Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: TheSlavicShadow    12/12/2015    1 recensioni
Quando la tua vita ti sembra perfetta e credi che nulla possa andare storto, sai che il destino ci metterà lo zampino.
In tre giorni la tua vita verrà messa sottosopra e dovrai prendere una decisione. Una di quelle da cui non si può più tornare indietro.
{Prompt trovato su "All of the prompts" e ho dovuto scriverlo. Sto fisicamente male per ciò che è stato scritto, ma in qualche modo ho dovuto farlo.}
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Three Days'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

....ascoltatevi in loop "Shattered" dei Trading Yesterday e "Almost Lover" di A Fine Frenzy per una sofferenza ancora più reale.

 

Marzo 2015, sabato

 

Sai che qualcosa non va quando a tre giorni dal tuo matrimonio incontri uno dei tuoi ex. Sai che qualcosa succederà quando nei suoi occhi noti cose che avevi notato quando eravate dei ragazzini. E sai benissimo che le decisioni peggiori le puoi fare mentre sei ubriaco alla tua festa di addio al celibato.

Ti rendi perfettamente conto che non è la scelta più saggia del mondo baciarlo davanti a tutti, come se non fosse mai successo nulla. Come se quei dieci anni non fossero mai esistiti. Come se fosse tutto normale e domani ti sveglierai con un fortissimo mal di testa, probabilmente nel suo letto, con le sue braccia strette attorno a te. Ma non puoi farci nulla quando quelle labbra aderiscono perfettamente alle tue, come se quello fosse il loro habitat naturale. Non puoi fare assolutamente nulla quando senti le sue dita stringersi attorno alla stoffa della tua camicia e le sue labbra muoversi contro alle tue. Oppure quando noti il rossore sulle sue guance mentre si stacca da te. E non sei sicuro se è a causa tua, del calore all'interno del locale, per l'alcol o per tutte e tre le cose, ma lo senti che mormora delle scuse e sta per allontanarsi.

E tu improvvisamente non sei più il Marco Bodt che hai costruito in quei anni in cui eri separato da lui. Non sei più l'avvocato divorzista che guadagna una barca di soldi su amori finiti. Non sei più l'uomo che si sta per sposare. Non sei più a Londra. Ti senti sperduto come quando avevi 20 anni. Ti senti il ragazzo che aveva paura. Ma quando noti il suo profilo, stavolta non lo lasci andare.

Le tue dita si stringono attorno al suo polso e quando lo vedi girare il volto verso di te capisci che sei spacciato.

 

✵✵✵

 

Ancora prima di rendersi conto di quello che stava facendo, aveva lasciato il pub assieme a Jean. Aveva chiamato un taxi e stavano andando verso casa sua.

E lui non aveva lasciato la mano del biondo, neppure per un istante.

Aveva appena chiuso la porta dell'appartamento dietro le proprie spalle, che le labbra di Jean erano nuovamente sulle sue. Fameliche e passionali. Le sue dita carezzavano il suo collo e la sua nuca. E l'unica cosa che aveva potuto fare era stata passare le braccia attorno ai suoi fianchi, stringerlo a sé come se non fosse passato neppure un attimo da quando le loro strade si erano separate.

Rispondeva ai suoi baci come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. E si sentiva come se finalmente stesse respirando. Era come se per tutto quel tempo avesse trattenuto il respiro, e ora quella apnea era finita.

Se non fosse stato per il caldo respiro di Jean contro le sue labbra, o le braccia strette attorno al suo collo, avrebbe tranquillamente potuto pensare che fosse tutto un sogno. Uno di quelli che ti sembra così piacevole, ma dal quale ti svegli con l'amaro in bocca. Perché aveva sognato Jean tantissime volte. Tantissime volte lo aveva stretto a sé. Tantissime volte lo aveva visto andarsene.

Solo che stavolta era lì, davanti a lui. Per qualche strano motivo il destino lo aveva messo di nuovo sulla sua strada, per quanto fosse tutto uno scherzo crudele. Per quanto si rendesse conto, nonostante la quantità eccessiva di alcol stesse annebbiando la sua mente, che tutto quello era sbagliato, che stava facendo l'errore più grande della sua vita, lui non riusciva a staccarsi dal biondo. Non riusciva a smettere di baciare le sue labbra, il suo viso, il suo collo.

Neppure quando lo aveva preso in braccio, portandolo verso la camera da letto, era riuscito a tornare in sé. E Jean non aveva fatto nulla per aiutarlo a fermarsi.

Avrebbe pensato alle conseguenze di quel gesto a tempo debito.

In quel momento voleva solo sentire le labbra di Jean, sentire le sue mani, la sua voce. Voleva imprimersi bene nella mente i suoi gemiti, il modo in cui pronunciava il suo nome. Non voleva pensare a nulla se non all'uomo che gli si stava donando un'altra volta.

Voleva perdersi in quell'effimero paradiso che si era formato attorno a lui. Voleva sentirsi di nuovo perso in quell'amore puro che aveva provato così tanto tempo addietro. Un amore che lo faceva tremare di paura e felicità. Che gli faceva perdere la cognizione di cosa fosse giusto e sbagliato. Un amore in cui aveva perso sé stesso, molto tempo fa.

Sapeva quanto fosse sbagliato, solo che in quel momento non poteva farci nulla.

In quel momento riusciva solo a pensare a Jean.

Riusciva solo a perdersi nei suoi tocchi. Nei suoi gemiti. In ogni suo movimento.

 

✵✵✵

 

“Merda!”

Marco aveva sentito il materasso muoversi. Aveva improvvisamente sentito la mancanza di una presenza accanto a sé, un calore che lo aveva cullato durante le poche ore di sonno che si era concesso.

Una voce maschile. Qualcuno che imprecava in francese. Ed improvvisamente la consapevolezza di cosa fosse successo lo aveva colpito in faccia come uno schiaffo potentissimo.

Aprendo gli occhi aveva notato Jean seduto sul letto, che nervosamente si passava una mano tra i capelli e sembrava cercare qualcosa per la stanza. Aveva guardato la sua schiena nuda. Aveva seguito la linea dei suoi fianchi.

E sapeva di aver distrutto tutto.

“Jean...” Aveva mormorato mettendosi seduto a sua volta. E la sua voce era stata il pulsante che aveva fatto reagire il francese.

Jean si era subito alzato, cercando i propri vestiti sparsi per la stanza e iniziando a rivestirsi.

Riusciva solo ad osservarlo in silenzio. Sapeva che non c'erano parole adatte per una situazione come quella. Perché entrambi si rendevano conto che era tutto sbagliato.

“Jean.” Lo aveva chiamato di nuovo quando il biondo era vestito per metà e cercava la maglia, che da quello che ricordava era dispersa da qualche parte in corridoio.

“Cosa vuoi?” Aveva chiesto guardandolo duramente. La voce tagliente aveva colpito Marco molto più dello sguardo pieno di odio che gli stavano riservando quei occhi. “Senti, non ne voglio parlare. Non c'è nulla di cui parlare.” Si era passato nuovamente una mano tra i capelli, tirando i capelli più lunghi sul capo.

“C'è molto di cui parlare...” Marco aveva sospirato e iniziava a sentire i postumi della serata. Aveva bevuto troppo, decisamente troppo.

“Parlare di cosa? Di come hai appena tradito la tua fidanzata con il tuo ex?”

Il modo in cui Jean aveva pronunciato quella parola lo aveva fatto tremare. Gli aveva fatto prendere ancora più coscienza di quello che aveva fatto. E si rendeva conto che Jean sapeva come il tradito in questione dovesse sentirsi.

“Eravamo ubriachi. E' stato un errore dovuto all'alcol.”

“E' stato un errore che non doveva succedere!” Jean aveva alzato la voce, e Marco non riusciva a capire con chi dei due Jean fosse più arrabbiato. “Maledizione, Marco! Domani ti sposi!”

“Lo so.” Il moro aveva chiuso gli occhi.

“No, Marco. Non ti rendi conto di cosa hai appena fatto ad Hanna o come cazzo si chiama. Tu non ti rendi conto di cosa vuol dire essere tradito. Non ti rendi conto dell'umiliazione che questo provoca nell'altra persona. Cosa pensi di fare se mai dovesse scoprire qualcosa? Pensi di sorriderle e dirle che va tutto bene? Ma non va bene. Non va fottutamente bene, perché io non dovrei essere qui. Perché tu non avresti dovuto chiamarmi. E io non dovevo scriverti. E sono stato un fottuto idiota. Ma sono stato così felice nel rivederti che non sono riuscito a ragionare lucidamente.”

Marco lo aveva visto accasciarsi sul tappetto e portarsi una mano sul viso. Un leggero tremito delle sue spalle gli aveva fatto capire che il suo incubo non poteva che continuare in modo peggiore. Perché le lacrime di Jean erano qualcosa che lo aveva perseguitato per tutti gli anni in cui non erano uno accanto all'altro.

“Ho pensato più volte di cercarti. Ancora mentre eri a Parigi. Sapevo anche dove poterti trovare, eppure mi sono sempre tenuto alla larga perché sapevo che sarebbe finita così.”

Il biondo si era stretto le ginocchia al petto, e dopo aver asciugato le lacrime con il dorso della mano aveva appoggiato il mento sulle gambe e lo aveva guardato. Se non fosse stato troppo codardo si sarebbe alzato da quel letto e lo avrebbe abbracciato. Lo avrebbe stretto a sé e gli avrebbe ripetuto anche fino allo sfinimento che andava tutto bene. Che tutto sarebbe andato bene. Che avrebbero risolto tutto e che forse avrebbero potuto essere felici.

Ma la realtà era che aveva paura. Paura di quello sguardo onesto. Paura delle parole che sarebbero uscite da quelle labbra.

“Non ho smesso di pensarti nemmeno per un istante. Mai. Neppure quando mi sono sposato e pensavo che avrei voluto avere te accanto. Ho sempre pensato al futuro che avrei potuto avere con te. Ho vissuto nelle mie illusioni sin dal primo giorno, ma non riesco a pentirmi di nulla. E fondamentalmente ho sempre saputo che non ci sarebbe mai stato alcun futuro per noi. Il punto di rottura prima o poi sarebbe arrivato e tu avresti scelto questa strada.”

Aveva riso, ma il suo tono era amaro. Il moro continuava a guardarlo, senza riuscire a dirgli nulla. Si erano feriti l'un l'altro, ed erano cicatrici che continuavano a sanguinare ancora, che si chiudevano e riaprivano costantemente.

“Ti ho amato davvero, Jean.”

“Lo so, ma forse non era abbastanza. Perché avevi sempre paura di cosa avrebbe pensato di te la gente che ti circonda.”

Aveva visto il biondo scuotere la testa e poi alzarsi.

“E' per questo che non ha funzionato. Per questo non avrebbe mai potuto funzionare.”

“Non siamo tutti come te. Non abbiamo tutti delle famiglie che ci supportano e accettano per quello che siamo.”

“Qua non c'è la tua famiglia. E sei un adulto con un posto di lavoro di tutto rispetto. Non sei più un ragazzino che deve nascondersi per paura delle loro recriminazioni.” Aveva scosso la testa mentre si avvicinava alla porta e raccoglieva la propria maglietta per indossarla subito. “Il fatto che tutti ti credano etero mi ha un po' stupito. Come mi ha stupito saperti fidanzato con una donna.”

“Anche tu ti sei sposato. Hai anche una figlia.”

“Non ho mai nascosto il mio interesse anche per le donne.”

Jean si era voltato a guardarlo, si mordeva un labbro e Marco sapeva che aveva altro da dire.

“La mia ex moglie non sapeva della tua esistenza. Non ho mai parlato di te con nessuno, ma poi una volta ha trovato il quaderno in cui abbozzavo qualcosa quando ero ispirato. Mi sono reso conto che avevo smesso di frequentare pittura perché non facevo altro che disegnare te e mi sono sentito stupido.” Aveva scosso di nuovo la testa e Marco non gli toglieva gli occhi di dosso. “Quando mi ha chiesto chi eri, le ho risposto che eri un sogno e lei ha riso di me.”

“Jean, mi dispiace...”

Il biondo aveva scosso di nuovo la testa e stavolta gli si era avvicinato. Aveva deglutito mentre sentiva le mani di Jean sulle sue guance.

“Ho sempre desiderato la tua felicità. E se questa è la vita che ti rende felice, allora non posso che essere soddisfatto anch'io.”

Marco aveva visto l'ombra di un sorriso sulle sue labbra prima che si chinasse per posargli un ultimo casto bacio sulle labbra, leggero come il tocco delle ali di una farfalla, e subito dopo si raddrizzasse.

Aveva guardato la sua schiena. L'aveva guardata di nuovo.

E di nuovo non si era mosso per fermarlo.

 

✵✵✵

 

“Jean non verrà.”

Armin gli si era avvicinato quella sera, mentre erano al solito pub, e lo guardava serio. Serio come poche altre volte lo aveva visto. Forse serio solo come la volta in cui Eren si era fatto arrestare dopo una partita di calcio.

“Come, scusa?”

Il moro era appoggiato contro il muro, con un bicchiere in mano e guardava i suoi amici che ballavano.

“Jean non verrà. Gli ho detto io di non venire stasera.”

“Non stavo aspettando Jean. Non mi aspettavo di vederlo.” Aveva ammesso. Ma sapeva anche che stava mentendo a se stesso perché aveva sperato fino a quel momento di vederlo entrare. Anche se Connie gli aveva detto che non sarebbe venuto.

“Non sono un idiota, Marco. Ho visto come lo guardavi ieri e tutti hanno visto quando lo hai baciato. Per non parlare del fatto che l'ho incontrato stamattina mentre usciva da casa tua.”

“Io non...”

“Non dire nulla, ti prego.” Armin aveva sospirato, passandosi una mano tra i capelli lunghi. “Non fare questo ad Annie. Non sarà la più affettuosa delle fidanzate, ma non si merita una cosa simile.”

Marco lo aveva guardato in silenzio, ponderando bene alle parola da usare per rispondergli, ma il biondo lo aveva interrotto di nuovo.

“E' lui, vero? Quello che ti ha spezzato il cuore, oppure tu hai spezzato il suo, dipende dalla versione che uno vuole ascoltare. Si, se te lo stai chiedendo abbiamo preso un caffè stamattina. Ma in questo istante non mi importa di cosa sia successo tra voi due. Mi importa solo di Annie. Cazzo, Marco, devi sposarti domani!”

“Lo so.” Il moro si era morso le labbra non avendo il coraggio di guardare il proprio migliore amico.

Lo so? Che razza di risposta è lo so? Ti stai per sposare e cosa fai nel mentre? Ti scopi il tuo ex!” Armin aveva alzato la voce, anche se l'attimo dopo aveva già cercato di calmarsi. “Non so esattamente cosa sia successo tra voi due in passato. Fino a due giorni fa neppure sapevo chi o cosa ti avesse spezzato il cuore. Sapevo solo che quando ti ho conosciuto eri ancora innamorato. Dovevi vederti quando parlavi dell'amore, della persona che avevi amato da ragazzo. Si vedeva che ne avevi sofferto molto, ma quando ne parlavi ti brillavano gli occhi.”

“Armin, io amo Annie.” Aveva cercato di interromperlo, riuscendoci solo per un istante.

Attorno a loro la festa stava continuando. Poteva scorgere Connie che ballava stretto a Reiner e Eren li guardava e fischiava. Si divertivano, completamente ignari della conversazione che si svolgeva poco lontano da loro.

“Due giorni fa hai detto che il matrimonio è solo un contratto sociale. Sei il primo a non credere nel matrimonio e lo dici spesso quando siamo al lavoro. E posso capirlo, vedi lo schifo a cui portano i divorzi e non posso biasimarti.”

“Jean volevo sposarlo.” Aveva interrotto con successo quello che sapeva essere l'inizio di un monologo e aveva guardato Armin negli occhi. “Eravamo giovani e ne ero innamorato, ma ne avevo anche paura. Frequentavamo una scuola cattolica, sai? Uno di quei posti in cui sin da bambino ti mettono in testa che l'omosessualità è un peccato e che brucerai all'inferno. Ma ehi, eccomi da adolescente a guardare i miei compagni di classe mentre si cambiano.” Aveva riso, ma il suono che ne era uscito era rauco, strozzato dalle sue stesse corde vocali che non avevano nulla per cui ridere. “Per sei anni ho nascosto la nostra relazione al mondo intero. Lo sapevano solo mia madre e una delle mie sorelle. E lui non ce l'ha fatta più a sopportare le bugie. Quando mi ha chiesto di convivere, di rendere tutto ufficiale, ho rifiutato. E da allora non ci eravamo più visti, fino a due giorni fa.”

Armin era rimasto in silenzio, guardandolo e cercando di mettere insieme tutte quelle informazioni.

“Sei gay?”

“Considerando che Annie è l'unica donna con cui sia mai andato a letto, potrei dirti di si.”

Il biondo era rimasto in silenzio. Appena dopo qualche minuto aveva svuotato il proprio bicchiere in un sorso e si era di nuovo rivolto al moro.

“Non ti voglio dire cosa fare o non fare, la vita è la tua. Solo una cosa.” Lo aveva guardato, di nuovo serio. “Anche se è la tua fidanzata, per me Annie è una persona molto importante. E se la farai soffrire te ne farò pentire.”

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: TheSlavicShadow