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Autore: Bloodred Ridin Hood    10/12/2015    1 recensioni
Commedia sperimentale sulle vicende di vita quotidiana della famiglia più disfunzionale della saga.
Immaginate la vita di tutti i giorni della famiglia Mishima in un universo parallelo in cui i suoi membri, pur non andando esattamente d’accordo, non cerchino di mandarsi all'altro mondo gli uni con gli altri.
[AU in contesto realistico] [POV alternato]
[Slow-burn XiaoJin, LarsxAlisa] [KazuyaxJun] [Accenni di altre ship]
[COMPLETA]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Jin Kazama, Jun Kazama, Lars Alexandersson
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8
Living Room Fights and Strawberry Milkshake

(Lars)


Le prime luci del mattino filtrano timide attraverso le tende, accompagnandomi in quell’attività solitaria.
È domenica mattina, la prima domenica da quando sono qui. Sono in Giappone da quasi una settimana, ma non ho ancora smaltito del tutto il jet-lag. Il mio ritmo sonno-veglia è ancora talmente sfasato e mi ritrovo adesso, di primo mattino, ad essere in piedi già da un paio d’ore.
Ne ho approfittato per mettere a posto un bel po’ di materiale che mi sono fatto spedire da Stoccolma. Per la maggior parte sono libri pesanti e polverosi che, dato che dovrò stare qui per un bel po’, ci tengo ad avere con me. La mia stanza sembra meno vuota e decisamente più accogliente ora che la libreria è quasi piena. È stato un lungo lavoro, che mi ha tenuto occupato per diversi minuti, ma almeno ho trovato un buon modo per impiegare il mio tempo.
Prendo l’ultimo libro rimasto sul fondo dello scatolone. È un vecchio tomo di chimica organica, uno dei corsi che più mi hanno fatto sudare all’università. È un librone pesante dalle pagine ingiallite pieno di orribili formule, ma a cui devo decisamente tanto.
Osservo gli scaffali, pensando a dove posizionarlo e come sollevo il libro per sistemarlo sul piano più alto, qualcosa scivola dalle pagine e finisce a terra.
È una vecchia fotografia. Metto il libro al suo nuovo posto e incuriosito mi inchino per prendere la foto e studiarla meglio.
Cambridge, 25 giugno di qualche anno fa. Il giorno della mia laurea.
Lo scatto ritrae me e alcuni miei compagni di corso qualche ora dopo la cerimonia. Avevamo deciso di andare a bere qualcosa in un pub per festeggiare. Una serata decisamente indimenticabile.
Non sono passati nemmeno cinque anni, eppure quella foto mi sembra vecchia di almeno un secolo. Era ben prima di iniziare l’addestramento militare, prima di ricevere quella telefonata dalla Svezia, prima di scoprire la verità sul mio conto.
Mi siedo sul letto e poi mi sdraio sulle coperte, ancora osservando la fotografia.
Mi concentro sul mio viso, è il volto di un ragazzino con lo sguardo di chi è entusiasta di affrontare la vita, di chi crede di avere le carte nelle proprie mani.
Ingenuo.
Mi chiedo quanto sarebbe diversa la mia vita oggi se quel giorno mia madre avesse deciso di non telefonarmi. Forse sarei più felice. Forse non mi troverei qui in questo momento.
Apro il cassetto e ci infilo la fotografia, non voglio più vederla per oggi.
Mi alzo ed esco dalla mia stanza.
C’è un silenzio e una serenità così atipica tra quelle mura, una stupenda tranquillità che devo godermi il più possibile.
Percorro il corridoio e arrivo al bagno che condivido con Jin.
Prima che io e Alisa arrivassimo a casa, Jin e Asuka avevano entrambi un bagno personale. Ora Asuka lo divide con Alisa e Jin con me. Inutile dire che, mentre le ragazze sembrano essersi adattate molto bene alla nuova sistemazione, Jin non si è mostrato affatto contento di questa mia intrusione nei suoi spazi personali e ovviamente non si è impegnato per non farmelo notare.
Jun descrive suo figlio come un ragazzo difficile. Non so quanto questa definizione sia adeguata, ma di certo Jin non si presenta come una persona piacevole e la cosa non sembra importargli minimamente.
Entro in bagno e mi posiziono davanti al lavandino.
Osservo il mio riflesso nello specchio. Il mio volto è più pallido del solito e gli occhi sono segnati da due pesanti occhiaie. Lo stress e la privazione di sonno mi sta facendo decisamente male.
Mi passo una mano fra i capelli. Sono ancora umidi nonostante abbia fatto la doccia più di un’ora fa.
Mi volto verso la cabina doccia alla mia sinistra e osservo la bottiglietta azzurra di shampoo su uno dei ripiani e sospiro.
Asuka ieri notte mi ha raccomandato di non usare lo shampoo di Jin per nessuna ragione. Ci ha infilato dentro un uovo guasto o qualcosa del genere perché lui le avrebbe rotto la sua boccetta di profumo preferita durante una delle loro solite liti.
Di solito cerco di stare fuori dalla continua perpetua guerra tra i due cugini, ma forse stavolta dovrei avvisare Jin. Dopotutto i capelli sono una cosa seria! Uno scherzo del genere è un po’ troppo estremo persino per uno come Jin.
Sto per uscire dalla stanza quando un vociare che dal corridoio mi fa bloccare sul posto.
Sembrano Jun e Kazuya e sembrano parlare tra loro abbastanza animatamente. Sarebbe imbarazzante se uscissi ora dal bagno e me li trovassi a discutere davanti, quindi rimango immobile e cerco di capire i loro movimenti. Si stanno spostando lungo il corridoio, li sento passare affianco alla porta del mio bagno e poi andare oltre, probabilmente giù per le scale.
Aspetto un minuto o forse poco più prima di uscire dopo che il suono delle loro voci non è più udibile.
Apro la porta e proprio nello stesso momento si apre quella della stanza di Jin. Sembra ancora assonnato, ma appena si accorge di me mi guarda con il suo solito sguardo pieno di disprezzo. È spettinato, sopra i pantaloni scuri del pigiama ha indosso quella che sembra una maglietta di una band musicale dal nome illeggibile.
“Che hai da guardare?” mi chiede acido.
“Niente.” rispondo “Buon giorno.”
Fa una smorfia e scuote la testa fra sé e sé senza rispondere. Non mi va di provare a immaginare quali insulti e commenti dispregiativi gli passino per la testa ogni volta che gli capito di fronte. Non credo ci sia niente di personale nei miei confronti, ma sono uno sconosciuto in casa sua e questo probabilmente è abbastanza per trovarmi fastidioso.
Inizio a camminare in direzione della mia stanza, mentre Jin si muove verso il bagno. Mi ricordo in quel momento dello scherzo dello shampoo.
D’accordo, non è per niente una persona piacevole, ma forse se gli mostrassi un po’ di lealtà potrebbe finalmente decidersi a cambiare atteggiamento?
“Ehm… Jin?” lo chiamo voltandomi.
“Che c’è?” dice lui in tono esasperato sulla porta del bagno “Possibile che abbiate tutti questa dannata voglia di chiacchierare di prima mattina?!”
Ripensandoci, forse lo scherzo di Asuka non è poi così cattivo.
“Niente.” rispondo dopo un momento di esitazione “Volevo ricordarti di controllare che il rubinetto sia dalla parte dell’acqua calda.”
“Ti lavi con l’acqua fredda?” mi chiede sollevando un sopracciglio.
“Ogni tanto.” rispondo tenendo il gioco “Sapevi che in Svezia c’era l’usanza di fare il bagno in mezzo al ghiaccio per rafforzare l’organismo? Sai, per prepararsi all’inverno.”
Rimane incerto per qualche istante, poi fa una smorfia guardandomi con aria di sufficienza.
“Sei uno scherzo.” commenta sprezzante prima di chiudersi dietro la porta del bagno.
D’accordo, goditi pure il tuo shampoo.
Torno in camera mia e accendo il portatile. Prima di scendere a fare colazione segnerò gli appunti della settimana.
Non faccio caso all’esclamazione adirata di Jin dalla doccia che rimbomba per tutto il piano.
Deve aver scoperto lo scherzo.
Continuo a scrivere per un’altra decina di minuti, dopodiché mi decido a riuscire dalla stanza e per combinazione mi ritrovo Jin davanti ancora una volta.
È appena uscito dalla stanza di Asuka con un paio di forbici in mano.
Ha ancora i capelli bagnati e non appena mi vede si blocca sul posto.
Chiude la porta della camera di Asuka in silenzio, poi torna a guardarmi con aria ostile.
“Cosa stavi facendo?” chiedo scrutandolo con sospetto.
“Niente.” risponde vago entrando nella sua stanza ad appoggiare le forbici sulla scrivania.
Quando esce sono ancora lì ad aspettarlo.
“Piantala di guardarmi così!” sbotta vedendomi e passandomi affianco “Non sono affari tuoi.”
Lo seguo con lo sguardo mentre scende dalle scale, poi torno a guardare la porta chiusa della stanza di Asuka.
Forse ha ragione. Non sono affari miei e per quanto abbia un carattere tremendo dubito di dovermi preoccupare di cosa abbia appena potuto fare ad Asuka.
Vado verso le scale e inizio a scendere verso il pian terreno.
Sono immerso nei miei pensieri, mentre rifletto su quante possibilità ci siano che Jin si riveli un individuo socialmente pericoloso, quando un boato proveniente dal salotto richiama la mia attenzione.
Entro nella stanza e assisto ad un qualcosa di incredibile.
Davanti a me ci sono Jun e Kazuya che combattono in mezzo al soggiorno!
Rimango ad osservare la scena a bocca aperta, mentre Jun colpisce Kazuya che finisce sul divano.
“Jun, adesso cerca di calmarti.” la intima Kazuya tutt’altro che calmo.
Lei si butta contro di lui, ma Kazuya riesce a spostarsi e immobilizza Jun, che però si libera con un calcio.
“Non accetto che tu mi dica di calmarmi.” ribatte lei furente di rabbia “Non sono abbastanza forte secondo te?! È questo che stavi insinuando?”
Atterrano entrambi sul pavimento e Kazuya rotola sul tappetto per scansare ulteriori attacchi della compagna.
“Ma perché te la devi prendere tanto per una cosa così stupida?!” tuona Kazuya.
Mi porto le mani sulla testa. Avevo sentito che stavano parlando animatamente qualche tempo prima, ma non mi aspettavo di assistere ad una scena così. Cosa diavolo sta succedendo?!
Vorrei non doverlo mai fare e so che probabilmente me ne pentirò, ma devo intervenire! Non posso stare a guardare una cosa del genere senza fare niente, devo cercare di separarli. Proprio quando sto per fare qualche passo verso di loro, Jin arriva dalla cucina con un pacco di biscotti in mano.
Mi guarda, intuisce le mie intenzioni e mi intima con uno sguardo severo e un cenno della testa a tornare indietro.
“Ma…” tento di ribattere qualcosa, ma la voce mi si ferma in gola.
Jin si avvicina, mi afferra per la maglietta e mi trascina indietro.
Lo guardo interdetto, mentre lui con totale indifferenza continua a sgranocchiare i suoi biscotti.
“Non metterti in mezzo.” mi avverte mentre assiste allo spettacolo dei genitori che si picchiano in salotto come se fosse qualcosa di totalmente normale.
Che problemi hanno in questa famiglia? Possibile che siano tutti completamente fuori di testa?
“Ma… non possiamo lasciarglielo fare!” tento di protestare.
“Sono affari loro!” ribatte Jin “È la loro discussione e tu devi rimanere al tuo posto.”
“Ma…” continuo “Questo non è normale! Te ne rendi conto?”
Jin fa una smorfia, poi scuote la testa ridacchiando della mia presunta idiozia.
“Benvenuto in questa casa, Alexandersson. Non troverai niente di normale tra queste mura!” commenta guardandomi con aria truce “Se avevi voglia di normalità saresti dovuto andartene il primo giorno, come io ti avevo suggerito.”
Non so cosa rispondere. Credo di essere più o meno sotto shock.
“Comunque non è niente di serio.” riprende Jin tornando a guardare i genitori “È un altro dei loro normali litigi per futili motivi, ne avrò visti a migliaia.”
Si volta da me, che lo ascolto a bocca aperta.
“Non si lasceranno se è quello che ti stavi chiedendo.” fa un’altra smorfia “Ormai ci ho perso le speranze.”
Sto per chiedergli di ripetere, ma lascio perdere, tanto credo di non aver capito affatto male.
Jin scrolla le spalle e mi supera per raggiungere la scala.
Subito prima di iniziare a salire si ferma.
“Non intervenire a meno che non arrivino a prendere i coltelli.” mi dice senza voltarsi “In quel caso basta che li minacci di chiamare la polizia e si fermeranno. Tornare sotto interrogatorio è l’ultima cosa di cui hanno voglia.”
Ascolto esterrefatto.
Si volta e nota la mia espressione.
“Non dovresti agitarti tanto. Davvero, non ne vale la pena.” conclude Jin sogghignando.
Detto questo se ne va su per le scale.
Coltelli? Ho sentito bene?
Ha parlato di coltelli e anche di un interrogatorio?
Ok, è troppo. Mi guardo attorno. A fianco a me c’è la porta che da sul giardino posteriore, uno splendido giardino in stile tradizionale giapponese, con tanto di laghetto, ponticello e ciliegi che stanno iniziando a mostrare le prime gemme.
Un piccolo angolo di paradiso racchiuso tra le mura di una tale gabbia di matti.
Apro la porta ed esco. L’aria frizzante del mattino è piacevole sul mio viso, ma ancora più piacevole è il silenzio e la pace che si respira in quel piccolo ritaglio di pace.
I padroni di casa sono matti da legare, ma io sono nel giardino e tutto va bene.
Il silenzio però è presto rotto da uno strano rumore, una sorta di ringhio.
Mi raggelo, spalanco gli occhi e tendo le orecchie mentre mi guardo intorno, arretrando di qualche passo. Solo qualche istante dopo lo vedo, quel cane grosso come un toro e amichevole quanto un leone affamato.
È a qualche metro da me, si avvicina soffiando minacciosamente e guardandomi con occhi iniettati di sangue.
“Buono…” sussurro facendo un passo indietro.
Quale è questo dei tre? Non ho ancora imparato a distinguerli, ma non ho intenzione di restare qui un minuto di più.
Afferrò la maniglia della porta e con uno scatto fulmineo torno dentro casa richiudendomela alle spalle.
Jun e Kazuya stanno ancora litigando, urlandosi a vicenda.
Si sente un rumore di vetri rotti.
“Un altro vaso rotto!” urla Jun “Ed è tutta colpa tua!”
Un altro urlo arriva dal piano superiore. È Asuka.
“Jiiiiin, stavolta ti uccido sul serio!” grida a pieni polmoni.
Deve aver scoperto la vendetta del cugino, qualsiasi cosa lui abbia fatto con quelle forbici.
“Provaci, ti sto aspettando!” Jin sfida la cugina da qualche altra parte della casa.
In quel pazzo momento mi accorgo di una piccola figura, seduta a metà scala, che cerca di farsi più piccola possibile guardandosi intorno con un’aria un po’ impaurita.
“Hey!” cerco di richiamare la sua attenzione.
Lei incrocia il mio sguardo.
“Tutto bene?” chiedo sotto voce.
Alisa si stringe nelle spalle.
“Stavo scendendo a fare colazione ma…” si interrompe e mi sorride per un attimo.
Posso leggere sul suo viso l’imbarazzo. Non c’è bisogno di spiegarlo a parole, so benissimo cosa sta provando, perché mi trovo esattamente nella stessa situazione.
Per lei deve essere ancora più destabilizzante, dato che questa è la sua prima esperienza fuori dalla base in capo al mondo dove ha sempre vissuto.
“Ehm… io sto andando a fare colazione fuori da qualche parte, ti va di venire?” le propongo di istinto.
Devo andare fuori da questo manicomio, e forse sarebbe giusto portare fuori anche lei. Almeno finché le cose non saranno tornate ad un livello di sopportabile decenza.
Mi guarda titubante per qualche istante e subito mi pento di averglielo chiesto.
Per lei sono ancora un perfetto sconosciuto, forse si sente in imbarazzo ad andare a fare colazione con quello che è per caso suo coinquilino in quella stranissima situazione.
Sto per aggiungere qualcosa per salvare la situazione, quando lei cambia espressione e annuisce.
“Mi farebbe piacere.” risponde con un piccolo sorriso.


Non ci siamo allontanati molto da casa, è un locale in fondo alla via, piuttosto piccolo, ma raffinato, come dopotutto lo è il quartiere in cui è immerso. Non ci sono molti altri clienti a quell’ora di domenica mattina, solo una famiglia con due bambini piccoli e un distinto personaggio in giacca e cravatta che legge il giornale sorseggiando in silenzio il suo caffè.
È così tranquillo e silenzioso, un bel contrasto rispetto alla casa dalla quale siamo appena scappati.
“Hai deciso cosa prendere?”
Alisa abbassa il menù e mi guarda incerta.
“Non conosco niente di ciò che è elencato in questo menù.”
Come biasimarla? Persino per me metà delle voci sono un vero e proprio mistero.
“Il menù della mensa alla base non era molto vario.” spiega timidamente.
“Potrebbe essere la giusta occasione per provare qualcosa di nuovo. Queste torte alla frutta per esempio non sembrano male.” propongo indicandole la foto nel menù.
Lei annuisce.
“Sembrano invitanti.”
Alisa ha una voce gentile e delicata, spesso parla con un filino di voce appena udibile. Ha un aspetto così innocente, sembra quasi una bambola di porcellana. A vederla così non diresti mai che una ragazza del genere possa essere stata istruita alle arti del combattimento.
Si avvicina la cameriera, una giovane donna che ci accoglie con un gran sorriso.
“Buon giorno, siete pronti per ordinare?”
“Io prendo il numero trentadue e un caffè.” rispondo.
Alisa da un ultimo sguardo al menù, poi lo chiude e lo posa sul tavolo.
“Prendo anche io un trentadue e… un milkshake alla fragola.” fa la sua ordinazione “Asuka-san ne parla come se fosse la cosa più deliziosa del mondo.” mi spiega a bassa voce.
“Perfetto, sarò di nuovo qui tra pochissimo!” dice la cameriera prendendo nota sul suo taccuino.
La ragazza si allontana e restiamo soli ad aspettare in silenzio.
Da quando Alisa è arrivata a casa, non abbiamo mai avuto occasione di parlare al di fuori delle cene. Per quello che mi è sembrato di capire è una ragazza molto silenziosa, che preferisce parlare poco, soprattutto se non interpellata o se non sente di poter aggiungere qualcosa di concretamente utile alla conversazione. Sembra avere un grande spirito d’osservazione, studia con curiosità ogni situazione e ogni piccolo particolare attorno a sé, come per volerlo catturare, farlo proprio e imprimerlo nella mente per sempre.
Il mondo deve essere così pieno di informazioni nuove per lei che sembra fare in modo di non tralasciare e trascurare niente.
La osservo mentre studia con attenzione una rappresentazione del monte Fuji dietro il banco del bar.
“Quindi domani sarà il tuo primo giorno di scuola.” dico rompendo il silenzio “Sarai emozionata.”
Lei distoglie lo sguardo dal quadro e annuisce.
“Lo sono.” risponde piano.
Poi incrocia le mani sul tavolo e abbassa gli occhi un po’ pensierosa.
“Tutto bene?” chiedo notando quell’atteggiamento.
“Sono un po’ spaventata.” ammette con un filo di voce “Ci sono così tante cose che non conosco e mi sento così diversa da Jin-san e Asuka-san.”
È chiaro che si senta diversa, ma non mi aspettavo che ne potesse farne un problema.
“Non ti preoccupare.” cerco di rassicurarla “Vedrai che ti troverai bene, Asuka è una brava ragazza, sono certo che ti aiuterà ad orientarti come ha promesso.”
“È come se stessi per cominciare una vita che ho sempre sognato.” mormora continuando ad evitare il contatto visivo.
“Come?” chiedo.
“Niente, era una cosa stupida.” risponde con un sorrisino, incrociando il mio sguardo per un breve momento.
“Parlavi di sognare?” provo ad indagare.
Alisa si stringe nelle spalle.
“Io non conosco la realtà come la conoscete tutti voi. L’ho sempre e solo immaginata. A volte mi chiedo…” solleva finalmente gli occhi su di me “…cosa succederebbe se questa realtà non reggesse le mie aspettative. Se ne dovessi rimanere delusa?”
“È questo che ti spaventa?”
Annuisce.
La sua preoccupazione è del tutto comprensibile.
“La vita può essere dura e crudele, e a volte ci mette davanti a delle situazioni che non vorremo dover mai affrontare.” dico concentrandomi sul mio caffè fumante “Ma di tanto in tanto ci sono quelle piccole sorprese, che ti fanno ricordare che vale la pena affrontare tutte quelle difficoltà.”
Sorrido.
Lei mi guarda ascoltando attentamente.
“E sono ancora in tempo per imparare a vivere in questo mondo?” domanda “La mia esistenza finora è stata solo pagine di libri e calcoli.”
“Sono convinto che non sia mai troppo tardi per imparare qualcosa.” sussurro tornando serio “O per voler cambiare qualcosa della propria vita.”
La cameriera si avvicina con un vassoio e ci serve la nostra colazione. Le due fette di torta reggono bene il confronto con le fotografie sul menù, non sembrano più piccole e meno invitanti come spesso accade ed emanano un profumino a dir poco delizioso.
“Lars-san.” riprende Alisa quando ci troviamo di nuovo soli.
La guardo.
“Io non ho mai avuto una vera e propria famiglia e mi chiedevo se… beh, insomma… è così che funziona normalmente.” mormora prima di assaggiare un pezzetto di torta.
Bevo un sorso di caffè, tenendo la tazzina calda fra le mani.
“Così come dai Mishima intendi? No, direi proprio di no.” commento trattenendo a stento una risata amara “Non sono per niente una famiglia normale.”
“Lo sospettavo.” annuisce Alisa, poi mi guarda titubante “Come è la tua famiglia?”
Bevo un altro sorso di caffè, poi poso la tazza sul tavolo.
In realtà non sarebbe uno dei miei argomenti preferiti e in genere l’idea di parlarne non mi fa impazzire, ma data la situazione farò un’eccezione.
“Mia madre mi ha cresciuto da sola.” spiego velocemente “Vivevamo lontani dalla sua città d’origine quindi non ho potuto conoscere cugini o altri parenti stretti.”
“Oh.” mormora Alisa colpita.
“Non… non ho mai incontrato mio padre.” continuo fissando un punto indefinito nella parete dietro di noi “In realtà ho sempre saputo molto poco di lui. Mia madre non ama parlarne.”
“Mi dispiace Lars-san.” si affretta a dire Alisa “Mi scuso se sono stata invadente.”
“È tutto a posto.” le rivolgo un’occhiata e un sorriso rassicurante.
Alisa incrocia di nuovo le mani sul tavolo.
“Nemmeno io ho mai incontrato mia madre.” ammette a bassa voce “È morta tanto tempo fa.”
“Mi dispiace.”
“Mio padre è l’unica famiglia che ho.” continua.
Taglio un pezzo della mia fetta di torta con la forchetta.
“I Mishima ti hanno spaventato?” domando prima di assaggiarlo.
Alisa si stringe nelle spalle.
“Non lo so, è solo un’altra delle cose con cui non so bene come dovrei comportarmi.”
“Alisa” la fermo “La tua è una reazione più che normale, non ti devi preoccupare di questo.”
“Dici?”
Annuisco.
“Certe situazioni sarebbero imbarazzanti per chiunque. Nemmeno io so come dovrei comportarmi per la metà del tempo che passo con loro.”
Mi guarda e sorride, con un’espressione un po’ più rilassata.
“Ed è per questo che ora mi trovo qui assieme a te.” continuo prendendo un altro pezzo di torta.
Sorride.
“Sono felice che tu mi abbia chiesto di venire qui con te.” sussurra “Non avrei assaggiato questo milkshake di cui Asuka-san parla tanto… o questa torta deliziosa.”
Ridacchio, in effetti la torta è veramente ottima.
“… e non avremo mai avuto questa conversazione.” aggiunge parlando timidamente “Per questo ti ringrazio.”
È così carina e gentile!
Sono felice di averla aiutata a migliorare una mattina potenzialmente destabilizzante.
“Non c’è di che.” dico abbozzando un sorriso.
“Lars-san, penso che per certi versi siamo simili.”
“Simili?” chiedo stupito “Tu ed io?”
Annuisce.
“Entrambi non abbiamo conosciuto una parte della nostra famiglia e ora ci troviamo tutti e due a vivere con i Mishima nello stesso momento.” spiega.
Ci ragiono su per qualche secondo.
“Sì, non hai tutti i torti!” commento “Quante possibilità c’erano che una cosa del genere potesse capitare?”
“Meno del dieci percento.” risponde Alisa prendendo sul serio la domanda.
Poi prende il bicchiere del milkshake e si porta la cannuccia alle labbra.


Quando Alisa ed io torniamo a casa veniamo accolti da Jun che sta chiudendo il portone d’ingresso.
“Ah, eccovi qui ragazzi!” ci saluta non appena ci vede “Come è andata la passeggiata?”
Non abbiamo il tempo di rispondere che subito riprende a parlare.
“Io e Kazuya passeremo la giornata fuori, abbiamo degli affari da sistemare” spiega frettolosamente facendo un cenno del capo verso l’auto di Kazuya fuori dal cancello.
Lui è già lì che aspetta.
“Spero che i ragazzi non si azzuffino di nuovo.” continua seria “Stamattina hanno avuto un brutto litigio.”
Si porta una mano alla fronte e si scosta un ciuffo di capelli finito davanti agli occhi.
Non sembra voler fare accenno anche all’altro brutto litigo che è avvenuto proprio nel bel mezzo del salotto, ma va bene così, non saremo di certo noi a tirarlo in ballo.
“Asuka ha chiamato una sua amica per sistemare il problema.” riprende “Spero si sia calmata definitivamente. Almeno ha smesso di piangere.”
Ignoro ancora quale sia il problema che comprende un paio di forbici, il finire in lacrime e il dover chiamare qualcuno per sistemare le cose, ma sono felice che il problema sia stato risolto.
“Allora ci vediamo stasera ragazzi!” ci saluta Jun prima di percorrere il vialetto per uscire dal giardino.
Guardiamo Jun salire a bordo dell’auto scura di Kazuya, che quasi immediatamente si mette in moto e parte.
“Hanno fatto pace.” commenta Alisa a voce alta.
“Sì, a quanto pare non è così raro che capiti.” rispondo “Jin ha detto che è il loro modo di discutere riguardo a cose banali.”
Apro la porta ed entriamo in casa.
Mi sto ancora sfilando le scarpe quando sento la voce di Asuka provenire da qualche parte in soggiorno.
“Sì, ti dico! Un biondone nordico con occhi azzurri e capelli fantastici.” riesco a sentire “Ed è anche molto gentile, il che fa piacere quando devi avere a che fare tutti i giorni con quel sociopatico di Jin.”
Chiudo la scarpiera e faccio capolino nel soggiorno.
C’è un bel tepore, nonostante la stagione fredda non sia ancora del tutto arrivata, hanno acceso il caminetto.
Asuka è seduta di spalle al centro della stanza sopra un tappeto di giornali vecchi, un’altra ragazza è davanti a lei e le mostra uno specchio.
“Asuka, c’è gente!” l’avverte la ragazza parlando tra i denti.
Asuka si volta e ci sorride.
Non sembra per niente imbarazzata, benché io un po’ lo sia.
“Hey! Lars, Alisa! Dove eravate finiti?” chiede amichevolmente.
Poi si alza in piedi e ci mostra il suo nuovo taglio di capelli.
“Che ne pensate?”
Sono un po’ più corti di prima e ha una frangia a ciuffo su un lato.
“Stai molto bene Asuka-san.” dice Alisa.
“Sì, stai bene.” concordo.
“Grazie, siete molto gentili!” risponde compiaciuta sistemandosi la frangia “Sono stata costretta a questo taglio dell’ultimo minuto per colpa di quel degenerato di mio cugino. Mi ha tagliato un ciuffo di capelli mentre dormivo! Me li ha completamente rovinati, ho dovuto tagliare via un bel pezzo per fargli ritrovare un senso.”
Sospira lanciando un’occhiata di fuoco verso il soffitto, dal quale si sente risuonare una musica dal ritmo frenetico.
“Fortuna che si è chiuso in camera ad ascoltare quello schifo di musica. Non voglio doverlo rincontrare oggi o potrei ucciderlo veramente!”
Alisa mi guarda preoccupata, le faccio un lieve cenno per invitarla a stare tranquilla.
“Oh Yui-chan, non so davvero come ringraziarti!” dice poi Alisa rivolgendosi all’amica “Mi hai salvato la vita! Ti devo un favore!”
“Figurati, è stato un piacere!” risponde l’altra “Ti do una mano a pulire il casino per terra?”
Asuka da uno rapido sguardo ai ciuffi di capelli sui giornali intorno alla sedia.
“No! Non ti preoccupare, ci metto un attimo a pulire e poi mi sentirei davvero troppo in debito!” dice Asuka.
“Va bene, allora torno a casa a studiare per il compito di inglese.” dice la ragazza mettendo a posto i suoi strumenti nella borsa “Sono ancora in alto mare.”
“Non me ne parlare!” borbotta Asuka “Io non ho ancora cominciato e più tardi devo pure allenarmi! Si stanno avvicinando le selezioni per le nazionali e devo essere in forma perfetta.”
“Dai, allora ci vediamo domani a scuola!” dice la ragazza, poi fa un cenno di saluto verso me e Alisa che ricambiamo.
“A domani, grazie ancora!” la saluta Asuka accompagnandola fino alla porta di ingresso.
Prendo la sedia in mezzo al soggiorno e la sposto, in modo da poter chiudere i giornali con i ciuffi di capelli all’interno. Senza bisogno di dirci niente Alisa decide di darmi una mano.
Asuka torna poco più tardi mentre noi stiamo ancora dando una mano a pulire.
“Lasciate pure stare, ci penso io!” ci dice distrattamente.
Ha una busta da lettera in mano che guarda incuriosita.
“Ho trovato questa davanti alla porta. Non c’era quando siete tornati?”
“No.” rispondo sicuro.
Ricordo di essermi pulito le scarpe sullo zerbino, mi sarei accorto se ci fosse stata una lettera.
“Che cosa è Asuka-san?” vuole sapere Alisa.
“Non ne ho idea, ma a quanto pare qualcuno mi ha lasciato una lettera.” risponde mostrandoci il suo nome scritto a penna sulla busta.
La apre su un lato e toglie fuori quello che sembra un ritaglio di un giornale piegato in due.
Asuka corruga la fronte, lo dispiega e lo studia confusa facendo scorrere lo sguardo tra gli ideogrammi. Sto per chiederle di che cosa si tratti, quando vedo che improvvisamente la sua attenzione viene catturata da qualcosa in particolare. Apre la bocca sconcertata e impallidisce di colpo.
“Asuka, tutto bene?” chiedo notando la sua reazione.
Lei alza lo sguardo sul mio e annuisce nervosamente.
Accartoccia il pezzo di giornale, attraversa la stanza e lo lancia dentro al caminetto.
“Che succede?” insisto “Che cosa era?”
“Non… non avete notato se c’era qualcuno nelle vicinanze mentre stavate tornando?” chiede ignorando le mie domande.
Alisa scuote la testa.
“La strada era apparentemente vuota.”
“Asuka, c’è qualcosa che non va?” domando facendo qualche passo verso di lei.
La osservo mentre guarda il pezzo di carta che viene avvolto dalle fiamme. Sembra nervosa, quasi impaurita e inizio a preoccuparmi.
“Cosa c’era in quella busta?” ripeto con più decisione.
“Niente.” risponde continuando a guardare il fuoco, poi scuote la testa e mostra un sorriso un po’ tirato “Era soltanto uno scherzo.”
La guardo interrogativo.
“Un po’ di cattivo gusto forse, ma solo uno scherzo. Non pensiamoci più.” continua riprendendo lentamente la sua espressione abituale.
Torna al centro della stanza e riprende a piegare i fogli di giornale sul pavimento come se niente fosse.

 

 

 

 

 

 



 

 

  
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