimprovero, ma con tanta gentilezza, una gentilezza che mi spiazzò totalmente.
Ci ha creati, perché mai dovrebbe volerci distruggere? – gli chiesi, conoscendo in parte la risposta.
- Meredith ci ha creati è vero.  E nella sua mente ritiene che come ci ha dato alla luce può spegnerci definitivamente. L’unico motivo per il quale io sono qui, è Seamus, e ora lo è anche il tuo. Meredith ci crede dei  fallimenti. I fallimenti devono essere distrutti. Non hai idea di quanti di noi ce ne sono stati prima di noi, e quanti se ne siano andati manco un’ora dopo aver visto la luce di quei neon, se non la soddisfavano. Siamo stati fortunati come pochi, perché una volta che ci porta su, Seamus è la nostra unica garanzia di sopravvivenza. E credimi, non so ancora quanto durerà. Gli umani non sono nati per vivere a lungo.  E quando lui morirà potrebbe essere il nostro ultimo giorno su questo pianeta. – concluse, facendo un cenno, e assicurandosi che avessi capito ciò che mi aveva detto. In presenza di Meredith dovevo essere una semplice macchina, nulla di più.
  
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