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Autore: AlyTT    14/12/2015    0 recensioni
Alessandra una giovane ragazza italiana, dopo il diploma di maturità decide di trasferirsi a Londra per lavoro, e lì incontrerà dapprima Robbie Williams e successivamente i Take That. Non sarà per niente facile per lei imparare a convivere con uno di loro, e soprattutto ci saranno mille difficoltà da affrontare.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gary Barlow, Howard Donald, Jason Orange, Mark Owen, Robbie Williams
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE: You know Me

Erano passati solo undici giorni da quando io e Robbie ci eravamo detti “addio”. In cuor mio sapevo che non era un vero addio, ma quelle parole se pure pronunciate in un momento di rabbia mi avevano ferito moltissimo. Certo, anche io non ero stata gentile, ma mi ero solo comportata di conseguenza. Guardai fuori della finestra del mio appartamento e notai un piccione appollaiato sul cornicione della finestra. Era solo ed infreddolito; in un certo senso quella scena rappresentava al meglio il mio stato d’animo. Samantha mi teneva costantemente su Robbie, ma non era la stessa cosa che essere lì con lui.
La caffettiera sul fuoco iniziò a soffiare, e proprio quel rumore mi riportò con i piedi per terra, allontanandomi almeno apparentemente dai pensieri. Mentre la toglievo dal fuoco, la mia attenzione venne catturata dal regalo che avrei dovuto consegnare a Robbie proprio quella notte, che era appunto la vigilia di Natale. Era ancora sotto all’albero. Non potevo rinunciare a Robbie. Afferrai il cappotto, il regalo e di corsa mi precipitai a prendere l’auto. Sarei andata a Stoke.
Non sapevo se sarei riuscita a vedere Robbie, perché sua sorella mi aveva detto più volte quando fosse difficile riuscire a strappare un permesso di visita per lui, ma non aveva importanza. Avevo promesso a Robbie che avremmo trascorso le vacanze di Natale insieme, e non avevo nessuna intenzione di infrangere il nostro accordo. La strada che mi attendeva era lunghissima, circa tre ore e mezza di auto.

Nello stesso momento a Stoke, Robbie stava chiedendo un permesso speciale per uscire dalla clinica, poiché aveva una promessa da mantenere e lui sapeva quanto fosse importante quella promessa fatta a quella amica, che non sapeva lo avrebbe raggiunto. Cercava di arruffianarsi i medici, ma loro non volevano saperne, perché era ancora troppo poco che era in terapia. Avrebbe dovuto attendere ancora un poco.
Arrabbiato come non mai, tornò in camera e prendendo il suo cellulare decise di inviare un messaggio ad Alessandra, ignaro ancora una volta che la ragazza avesse dimenticato il cellulare a casa per la fretta.

- Straniera manchi da morire. Scusami davvero tanto, ma non volevo immischiarti in tutto questo. Vorrei essere con te ad ingozzarmi di marshmallows e tante altre schifezze. Spero passerai un bel Natale. Un bacio grande quanto la distanza tra Oulx e Londra quella testa di asino del tuo migliore amico. -

Guidai senza mai fermarmi. Volevo arrivare il prima possibile e fare una sorpresa a Bob. Ero curiosa di vedere la sua faccia, quando mi avrebbe visto. Ma soprattutto non vedevo l’ora di vedere quella sua espressione da schiaffi, ma che allo stesso tempo mi faceva ridere a crepapelle ogni volta.
Una volta arrivata a Stoke decisi di fermarmi ed acquistare le nostre schifezze preferite, così da festeggiare al meglio il nostro Natale insieme, per poi filare come un fulmine al centro di cui avevo preso informazioni da Samatha. Quando arrivai però non trovai ciò che avevo immaginato, nel senso che la famiglia di Robbie aveva parlato con il medico che seguiva il loro figlio e sarebbe riuscito a darmi un permesso speciale, ma il medico non sembrava essere in clinica. Non volevano farmi entrare perché non ero un parente stretto. Corsi in macchina per recuperare il cellulare, e solo in quel momento mi resi conto di averlo dimenticato nel mio appartamento a Londra. Sospirai ed alzando gli occhi al cielo, cercai una soluzione alternativa a tutto questo. Mai arrendersi. Visto che non potevo entrare dall’entrata principale avrei usato quella secondaria, a patto che ve ne fosse una.. Scavalcai il cancello del giardino, sul retro della struttura, ed inizia a sbirciare per quanto possibile all’interno di ogni stanza, ma alcune finestre avevano le tende tirate e quindi era impossibile vedere chi vi fosse all’interno. Pensandoci bene però, per Robbie sarebbe stato faticoso anche solo tirare le tende. Era un po’ sfaticato per certe cose. Optai quindi per proseguire nella mia ricerca ed infatti tutto questo mi mostrò poco dopo quello che mi aveva spinto a fare quasi duecentosettanta chilometri. Robbie con le cuffie nelle orecchie se ne stava disteso sul letto ad ascoltare della musica, rigorosamente con le tende aperte. Picchiettai con un dito sul vetro, e rimasi in attesa di catturare la sua attenzione. Lui guardò nella mia direzione e poi togliendo le cuffie si diresse verso di me, ballando e cantando una canzone che non avevo mai sentito prima.. 
La canzone diceva:
 
Since you went away, my heart breaks everyday 
You don't know 'cos you're not there 
You simply found the words 
to make a lot of feelings fade away 
Only you know me

 
Una volta davanti a me, smise di cantare e ballare e gettò le sue braccia intorno al mio collo abbracciandomi. Il suo profumò mi inondò le narici e per la prima volta dopo tanto tempo, fu come riprendere a respirare. Lo strinsi a mia volta tra le mie braccia, mentre lui seppure preso dall’emozione cercava di chiedermi se fosse stato il suo messaggio a farmi guidare fino a Stoke. Mi distaccai da quel caloroso abbraccio, e storcendo il naso e la bocca in una smorfia, lo guardai con fare finto-serio.

« Pensi davvero che un messaggio avrebbe potuto farmi cambiare idea? La verità? Sono venuta fino qua, solo perché ero davvero curiosa di vedere il mio regalo, che spero tu abbia qui. Se invece non hai il mio regalo, tornerò immediatamente indietro.»

« Ora che ci penso, quel messaggio non era indirizzato a te, ma ad una ragazza che avevo conosciuto ad un mio concerto tanti anni fa, e purtroppo per te, dovrai ripercorrere quei tanti chilometri perché il regalo è rimasto a Londra. Non ho nessun effetto personale, pensa che queste stesse mutande che ho indosso oggi le sto indossando da.. undici giorni. »

Mostrai un sorriso malizioso verso il mio amico, e solo dopo essergli girata intorno ed aver appoggiato la mano sulla sua spalla, sussurrai testuali parole al suo orecchio.
In tutto questo, per essere il più precisa possibile, avevo dato anche un’occhiata fugace al mio orologio.. Mi sembrava essere trascorsa l’eternità da quando io avevo lasciato l’ospedale.
E se Robbie non mi avesse più perdonato? Ero stata davvero una stupida!
Era mezzanotte. Era ufficialmente Natale.

« Undici giorni, otto ore e ventisette minuti.. Auguri di Buon Natale Bob. Promettimi che questo sarà il primo ed ultimo litigio. »

« Te lo prometto Scheggia! Tu fa di conseguenza e tanti auguri a te. »

Altro nomignolo datomi da Robbie, solo per aver divorato in due minuti un muffin, ma solo perché era in atto una vera e propria sfida e quello che avrebbe terminato il dolce per ultimo sarebbe dovuto andare dalla vecchietta del chiosco davanti a casa mia e comprare quanto di più imbarazzante aveva. A perdere era stato Robbie, ma questo penso sia stato piuttosto chiaro.

Ogni volta che mi chiamava in quel modo mi tornava in mente la vecchia signora che lo offendeva per essere un pervertito e tante altre parolacce..
Pensandoci bene però, lui aveva comprato quelle cose, ma se c’era una pervertita era sicuramente lei che vedeva quelle cose. Robbie scoppiò a ridere, ricordasi a sua volta quella figuraccia.
Robbie si allontanò un attimo e da sotto il letto estrasse il mio regalo. Sapevo che lo aveva portato con se; forse in un certo senso sapeva che lo avrei raggiunto. Io e lui ci conoscevamo, come nessun altro al mondo.
Nel mio pacco per Robbie c’erano una foto che ci ritraeva entrambi davanti allo stadio a vedere il Port Vale Football Club, squadra tifata ed amata dal mio amico. La foto in se era una normalissima foto, ad eccezione delle nostre espressioni stupide. Le persone si fermavano per ridere o per fotografarci.. Insomma quel giorno avevamo intrattenuto mezzo stadio con le nostre assurdità.. E poi avevo regalato a Robbie un pigiama ridicolissimo ma pur sempre meglio di vederlo gironzolare per casa mezzo nudo anche in inverno ed un collare per un cane. Robbie aveva sempre desiderato un cane, ma non aveva mai avuto il tempo e la voglia di prendersene uno e ora mi era sembrato il momento migliore per lui. Doveva distrarsi e non pensare a niente e prendersi cura di un cucciolo era quello che ci voleva. Lui mi aveva regalato invece una sorta di karaoke, ed a questo aveva allegato un biglietto.
- Finalmente riuscirò a sentire la tua voce, non fraintendermi così parli già tanto.
Intendevo l’altra voce. Buon Natale scimmia! -

Scoppiai a ridere e nell’aprire la scatola gli tirai il microfono in testa, fingendomi offesa.

« Dubito mi sentirai cantare, ma potrei usare questo karaoke per molteplici scopi. Uno di questi è usarlo contro di te come arma, come ho fatto poco fa. »

Risi di nuovo ed afferrando il cuscino abbandonato sul quel povero letto disfatto, glielo tirai addosso per poi scappare da lui prima che mi prendesse. In quell’edificio c’era un silenzio che faceva paura, immaginatevi noi due nella stessa stanza a fare gli scemi. Secondo me, prima che la serata si fosse conclusa avrebbe internato anche me, mai più rilasciato lui e chissà cos’altro. Robbie raccolse il cuscino che era finito per terra e lo lanciò verso di me, ma io riuscii a spostarmi e questo andò a scontrarsi con la lampada sul comò che cadde in terra e si frantumò. Guardai Robbie per un lunghissimo istante e per quanto avessi cercato di trattenere le risate, alla fine scoppiai nuovamente a ridere.. Mi era mancato tutto questo. Mi era mancato lui. Mi era mancato il noi..
Bob si parò davanti a me, e per un attimo sentii una morsa stringermi il petto, così cercai di svignarmela. Per la prima volta in vita mia da quando le nostre vite si erano incontrate avevo sentito qualcosa che probabilmente andava oltre l’amicizia, ma non avevo intenzione di rovinare niente. Robbie in tutta risposta, mi afferrò per un braccio e mi attirò verso di se. Mi sentii di nuovo morire. Lui posò le sue labbra sulle mie, ma neanche il tempo di metabolizzare la cosa, ecco qualcuno spalancare la porta.

« Mr Williams cosa sta facendo? Sbaglio o per oggi avevano detto basta visite? Aveva già visto la sua famiglia per oggi. Ricorda una visita al giorno ed inoltre state facendo troppo caos, gli altri stanno dormendo tutti. »

In quel momento molto probabilmente un pomodoro messo a confronto con il mio viso, sarebbe sembrato meno rosso. Presa dall’imbarazzo più totale mi nascosi dietro Robbie, in attesa che lui se ne uscisse con una delle sue battute, che speravo non tardasse ad arrivare.

« Mr Ford mi ha colto di sorpresa ed anche lei, perché non sapevo che mi avrebbe raggiunto questa sera. Vede lei, cioè lei inteso come la ragazza è la mia ragazza e so che è vietato ricevere visite specialmente a quest’ora, però.. Cioè, lei, la ragazza oltre ad essere la mia ragazza è anche.. Si, lei è la mia infermiera. Il Dottor Parker ha detto di farmi dare una controllatina prima di Natale. »
« Uhm interessante, ed in cosa sarebbe specializzata lei? Lei inteso come signorina. Sono davvero curioso! »

« Innanzitutto salve e ci scusi davvero per il baccano, ma sa com’è Robbie non riesce a trattenere l’emozione soprattutto dopo un lungo periodo di astinenza.. Da play-station. Io mi occupo di calli ai piedi, comunque. Finisco di controllare i calli di Robbie, mentre si diletta nell’ultima sfida alla play e poi vado. Ci scusi davvero tanto. Le prometto che non capiterà mai più. »

L’uomo non aveva creduto a mezza parola, ma se la rideva sotto i lunghi baffi neri. Aveva capito sicuramente tutto, oddio forse non proprio tutto.. perché a dirla tutta, non stavo comprendendo nemmeno io. Guardai Robbie, mentre l’uomo dopo l’ennesima raccomandazione di fare in silenzio si chiudeva la porta alle spalle. Rob mi guardò e mentre sorrideva fece per dire qualcosa, ma lo ammonii prima che dicesse qualcosa e rovinasse quel momento. Poggiai un dito sulle sue labbra e mi rivolsi a lui.

« Non dire niente Robbie, ti prego. »

Baciò il mio dito, e prendendo la mia mano andammo entrambi a coricarci, sdraiandoci nel suo letto mentre lui mi abbracciava. Lasciai una serie di baci sulle sue mani, che erano strette nelle mie. E così piano piano, nel silenzio dei nostri respiri ci addormentammo entrambi. Ero felice di averlo ritrovato, anche se non avevo la minima idea di cosa sarebbe successo adesso. Non ne avevo proprio idea. Di una cosa ero certa, non avevo nessuna intenzione di perdere Robbie.
   
 
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