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Autore: SabrinaSala    14/12/2015    8 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
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Capitolo 15 – Ombre
 
 
 
«La vostra decisione mi ha colto di sorpresa» ammise Edelbert, paonazzo.
Konstantin Winkel allargò i gomiti sui braccioli, allacciò le mani sotto al mento e fissò il giovane che gli sedeva di fronte.
«Di sorpresa… ma non impreparato» sorrise, allusivo.
Il marchese distolse lo sguardo, imbarazzato, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
«No, certo… » balbettò «Sono pronto a prendere in moglie madonna Lena domani come oggi stesso, se lo credeste opportuno» replicò gonfiando il petto ma ottenendo solo di apparire, agli occhi dell’ecclesiastico, ancora più esile di quello che era.
L’uomo sollevò impercettibilmente un sopracciglio. La differenza tra Johannes e il pallido marchese non poteva essere più evidente e marcata, sospirò. Un solco incolmabile.
Dissimulando il proprio disgusto per quella diafana figura imbelle, piegò le labbra in un sorriso d’intesa.
«Comprenderete il mio sollievo nel sapere che la mia pupilla lascerà Rosenburg con tutti gli onori e le attenzioni tributate alla vostra signora sposa, piuttosto che a una fanciulla solo promessa…» sorrise pacato e accattivante.
Prima di rispondere, Edelbert tentò di nascondere la propria eccitazione, ma il tono aspro della sua voce lo tradì inequivocabilmente.
«Siete un padrino attento e generoso, eccellenza…» disse, schiarendosi la gola. «Non sarò certo io a contraddirvi» concluse,  giocando con il bordo dorato della manica. Poi, sollevò lo sguardo sul vescovo «Immagino che madonna Lena sia emozionata quanto me», sperò.
Il vescovo accentuò il proprio sorriso.
«Madonna Lena verrà a conoscenza del vostro proposito solo questa sera a cena…» rispose sornione e complice. «Non c’era motivo di coinvolgerla e allertarla senza aver prima ottenuto il vostro consenso» continuò alzandosi improvvisamente dallo scranno ed ergendosi in tutta la propria, imponente figura.
Edelbert se ne sentì sovrastato. Fagocitato. Una sensazione sgradevole, mitigata dall’ammirazione per un uomo tanto carismatico e potente.
Il vescovo Winkel lesse quell’arrendevole complicità negli occhi del marchese e se ne compiacque.
«Officerò io stesso la cerimonia» disse stringendo gli occhi e puntando lo sguardo in quello vacuo del giovane. «Spero di farvi cosa gradita» si schermì, simulano una modestia che non gli apparteneva.
Edelbert si sciolse in un sorriso fanciullesco, imbarazzato ma contento.
«Sarà un onore, eccellenza!» balbettò confuso e grato per quella nuova e generosa offerta.
Il vescovo strinse le mani dietro la schiena.
«Ora andate» lo congedò, «Avrete certamente necessità di restare solo con i vostri pensieri e di prepararvi all’incontro di questa sera» e senza più degnarlo di uno sguardo,  richiamò Erasmus, immobile alla scrivania fino a quel momento, lasciando intendere al marchese di avere altre questioni urgenti di cui doversi occupare.
Ancora visibilmente emozionato, Edelbert annuì. Accennò un inchino e lasciò la stanza.
«Ora puoi tornare a respirare, Erasmus » commentò il vescovo appena furono da soli. «E’ bastato anticipare i tempi e prendere qualche precauzione in più» concluse. 
Erasmus si frizionò lentamente le mani, sempre troppo fredde, che teneva allacciate in grembo.
«Non ho mai dubitato, eccellenza» chiosò, abbassando lo sguardo.
Il vescovo lo fulminò con un’occhiata. Una stilettata di rabbia e sprezzante ironia.
«Frivolo e infingardo come una donna! » sibilò. Poi, sollevati con un gesto secco i lembi del lungo e ricco abito talare,  si portò alla finestra. Rise, di una risata cattiva. «Ma se fossi diverso, caro il mio segretario, non saprei che farmene di te» concluse.
Le labbra di Erasmus si concessero un sorriso mentre un brivido gli attraversò la schiena a tradimento. Per quanto lo conoscesse e conoscesse le sue mire, non poteva dirsi certo delle effettive intenzioni del vescovo. Meglio non abbassare la guardia…
 
***
 
La luce tremula delle candele arabescava le pareti della stanza là dove erano spoglie, disegnando giochi di ombre fin sui grandi arazzi raffiguranti scene di caccia e libagione.
Konstantin Winkel attese che i bicchieri dei suoi commensali fossero pieni poi, sollevando per primo il calice, li invitò a brindare.
«Domani a quest’ora, avrò il piacere di avere alla mia tavola il marchese e la marchesa di Thurinja…» esplicitò, compiaciuto dall’effetto che le sue parole sortirono sugli ospiti.
Seduto alla sua sinistra, Justus represse un sussulto.
Mordendosi le labbra, che si erano istintivamente schiuse per parlare, il giovane lanciò uno sguardo dall’altra parte del tavolo, agganciando gli occhi nocciola di Lena e il tremito della sua mano.  
Al fianco della promessa sposa, Edelbert si sciolse in un timido sorriso, rivolgendole un’occhiata audace e nel contempo impacciata.
 «Il vostro padrino ha molto a cuore la vostra sicurezza e la vostra felicità» mormorò azzardando di avvicinarsi al suo orecchio e sfiorandole la mano libera con delicatezza. «Crede sia meglio per noi tutti che le nozze abbiano luogo domani stesso, così che affrontiate il viaggio verso la vostra nuova dimora come mia moglie… » si soffermò assaporando il suono di quella parola, poi proseguì: «E possiate godere di un ruolo di maggior prestigio e sicurezza», si fermò ancora cercando i suoi occhi. «Domani, al battere della Sesta*, sarete la mia signora…».
Maddalena Aicardo sentì il cuore fermarsi in quel preciso momento. Le labbra dischiuse, incapace di emettere un qualunque suono, Lena si sentì avvampare. Il cuore batteva all’impazzata. In petto, nei polsi, nelle tempie. Faceva male. Annebbiava la vista e  anche i pensieri. E mentre lo stomaco si torceva al tocco di quella mano fredda e molle, d’un tratto comprese che non c’erano dubbi. Che le parole del vescovo non avevano altra interpretazione che quella.
«Spero tu sia contenta » suggerì l’ecclesiastico, apprezzando il retrogusto che il vino rosso e speziato gli aveva lasciato in bocca.
Lena sollevò il mento, inspirando profondamente e umettandosi le labbra secche.
«Sono… sorpresa» rispose, sostenendo lo sguardo indecifrabile dell’uomo.  
Justus aggrottò le sopracciglia, in attesa. Gli occhi turchesi, mai così grandi, fissi sulla ragazza.
«Piacevolmente… sorpresa?» azzardò Edelbert, prendendo coraggio.
Lena represse a stento un fremito e istintivamente ritrasse la mano, liberandosi di quella pallida e melliflua del marchese. Socchiuse le palpebre perché non si percepisse il suo disgusto e il suo profondo disagio.
«Decisamente… sorpresa» asserì.
Konstantin Winkel scoppiò in una sonora e compiaciuta risata.
«Frenate i vostri ardori, mio giovane marchese» blandì. Poi, rivolto alla ragazza «Domattina avrete tutto il tempo di prepararvi alla cerimonia che io stesso officerò» mormorò velatamente minaccioso. «Ora finiamo di cenare».
«Vorrei il permesso di tornare al monastero con fratello Justus…» ribatté lei, velando nuovamente lo sguardo con le ciglia scure, volutamente pudica. «Comprenderete la mia necessità di confrontarmi con la mia guida spirituale…» mormorò cercando di gestire il panico.
Il vescovo appoggiò rumorosamente il calice sul tavolo.
«Non sarà necessario» le sorrise. «Fratello Justus può sicuramente trattenersi con noi fino alla cerimonia di domani» suggerì sogguardando il chierico.
Un velo di silenzio calò sugli astanti. Gli occhi di tutti rivolti al giovane monaco. Quelli del vescovo, in paziente attesa; quelli del marchese, fiducioso; quelli di Erasmus, divertiti e scaltri. E infine, quelli di Maddalena Aicardo capaci di scavargli l’anima.
«Sicuramente» confermò questi, abbozzando un sorriso. «Lasciate solo che avvisi il mio padre superiore e mi procuri quanto mi è necessario»
«E sia» sorrise il vescovo, conciliante. «Intanto, darò disposizioni perché al tuo ritorno sia pronta una stanza»
Justus annuì, umile e ossequioso. E a capo chino, attraverso le ciglia bionde, immagine netta tra le ombre, colse il volto teso di madonna Lena e il suo tremito.
 
***
 
«Quanta fretta!» sorrise Ludwig emergendo dall’ombra e sollevando il volto, sotto al cappuccio. Abbastanza perché l’altro lo riconoscesse.  
Fratello Erasmus ebbe un sussulto, fermandosi improvvisamente là dove il lungo corridoio si apriva in un gioco di nicchie e di anfratti. Svelto, riprese il controllo e la candela che portava in mano prima che cadesse sul pavimento di pietra.
Nonostante il battito accelerato del cuore e l’evidente tremito delle labbra, indirizzò all’intruso uno sguardo affilato.  
«Vi ho detto e ripetuto che non dovete farvi vedere a palazzo» sibilò adirato.
Per tutta risposta, il boemo soffiò provocatorio sulla fiamma, spegnendola, poi rise sommessamente. La lunga cicatrice messa in risalto dall’arabesco di luci e di ombre che le torce, disposte lungo le pareti, allungavano sul suo volto affilato e pericolosamente attraente.
«Non preoccuparti, frate. Non per me… » mormorò, enigmatico.
Erasmus si ritrasse istintivamente, pronto ad allontanarsi, innervosito da quell’inquietante presenza. Ma l’altro non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare. Non ancora. Non subito…
Sembrava divertirsi. Come un gatto si diverte con un topo.
«Immagino i motivi del vescovo… » disse infatti il boemo «Ma non i tuoi, frate. Cosa ci guadagni, tu, in questo affare…» lo provocò, senza permettergli di distogliere lo sguardo. Come ipnotizzandolo.
Erasmus avvertì la gola farsi secca e la testa dolere. Gli occhi celesti del boemo erano trasparenti come acqua ghiacciata e nonostante la scarsa illuminazione sembravano riflettere una luce demoniaca.
Attratto da quel volto spigoloso, il frate deglutì e rispose a quell’eccitazione nel solo modo in cui poteva. Aggressivamente.
«Tu! » rise sprezzante, dimenticando ogni formalità. «A quale titolo ti permetti di pensare! Non sei pagato per pensare, o sbaglio?  »
L’altro si eresse in tutta la propria magnificenza.
«Calmati frate! » ringhiò minaccioso, un mezzo sorriso sulle labbra perfette, sempre più divertito.
«Sono il segretario…» tentò di protestare Erasmus, ma Ludwig lo precedette, interrompendolo.
«Il segretario particolare del vescovo… lo so» lo fissò in silenzio. «Spero che questo titolo ti valga qualcosa, frate, quando il tuo padrone brucerà all’Inferno!» lo apostrofò.
Erasmus avvampò. Allargò le narici, inspirando rabbiosamente, quasi annaspando, e sollevò istintivamente una mano per colpirlo.  
Ludwig lo bloccò, fermandogli il braccio a mezz’aria. Stringendogli il polso fino allo scorgere una smorfia di dolore sulle sue labbra sottili.
«Vuoi schiaffeggiarmi, frate? Madonna Lena lo farebbe con maggiore  efficacia», rise. «Vattene, frate, e fa molta attenzione. Per muoversi nell’ombra, bisogna sapersi orientare... » lo congedò sprezzante, lasciandolo andare.
Erasmus si massaggiò il polso dolente e dopo un attimo di esitazione si allontanò carico di rancore.
 
***
 
Justus affrettò il passo. L’aria fresca della sera penetrava le ossa, trapassando il saio e strappandogli piccoli brividi.
Attraversò la piazza d’armi, deserta, attento a non farsi notare da un drappello di soldati di ronda così come dalla sentinella di guardia, e scivolò nei locali del capitano senza farsi annunciare.
Heinrich Kraft sollevò lo sguardo dalle carte che stava leggendo e le sue labbra si piegarono in un sorriso beffardo.
«Toh! Chi si vede! » divertito da quell’inaspettata intrusione, l’armigero biondo si alzò dalla sedia e girò attorno al tavolo per poi appoggiarvisi e guardare Justus a braccia conserte.
«Qual buon vento ti porta da queste parti, prete? » sogghignò, stuzzicandolo come sempre  «Nostalgia del caro, vecchio Johannes? »
«Ascoltami!» esordì Justus zittendolo, «e per una volta non fare domande… »
Pallido e teso, il chierico si accorse solo in quel momento di non aver nemmeno preso in considerazione l’ipotesi che Heinrich non fosse al suo posto. Inspirando profondamente, afferrò la sua mano e gli cacciò nel palmo una lettera sigillata.
«Dai incarico al tuo uomo più veloce e fidato di raggiungere Johannes e consegnargli questo messaggio» ordinò. E di fronte all’espressione accigliata dell’uomo, aggiunse: «Adesso! Stanotte!»
Sorpreso e allarmato dalla sua determinazione, Heinrich tacque. Scrutò il volto di Justus, poi strinse la lettera in pugno e annuì senza aggiungere altro.
Il chierico rispose con un cenno del capo altrettanto eloquente. Grato al capitano di aver compreso la situazione e di aver accettato, per una volta, di mettere da parte il suo atteggiamento smargiasso. Non era il momento, quello, di perdersi in chiacchiere.
Sollevato dalla complicità dell’armigero, l’unico del quale sentiva di potersi completamente fidare, Justus lasciò la stanza così come era arrivato. Scivolando furtivo nell’ombra della sera.
Arrivato in vista del palazzo vescovile, rallentò il passo, imponendosi di controllare la respirazione affannata. Infilò le mani nelle ampie maniche della tonaca e chinò il capo, rivolgendo gli occhi a terra. La più tradizionale andatura religiosa lo aiutò a regolare il battito accelerato del cuore. Camminare, e non correre, lo aiutò a pensare.
Immerso in una serie di ragionamenti tortuosi, si avvide della figura che gli si faceva incontro solo quando se la trovò al fianco. Anch’essa in abito talare, come lui procedeva lentamente lungo la strada, ma provenendo dalla direzione opposta.
Accennò un saluto, distratto. Poi qualcosa attirò la sua attenzione. Qualcosa di insolito. Una lunga cicatrice che affiorava appena su quel volto dall’ombra creata dal cappuccio.
Si accigliò. L’altro sorrise, amabile.
«E’ bene non attardarsi in strada a quest’ora, fratello» mormorò lo sconosciuto in tono gentile. «Non è dato sapere quali insidie si nascondano nell’ombra…»
Justus annuì di rimando. Ripeté il saluto. E separandosi, entrambi ripresero a camminare…



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* Sesta: secondo la Liturgia delle Ore, la Sesta corrisponde circa al nostro mezzogiorno.

IL CONFESSIONALE (ossia, l'angolo dell'autrice): 

So di chiedervi sempre tanta pazienza... non solo nell'aspettarmi (anche se ogni tanto ho brillato non solo per regolarità, ma anche per rapidità, ehehehe!), ma soprattutto nell'attendere che tutti i TASSELLI vadano al loro posto! 
Questa volta, però, vi ho dato un "pezzettino" in più per comporre il "puzzle"... non dite di no!?! Cosa? Più d'uno? Mah... e quali saranno mai questi tassellucci? 
Mentre aspetto i vostri ragionamenti in merito (spesso decisamente azzeccati!), vi CONFESSO (è un "confessionale", dopotutto, no?) che a distrarmi dalla pesante ASSENZA del nostro Johannes (ma vi avevo detto che in questa seconda parte altri personaggi si sarebbero ritagliati molto più spazio...), è stato lo scontro LUDWIG / ERASMUS... Beh, anche il ritorno di Heinrich non mi ha fatto di certo male.
Insomma, come sempre finisco per parlare dei nostri "ometti", tralasciando - vi sembrerà - madonna Lena... Vi anticipo che parleremo molto di lei, nel prossimo capitolo! 

Grazie come sempre a tutti voi che mi seguite, a chi mi fa sentire regolarmente la sua voce e a chi vorrà unirsi a questo piccolo ma graditissimo coro!

A presto,
Sabrina 

 
   
 
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