- Sveglia ragazzina. Siamo arrivati. - Mi arriva un colpo sulla spalla, che mi fa sussultare.
- Stavo pensando. - Ribatto, appoggiandomi di nuovo al finestrino, un po' per non doverlo guardare e un po' perché focalizzarmi sullo scenario più o meno ameno della campagna mi aiuta a formulare idee.
- Per essere una contadinella, sei istruita. Ti esprimi in un italiano puro, senza accento e rifletti troppo per una che dovrebbe essere abituata a lavorare. Le tue mani poi... sono belle, di chi non ha mai conosciuto la fatica dei lavori manuali. I tuoi genitori non coltivano terreni in usufrutto, o non potrebbero permettersi di farti avere un tenore così alto di vita... Ma ce l'hai almeno una famiglia? O sei cresciuta in un convento... -
Farsi gli affari propri mai?! È incredibile! Ha avuto tutto questo tempo per studiarmi da aver captato fin troppo di me. Mi sono venuti i brividi, perché le sue supposizioni non sono sbagliate.
- Come sapete da dove vengo? - Lo invito a delucidarmi su questo punto, perché neanche Sherlock Holmes a primo acchito avrebbe colto così tanti indizi.
- Non mi trovo dove sono per puro caso. L’intuizione è una capacità fondamentale per poter avanzare di grado, infatti non sono state le mie doti fisiche a favorirmi, ma quelle mentali. Comunque, per rispondere alla tua domanda, questi scenari sembrano esserti familiari; il modo in cui osservi i campi, non è quello di una persona che vive in città. Io sono berlinese, come il tuo " amico ", ma ti posso assicurare che lui non ci trova nulla di interessante in una distesa verde, a contrario mio. Ho trascorso la mia infanzia in Baviera, so riconoscere una persona semplice. - Il colonnello si è aperto con me, anche se non ne capisco il motivo. Ora so con che tipo di uomo ho a che fare e questo suo talento di saper filtrare verità e menzogna è più pericoloso del suo carattere irascibile. Probabilmente si è accorto d’avermi trattata diversamente e si affretta a mostrare distacco; - beh? A che pensavi prima? Credevi forse di potermi depistare? -
- Non sono affari che vi riguardano. -
Oh, e invece lo riguardano eccome.
Se solo sapesse quali pensieri affollano la mia mente...
27 gennaio, 1945.
I soldati russi varcano le soglie del campo: nessuna guardia all'interno, i nazisti sono fuggiti. Come dei codardi.
30 aprile, medesimo anno.
Hitler si toglie la vita, nel bunker di Berlino.
8 maggio.
La Germania si arrende incondizionatamente e la guerra in Europa giunge al termine.
Caccia ai carnefici: ufficiali, medici e sorveglianti dei lager.
Estate 45' circa.
Rudy Schneider, ex colonnello di Auschwitz-Birkenau, viene arrestato e successivamente sottoposto a processo.
1946 ( sempre approssimativamente parlando )
Schneider viene giudicato presso il tribunale di Norimberga e processato per i seguenti capi d’accusa:
crimini di guerra, crimini contro la pace, crimini contro l'umanità e genocidio.
Giustizia sarà fatta.
46'
Un assassino pagherà. Il patibolo reclama sangue nazista. Il colonnello viene impiccato alle prime luci dell'alba.
E che le vittime di tale mostro possano ora riposare in pace.
Tedesco, è al tuo destino che stavo pensando, poichè è questo che accadrà e nulla potrai fare per impedirlo.
- Dovresti portarmi più rispetto, " Frau acidità ". - Sbotta, dandomi un buffetto sulla guancia.
Si è trattenuto il rosso, ma ho pur sempre una pelle delicata...
- Non sono acida, semplicemente non amo la vostra compagnia. - Giro la testa dall'altro lato, distogliendo lo sguardo.
" Litigare " con un crucco, soprattutto con questo, non era certo nel mio programma.
- Sei rigida come se ti avessero infilato un palo su per il culo. - Accenna una risata, accendendosi una sigaretta. Inspiro una boccata di fumo maleodorante, sventagliandomi davanti al viso per far dissolvere la nuvola grigia che si è creata all’interno del veicolo. Se non avessi spalancato la bocca, sconcertata da tanta volgarità, non avrei respirato quello schifo.
Mi sta provocando di proposito, per caso?
- Ma come vi permettete! - Tossisco violentemente, facendolo ridere e ridere e ridere a non finire.
In mezzo alla nube, appare il profilo di una casa, non isolata questa volta, ma circondata da altre sobrie villette.
L'ufficiale mi fa scendere dall'auto per cercare " parcheggio ", abbandonandomi di fatto nel patio antistante.
Deduco che la villa appartenga ad un uomo di media estrazione, poiché è davvero ben costruita. La replica in scala ridotta della villa di Schneider, con l'aggiunta di un tocco bohémien, oserei dire.
Vedo molti altri soldati sul sentiero e, tra soldati semplici e non, scorgo circa una ventina di persone.
Le mie labbra guizzano all'insù non appena riesco a scorgere una testa color miele in mezzo quell'accozzaglia di persone.
- Fried! Fried! - Lo chiamo a gran voce, prima di corrergli incontro.
- Sara! - Quando finalmente mi ritrovo a pochi passi da lui, gli tendo calorosamente le braccia e per poco non lo faccio sbilanciare.
- Sono così felice di vederti! - Lo stringo forte, in cerca di quel calore che solo il biondo è in grado di darmi.
- Mi dispiace tanto per ciò che è successo, se non avessi infastidito Herr Schneider... -
- Io sto bene Fried, vedrai che me la caverò. Sai che calamità sono, no? Schneider mi fa un baffo. Non parliamone più, dai. - Non voglio addossargli colpe che non ha; so che, in quel momento, non aveva altre alternative e che se fosse stato per lui, non mi avrebbe mai lasciata.
- Danke. Du bist ein kleiner Schatz, weißt du? / Grazie. Sei un piccolo tesoro, sai? -
Mi scocca il solito, soffice bacio sulla fronte, facendomi invermigliare.
- Entriamo? -
- Meglio di no, preferisco aspettarlo... altrimenti chissà cosa andrebbe a pensare. - E quel soggetto... è decisamente sottinteso. - La casa? Di chi è? -
- Del comandante Dolf Schurmann. - Risponde, cercando di adocchiarlo tra le molte persone presenti.
- Io credevo che il comandante si chiamasse Rudolf Höss. -
O, perlomeno, è lui ad esser stato riportato come tale nei libri di storia.
- Corretto. Schurmann è stato trasferito da Sobibór per assisterlo nei suoi incarichi. Di fatto, non ha potere decisionale, ma solo esecutivo. -
Mi lascio scappare un " oh ", prima di sentirmi trascinata indietro, per i fianchi. Istintivamente grido, finché non vedo Fried, ad occhi sbarrati, che mi fa segno di non farlo.
- Siete impazzito? Per poco non mi facevate prendere un colpo! - Sbraito, cercando di scostare le braccia del colonnello.
- Che scena ridicola, Italienerin! Avresti dovuto vedere la tua reazione! - Ride. Un riso simile a quello di una iena, sguaiato ma stranamente rauco. Cosa scorre in quelle vene? Mi diletto ad immaginare una sorta di sostanza aliena, nera come il catrame e altrettanto tossica.
- Non lo fate più! - Ribadisco, riuscendo finalmente a liberarmi, dopo essermi divincolata come un’indemoniata.
- Direi che è il caso di entrare. - Propone il biondino, trascinandomi a forza all'interno.
Rudy è di stucco.
Un soldato semplice ha osato portargli via il " giocattolo ", a lui, che porta la divisa nera e decorata da una moltitudine di medaglie.
- Mi hai salvato. -
- Suvvia, non è così. - Avrei voluto replicare, tuttavia, un'improvvisa comparsa mi ha bloccata ancor prima di essermi espressa. - Dolf Schurmann, Sara. -
Ecco e il prossimo chi sarà? Hitler?