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Autore: Cathy Earnshaw    12/12/2015    2 recensioni
La Terra dei Tuoni è un luogo popolato da creature magiche ed immortali, e una convivenza pacifica non è facile. L'equilibrio è fragile, la pace è labile e soggetta alle brame di potere. E quando i Draghi attaccano la capitale del Regno dei nani, questi reagiscono con violenza, ponendo i presupposti di una nuova guerra.
Nota: Tecnicamente "La guerra dei Draghi" è il prequel di "La Cascata del Potere", anche se la scrivo ora, a "Cascata" conclusa. Le trame non hanno grossi punti in comune, perciò l'ordine di lettura non deve essere necessariamente quello temporale.
Buona lettura!
Cat
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Capitolo 2
I diari di Frunn
 
 
La mattina dopo, Horlon cercò Frunn per tutto il palazzo prima di scoprirlo circondato dai libri nella grande biblioteca di Storr. Scribacchiava su un taccuino con un ciuffo di capelli che doveva precludergli tre quarti del campo visivo, sfuggito dalla coda in perenne equilibrio precario.
«Stai verbalizzando la riunione di ieri?» gli domandò.
L’elfo sobbalzò sovesciando il calamaio e mandando inchiostro nero ovunque. Horlon sorrise.
«Oh, no!» pigolò il segretario cercando di tamponare il danno e di ricacciarsi su gli occhiali che gli scivolavano continuamente sulla punta del naso.
Il Re sfilò un fazzoletto dalla tasca e accorse in suo aiuto.
«Perdonami, non volevo spaventarti.»
Frunn scosse il capo, facendo scivolare di nuovo gli occhiali.
«Non dovete scusarvi, Sire! È colpa mia, sono troppo sbadato…»
Il giovane elfo aveva un’aria tanto affranta che Horlon non resistette all’impulso di assestargli una pacca comprensiva sulla spalla.
«Verbalizzavi la riunione?»
Frunn annuì.
«Sì, Sire. Ho quasi finito.»
Horlon lanciò un’occhiata al taccuino miracolosamente scampato alla catastrofe e non poté fare a meno di ammirare ancora una volta la precisione, la calligrafia e la velocità del suo segretario. Un caso più unico che raro di ordine interiore che non si rispecchiava in un equivalente ordine esteriore.
«Avresti con te i tuoi diari? Quelli in cui ti scrivi tutto quello che succede?» gli domandò.
«Le cronache, Sire?» domandò Frunn.
«Sì, esatto.»
«Quale evento vorreste rileggere?»
Horlon ci pensò un momento. Da dove sarebbe stato meglio cominciare? Dal reclutamento di Nastomer? Dalla prima riunione del Consiglio Ristretto?
«Il primo attacco dell’esercito dei Draghi. Da lì in poi, insomma» concluse.
Frunn armeggiò tra le pile di libri ammonticchiati sulle scrivanie e ne estrasse l’ennesimo taccuino, lo aprì e lo sfogliò, facendo scorrere con le dita sottili le date appuntate dalla sua grafia precisa e nitida. I suoi diari erano diventati rapidamente preziosi per Horlon: il giovane elfo vi appuntava gli eventi che si verificavano quotidianamente, senza trascurare nemmeno il dettaglio apparentemente più insignificante. La sua meticolosità aveva un ché di inquietante, ma il Re aveva imparato ad apprezzarne l’utilità e la praticità.
«Ecco, Sire» disse il segretario spingendogli un paio di diari sotto il naso.
Horlon abbassò gli occhi: la data era quella di otto mesi prima. Sorrise a Frunn e questo arrossì, riposizionando gli occhiali sottili sul naso.
«Me li presti?» domandò.
«Certo. Se posso chiedere, che cosa cercate?»
 
Accoccolato sotto la coperta imbottita di piuma d’oca, con un cuscino sostanzioso dietro alla schiena, una tisana fumante e un bel raggio di sole che entrava dalle finestre e cadeva giusto giusto sulle pagine, Horlon faceva scorrere l’elenco di eventi che Frunn aveva appuntato sul suo diario.
Non che sperasse di ricavarne chissà quale epifania, ma aveva bisogno di capire se avesse appena commesso il fatale errore di cedere alla fretta, contagiato dai nani. Era fermamente convinto di quanto aveva detto ad Erina, ed era altrettanto certo delle potenzialità di Nastomer, ma dopotutto forse stavano davvero affrettando gli eventi.
La grafia nitida di Frunn elencava nero su bianco le prime avvisaglie di ciò che sarebbe accaduto: Bearkin e un manipolo dei suoi draghi avevano attaccato senza ragione apparente la città di Altapietra, capitale del regno dei nani, portando la morte e la distruzione del fuoco nel cuore del loro Impero. Naturalmente, Kirik aveva reagito con asprezza e aveva contrattaccato. I nani avevano organizzato una sortita agli Alti Nidi e avevano distrutto un gran numero di uova. Nottetempo i draghi si erano vendicati, colpendo la roccaforte di Vecchiopendio. A quel punto, i nani avevano chiesto l’intervento degli elfi e dei maghi, e prima che questi potessero prendere una posizione Bearkin aveva attaccato anche le loro città.
Se fosse dipeso da Horlon, la risposta al primo attacco non sarebbe stata tanto subdola. Attaccare i loro piccoli era stato un gesto meschino, indegno di un popolo civilizzato, e comunque aveva offerto il fianco ad un nuovo attacco. Ma la frittata ormai era fatta e anche elfi e maghi avevano fatto le spese della stoltezza di Kirik. Questo Horlon non avrebbe potuto in nessun modo tollerarlo. Ma come fare per intavolare una trattativa con i draghi? Ci aveva provato, oh sì, e il suo vecchio segretario aveva incontrato un destino che il Re non era ancora riuscito ad accettare. Il povero Frunn aveva appuntato anche quello. Dopo quell’evento, lo stile delle annotazioni cambiava: il ragazzo era stato nominato segretario personale del Re e si sforzava di essere più formale.
Horlon sorrise tra sé e si portò la tazza alle labbra. La scelta del nuovo segretario era stata veloce e indolore perché aveva già messo da un pezzo gli occhi sul giovane Frunn. Suo padre era stato un eccellente musicista ed un discreto compositore, e il Re aveva amato molto il suo genio eccentrico. Fino a quando di punto in bianco questi non aveva deciso di abbandonare la musica per dedicarsi anima e corpo alla pittura, arte nella quale era indubbiamente molto meno versato. Horlon scosse lievemente la testa, ancora incredulo dopo tanti anni. Frunn, a modo suo, somigliava a suo padre: aveva gli stessi sottili capelli castani, gli stessi occhi dolci, le stesse ciglia lunghe, gli stessi lineamenti delicati. Riusciva anche ad essere ugualmente goffo. Per sua fortuna, però, aveva ereditato il carattere docile della madre e non la fiera cocciutaggine del padre. Il giovane elfo era sempre stato molto intelligente e amava studiare, e Horlon non aveva mai perso occasione di incoraggiarlo. Ovviamente, avrebbe preferito non trovarsi nella situazione di poterlo gratificare con una promozione dovuta alla tragica scomparsa del precedente segretario…
Ad ogni modo, la violenza insensata di Bearkin aveva obbligato Horlon, e Storr con lui, a prendere una posizione definita sul conflitto, anche se la guerra in sé e per sé andava contro i suoi principi morali e i suoi desideri. Storr aveva messo a disposizione la sua città e il suo palazzo per le riunioni di quello che si era autodefinito “Consiglio Ristretto”, una delegazione di tre elfi, tre nani e tre maghi che avrebbe dovuto decidere il da farsi. Cyanor si collocava in posizione centrale rispetto a Lumia – capitale degli elfi -  e ad Altapietra – capitale dei nani – ed era quindi il luogo migliore in cui stabilire una base operativa. Si mostrò chiaro sin da subito che l’inguaribile ottimismo di Horlon non aveva contemplato la possibilità di insuperabili contrasti comunicativi.
L’elfo poteva anche non avere una spiccata propensione alla diplomazia, ma di certo aveva imparato a mettere a frutto il suo innato carisma per sopperire all’irruenza che a volte non riusciva a frenare. Ma tutto ciò che aveva imparato a gestire a proprio vantaggio, con i nani non funzionava: erano meno diplomatici, più irruenti, e decisamente meno ragionevoli di lui. Trovare un accordo comune con loro sembrava un’impresa impossibile.
Era stato allora che Storr aveva avuto l’idea: si diceva che a Nord, nascosta tra le rocce di un canyon, ci fosse una cascata, e non una cascata qualunque. Creata dal Dio dell’Acqua in persona, era intrisa di potere al punto che chiunque si fosse bagnato nelle sue acque magiche avrebbe acquisito poteri incredibili. Poteri di stregone. Horlon aveva trovato ridicola quell’affermazione sulle labbra di un mago, che già aveva poteri particolari, ma più tardi aveva capito. Tra maghi e stregoni esistevano differenze enormi, con il tempo l’elfo aveva imparato a comprenderle. Per prima cosa, un mago poteva diventare tale quando si trovava esposto ad una forte pressione o ad un pericolo – un incendio, un’inondazione, un terremoto, un uragano, e affini; l’elemento naturale alla base del pericolo o della pressione provocava una reazione che sfociava in un mutamento, un risveglio lo chiamava Storr, e quel particolare elemento diventava parte dell’essere stesso del mago. Le ragioni che spingevano una persona al risveglio e un’altra magari alla morte non erano conosciute, forse una qualche propensione innata di alcuni individui. Ma da lì si entrava nell’area del “si dice”. Contrariamente, uno stregone aveva un solo modo di diventare tale, ovvero bagnarsi nelle acque della Cascata del Potere. In secondo luogo, mentre un mago poteva esercitare la sua influenza solo sull’elemento risvegliato, uno stregone aveva pieno potere su tutti e quattro gli elementi. Da ultimo, ma non meno interessante, i maghi erano e restavano comuni mortali; chi più, chi meno longevo, erano creature umane con una fine naturale preventivata. Gli stregoni acquisivano nientemeno che l’immortalità. Pacchetto completo, insomma.
Storr proponeva di servirsi di questa Cascata per guadagnare un’arma ulteriore contro i daghi. Sul momento l’entusiasmo prevalse e per la prima volta l’intero Consiglio Ristretto si trovò concorde, ma l’idillio durò poco. Quando si trattò di scegliere chi promuovere al rango di stregone, risultò impossibile trovare una mediazione. Horlon, consapevole di quanto avrebbe comportato una simile scelta, non solo per loro ma per la persona stessa che avrebbe permesso loro di cambiare per sempre la sua vita, propose Storr. Si fidava di lui, conosceva già le dinamiche della magia, e soprattutto era già informato di tutto ciò che c’era da sapere. Glenndois si oppose velatamente, osservando che si sarebbe potuto candidare suo figlio Oliandro, ma Horlon non si lasciò abbindolare: la magia di quel tipo era sempre rimasta questione estranea agli elfi ed era certo che fosse meglio continuare a mantenere le distanze. Senza contare che mai e poi mai avrebbe gettato suo nipote tra le fiamme di Bearkin. Ad ogni modo, Storr declinò l’invito, dichiarando di non essere pronto all’immortalità e di voler continuare ad invecchiare accanto a sua moglie. A sua volta, però, fece il nome di uno dei suoi maghi più promettenti, Mark dell’Aria, ma il suo campione trovò la ferma opposizione di Kirik. Perché anche Kirik, naturalmente, aveva una candidatura da avanzare, quella di Regen, comandante del suo esercito. La posizione dell’Imperatore aveva complicato notevolmente le cose, perché lo stesso Regen era membro del Consiglio Ristretto. Horlon non desiderava mettere il destino della sua gente nelle mani di un nano, a maggior ragione se questo era già un diretto sottoposto di Kirik. Troppo manovrabile per i suoi gusti. Fortunatamente anche Storr si era opposto, dichiarando senza giri di parole che se non si erano mai riscontrati casi di risveglio nel popolo nanico un motivo ci doveva pur essere.
L’elfo prese un altro sorso di tisana.
Erano seguiti giorni di stallo, costellati di folli litigi. Horlon aveva finito per chiudersi nelle sue stanze, nel tentativo di recuperare la calma e di non mandare all’aria tutte le trattative. Era rimasto in meditazione due giorni, circondato da antichi testi di leggende e di magia, assediato da un Glenndois non autorizzato ad entrare e troppo desideroso di tornare a Spleen da sua moglie e dai suoi figli.
Quando il Re degli elfi ricomparve nella sala riunioni del Consiglio dovette sopportare le feroci critiche di Kirik prima di poter prendere la parola ed esporre quanto aveva scoperto dai libri dimenticati nelle biblioteche di Cyanor.
Vuotò la tazza, sorridendo del resoconto di Frunn dal quale traspariva una smisurata incredulità. Chissà che fatica aveva fatto per evitare di appuntare, tra le righe, i suoi commenti personali…
Horlon aveva letto una versione piuttosto antica della leggenda della Cascata del Potere, e lo scrittore sosteneva che l’accesso alla Cascata non fosse affatto libero, ma che anzi gli Dei avessero preposto una custode, una sirena, perché si valutasse il cuore del candidato prima di concedergli quei poteri quasi illimitati. Una cosa del genere avrebbe complicato un po’ le cose, dal momento che la scelta dello stregone non poteva più dipendere totalmente dalla loro volontà. Pertanto Horlon propose di recarsi preventivamente alla Cascata e di parlare con la custode, se questa esisteva realmente. I maghi approvarono la richiesta, i nani si adeguarono, non troppo convinti. La mattina seguente, Horlon, Kirik e Storr, accompagnati da tre maghi di elemento Aria, si recarono alla Cascata del Potere.
Horlon rabbrividì al ricordo. I maghi di elemento Aria avevano il singolare potere di viaggiare nelle correnti, scomponendo sé stessi e i loro eventuali passeggeri in minuscole particelle, e Horlon aveva provato in quella occasione per la prima volta l’ebbrezza di sentirsi dissolvere nel vento, strappato da terra e sballottato qua e là da una forza estranea. Un’esperienza che avrebbe evitato volentieri di ripetere.
A Nord-Ovest, oltre Bosco Lossar, si innalzava un canyon. Tra quelle rocce, nascosta, si apriva una valle bellissima, e in fondo a quella valle era celata la Cascata del Potere. Per un mago potente come Storr era stato abbastanza semplice seguire la scia magica delle particelle d’acqua fino a quel luogo. La Cascata precipitava in una polla d’acqua cristallina, costellata di scogli. Su uno di essi stava languidamente sdraiata una sirena. Aveva una bella coda cangiante e dei capelli lunghissimi tirati su una spalla. Gli occhi erano blu come le acque più profonde. Si chiamava Kore, lo disse con una voce incantevole. Horlon aveva conosciuto molte sirene, una nutrita comunità viveva anche nelle acque placide del Golfo Edera, sul quale si affacciava l’isola a forma di stella che ospitava Lumia, ma nessuna era bella quanto Kore. Il primo a riaversi fu Storr, che le si avvicinò, rispose alle sue domande dichiarando di non essere candidato alla Cascata, e le espose il loro problema. Le disse di essere alla ricerca di una persona meritevole, che potesse aiutarli a fronteggiare lo spaventoso potere dei draghi nella guerra imminente. Kore si mostrò comprensiva e partecipe e suggerì di cercare una persona semplice e generosa, dal cuore buono, e di portarla da lei perché potesse giudicarla. Nel caso in cui il candidato non si fosse rivelato idoneo, sarebbe stato rispedito a casa con la mente ripulita dei ricordi relativi alla Cascata. Di più Kore non poteva fare. In quanto custode della Cascata e Vestale del Dio dell’Acqua non poteva influire sul naturale corso degli eventi, a meno che dalla sua astensione non potessero derivare gravi danni all’equilibrio della Terra dei Tuoni.
Così i tre Re e i tre maghi d’Aria erano ripartiti e tornati a Cyanor. Una volta riunito il Consiglio Ristretto e messo gli altri membri al corrente di quanto scoperto, si riaprì il dibattito su chi proporre alla sirena. L’intervento più assennato portava la firma di Erina. In attesa che si smuovesse la situazione, aveva riflettuto e capito che per mettere d’accordo tutti il candidato doveva essere una persona comune, estranea ai fatti e ai giochi di potere, senza legami con i membri del Consiglio. Restava aperta la questione della scelta: se nessuno conosceva il candidato come lo si poteva candidare? Erina disse di avere conoscenze utili, di darle tempo tre giorni per fornire un nome.
Horlon non aveva fiducia nelle promesse di Erina, non tanto perché avesse pregiudizi nei suoi confronti – anche se lui, al posto di Storr, non l’avrebbe mai e poi mai sposata – ma perché tre giorni gli sembravano davvero poco tempo per una ricerca del genere. Ma contrariamente ad ogni aspettativa la Regina rispettò i termini. Allo scoccare del terzo giorno aveva una proposta: c’era un ragazzo, Nastomer, che vagava ormai da qualche tempo per il Nord-Est. Era partito lasciando il suo paese natale e la casa che il tempo e la sfortuna avevano svuotato da ogni altra presenza, alla ricerca di una nuova vita. Era passato da poco da Cyanor, dove era stato ospite della madre di un’ancella di Erina. Era dolce e gentile, ma anche molto triste, e soprattutto non aveva una famiglia a cui tornare. Horlon non aveva apprezzato il sottinteso – serviamoci pure di lui, tanto non ha nulla da perdere – ma a fronte dell’approvazione di Storr e di Kirik non osò tirarsi indietro.
Si poneva il problema di come rintracciarlo. Storr disse che tra i poteri peculiari delle sirene vi era anche quello di influire sul sonno dei mortali, e che quindi avrebbero potuto chiedere aiuto a Kore. L’elfo non osò domandare perché non si potesse chiedere ad un mago di elemento Terra di rintracciarlo, sospettava che Storr sapesse qualcosa che a lui invece sfuggiva ancora. Ad ogni modo il resto del Consiglio approvò, così Horlon, Kirik e Storr si prepararono ad un nuovo fastidiosissimo viaggio tra le nuvole, direzione Cascata.
Kore non si mostrò particolarmente felice della proposta che i tre avanzavano. Sosteneva che se avesse infranto il divieto di intervento della Vestale avrebbe pagato con la sua stessa vita. Alla fine Storr la convinse che se non si fosse fatto qualcosa per fermare l’avanzata dei draghi, presto della Terra dei Tuoni non sarebbe rimasta che cenere. Fu così che iniziarono le chiamate a Nastomer.
Prima la sirena fece sì che un messaggio dei tre Re giungesse al ragazzo sotto forma di sogno. Gli dissero di prepararsi perché una guerra attendeva nel suo futuro, un guerra per l’esito della quale il suo contributo si sarebbe rivelato determinante. I tre si mostrarono nelle loro vesti migliori, intenzionati prima di tutto ad impressionare Nastomer.
La notte successiva, Kore chiamò personalmente il ragazzo, chiedendogli di cercare la Cascata. Il messaggio era vago, molto vago, ma Storr aveva insistito perché si lasciasse al poveretto il tempo di capire che cosa stesse succedendo.
Lo attesero per un po’, ma naturalmente Nastomer non poteva in nessun modo trovare la Cascata del Potere. Quando li raggiunse la notizia di un nuovo attacco alla città di Phia, Storr si decide ad approvare una terza chiamata. Con un’intrusione ai limiti delle sue potenzialità, Kore, riuscì a far giungere a Nastomer la voce di Horlon, perché potesse guidarlo fino a lì. Non fu un viaggio semplice: la Terra dei Tuoni era in stato d’assedio, il sospetto e la paura regnavano sovrani.
Non appena Horlon si trovò di fronte a Nastomer comprese il senso del temporeggiare di Storr. Il ragazzo poteva avere un’età compresa tra i quattordici e i diciassette anni, poco più che un bambino ai suoi occhi, ed era completamente stranito. Non era mai uscito dalle mura della sua fattoria fino a pochi mesi prima, aveva appena iniziato a conoscere il mondo. Cercare di capirci qualcosa nei loro messaggi enigmatici poteva essere un modo di spronarlo, di incuriosirlo e di farlo sentire insostituibile, anche se l’elfo dubitava che la cosa potesse aver avuto una qualche utilità.
Ad ogni modo, per fortuna Kore lo valutò idoneo. Storr gli spiegò tutta la faccenda e gli fece la sua proposta, davanti e due occhi nocciola spalancati per la meraviglia.
“Perché io?” aveva domandato.
I tre si erano guardati, ponendosi la stessa identica domanda. Perché Nastomer? Perché era l’unico candidato neutrale. Perché l’aveva proposto Erina e nessuno aveva trovato da obiettare alcunché. Perché ci si aspettava fosse malleabile, un vaso vuoto da riempire. Perché non aveva niente da perdere. Tutte cose che non gli si potevano dire. Era stata Kore a toglierli d’impiccio, con dolcezza.
“Perché il tuo cuore è puro. Non tutti sono degni di bagnasi nella Cascata, sai?” aveva detto.
E così il giovane Nastomer aveva accettato di mettere la propria vita al servizio di perfetti sconosciuti e si era buttato nelle acque magiche.
In pratica, nell’arco di pochi mesi l’ultimo dei contadini era diventato uno stregone e incarnava la principale arma contro Bearkin e il fuoco dei suoi draghi. Con tutti i problemi che questo comportava.
Una volta rientrati a Cyanor, Storr e una squadra di maghi si erano presi l’incarico di istruire Nastomer nelle arti magiche, ma naturalmente non era cosa semplice. Non sarebbe stato un ostacolo insormontabile se Kirik e i nani avessero dimostrato di conoscere il significato del termine “pazienza”.
Così si erano venuti a trovare nell’attuale situazione di stallo. Storr faceva del suo meglio per stringere i tempi, Kirik picchiava i pugni e Horlon tentava di mediare fingendosi neutrale quando in realtà la pensava come Storr.
I diari di Frunn si interrompevano sul resoconto della riunione del giorno precedente e Horlon richiuse il taccuino e lo ripose accanto alla tazza vuota.
Non era stata una buona idea ingannare un ragazzo che aveva fiducia in loro. È vero, gli avevano offerto una posizione importante, uno scopo nella vita, la possibilità di imparare qualcosa e la disponibilità di poteri straordinari che probabilmente non avrebbe mai nemmeno sognato. Senza contare l’immortalità. Ma a che prezzo? Aveva messo la sua persona a disposizione del Consiglio Ristretto senza pensarci due volte, e Kirik osava lamentarsi dei suoi ritmi di apprendimento! Per non parlare di Erina, che l’aveva trascinato in una guerra più grande di lui e adesso non voleva che fosse suo marito ad occuparsi della sua istruzione perché lo avrebbe messo in pericolo. E al pericolo che avrebbe corso il ragazzo non ci pensava?
Horlon scivolò sotto le coperte fino al naso e prese una decisione: avrebbe fatto del suo meglio per aiutare Nastomer, anche a costo di mettersi contro il Consiglio.




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Eccoci qua, sepolti sotto il piumone con una bella tisana alle erbe (lo confesso, ho fatto un po' l'Horlon di turno in questi giorni :3)!
Come avrete intuito, questo fantastico capitolo è l'antefatto della nostra storia. Spero non sia stato eccessivamente palloso, se del caso portate pazienza. Vi consoli pensare che per scriverlo ho sputato sangue.
Mi scuso con chi avesse letto anche La Cascata del Potere, che si è dovuto risorbire tutta la nozionistica sulla Cascata, la Vestale, maghi e stregoni, e via discorrendo. Capirete anche voi che era necessario che ve lo ricuccaste! ^___^
Mi scuso anche con l'Accademia della Crusca per i probabili abomini grammaticali, la consecutio temporum ballerina, le eventuali concordanze "sconcordanti" e quanto altro. Ad ogni rilettura ne correggo, rabbrividisco e immagino quante fregnacce ancora possano essermi sfuggite.
Portate pazienza e a Natale regalatemi un congiuntivo :)

Alla prossima,
un bacione e buone feste!
Cat
   
 
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