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Autore: ValeriaLupin    18/12/2015    4 recensioni
[Raccolta di One shot su quotidianità della coppia Remus e Tonks]
1. A cena con i coniugi Tonks
2. Un compito arduo
Come Ninfadora e Remus si sono accorti di piacersi?
Mescolate una grande dose di demenza a una farsa e a una passeggiata al chiaro di luna e...eccovi servita la mia folle idea!
Dal testo del primo capitolo:
«Andromeda», si presentò di conseguenza sua madre.
«Non avrei mai detto che lei fosse la madre di Dora: è molto giovane», si complimentò educatamente lui, mentre Ninfadora era impegnata a salutare suo padre.
La donna sfoderò un sorriso serafico.
«Cosa che non si può dire di te, invece», commentò guardando i suoi capelli che già avevano cominciato a ingrigirsi. «Mamma!», la rimproverò sua figlia, sdegnata.
Dal testo del secondo:
Sirius attaccò per la quarta volta con “Jingle Bell Rock” e a Molly fu chiaro il motivo di tanto malumore da parte di Remus e Ninfadora, che aveva già avuto il piacere di conoscere l’eccessiva esuberanza di suo cugino in quel periodo.
«Vado ad affatturarlo?» propose ghignando malevola.
«No» rispose secca la signora Weasley. [...]
«Volevo solo essere utile», rispose con innocenza e vide Lupin sorridere a quelle parole e alzare..
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Tonks, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black, Ted Tonks | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Note per chi ha già letto il capitolo precedente: ho fatto delle piccole modifiche su consiglio di una lettrice che ringrazio, credo che adesso Remus sia cresciuto almeno un po'.
 


 


Un compito arduo

Al numero 12 di Grimmauld Place era una giornata come un'altra.
Difatti, non era insolito che Molly Weasley facesse loro visita, che alla compagnia si unisse Ninfadora Tonks e che, dopo il turno al Ministero, Arthur li raggiungesse per pranzare. Di norma, quelli preparati da Molly erano gli unici pasti degni del loro nome che si potessero consumare in casa Black. La cara signora Weasley infatti, sulle note leggere di Celestina Warbeck, rifiutava l’aiuto di chiunque per allontanare l’imbranata Ninfadora con garbo e si impegnava a sfornare deliziose ed elaborate pietanze che per gli abitanti della casa, e per Tonks, sarebbero state impossibili da riprodurre.
Eppure, complice l’approssimarsi del Natale, aleggiava nel luogo un’aria festiva con cui i muri decadenti e secolari avevano convissuto ben poche volte. Testimoniavano l’arrivò della stagione invernale anche il vento, più freddo, che ululava fuori dalle finestre, gli alberi riccamente addobbati che erano stipati a ogni spazio vuoto, lo scoppiettante e permanente fuoco che vibrava nel camino decorato da rametti di vischio e ghirlande, Kreacher che indossava riluttante il tradizionale cappello rosso e bianco sotto costrizione del suo esaltato padrone e il proprietario della casa che abbaiava da sotto la doccia carole natalizie, rendendole udibili in ogni angolo dell’ampia dimora e allietando tutti i presenti con le sue assai discutibili doti canore.
Assieme al Natale anche le vacanze invernali si avvicinavano e con esse aumentava vertiginosamente l’umore di Sirius Black, che da sempre aveva adorato quella festa ma che aveva cominciato ad amarla solo quando aveva saputo che il suo figlioccio l’avrebbe passata lì, nella tetra casa in cui era confinato.
La notizia non si era limitata a renderlo felice ma anche irrimediabilmente insopportabile.
Sirius attaccò per la quarta volta con “Jingle Bell Rock” e, improvvisamente, a Molly fu chiaro il motivo di tanto malumore da parte di Remus e Ninfadora, che era solita recarsi lì più spesso di lei e aveva già avuto il piacere di conoscere l’eccessiva esuberanza di suo cugino in quel periodo.
«Vado ad affatturarlo?», propose ghignando malevola.
«No», rispose secca la signora Weasley. Qualche mese prima forse sarebbe stata sconvolta da tanta infantilità ma ormai aveva imparato a convivere con i continui battibecchi fra gli ex-Malandrini che si risolvevano nei più fortunati dei casi con una frase sagace di Remus capace di zittire l’amico o con una battuta traboccante ironia di Sirius la cui unica risposta possibile da parte dell’altro era alzare gli occhi al cielo. Per cui, adesso si limitava a impedire conflitti diretti con severità e rassegnazione.
Ninfadora alzò gli occhi al cielo e scrollò le spalle.
«Volevo solo essere utile», rispose con innocenza e vide Lupin sorridere a quelle parole e alzare lo sguardo dal libro che stava leggendo.
«Non preoccuparti. Giuro che se ricomincia, salirò io stesso per impedirgli di continuare a molestare le nostre orecchie», la rassicurò lui con un sorriso storto.
«Ah be’, se ci riesci…», fece lei scettica mentre ammirava un coltello incantato minuzzare con velocità e precisione alcune carote.
Quando, prevedibilmente, per la quinta volta Sirius ruppe la quiete appena ottenuta con un’ancora più dirompente: «Jingle bell, jingle bell, jingle bell rock…», Molly emise uno sbuffo frustrato e Tonks si limitò a sbattere con forza un palmo sulla fronte, sperando vivamente che in quella doccia ci annegasse, il suo caro cugino.
Remus chiuse il libro di scatto poggiandolo, scocciato, sul tavolo.
«Lo faccio solo perché sono un uomo di parola», si giustificò con un sorriso stanco, facendo scuotere il capo alla materna e comprensiva signora Weasley e sorridere divertita la stravagante strega dai capelli celesti, quel giorno.
«Jingle bells swing and jingle bells ring…»
Fece forza sui braccioli della poltrona, ormai diventata a tutti gli effetti di sua proprietà di comune accordo, per alzarsi, non senza difficoltà: il plenilunio appena trascorso lo aveva reso debole e pallido. Dora dovette imporsi di non aiutarlo a salire le scale; non gli piaceva essere trattato come un malato.
«Snowing and blowing up bushels of fun
Now the jingle hop…»
Ripeteva troppo spesso di esserlo perché ci credesse davvero.
«… has begun.
Jingle bell, jing-».
Le urla strozzate di Sirius s’interruppero bruscamente e le due donne in cucina si scambiarono uno sguardo piacevolmente sorpreso e perplesso.
Quando Lupin fu di ritorno in cucina, le labbra increspate in un sorriso soddisfatto, lanciò uno sguardo a Dora.
«Come diamine hai fatto?», sbottò lei ad un tratto.
«Quando convivi con i Malandrini per sette lunghi anni, vieni a conoscenza di informazioni scomode e inevitabilmente impari come usarle a tuo vantaggio», spiegò sorridendo, scaltro.
«Siete subdolo, professor Lupin»
«Solo quando lo necessita la situazione», si difese lui.
«Come lo hai minacciato?», chiese poi con morbosa curiosità, mentre anche Molly si fermava per ascoltare.
«Se te lo dicessi non sarebbe più una minaccia valida», rispose facendola sbuffare.
«Dai, non lo dirò a nessuno. Promesso» ostentò innocenza, risultando però poco credibile.
Remus scosse il capo con un sorriso e tornò a leggere.
 
Quel pomeriggio passò velocemente. Sirius scomparve dopo pranzo e Arthur Weasley si presentò nell’antica dimora della nobile e purissima casata dei Black con un aggeggio di fattura completamente Babbana. Ironia che Ninfadora non mancò di far notare con ilarità. La stessa non si stupì che si trattasse di un Aspirapolvere; ricordava chiaramente che lo avessero chiamato così i suoi cugini Babbani, rimasti colpiti dal fatto che non ne possedesse uno e non avesse la minima idea di come utilizzarlo.
Le attenzioni di tutti i presenti furono assorbite dallo strano arnese e Molly si rivelò molto interessata alle sue capacità che le aveva fatto notare il marito con una dimostrazione pratica.
«Ingegnosi questi Babbani, ma fa un casino quest’affare ed è scomodissimo!»
«E questo è quello senza cavi…»
«Cavi?»
«Fili della corrente, che serve per far funzionare l’Aspirapolvere. In questo caso la corrente si trova all’interno dentro una batteria ric-», spiegò lui, con aria fanatica fermandosi quando la moglie si volse verso di lui con uno sguardo omicida.
«Sai che odio quando parli di queste cose come se io ne capissi qualcosa», gli ricordò con le labbra ridotte a due linee sottili e la fronte aggrottata per la stizza.
Quando il marito le si accostò, scusandosi, e lei si accigliò maggiormente dando inizio a una vivace discussione, Remus e Tonks non poterono evitare di sorridere divertiti. Non trattenendosi poi dallo scoppiare entrambi a ridere nel rendersi conto che a ogni richiesta di perdono del preoccupato signor Weasley, la moglie finiva per alterarsi ulteriormente.
Intanto l’assenza di Sirius diventava ogni istante più sospettosa e faceva scambiare alla cugina e all’amico, sguardi fra il preoccupato e il “chissà che sta combinando, quel cane pulcioso”.
Ricomparve solo più tardi per prendere il suo solito tè giornaliero e si limitò ad aspettare la cena, conversando tranquillamente con tutti i presenti. Remus non poté evitare di notare gli occhi spenti e il sorriso leggermente forzato che si addicevano così poco al viso principesco del suo amico. Era un sorriso amaro che compariva fra i suoi lineamenti, solo quando parlavano del passato, di James, di Peter, di Frank e Alice Paciock o di chiunque altro la guerra aveva portato via quindici anni prima, in un modo o in un altro.
Avrebbe voluto ignorarlo, ma non ne era capace, così verso le sei del pomeriggio recuperò il proprio mantello e decise di uscire ad affrontare il vento gelido.
«So che preferisci la compagnia maschile ma che ne dici se ti accompagno?» lo raggiunse una voce squillante sulla soglia.
Lui sorrise, divertito e scrollò le spalle.
«Non sai neanche dove sto andando»
«Probabilmente da nessuna parte», affermò lei con semplicità, afferrando il suo mantello e gettandoselo addosso per poi raggiungerlo, rischiando di inciampare in un ampio tappeto elfico.
«Dannato tappeto» lo calciò in un angolo e si avvicinò alla porta ghignando, soddisfatta di aver finalmente liberato di quella presenza ingombrante l’angusto corridoio dell’ingresso.
Quando furono entrambi fuori, Remus esordì con una domanda.
«Te lo ha detto Sirius, vero?»
«Se ti riferisci ai tuoi gusti sessuali, sì. Se invece al posto dove ci stiamo dirigendo, devo ringraziare il mio infallibile intuito», rispose lei con tranquillità.
«Modesta, devo dire. Dov’è che stiamo andando, allora?», chiese, attento. Il suo piano iniziale era di trascorrere un po’ di tempo da solo con i suoi pensieri, ma la prospettiva di passare il pomeriggio con lei era allettante e decisamente migliore.
Lei ci rimuginò su per qualche secondo, portandosi una mano a grattare il mento.
«Facciamoci un giro a Tounton Street» concluse allegramente.
 
***
 
Nella stagione invernale Tounton Street era sempre attiva; brulicante di Babbani impegnati nella corsa per accaparrarsi gli ultimi regali di Natale e affollata da graziose bancarelle che mettevano in mostra romanzi rosa, sciarpe dagli svariati colori o cioccolato e stecchette di liquirizia.
Avventurarsi in quella moltitudine di persone che riempivano il viale alberato, non fu né semplice né particolarmente gradevole. Furono costretti ad avanzare con estrema lentezza, fermandosi ad ammirare ogni bancarella e mormorandosi commenti ironici su ogni prodotto che vi campeggiava.
«Se prova a rifarlo, assaggerà la mia ira» stava dicendo Ninfadora, scuotendo minacciosamente un pugno.
«Vuoi prendere parte a una rissa alla Babbana?» la canzonò lui, sollevando un sopracciglio.
«Se non capisci la validità di una vecchia e efficiente rissa alla Babbana, allora…» cominciò con aria boriosa.
«Cosa?» la invitò a continuare lui, impaziente di sapere cosa si sarebbe inventata.
«Allora… potrei coinvolgerti in una dimostrazione pratica»
«Me e Mondungus, insieme» propose, divertito.
«Invitante, oltre che indubbiamente conveniente. Come dicono i Babbani: “due piccioni con una fava!”», Ninfadora scosse vigorosamente la testa in segno di assenso, poi continuò con fervore e irritazione: «Quell’insopportabile beota! Non scherzavo quando ho detto che gli avrei fatto saltare minimo due denti se avesse provato a zittirmi di nuovo».
Il buonsenso di Remus gli suggerì di rimanere in silenzio e di non sorridere troppo apertamente. Una delle poche certezze che aveva nella vita era che per una serena convivenza con Ninfadora Tonks bisognava evitare accuratamente di chiamarla con il nome di battesimo e di zittirla. Mondungus Flechter aveva avuto abbastanza audacia e ignoranza da intimarle il silenzio dopo una battuta non particolarmente gradita; da allora Ninfadora non faceva che tormentarlo, che fosse davanti a lui o davanti a chiunque altro che ammorbava con il resoconto dell’accaduto, arricchito da dettagli sempre più fantasiosi e commenti taglienti.
«Quel cretino urla come un chihuahua a cui hanno calpestato la coda solo per un innocuo ragnetto e ha pure da ridire se poi lo prendo in giro? Ma per favore…» narrava, infatti, con veemenza. «Con quel suo naso enorme, poi, è disgustoso. Una volta ero seduta e lui si è alzato di fronte a me e… ho potuto ammirare le sue enormi e meravigliose narici pelose. Disgustoso. L’ho già detto? Lo ripeto: Disgustoso», assottigliò gli occhi mentre si faceva spazio fra due Babbane con la ridarella e le mani piene di buste.
Si accorse del sorriso di Remus e continuò con un tono più scherzoso e leggero, senza però perdere la luce perfida negli occhi: «Da lì avevo una vista panoramica del suo minuscolo cervello».
«Aspetta», Remus la fermò e le avvicinò una mano al mento, alzandole gentilmente il viso «Hai un moscerino qui sul naso… ah no, era la tua esigua materia grigia».
Lei spalancò la bocca, oltraggiata e gli sferrò un pugno poco delicato sul braccio destro, a seguito del quale lui non riuscì più a trattenersi. Rise di gusto, gettando la testa all’indietro, rise come non faceva da tanto tempo.
«Non posso crederci! Stai ridendo senza contegno», lui rise ancora più forte «Dopo tutti questi mesi hai finalmente capito che non coglierei l’occasione per lanciarti una maledizione?».
Quando la sua risata si spense a fatica, Remus aveva le lacrime agli occhi e un largo sorriso.
«No, sono ancora convinto che lo faresti ma non oseresti con tutti questi testimoni», indicò i Babbani circostanti e ricominciò a sghignazzare alla pronta risposta di Dora (“Mi stai mettendo alla prova?”) la cui risata trillante e contagiosa seguì a ruota quella roca di Remus.
Remus si lasciò guidare da Tonks davanti a un piccolo e accogliente bar non particolarmente gremito.
Si accomodarono ai tavolini esterni, stringendosi nei mantelli che attiravano sguardi curiosi o alienati, e ordinarono due birre Babbane, il cui nome Lupin non aveva mai sentito.
La cameriera portò loro le due bottiglie di vetro e i bicchieri, che rimasero però inutilizzati.
Più tardi mentre erano seduti ad osservare i passanti con due bottiglie fredde fra le mani, Remus parlò con malinconia e improvvisa serietà.
«Il mondo dovrebbe essere come te: genuino, allegro e onesto» disse mentre osservava cupamente le proprie scarpe malmesse. «In quel mondo non esisterei… o perlomeno il lupo in me non esisterebbe ».
«Credi davvero che sia un male?» si incuriosì lei.
«Cosa?» domandò lui, ancora sorpreso di essersi lasciato sfuggire un pensiero così intimo.
«Il lupo, intendo» rispose con ovvietà e Remus inclinò il capo, perplesso. «Sì, lo so che la tua vita sarebbe più semplice ma cosa ti fa pensare che sarebbe migliore? Insomma, forse senza il lupo ora saresti una persona diversa e… sono sicura che tu non possa essere migliore di così».
Lupin le rivolse un sorriso triste, invidiando la sua innocenza e semplicità.
«Potrei stare ore a elencarti i miei difetti e i miei errori. Non lasciarti ingannare»
«Che presuntuoso! Credi davvero che io ti consideri perfetto?», sbuffò sonoramente. «Mi riferivo al fatto che nonostante gli ostacoli che la licantropia ti ha imposto e continua a importi, tu hai lottato per diventare quello che sei adesso: un uomo educato e gentile, un abilissimo mago, un professore sorprendente e una persona amabile» disse, contando sulle dita. «Quanti Lupi Mannari possono vantare di essere stati istruiti come qualunque altro mago a Hogwarts? Quanti possono dire di aver mai utilizzato una bacchetta o di ricordare come si fa? Quanti possono dire con certezza di non aver mai ferito nessuno durante i pleniluni? Quanti di aver fatto parte dell’Ordine della Fenice durante la prima guerra e di continuare a esserne un importante membro anche alla vigilia della seconda? Quanti, come te, si sono impegnati a vivere nella società magica nonostante i pregiudizi e le difficoltà?»
«A volte vorrei non aver mai fatto niente di tutto questo, vorrei vivere con la maggior parte di loro. Pensando solo al prossimo pasto o a come rimediare un mantello nuovo: sono quelli i problemi lì. La vita è più semplice per uno come me lì» ammise, scrutando gli alberi ormai completamente spogli.
«Facile sì, ma migliore?» chiese lei e Remus si limitò a una scrollata di spalle. «Ti do un indizio: se fossi uno di loro, adesso probabilmente neanche mi conosceresti».
Si volse verso di lei con un mesto sorriso appena accennato.
«Già» convenne «sarebbe stato un vero peccato». La voce trasudava sarcasmo ma gli occhi erano seri e qualcosa nel sorriso che accompagnava quelle parole fece pensare a Ninfadora che forse non stava esattamente scherzando.
Tounton Street cominciò a svuotarsi mentre le ombre si allungavano e l’aria si raffreddava. Alcuni trovarono rifugio nei bar, altri si ammassarono nelle graziose tavole calde per consumare una piacevole cena. Remus e Ninfadora potevano vedere solo poche giovani e intrepide coppie sfidare il clima impervio passeggiando far le luminose bancherelle.
I rami nudi degli alberi alle estremità del viale si stagliavano sul cielo sempre più scuro e privo di stelle che dominava Londra quella fredda sera di metà dicembre.
Ninfadora si portò la bottiglia alle labbra con disinvoltura e bevve. S’inumidì le labbra per assaporare meglio l’ultimo sorso del liquido amarognolo e fissò il cielo, concentrata.
«L’ho notato. Tu e Sirius, intendo», l’Auror studiò in tralice l’uomo affianco a lei, che si ostinava a guardare il tavolino fra loro e continuò con una nota d’impazienza: «Non sarò un genio, Remus, ma lo vedo: c’è come un muro fra voi».
Lupin sospirò pesantemente e ingollò la birra rimasta. Sapeva perfettamente cosa intendeva e poteva immaginare quanto potesse sembrare strano e incomprensibile a occhi estranei il rapporto che aveva con Sirius. Un rapporto che entrambi avevano cercato disperatamente di rivangare, ma di quella fratellanza vissuta in passato avevano trovato solo dei resti malridotti, come quelli di una fortezza le cui mura sono state abbattute da tempo e che lotta ogni giorno per evitare di essere rasa al suolo. Lo sapeva bene cosa le aveva distrutte, le mura, la stessa cosa che aveva paradossalmente innalzato il muro di cui parlava Dora.
«Qualche giorno fa ho ripescato una vecchia fotografia dell’Ordine ai tempi della sua fondazione. Eravamo tutti così giovani. Gli unici superstiti della nostra generazione siamo io e Sirius». Dora notò che gli tremavano le labbra. «Solo due… e nonostante siamo due, ci sentiamo soli», disse cupamente, passando un pollice sulla bocca umida della bottiglia.
Tonks lo guardò muoversi nervosamente sulla sedia e aspettò che continuasse.
«Non è più come prima. Non dopo averlo creduto un traditore per dodici anni, non dopo la diffidenza reciproca e i sospetti prima che il vero traditore agisse, prima che James morisse. E questi ultimi sono alcuni altri motivi che ci hanno allontanato: eravamo quattro amici e senza James e, mi duole ammetterlo, Peter non siamo più i Malandrini, non siamo niente o… quasi» spiegò.
«La solitudine cambia le persone tanto quanto la paura e l’ingiustizia. La prima ha cambiato te, la paura Minus e l’ingiustizia Sirius. Siete cambiati irrimediabilmente ma questo non ha impedito a te e Sirius di continuare a mettere la vostra amicizia prima di voi stessi. Ed è questo che vi lega, è questa la differenza fra voi e Minus» disse lei, accalorandosi.
Gli rivolse un ampio sorriso e fu soddisfatta di vedere che lui accennava a ricambiarlo.
«Oltre al fatto che tu e mio cugino siete due figoni da paura mentre Minus, basandomi su informazioni concrete, dovrebbe essere grassottello con la faccia da roditore. E mi basta sapere questo» aggiunse in un espressione genuinamente disgustata, strizzando gli occhi con le mani davanti al viso, come a volersi schermare da una visione raccapricciante.
Remus ridacchiò senza riuscire a contenersi.
«Sei incredibile» commentò, alzandosi «riesci sempre a mettermi di buon umore» si lasciò sfuggire nuovamente, grato. Con lei era troppo semplice lasciarsi andare e finiva costantemente per dire qualcosa che normalmente non sarebbe mai stato propenso ad asserire con tanta disinvoltura.
«Francamente, è un compito arduo» rispose baldanzosa con un sorriso irriverente, passandosi una mano fra i capelli celesti per cercare di renderli perlomeno presentabili. Lui le scoccò un’occhiataccia, anche se in realtà era piuttosto divertito.
«Non è affatto semplice parlare per metafore bevendo una birra, Remus, e certamente non è normale» si giustificò, alzando la voce di un tono e lui sorrise in risposta.
«Andiamo, ci staranno aspettando».




Salve lettori :)
Eccomi, come promesso ho continuato questa raccolta e wow, ho già molti capitoli pronti, da rivedere e pubblicare!
Se vi interessa davvero che io lo faccia o meno fatemelo sapere in un recensione piccina picciò e magari se avete da appuntarmi qualche errore o imprecisone fate pure. Tutta la vicenda è ambientata nel quinto libro quando Harry trascorre il Natale a Grimmauld Place insieme, fra gli altri, allo sfortunato signor Weasley, che come avrete sicuramente notato però in questa OS non è ancora stato attaccato.
Ora, non so e non mi sono presa il disturbo di andare a vedere quando con precisione, ammesso che sia scritto, avviene l'attacco ai danni di Arthur. Ho praticamente lasciato trapelare che avviene dopo la metà di dicembre ma questo è un dettaglio di mia invezione.
Mi piace questa OS (lo so, molto modesta eh) anche se il titolo non mi soddisfa. Non avevo idea di che cosa mettere.
Ho un brutto blocco con i titoli, forse perchè di solito le mie storie finiscono per spaziare molto e disperdersi un po'... però è quotidianità quindi è anche giusto sia così, no?

Ecco, parlando di titoli, c'è una piccola questione da risolvere e vi imploro di aiutarmi a dare un titolo a questa raccolta; informatemi su ogni idea dalla più banale alla più geniale, mi servirà tutto l'aiuto possibile per riuscire a dare un nome a tutto questo :D

Grazie a chiunque legga/recensisca/segua/metta fra le preferite.
Bacioni,
Fangirl23

 
   
 
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