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Autore: AlyTT    12/03/2016    0 recensioni
Alessandra una giovane ragazza italiana, dopo il diploma di maturità decide di trasferirsi a Londra per lavoro, e lì incontrerà dapprima Robbie Williams e successivamente i Take That. Non sarà per niente facile per lei imparare a convivere con uno di loro, e soprattutto ci saranno mille difficoltà da affrontare.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gary Barlow, Howard Donald, Jason Orange, Mark Owen, Robbie Williams
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Saaalve di nuovo! Chiedo scusa a quei pochi che hanno letto la mia storia, a patto che qualcuno l'abbia letta :P, ma sono stata impegnatissima tra l'università ed i nipotini. Spero di postare a breve il prossimo capito. Buona lettura e per qualsiasi appunto, scrivete pure ;)
 
 
CAPITOLO QUATTRO: BACK FOR GOOD

Dalla notte di Natale le cose per me e Robbie erano andate in modo diverso, nel senso che lui stava rispondendo bene alle cure e sembrava davvero propenso a voltare pagina, una volta per tutte, mentre io.. Beh, per me le cose non ero andate poi così bene.
Le mie coinquiline erano diventate insopportabili e per quanto io amassi fare festa, per me era diventata una tortura. Ogni sera davano una festa e non riuscivo neppure a riposare. Stavo andando fuori di testa.
Dovevo trovare una soluzione. Iniziai quindi a guardarmi intorno, ma non c’era niente di conveniente e non potevo permettermi di spendere tutto lo stipendio guadagnato per l’affitto di una casa.
L’unica cosa che mi faceva distrarre, anche se non era del tutto esatto (poi capirete perché), era andare da Robbie fino a Stoke. Ogni volta che ne avevo il tempo mi precipitavo da lui.

Erano ormai trascorsi quasi due mesi, da quando Robbie era stato ricoverato nella clinica.
Robbie stava bene, e non era mia intenzione fargli sapere del mio appartamento, ma un giorno, dove probabilmente gli ero sembrata più schizzata del solito, lui mi chiese quale fosse il problema che evidentemente mi opprimeva da un po’, e così gli dissi tutto, e questo non fermò certo Robbie che mi propose di fare i bagagli e trasferirmi da lui. Quando me lo chiese sentii il cuore esplodermi in petto, ma era una situazione complicata ed avrei tanto voluto dire di no. Ma secondo voi, dissi di no?
Purtroppo no! Non che la cosa mi dispiacesse, ma dovete sapere che nei due mesi precedenti io e Robbie non c’eravamo visti come amici, ma come altro. Non sapevo nemmeno come poterci definire, so solo che il mio cuore ogni volta incontrava il suo sguardo, non la smetteva più di battere, così come il suo.
Avevamo fatto l’amore, e non era stata una cosa da nulla. Non mi ero mai sentita così prima d’ora e lui mi aveva confermato di aver provato la medesima sensazione. Era così bello che, ogni volta lo vedevo non solo il cuore batteva all’impazzata, ma sentivo le gambe cedermi e rischiavo di crollare da un momento all’altro.
La sua famiglia diceva che io avevo cambiato la vita di Robbie, ma era inesatto, perché anche lui aveva cambiato la mia.
Finalmente era arrivato il grande giorno. Rob sarebbe tornato a casa, ed io sarei andata a prenderlo e poi mi sarei trasferita definitivamente a casa sua. La cosa mi agitava e non poco, ma ormai avevamo preso la nostra decisione. Quando arrivai alla clinica di Stoke, Robbie mi aspettava fuori, seduto sul muretto. Aveva indosso un paio di occhiali da sole abbastanza grandi per la sua faccia. La sua espressione finta arrabbiata che avrebbe voluto dirmi qualcosa perché ero molto in ritardo, ma l’unica cosa che riuscì a dirmi fu solo una stupidaggine.

« Il dottore credeva che fossi impazzito, ha insistito perché rientrassi, ma gli ho detto che stavo aspettando la mia fidanzata, e lui mi ha riso in faccia, dicendo che Robbie Williams non ha fidanzate, poi ci ho pensato bene. Ha ragione! Io non ho fidanzate. Sono un uomo libero! Mi sei mancata donna dallo sguardo di ghiaccio. »

Lo fulminai con lo sguardo e togliendo i miei occhiali, lo guardai da sopra di questi per poi fargli cenno di salire in fretta, se non voleva rimanere davvero là fuori, ma in tutto questo non persi occasione di prendere la mia rivincita.

« Avevo dimenticato che tu fossi un uomo libero, quindi visto che lo sei e ci tieni tanto ad esserlo, muovi quel culo, sali in macchina e fatti venire in mente qualcosa per la cena, perché caro mio, io non cucino..
Sei mancato anche tu orso! »

Le sue labbra sfiorarono le mie, ed il suo profumo mi inondò le narici. Avevamo tanto da imparare l’uno dall’altra, ma anche tante cose da condividere. Non sarebbe stato facile, ma ero certa che tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Per tutto il tempo io e Bob evitammo di parlare di ciò che era successo qualche settimana prima. Era come se entrambi volessimo evitare l’argomento. In parte perché c’eravamo ripromessi di non far cambiare le cose tra di noi, ma quella sera tutto era cambiato. Certe cose però non si programmano, accadono e basta. Anzi a dirla proprio tutta, Robbie avrebbe anche voluto parlarne, ma io cercavo sempre di cambiare discorso. Probabilmente avevo paura. Lui mi guardava sorridendo e continuava a raccontarmi degli ultimi giorni trascorsi in clinica. Erano stati i più duri, ma era felice di essere lì con me ed era palese che volesse parlare. Socchiusi gli occhi e mi feci coraggio. Decisi di non interromperlo e rimasi in silenzio ad ascoltare ciò che aveva da dire.

« So che l’argomento è tabù, ma quello che cerco di dirti è di non avere paura. Non ho nessuna intenzione di andarmene. Ho fatto tante cazzate in vita mia, ma tu non lo sei. Quello che c’è stato quella notte è stato bellissimo e se tu volessi io lo rifarei ancora ed ancora. Io.. Io.. Non sono bravo con le parole, mi esprimo meglio con le canzoni, quando sono sobrio si intende. Non ho nessuna intenzione di lasciarti andare. Te lo ripeterò fino alla fine! Sei l’italiana più bizzarra e strana che io abbia mai conosciuto, ed è risaputo del mio non-feeling con gli italiani, ma tu sei un’eccezione e quello che sto cercando di dirti è che ti amo. Ti amo Alessandra. »

A quelle parole sentii il cuore fermarsi ed insieme a lui tutti gli altri organi vitali. Fu come essere investita da un uragano, solo che non sapevo quali effetti provocasse essere sommersi da tale forza della natura. Potevo solo immaginare quando fosse disastroso e per quanto questo portasse problemi, ma per me non era stato affatto così. Avrei voluto dire a Robbie tante di quelle cose, che alla fine, non riuscì a dire niente, se non una stupidaggine, che sicuramente lo ferì. Aveva imparato a dire “ti amo” ed il mio nome in italiano, senza sbagliare.

 « Ohhh sei riuscito a dire il mio nome ed hai imparato finalmente l’italiano. Grazie per le belle parole, nessuno mi ha mai parlato così Robert. »

Non ebbi il coraggio di rispondere alle sue parole, cosa che invece lui si aspettava, ma era stato più forte di me. Negare l’evidenza, mi era sembrata la soluzione migliore al momento. Non so neppure perché lo feci. Avevo solo paura. Quella maledetta paura. Robbie non aprì più bocca, per fortuna eravamo quasi arrivati a casa. Volevo chiedergli scusa e dirgli quanto anche io lo amassi, ma non ci riuscivo. Io avevo sistemato già le mie cose, quindi non ci restava che portare su la borsa di Robbie. Salimmo le scale, rimanendo ancora in zitti, ma poi voltandomi di scatto, posai la mano sulla sua. Lo guardai a lungo rimanendo in silenzio, e poi dopo una manciata di minuti mi feci coraggio e gli parlai.

« Ho una fottuta paura di sbagliare tutto Robbie. Ho paura di perderti. Tu sei famoso e ti basta scoccare un dito per avere tutte le donne che vuoi, io non sono nessuno. Sono solo una ragazza che fa la cameriera ed a stento parla la tua lingua. »

Lui scosse la testa e lasciando cadere il borsone per terra, scosse la testa per poi gettare le braccia verso di me ed abbracciarmi, mentre mi sussurrava all’orecchio parole confortanti. Mi disse che fare la cameriera era si un lavoro umile, ma lui apprezzava davvero quello che facevo perché non era da tutti sopportare le persone, specie se come lui e si divertivano a rompere bicchieri – qui alluse al nostro primo incontro – e poi concluse che per sua fortuna non conoscevo la lingua o lo avrei offeso a manetta, chiamando con i nomi più assurdi. Lui mi prese in braccio, e poi con una mano afferrò di nuovo la borsa e poi entrammo in quella che sarebbe diventata casa nostra.

« Lasciatelo dire, sei proprio un caprone! »
« Sei così romantica che se Shakespeare ti avesse conosciuta, avrebbe riscritto quella roba che scriveva lui ed avrebbe fatto suicidare Romeo, mentre Giulietta.. Beh non oso immaginare cosa avrebbe potuto scrivere a riguardo di quella giovane donna.. »
« Che stai cercando di dire Robbie? Che sono..? Insomma che sono una cattiva ragazza? A proposito di cattive ragazze, io ho conosciuto dei cattivi ragazzi nei giorni scorsi, Mark e Howard. Mark è carinissimo, mentre Howie sembra un po’ strano, ma dal resto è amico tuo. »

« Si, sapevo che li avevi conosciuti. Li ho mandati a controllarti.. Pensavi davvero fossero venuti qui per aiutarti con il trasloco? Sei proprio ingenua. Ma dimmi, Gary non c’era? Non lo hai ancora conosciuto? Vero?  »

I ragazzi mi avevano raccontato un sacco di avventure e disavventure riguardo a loro cinque. Mi avevano anche rivelato un particolare che Robbie per tutto questo tempo mi aveva tenuto nascosto. Lui e Gary erano molto amici, ma entrambi tendevano a nasconderlo, perché entrambi volevamo dimostrare all’altro di essere il migliore. Tipico dei maschi.. Tra loro due era una continua rivalità.
Il telefono di Robbie squillò e dall’altra parte sentii una serie di voci maschili, ed immaginai che si trattasse dei ragazzi. Ed avevo immaginato bene. Erano loro, che non vedevano l’ora di venirlo a trovare, mentre Gary e Jason erano anche impazienti di conoscermi.

« Ok vi do il permesso di autoinvitarvi nella mia umile dimora, anche se per stasera avevo programmi ben diversi per me e la mia fidanzata, ma per gli amici rompi-scatole questo ed altro, ma badate bene, giù le mani da Aly o ve le stacco, soprattutto tu Gary STALLE ALLA LARGA e tu Jason non portare quello schifoso thé al ginseng, non vorrei ritrovarmi di nuovo il divano che puzzava di pipì. »

Riaggancio subito dopo e con una buffissima espressione si avvicinò a me e mi baciò. Alle volte era così sorprendente che mi lasciava a bocca aperta anche per le piccole cose. I suoi erano tutti gesti inaspettati.

« Puoi resistere fino a domani? Pensandoci bene l’attesa sa essere una buona amica delle donne. Non fare la difficile, so che avevi preparato una seratina piccante! »

« Piccantissima Robbie. Peccato, gli spaghetti con aglio, olio e peperoncino dovranno attendere fino a domani. Piuttosto, credi di farcela tu? Io non ho problemi. Sono una donna, lo hai forse dimenticato? Per di più sono pure italiana. »

Continuammo a punzecchiarci, mentre apparecchiavamo la tavola e preparavamo qualcosa per i ragazzi. Avevano detto di avere un paio di novità da raccontarci. Ero curiosa di sapere, ma soprattutto di conoscerli meglio, perché il mio “ragazzo”, -mi faceva davvero uno strano effetto chiamarlo così-, mi aveva parlato tanto di loro e sapevo quanto fossero legati tutti e cinque, nonostante gli alti ed i bassi.
Suonarono alla porta e Robert si precipitò ad aprire. Aveva stampato sul volto la sua espressione da “sono il più figo del mondo, me la suono e me la canto da solo”.. ma questo era Robbie. Scoppiai a ridere, mentre finivo di sistemare la tavola e poi mi spostai verso il salotto per salutare e presentarmi con gli ultimi due Take That.
Mark indossava una camicia rosa scuro, un paio di pantaloni neri ed una giacca del medesimo colore. Era molto elegante, a differenza di Howard che sicuramente aveva indossato la prima cosa trovata nell’armadio. Quest’ultimo indossava i pantaloni di una tuta di colore grigio ed una maglia a maniche corte bianca con uno stano disegno stampato sopra. Jason un golfino grigio ed un paio di pantaloni piuttosto larghi. E poi ecco Gary, il più elegante ed impeccabile. Sembrava uscito da una sartoria di alta moda. Aveva indosso un abito molto elegante grigio scuro e controluce di intravedevano degli scacchi di colore viola lungo tutta la stoffa, e poi una camicia bianca con tanto di cravatta intonata al completo. Mentre io e Robbie sembravamo usciti appena da una lavanderia. Io avevo indosso un paio di leggings ed una felpa enorme di Robbie ed i capelli legati i uno chignon tutto arruffato; lui indossava una maglia nera ed un paio di boxer a quadretti bianchi e blu. Eravamo entrambi da ricovero, e le espressioni dei suoi amici ce lo confermarono poco dopo.

« Scusatemi, Robbie mi aveva detto che voi non saresti stati così eleganti, comunque prego entrante e fate come se foste a casa di Robbie. »

Il mio ragazzo mi guardò in modo provocante e poi mi palpò il sedere davanti a tutti i suoi amici, così da marchiare il territorio. Ci teneva in modo particolare a farsi vedere come il gallo del pollaio. Ed era terribilmente bello quando lo faceva. I ragazzi però non sembravano turbati da niente di tutto ciò, anzi sembravano molto a suo agio. Howard, chiese addirittura a Robbie se poteva toccare anche lui il mio fondoschiena, perché convinto che fosse un modo come un altro per entrare in confidenza. Nel frattempo Robbie iniziò a prendere in giro Jason che, aveva in mano il suo bicchiere di cartone con il suo schifoso thé con il latte; Mark e Gary stavano ridendo invece come due pazzi.
La mia famiglia mi mancava da morire, ogni giorno, ma adesso non solo avevo Robbie, ma anche i ragazzi. Da lì a poco mi avrebbero accolta come una di loro, facendomi sentire meno sola e soprattutto meno italiana. Saremmo diventati i Take That, Robbie ed Alessandra. Non male come combinazione.
I ragazzi e Robbie erano di nuovo tornati insieme. Era bello vederli così felici e spensierati, specialmente il mio ragazzo. Non lo vedevo così da tempo. La permanenza nella clinica lo aveva cambiato e di certo adesso vedeva la vita da un'altra prospettiva, non solo per me..
   
 
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