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Autore: releuse    05/03/2009    7 recensioni
C'era qualcosa che Ken Wakashimazu aveva perso. Qualcosa che gli impediva di giocare, qualcosa che il principe di vetro possedeva. "Incatenato nelle braccia e nelle gambe, avevo l’impressione di essere uno schiavo privo di qualsiasi facoltà di decisione, ormai rassegnato alla sconfitta e annichilito nell’animo, dominato da un potere troppo sacro per essere abbattuto. Atterrito dai suoi occhi decisi." Fanfiction interamente rivista, corretta e modificata. La trama di base è la stessa, ma arricchita con nuovi dialoghi, descrizioni e situazioni.
Genere: Romantico, Sportivo, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Jun Misugi/Julian Ross
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate se è risultato aggiornato il capitolo poco fa, mi stavo incasinando con la linea....


Eccomi qui con il nuovo capitolo di questa ff rivista e corretta, questo cap mi ha impegnata molto >__< Grazie a voi che l’avete letta e per i consigli che per me sono sempre più che accetti *__* non si smette mai di imparare   _0_ ---> inchino ^^



Ichigo85
: cara Oneechan, graziee^__^ Per il commento, per i consigli e per il betaggio ç__ç come farei senza te! Sono contentissima che la nuova versione ti piaccia! La preferisco anche io ;)


Melanto
:
cara! Sono ancora reduce dalle tue belle ff su Yuzo e Mamoru *ç*...ok, torno alla mia ff...dicevo...(XDD) ho imparato a usare NVU finalmente e ora ho capito come sistemare i caratteri che dovrebbero andare meglio ^__^ Spero che la mia insolita accoppiata continui a piacerti *_*...ma povero Jun, io lo adooooooro >__< insieme a Kojiro è il mio pg preferito!
Eos75: Sono così contenta che stai leggendo anche questa versione! Sì, Ken è un pg molto tormentato e io gli voglio male che lo faccio penare ancora di pù , hihihi! Però mi piace cmq molto come pg *_* nonostante la sindrome premestrualeXDD
Berlinene: Grazie mille per le dritte! Le ho tutte modificate...una tiratina di orecchie? Ci voleva una tiratona!! Povero Jun, in effetti sembrava fatto apposta per prenderlo in giroXDD  Ken si è lamentato del fatto che l’ho gettato sul futon....povero si è fatto male ç__ç Quindi ho apportato modifica!
4haley4: Hai proprio ragione a dire che era una bozza >___< più la riprendo in mano e più rimango scioccata da quanto era scarna la prima versione...soprattutto per la tecnica del (come lo chiamo io) ‘singhiozzo’, di scrivere troppe parole staccate dal punto invece di farne una bella frase....mi auguro questa risulti più fluida! Ahhh quel capitolo su Yayoi (che mi sta parecchio antipatica...è di un noioso!) ho in mente qualche modifica per quello ;)


Grazie ancora a tutte!
A voi, buona lettura con il II capitolo!
 


Il cuore e il pallone
II Parte
Di  Releuse




Il piccolo paese di cui mi aveva parlato Misugi si trovava proprio ai piedi della collina dove sorgeva la pensione. Per raggiungerlo salimmo su un autobus di linea, probabilmente messo a disposizione in occasione della festa. Nel buio di quella strada di campagna, mentre venivamo inghiottiti dall’oscurità priva di luci artificiali e circondati dalle ombre degli alberi che correvano sui lati, come se fossero anime silenziose che ci osservavano, Jun Misugi mi raccontava della sua infanzia in quel luogo. Durante tutto il tragitto mi parlò delle prime volte in cui vi si recava con i genitori, i quali erano convinti degli effetti benefici dell’aria di montagna per il suo debole cuore. Mi rese inoltre partecipe degli scherzi che lui e altri bambini facevano al povero signor Matsumoto, di come proprio in quel luogo aveva cominciato a giocare a calcio. Mi rivelò, quasi con imbarazzo, che fu proprio la moglie del signor Matsumoto a regalargli il primo pallone da calcio, quando aveva quattro o cinque anni.

“Sono molto affezionato a questo posto...” Disse ad un certo punto, senza guardarmi, come se quelle parole fossero una velata confessione.

Il tono di Misugi era molto coinvolgente e, soprattutto quando parlava degli scherzi coi bambini, i suoi occhi brillavano colmi di soddisfazione. I gesti, la voce squillante e le sue battute riuscivano a rendermi partecipe delle esperienze che mi raccontava. Che dire, ero stupito. Stupito di vedere il “ principe del calcio” esprimersi così apertamente, fino ad allora mi era sempre apparsa come una persona poco loquace, il tipo che dice le cose giuste al momento giusto.
Non sapevo se lo stesse facendo per distrarmi, però il suo comportamento riusciva davvero a strapparmi numerosi sorrisi ed inoltre avevo l’impressione che fosse davvero spontaneo.

Era quella la vera natura di Jun Misugi? Cominciavo a domandarmelo, quando qualcosa improvvisamente catturò la mia attenzione: poco lontano, intravidi delle piccole luci sferiche e sfavillanti che si dilatavano sempre di più come avanzavamo con l’autobus. Sembrava di osservare un campo pullulante di lucciole.

“Siamo arrivati! Sono le luci della festa!” Esclamò entusiasta Misugi.





L’autobus si fermò davanti ad un maestoso tempio scintoista pieno di luci vivaci che lo animavano tutto intorno e dal quale andavano e venivano molte persone, alcune delle quali in kimono. Non appena scendemmo dall’autobus ci inghiottì l’ondata di voci e musiche che provenivano dall’esterno, dalle numerose bancarelle che costellavano il viale e dalla folla che lo riempiva.

“È un bello spettacolo, non è vero Wakashimazu?” Lo sguardo di Misugi mi chiedeva conferma.
“Sì, in effetti lo è...” Risposi, ancora colmo di stupore per lo spettacolo che si stava presentando ai nostriocchi.
“Mh, allora avviamoci...” Misugi sorrise soddisfatto.

In pochi minuti ci eravamo mescolati fra la folla, confusi fra quelle voci allegre di adulti e bambini e le luci brillanti delle lampade appese in ogni bancarella; a tratti, poi, la musica tradizionale era talmente alta che io e il capitano della Musashi dovevamo urlare per parlarci. Eppure, nonostante il caos, era tutto così... divertente. Misugi conosceva ogni angolo della festa, ad ogni passo mi indicava qualcosa di conosciuto e sapeva individuare le cose più interessanti e divertenti da vedere. La sua risata cristallina era diventata improvvisamente piacevole ed incredibilmente contagiosa. Inoltre, l’aria dolcemente tiepida, sintomo che l’estate era alle porte, rendeva l’atmosfera ancora più gradevole.

Era qualcosa di assurdo... ed incredibile. Fino a poche ore prima il rancore verso Jun Misugi mi stava divorando, i suoi occhi non avevano fatto altro che perseguitarmi, invece... improvvisamente mi trovavo con lui ad una festa tradizionale, senza pensare a nulla se non a divertirmi e scherzare. Era come se, di colpo, tutti i miei pensieri, i dubbi, il calcio stesso, fossero scomparsi. E tutto grazie a lui, Jun Misugi.

La causa del mio tormento eppure al tempo stesso la causa del mio buonumore.

Uno strano scherzo del destino.





La cosa più insolita fu vedere Misugi gareggiare al kingyosukui* con grande spirito battagliero. Rimboccatosi le maniche, il capitano della Musashi cominciò con aria di sfida la cattura dei pesci.

“Argh, non è possibile!” Gridò, non appena si ruppe il primo retino. “Devo riprovarci!” Continuava con estrema convinzione, come se io non ci fossi. Era davvero buffo vederlo così adirato!
Divertito dalle sue espressioni demoralizzate, decisi di andare in suo soccorso, ormai era una situazione disperata!

Inginocchiandomi al suo fianco, gli afferrai il polso, cercando di dargli la giusta angolazione. “Dovresti essere più delicato, Misugi...” Gli dissi, mentre mi concentravo sul movimento di quei piccoli pesci rossi e questo mi impedì di interpretare il lieve brivido che scosse il suo corpo a quel contatto.

“Via!” Gridai all’improvviso, guidando velocemente la sua mano nell’acqua. “..è fatta!”

Misugi alternò stupito lo sguardo fra me e il pesce rosso pescato insieme. “Ma come hai fatto?”
Sbuffai fintamente annoiato. “Bè... devi sapere che mio padre è un tipo un po’ tradizionalista... quindi le uniche feste che io e mio fratello abbiamo visto con lui sono queste... e poi diceva che era utile per imparare il karatè... sai, i riflessi... che ossessione! Per questo ho un po’ l’allergia per questi posti” Scherzai.
“Haha!” Annuì Misugi ancora sorpreso. “Karatè”? Domandò poi.

Già, dimenticavo, lui non sapeva nulla di me.


“... quindi hai dovuto lottare con tuo padre per poter giocare a calcio...” Constatò Misugi, mentre camminavamo nuovamente fra la folla.

Non so perché mi esposi così in quel lasso di tempo, non sono uno che ama molto parlare di sé, eppure con lui lo feci con molta franchezza e sincerità.
“Sì, è stata dura... ma lui sembra aver capito...” Sospirai. “... non è semplice fare qualcosa per costrizione, se non la senti parte di te...” Conclusi, esprimendo le ultime parole più a me stesso che a Misugi. Ed il capitano della Musashi parve accorgersene, poiché tacque e non aggiunse più una parola sull’argomento.

“Ah, guarda, Wakashimazu!” Il silenzio fu spezzato dalla voce di Misugi che mi indicava qualcosa. Poco distante notai un grosso pannello di legno colorato come se fosse una porta da calcio, sopra il quale c’erano dei buchi di diverse dimensioni. Conoscevo quel gioco! Bisogna calciare un pallone e a seconda del buco centrato si vince un premio.

“Mh... non è molto tradizionale...” Affermai perplesso.
“Che ci vuoi fare... è la globalizzazione!” Scherzò Misugi. “Dai, ci voglio provare!”
“Eh?” Non feci in tempo a rispondere che Jun Misugi si stava già mettendo d’accordo col proprietario dandogli la quota per giocare.

Lo vidi posizionarsi alla giusta distanza, concentrarsi sull’obbiettivo.

Riconobbi ancora una volta il suo sguardo determinato.

Lo sguardo di colui che sa di essere prossimo alla vittoria.

Ed ancora una volta mi ritrovai immobile e inerme, catturato dalla sua elegante figura e stregato da quello sguardo che continuavo a fissare, come ipnotizzato.

Poi, improvvisamente, un impercettibile respiro, uno scatto, il pallone che falciava l’aria.

Il respiro che moriva in gola.

“Ce l’ho fatta!” L’esplosione di ilarità di Misugi spezzò il mio torpore, riportandomi alla realtà.

Era riuscito a centrare il buco più piccolo e sia il proprietario del gioco che gli spettatori occasionali erano rimasti senza parole.

‘Non si smentisce...’ Pensai fra me. ‘Ha voluto subito affrontare l’ostacolo maggiore...’

“Bravissimo Misugi!” Esultai, coinvolto dalla sua risata. Mi ritrovai a pensare che sul campo, quando metteva a segno un goal, l’unico gesto che dimostrava era un sorriso di soddisfazione, invece, in quel momento, rideva come un ragazzino. Ero proprio sorpreso di conoscere quei lati nascosti di Jun Misugi.

Quanti volti mi nascondi ancora, principe di vetro?

“Tieni...”

Improvvisamente mi trovai fra le mani un pallone da calcio.

“Come...?” Domandai confuso.
“... è il premio che ho vinto...” Mi spiegò con un sorriso. “Te lo regalo...”
Il suo gesto mi stupii non poco, ma non riuscii a ribattere. Era come se dietro ci fosse un’intenzione, quasi un... volermi portare fortuna...

“Grazie, Misugi...” Gli dissi, un po’ sovrappensiero. “Mi sa che dovrò ricambiare... andiamo a mangiare qualcosa?” Proposi. Si stava facendo tardi e, in effetti, non avevamo ancora cenato.
“Mh, volentieri!”




“Non credevo che tu fossi così, Misugi…” Dissi, mentre eravamo seduti in un locale dove servivano il ramen.

“Uh? Così come?” Leggendo il menù, Misugi mi rivolse uno sguardo interrogativo.
“Beh... così! Come stasera!” Non sapevo bene come spiegarmi. “... se ti vedessero gli altri! E le tue ammiratrici! Credo che cadrebbe un mito!” Scherzai.
Misugi parve capire e soffocò una risata. “Beh, devo mantenere la mia dignità… la mia immagine da principe!” Esclamò, facendo ironia su di sé. Poi, però, mi rivolse un sorriso sincero.“… questo sono io. Sul campo ho troppi pensieri e responsabilità per essere me stesso… non che finga, però... ci sono delle priorità e delle responsabilità...”
 
Fui felice della confessione e cominciai a capire il perché dei suoi mille volti, delle sfaccettature che in anni di partite, sia come rivali, sia come compagni nella nazionale giovanile, non ero mai riuscito a cogliere. E che, invece, in una sera mi erano state mostrate più che chiaramente**.


Jun Misugi era una persona molto forte, rivelai a me stesso, perciò, d’un tratto, mentre aspettavamo le nostre ordinazioni, mi costrinsi a fargli quella domanda.

“Senti, Misugi...” Lo chiamai, attirando la sua attenzione. “... hai mai pensato di rinunciare al calcio?”

Lui mi scrutò attentamente, come per cogliere il senso delle mie parole. “Per via della mia malattia al cuore?”

“Sì...” Gli risposi, non distogliendo gli occhi dai suoi.

Misugi fece un respiro profondo. “Certo... l’ho pensato, più volte...” Le sue parole furono scandite da una breve pausa. “...ma non l’ho mai voluto. Mai!” Il suo sguardo non tradiva alcuna incertezza.
“Ma...” Non feci in tempo a parlare, che un crash fece sussultare entrambi.

Il tintinnio di piccole schegge di vetro echeggiò per alcuni istanti.

Poco distante un bambino aveva fatto cadere un bicchiere ormai andato in frantumi, la madre si stava prontamente scusando con il proprietario che le fece cenno di non preoccuparsi.

“Il mio cuore è come quel bicchiere...”

Le parole di Jun Misugi mi raggiunsero come un pugno nello stomaco, mentre le pronunciava non distoglieva lo sguardo dai frammenti sparsi sul pavimento. “... è fragile ed è debole. Ma io non sono come lui. Io non posso lasciarmi vincere dalla malattia. Io voglio continuare a giocare a calcio, non ci rinuncerò così facilmente, anche se ogni minuto che passo sul campo è una bomba ad orologeria per il mio cuore... anche se non posso più essere il migliore.”

Era fiera convinzione la sua. Ferrea e orgogliosa. Lo si leggeva dai suoi occhi, dalle parole scandite alla perfezione, dai pugni serrati improvvisamente, che manifestavano la sua lotta costante e la rabbia contro la malattia.

Che cosa lo spingeva a tanto?

“... è comunque un buon motivo...” Gli risposi, mentre nella mia testa riemergevano violenti i dubbi che fino a quel momento ero riuscito a dimenticare. “Hai la tua meta, il tuo obiettivo: andare avanti nonostante la malattia. Io, invece, qualsiasi cosa faccia, rimarrò sempre secondo a Wakabayashi...”

Misugi tornò a rivolgere il suo sguardo su di me, prestando silenziosa attenzione a ciò che stavo affermando.

“... tempo fa è stato Hyuga a convincermi a giocare, sfidandomi con il suo tiro. Volevo dimostrare di poter essere il migliore. Volevo superare Wakabayashi. Ma ormai me ne sto rendendo conto… non sarò mai come Genzo. Con questa convinzione, ora, non ho più lo stesso entusiasmo di una volta. Nell’ultima partita mi sentivo come bloccato, privo di forza e di motivazione. Mah...” Mi passai una mano fra i capelli, gettando la testa all’indietro, come per non dare troppa importanza alle mie stesse parole, per sminuirle volutamente. “Forse… non ho più buon motivo per giocare a calcio…”

“Il solo voler battere Wakabayashi non lo rende comunque un buon motivo...”

Avevo spalancato gli occhi di colpo, ma, prima che potessi rispondere, davanti ai nostri occhi si presentarono due scodelle di ramen fumanti, accompagnati da un contorno di cavolo, nonché da una bottiglia d’acqua e una di birra Asahi.

“Ecco a voi, spero siano di vostro gradimento!” Esclamò fiero il proprietario, distraendoci dai nostri discorsi.

“Mh, come fa a piacerti quella roba?” Misugi lanciò un’occhiata disgustata alla birra che avevo ordinato.
“Ah, ah, ah! Come fa a non piacere a te, semmai!” Gli risposi divertito.
“Mi sa ci hanno presi per maggiorenni...”
“Se eviti di alzare la voce, dopo credo berrò un bicchierino di sakè...” Continuai, stuzzicandolo.
“Wakashimazu!”

Iniziammo a ridere insieme, lasciandoci alle spalle il discorso di poco prima, anche se, nella mia testa, le sue parole rimasero sospese a lungo, riecheggiandomi ogni tanto nelle orecchie, mentre io e Misugi continuavamo a chiacchierare animatamente...




“...sei assurdo! Ben tre bicchierini di sakè... e sopra la birra!”

Avevo la sensazione che le parole di Misugi mi arrivassero in ritardo, oltre a percepirle un po’ confuse. Non ero completamente ubriaco, però, dovevo ammettere, che il sakè, unito alla stanchezza del viaggio, a quella serata piena e ai pensieri che cercavo di scacciare dalla mia testa, mi avevano abbassato le difese.

“Sembri mia madre, Misugi!Ah, ah, ah!” Ridevo, ma sentivo la testa davvero sempre più pesante e il corpo anestetizzato.
Nel raggiungere la fermata dell’autobus mi appoggiai con un braccio alla spalla di Misugi che continuava a borbottare lamentele contro di me, ma alla fine i suoi rimproveri erano solo una presa in giro, lo notavo dal tono della voce. Poi, improvvisamente, il principe si zittì, come se stesse riflettendo su qualcosa.

“Comunque...” Cominciò ed io dovetti sforzarmi molto per concentrarmi sulla sua voce. “Secondo me non giochi così da schifo per sentire tutta questa rivalità con Wakabayashi!”

Era... incredibile. Stava ancora pensando al nostro discorso?

Jun Misugi era davvero incredibile. Questa fu l’unica cosa che pensai in quel momento, prima di scoppiare a ridere di cuore, nonostante le tempie martellassero sempre più nel mio cervello.


***



Eravamo davanti alla mia stanza, l’orologio da polso che indossavo segnava le tre meno dieci. Nella pensione regnava un profondo silenzio.

Notai che Misugi si apprestava ad aprire la porta accanto.

“Oh, quindi la tua stanza è questa, Misugi?” Domandai a voce bassa, sorpreso. In serata c’eravamo dati appuntamento all’entrata principale, quindi non avevamo badato al fatto di essere vicini di camera.
“Pare di sì” Rispose Misugi. Sembrava... contento.

Ma il suo sorriso venne spezzato da una smorfia improvvisa delle sue labbra e dalla sua mano che prontamente afferrava la maglia, all’altezza del cuore.

“Ehi, Misugi!” Mi spaventai nel vederlo sbiancare in pochi istanti “Che ti succede?”
“Non è niente... sto bene” Misugi alzò il palmo della mano, facendomi cenno di stare fermo, che era tutto a posto. “È solo un po’ di stanchezza... non preoccuparti!”

Disse quelle parole rivolgendomi un sorriso gentile e io avevo come l’impressione che si stesse sforzando, per non farmi preoccupare. Cominciavo a sentirmi un po’ in colpa. Misugi si era dato da fare per me quella sera, cercando di distrarmi e ascoltando quello che dicevo senza mai essere invadente. Questo non potevo negarlo. Non potevo negare che il suo gesto aveva avuto il risultato sperato.

Ero stato bene ed anche in quel momento mi sentivo nel complesso sereno e rilassato. Era come se la coscienza si fosse fatta un po’ meno pesante.

Quindi, quando vidi le sue guance colorirsi e il viso farsi più rilassato, non potei esimermi.
“Grazie...” Gli dissi, guardandolo negli occhi, perché non pensasse che lo stessi facendo solo per circostanza. “... grazie davvero, Misugi...”
“Hei, non c’è bisogno di ringraziarmi...” Sorrise, come se riuscisse a leggermi nel pensiero “Sono contento anche io... è stata una bella serata per entrambi, no?”
Annuii. “Sì... almeno non ho pensato troppo al calcio e...”
“Shht...” Misugi mi fece cenno di tacere, avvicinando la sua mano al mio viso. “Non pensarci neanche ora, Wakashimazu...”

Quella voce roca e confidenziale mi fece vibrare i timpani e il mio corpo si scosse, tremando per un istante sotto il suo sguardo. Il sorriso dolce e allo stesso tempo preoccupato di Misugi parve colmare il vuoto che avevo provato fino a quel momento.

Sentivo solo l’alcool in circolo nel mio corpo. Vedevo solo le sue labbra di fronte a me.

Ormai qualcosa era scattata nella mia testa, una miccia si era accesa, mentre i freni inibitori si stavano dissolvendo. Fu un gesto spontaneo, l'istinto di un attimo.
Gli presi la mano, allontanandola dal mio viso, la strinsi ed infine lo tirai verso di me, chinandomi su di lui.

“Grazie Jun...”

Sussurrai il suo nome e le mie labbra si poggiarono sulle sue. Ed in quel momento il tempo smise di scorrere.

Le labbra di Misugi erano morbide e calde e il mio cuore iniziò ad impazzire, scosso da battiti continui e sempre più intensi.

Non capii se a tremare, a quel contatto, fu il mio corpo o solamente  il suo. O entrambi.
.
Furono pochi attimi che mi parvero eterni.

Durante quegli istanti accarezzai con la lingua la parte superiore delle sue labbra ed azzardai un secondo bacio.

Ma fu l’immobilità di Misugi a scuotermi, la sua fredda immobilità durante quel gesto. Improvvisamente indietreggiai confuso, allontanandomi da lui.

Avevo... avevo baciato un ragazzo, Jun Misugi, e non capivo nemmeno il motivo per cui l’avevo fatto. Sentivo la testa talmente disordinata che ancora non riuscivo a prenderne totalmente coscienza.

“Em... Misugi, scusa... io...” Non sapevo che dire, non riuscivo neppure a guardarlo in viso, ma lui riuscì a sorprendermi.
“Mah, hai uno strano modo di ringraziare la gente, tu.”
“Eh?” Lo guardai, finalmente.

Misugi mi osservava con uno sguardo un poco incerto, come se volesse capire il significato del mio gesto. Non riuscivo ad interpretare la sua espressione, ma non mi sembrava sconvolto... anzi, in quelle ultime parole e nei suoi occhi colsi un velo d’ironia provocatoria.

Ma ad un certo punto, come se fosse tornato alla realtà, non resse più il mio sguardo e si voltò sul lato ed ebbi la sensazione che fosse in difficoltà.

“Ok, a domani, buonanotte!”

In pochi secondi scomparve dal mio campo visivo e si chiuse in camera senza darmi il tempo di reagire. Io rimasi immobile, fermo per alcuni istanti a pochi passi dalla camera. Potevo vedere la sua ombra, perciò capii che si era appoggiato alla porta.

Un groppo d’amarezza salì nella mia gola temendo di averlo ferito.
Appena mi mossi sentii il pavimento oscillare e dovetti appoggiarmi al muro, l’alcool ribolliva nel mio cervello. Meccanicamente tornai in camera. Avevo la vista sfuocata e quasi inciampai, facendo cadere a terra il pallone che Misugi mi aveva regalato, il quale rimbalzò per un tempo indefinito. Con le ultime forze rimaste riuscii a distendermi sul futon, prima di sprofondare in un sonno profondo.


****



I raggi del sole attraversavano la finestra con invadenza, infastidendomi gli occhi che a stento tentavano di rimanere chiusi. Mi voltai su di un lato nel tentativo di ripararmi dalla luce e poter continuare a riposare, ma ormai avevo il sonno infastidito e così, lentamente, aprii gli occhi. Sollevandomi, fui costretto a portare una mano alla testa per sorreggerla, tanto la sentivo pesante: era come se qualcuno l’avesse crivellata di colpi. Mi guardai intorno stordito e con fatica riconobbi la stanza.

‘Ah, la pensione... la mia vacanza...’ A rilento le immagini nella testa si facevano più nitide, riportandomi alla memoria gli avvenimenti del giorno prima.
“Ah, sì... Misugi...” Dissi con la voce ancora impastata.

Con grande sforzo mi alzai completamente, decidendo che la prima cosa che dovessi fare era una bella doccia, così da ristabilirmi completamente. Entrai nel bagno e, spogliatomi dei vestiti che avevo indosso dalla sera prima, mi gettai avido sotto uno scroscio di acqua bollente che mi avvolse come una caldo massaggio. Finalmente cominciavo a riprendermi, rilassandomi sotto l’acqua. Il mal di testa si affievoliva e riacquistavo la padronanza del mio corpo anestetizzato fino a poco prima. Ruotai poi la manopola del miscelatore per intiepidire l’acqua, ma di colpo uscì un getto ghiacciato.

Trasalii. Per il freddo e per ciò che avevo appena ricordato: avevo baciato Jun Misugi la notte scorsa! Finalmente me ne resi conto e, per la prima volta, me ne vergognai terribilmente. Cosa avevo fatto?

Perché lo avevo fatto?

L’acqua continuava a scorrere gelida sul corpo, ma non ne tenevo conto. Portandomi la mano alle labbra le sfiorai con le dita, ripercorrendo la sensazione che avevo provato baciando Misugi. Non ero riuscito a controllarmi ed, anzi, non ci avevo neppure provato. Mi rendevo conto che l’alcool mi aveva un po’ disinibito la sera prima, ma sapevo bene di non essere il tipo da fare certe cose... se non lo voglio veramente.

Avevo agito d’istinto? A quel pensiero una sensazione ignota, simile all’inquietudine, mi avvolse... io avevo quel tipo di istinti? Non sapevo cosa pensare, in verità...
Di una cosa, però, ero certo: Jun Misugi mi aveva colpito, sia sul campo, come rivale, quando mi dilaniava con i suoi occhi da dominatore vittorioso, sia la sera prima, alla sorgente termale, semplicemente come ragazzo. Questo non potevo negarlo.

Ma non era attrazione, no, cercai di convincermi. Era tutta quella snervante situazione che stavo vivendo, la mia fragilità... sicuramente erano state la sua gentilezza e disponibilità a colpirmi, rendendomi vulnerabile. Sì, non poteva essere altrimenti.

Chiusi veloce l’acqua, per poi asciugarmi ed indossare la tuta del Toho. Decisi che mi sarei scusato con Misugi, spiegandogli le ragioni di quel gesto. Era tutto ciò che potevo fare.



“Misugi! Hei, Misugi, ci sei?” Bussai alla porta della sua camera più volte, senza ottenere risposta. Pensai che stesse ancora dormendo, ma, guardando per la prima volta l’orologio al polso, mi resi conto che era già mezzogiorno.
“Ah, signor Wakashimazu, se cerca il signorino Jun è uscito alle dieci. Credo andasse al campetto ad allenarsi.” Vidi il signor Matsumoto che si avvicinava con delle lenzuola pulite in braccio.
“Ah... sì... grazie!” Risposi, ricordando che avevo visto il campetto quando ero sull’autobus.
“E gli dica di non affaticarsi troppo... il signorino Jun è troppo testardo!”
Mi venne da sorridere a quelle parole. “Certo, non si preoccupi!” Con un inchino salutai l’uomo e lasciai la pensione per raggiungere Misugi.

Il cielo intanto si stava ricoprendo di nubi grigie e un leggero vento aveva cominciato a soffiare, rinfrescando l’aria.

Dopo neanche dieci minuti intravidi fra la rigogliosa vegetazione la fisionomia di una porta da calcio ed improvvisamente arrestai il passo.

Di fronte a me una figura conosciuta, un’immagine che ancora una volta ottenne la mia totale attenzione.

Misugi stava un poco fuori area, in posizione di tiro. Indossava la divisa della Musashi. La sua figura statuaria sembrava un'opera d'arte: il corpo slanciato, perfetto, il viso serio e deciso, gli occhi concentrati sulla porta.

Tutto ciò che lo circondava sembrava artefatto, ad esistere veramente erano solo Misugi e il pallone.

Jun Misugi. Il principe del calcio.

Seguii ogni suo movimento: la rincorsa, la gamba che si posizionava, il tiro scagliato con potenza, quasi per liberarsi da un peso.

Di fronte a quella scena le mani iniziarono a prudermi, come se volessi giocare. Incredibile...


“Complimenti, ottimo tiro! Non so se sarei riuscito a pararlo!” Dissi a voce alta, catturando la sua attenzione.

Misugi si voltò di scatto e il suo sguardo incrociò il mio... per un istante temetti i suoi occhi.

“Oh, Wakashimazu! Ti sei svegliato?” Misugi  sorrise solare, come se fosse contento di vedermi.
“Eh, sì! Giusto poco fa... vedo che tu, invece, sei mattiniero!” Scherzai, temendo che facesse qualche allusione a ciò che era successo.

“Ti va di darmi una mano negli allenamenti?”

Era incredibile come Misugi riuscisse sempre a stupirmi. In fondo, pensai, anche lui aveva capito che il mio gesto era stato dettato da quella particolare condizione. I problemi, il sakè, la stanchezza. Sì, sicuramente l’aveva capito.

“Solo se ti va veramente, però!” Aggiunse subito dopo, quasi temesse di aver sbagliato a parlare.



“Certo, perché no... potrei prendermi la rivincita!” Esclamai, stuzzicandolo. E lui colse al volo la sfida.
“Mh... vediamo cosa sai fare, portiere!” Rispose con un sorriso ironico alla provocazione.

Cominciava a tuonare, ma ad entrambi sembrava non importare. Anche quando la pioggia iniziò sottile a scendere dall’ammasso di nubi nel cielo, noi, noncuranti, continuavamo quella sorta di competizione.

Persi il conto di tutti i tiri scagliati da Misugi e delle mie parate. Sentivo l'adrenalina salire all'apice, mi concentravo sui suoi movimenti, buttandomi poi per parare. Vedere Jun Misugi impegnarsi per segnare più goal possibili mi donava una sorta di estasi che mi aveva risvegliato, senza che me ne rendessi conto, il gusto della sfida.

Poi la pioggia si fece più aggressiva. Noi due, l’uno di fronte all’altro; io pronto a parare ancora una volta, lui fuori dall’area, sul punto di tirare.

Invece, d’improvviso, la sua voce. Profonda, decisa. Provocatoria.

“Perché non cerchi di marcarmi?”

Le sue parole sembrarono delle lusinghe pronte ad ammaliarmi ed il suo sguardo parve volermi risucchiare, suggestionandomi.

Era come se stessi per cadere nella trappola del lupo, consapevolmente.

“Allora?” Ancora il suo invito, ancora la pioggia, sempre più martellante.

Improvvisamente sentii come se le briglie si fossero sciolte e scattai verso di lui, accogliendo la sua sfida. E lui sembrò compiacersene.

Iniziammo un vero e proprio scontro diretto, un corpo a corpo, una battaglia all’ultimo sangue per la vittoria. Per lunghi minuti il campo fu travolto dal nostro scontro, dalle marcature, le scivolate, i respiri affannati; vinceva chi riusciva a tirare più volte in porta.

Misugi era veloce, la fluidità dei movimenti e la dinamicità del suo corpo riuscivano spesso a liberarlo dalla mia marcatura che si faceva sempre più serrata.

Sempre più vicina al suo corpo.


D'improvviso sentii il suo torace sfregare sul mio braccio ed una scarica elettrica mi bloccò sul posto, lasciandomi senza fiato. Misugi riuscì così a liberarsi della marcatura, correndo verso la porta, mentre io mi chiedevo che cosa stesse succedendo al mio corpo.

“Aah!” Un lamento si mescolò con lo scrosciare intenso della pioggia. Voltandomi, vidi Misugi inginocchiato a terra e subito il mio pensiero andò al suo cuore.

“Che diavolo... Misugi!” Gli corsi incontro e mi chinai per sorreggerlo. “Che è successo? Come stai? Diavolo, dovevamo fermarci...” Le mie mani sulle sue spalle stringevano la maglia intrisa d’acqua e sudore e solo in quel momento mi accorsi di quanto stava piovendo.

“Hei... tranquillo!” Misugi mi rivolse un sorriso rassicurante. “Sono solo caduto...”
“Come?” Spalancai gli occhi per la sorpresa, incredulo. “Ma... mi hai fatto prendere un colpo!”
“Esagerato! Sei troppo prevenuto” Misugi ridacchiò, come compiaciuto della mia apprensione “ Il terreno è scivoloso” Aggiunse, con un sorrisetto a fior di labbra.

Sospirai e lasciai la presa sulle sue spalle, sedendomi accanto a lui. “Sei terribile” Sbuffai un poco. “Ho temuto il peggio...”

“Visto che sei prevenuto?”

Il suo sorriso si fece particolarmente dolce nel pronunciare quelle parole ed avvertii il cuore cominciare ad agitarsi. Mi tremava la voce, il corpo e non mi era chiaro il motivo. Possibile che il capitano della Musashi potesse mettermi così a disagio?

Non era... non mi era mai successa una cosa del genere.

“Bè, cerca di capire... non  sono un medico”.

Parole sconnesse.

“... non saprei che fare...”

“Ssht!” Fece per  rassicurarmi, mentre appoggiava la mano dietro la mia testa, accarezzandomi i capelli.

Il viso di Misugi si faceva sempre più vicino al mio, la sua voce diventò un sussurro.

“Quanto sei paranoico...”

Mi spinse la testa verso di lui, vidi poi i suoi occhi così vicini e le labbra che, morbide, calde, si poggiavano sulle mie. Sentii la sua lingua cercare di aprirsi un varco fra le mie labbra che schiusi, accogliendo il suo bacio.

Non sapevo più che cosa stava succedendo, in quel momento non volli neanche domandarmelo.

Jun poggiò la mano sinistra sulla mia spalla stingendola forte. La sua lingua si muoveva sensuale con la mia ed un misto di piacere e confusione mi invase, tanto che cinsi le braccia intorno alla sua vita per stringerlo. Il suo corpo era caldissimo.

Continuammo quel bacio a lungo, mentre continuava a piovere, noncuranti dei vestiti fradici che si fondevano con la nostra pelle e con la pioggia, lasciandoci trasportare dalla passione che ci travolgeva.
.
Improvvisamente, continuando a baciarmi,  Misugi mi spinse all’indietro, costringendomi a sdraiarmi; lo sentii mettersi a cavalcioni sopra di me, per poi staccarsi dalla mia bocca. Avvertendo la sua immobilità  aprii gli occhi per capire cosa gli passasse per la testa e subito incrociai i suoi: mi stava fissando, uno sguardo bramoso, come probabilmente il mio.

Li richiuse e si chinò nuovamente.

Questa volta sentii il respiro insinuarsi sul mio collo, la sua lingua vagare su di esso... su e giù, facendomi impazzire. Liberai un gemito di piacere e per un istante me ne vergognai... ma era troppo tardi. Il profumo di Jun, il suo corpo, il suo calore mi stavano pervadendo, non potevo, né volevo allontanarlo.

All’improvviso Misugi si sollevò sulle mani che intrappolavano fra loro la mia testa. Il suo corpo era completamente sopra di me, il viso in corrispondenza del mio. Lo vedevo bagnarsi dalla pioggia che cadeva incessantemente inondando la sua schiena.

Eravamo entrambi affannati.

Lo vidi fissarmi per una manciata di secondi. Non ebbi il tempo di capire che volesse fare, quando sentii il suo bacino sfregare contro il mio.
... uno...due... più volte...

Il suo corpo si trovava in mezzo alle mie gambe, potevo sentire le nostre pelli aderire, la sua eccitazione incontrarsi con la mia. Nonostante i pantaloncini che indossava e i miei pantaloni sportivi, sentivamo entrambi quel tocco bruciante. Improvvisamente persi il controllo, travolto da una scarica di sensazioni aggressive afferrai i fianchi di Jun e lo sbattei violentemente fra le mie gambe... Jun emise un forte gemito, mi afferrò il viso baciandomi con passione. Ancora e ancora, cercavamo di divorarci l’un l’altro.


Poi un movimento troppo brusco, la pioggia battente, le mani di Jun che scivolano sul terreno...

In meno di un secondo mi trovai Misugi completamente addosso, era scivolato e nella colluttazione ci eravamo dati una testata.

“Ahia! Che male!” Mi lamentai, portandomi una mano alla testa, ma da parte di Misugi ottenni solo un lungo silenzio. Sentivo il suo respiro sopra la mia spalla, mentre la pioggia cadeva incessante contro i nostri corpi.

L'ardore dell'attimo prima era scivolato via, lasciando il posto ad un forte imbarazzo che sentivo provenire anche da lui.

“Hei...” Accennai, continuando a guardare fisso di fronte a me. Sentii solo dei lievi movimenti, oltre al freddo che mi invase non appena Misugi si sollevò, allontanandosi dal mio corpo.

Rimase in ginocchio, ma era come se non avesse il coraggio di guardarmi ed anche io avevo comunque molta difficoltà nel farlo. Mi resi conto che eravamo pieni di fango e sentivo di avere i capelli assurdamente spettinati.
 
“Hai la testa dura Misugi” Dissi, nel tentativo di allentare la tensione.
“Mh, ma senti chi parla...” Ironizzò Misugi, reagendo, finalmente.

Mi guardò per un istante, poi distolse lo sguardo alzandosi in piedi. Non riuscii ad interpretare ciò che volevano dirmi i suoi occhi.

“... credo sia meglio tornare. Siamo bagnati fradici...” Aggiunse con un filo di voce.
 
Io rimasi seduto per qualche istante, fissandolo. Non so perché, ma il vederlo così vulnerabile dimezzava il mio imbarazzo. Con il cuore che ancora batteva agitato ed affannato, mi alzai.

“Hai ragione, è meglio tornare...”


Fine II capitolo



* Tipico gioco giapponese della pesca dei pesci rossi con quei simpatici retini di carta *_*
** é una fissa la mia, quella della gente che mostra diverse maschere a seconda delle situazioni... >___<  La mia oneechan lo sa bene XDD






  
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