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Autore: Mary P_Stark    19/12/2015    2 recensioni
Lithar mac Lir, gemella di Rohnyn, porta con sé da millenni un misterioso segreto, di cui solo Muath e poche altre persone sono al corrente. Complice la sua innata irruenza, scopre finalmente parte di alcune tessere del puzzle di cui è composta la sua esistenza, ma questo la porta a fuggire dall'unica casa - e famiglia - che lei abbia mai avuto. Lontana dai fratelli tanto amati, Lithar cercherà di venire a patti con ciò che ha scoperto e, complice l'aiuto di Rey Doherty - Guardiano di un Santuario di mannari - aprirà le porte ai suoi ricordi e alla sua genia. Poiché vi è molto da scoprire, in lei, oltre alla sua discendenza fomoriana e di creatura millenaria, e solo assieme a Rey, Lithar potrà scoprire chi realmente è. - 4^ PARTE DELLA SERIE 'SAGA DEI FOMORIANI' - Riferimenti alla storia nei racconti precedenti
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Fomoriani'
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12.
 
 
 
 
 
 
L'umidore della nebbia penetrava nella mia pelle, mordendo le carni e le ossa.

Il cielo era invisibile, in quella coltre bianca e uniforme e, nel percorrere le ultime centinaia di iarde che ci dividevano dalla proprietà, mi volsi a guardare Stheta.

Aveva insistito per accompagnarmi fino a Harrysgrove, ben deciso a conoscere Rey.

Nulla era valso a farlo desistere.

Forse, era infuriato non meno di me dal comportamento di Muath, forse aveva bisogno d'aria per ritemprarsi.

O forse, da fratello maggiore, voleva sincerarsi su chi fosse Rey.

Quest'ultima ipotesi mi fece fremere.

Non ero una sciocca, cosa credeva!

Ugualmente, non avevo protestato, quando eravamo partiti assieme da Mag Mell, e non avrei protestato al nostro arrivo alla fattoria.

Stheta si meritava un pizzico di fiducia, da parte mia.

Quando infine raggiungemmo il cancello – aperto – sentii, più che vedere, l'arrivo trottante di Vivianne che, abbaiando allegra, mi fece le feste tutta giuliva.

Mi piegai su un ginocchio, accarezzandola e abbracciandola, facendole grattini dietro le orecchie, ugualmente felice di vederla.

Stheta ristette al mio fianco, in piedi, osservando la scena con un sorriso e, solo in quel momento, ricordai un particolare.

Non aveva mai visto un cane da vicino. Certo, aveva avuto a che fare con i suoi cugini mannari, ma non era la stessa cosa.

“E' buona, anche se è bella grossa e potrebbe far pensare il contrario. Si chiama Vivianne” gli spiegai, rialzandomi in piedi. “Vivianne, lui è mio fratello Stheta.”

La cagnona si avvicinò guardinga a Stheta che, dubbioso, allungò una mano per farsi annusare.

“Ciao, bella” mormorò, accarezzandola quando il cane cominciò a scodinzolare.

Sorrise, forse sentendola così morbida e calda e, ammiccando al mio indirizzo, chiosò: “E' davvero stupenda.”

“Lo sa. Vivianne è piuttosto vanitosa” risi sommessamente, aspettandomi di veder comparire Parsifal da un momento all'altro.

Detto. Fatto.

Neppure tre secondi dopo, il gatto tigrato trotterellò sui suoi cuscinetti morbidi e, con un balzo, fu tra le mie braccia, accogliendomi con i suoi ron-ron rumorosi.

Stheta fece tanto d'occhi e io, nel mostrarglielo, mormorai: “Lui è Parisfal, ed è il figliocco di Vivianne. Lo so che suona strano, ma lo ha allevato lei.”

Accarezzato anche Parsifal, Stheta lo prese in braccio per coccolarlo meglio, e Rey scelse quel momento per comparire attraverso la nebbia spessa e umida.

I suoi passi cadenzati calpestarono la ghiaia, avvertendoci del suo arrivo e, quando lo vidi, scoppiai subito a ridere.

Aveva lo sguardo aggrottato, e l'aria di uno che avrebbe volentieri preso a pugni Stheta al minimo segnale di pericolo.

E tutto perché era accanto a me.

Anche mio fratello se ne accorse e, rivolgendosi a me, celiò: “Spiegati alla svelta, o mi vedrò costretto a malmenarlo.”

“Tu non farai nulla del genere” lo minacciai bonaria, correndo poi incontro a Rey per abbracciarlo.

Lui mi avvolse protettivo tra le braccia, dandomi un bacio che sapeva di amore e di proprietà e, sorridendo divertita, mormorai: “Calmati, è solo mio fratello.”

Rey si chetò un poco, ma non più di tanto e, sempre tenendomi saldamente al suo fianco, avanzò verso Stheta e disse: “E' buona cosa che Parcy e Viv ti abbiano concesso di entrare. Depone a tuo favore.”

Stheta lasciò andare Parcifal con un certo rammarico e, annullata la distanza che ci separava, allungò una mano verso Rey.

“Spero di conquistare anche te. Io sono Stheta mac Lir, fratello maggiore di Litha. Molto piacere.”

Rey levò immediatamente un sopracciglio, riconoscendo quel nome e, lanciatomi uno sguardo sorpreso, mormorò: “L'erede al trono?”

“Esatto” assentii, sorridendo un po' scioccamente.

A quel punto, con mia grande sorpresa, Rey si fece ancora più ombroso e Stheta, confuso non meno di me, disse: “Temo di aver fatto qualcosa di male senza saperlo. Puoi rendermi edotto?”

“Se sei venuto per convincere tua sorella a tornare a Mag Mell, prendi la via del ritorno alla svelta. Sarò un semplice mortale, ma ti stenderò comunque con un pugno. Litha rimane qui con me.”

Il suo tono fu così perentorio da sorprendermi.

Non l'avevo mai sentito puntare i piedi a quel modo, difendere così strenuamente ciò che era suo.

Era un'autentica novità, e sapere che ero stata io a scatenare il suo ego, mi diede una certa soddisfazione.

Stheta, allora, scoppiò in una grassa risata e io, nell'abbracciare stretto Rey, esclamai: “Non aver paura, va tutto bene. Voleva solo conoscerti.”

Poggiate le mani sui fianchi, Stheta chiosò con calma: “Dubito che, al mondo, esista qualcuno che possa dire a Litha quello che deve fare. O non fare. Ha sempre agito di testa sua e, da come la difendi, non posso che essere felice che abbia trovato te, sulla sua strada.”

“Anche se vivo in una fattoria che, di principesco, ha ben poco?” protestò Rey, non ancora del tutto convinto.

Mio fratello non badò minimamente alla sua insinuazione e, lanciata un'occhiata alla casa di mattoni rossi, sorrise.

Si avvicinò a grandi passi, sfiorando il muro esterno, dove cresceva l'edera rampicante.

Rey lo seguì con lo sguardo, torvo e serioso in viso.

“Litha mi ha detto che sei un Guardiano, il protettore di un Santuario per licantropi” mormorò Stheta, voltandosi a mezzo per guardarci.

“E' il mio ruolo ufficioso, sì” assentì Rey, al mio fianco.

Annuendo, mio fratello tornò a guardare la casa e, quasi tra sé, asserì: “E' solida e forte, così come chi vi abita. E' un luogo sicuro in cui vivere. Inoltre, ci sono pace e serenità.”

“Perché non gli mostri le pecore? Credo che Stheta non ne abbia mai vista una in vita sua” suggerii a Rey, vedendolo accigliarsi al solo pensiero. “E smettila di fare il permaloso! Stheta non è un montato spaccone figlio di papà.”

“Credo di non sapere neppure che significa” ironizzò a sua volta Stheta, fissandomi dubbioso.

Con una scrollatina di spalle, gli dissi per tutta risposta: “Te lo spiegherò dopo, fratellone.”

Detto ciò, lo presi sottobraccio e, in barba al cipiglio di Rey, condussi mio fratello nella stalla.

Il belare delle pecore ci accolse al nostro arrivo e Stheta, nell'entrare, fece tanto d'occhi, esalando: “Ma quante sono?”

“Un centinaio, più o meno” gli spiegai, indicandogli i macchinari presenti e come venissero svolti i lavori all'interno dello stallaggio.

Mio fratello ascoltò attento e, per tutto il tempo, Rey ci seguì, ombroso come una giornata di tempesta.

Il suo umore non migliorò, quando mostrai a Stheta la zona in cui produceva il formaggio, ma non vi diedi peso.

Doveva capire che la gente intelligente non lo giudicava inferiore, e solo perché amava vivere di ciò che produceva; solo chi non capiva il suo impegno, poteva farlo.

Stheta assaggiò, si complimentò e, nell'uscire dalla cascina, si aprì in un sorriso speciale, deliziato.

La nebbia si era diradata, permettendo la visione dei campi verdi, del bosco nelle vicinanze e del giardino che cingeva la casa.

“E' un posto davvero bellissimo” mormorò ammirato.

Sorrisi tronfia a Rey che, sospirando, levò le mani in segno di resa e, sorridendomi genuinamente, ammise: “E va bene, ho capito. Tuo fratello non è un completo idiota.”

Stheta lo fissò falsamente accigliato, replicando: “Completo? Idiota?”

“Ammetto che puoi davvero apprezzare la mia fattoria, va bene? Ma pensi sul serio che non sappia a cosa sta rinunciando Litha, restando qui?”

“Rinuncia a cose che non le interessano, che non valgono neppure la metà di quello che le vedo negli occhi tutte le volte che ti guarda” replicò mio fratello, scaldandomi il cuore.

Guardandomi, Rey mi domandò per contro: “Sei riuscita a vedere Bress?”

Era evidente che non era ancora convinto di quel che diceva Stheta, e voleva innanzitutto prendersi cura di me. Come sempre.

Sbuffai, scuotendo il capo in risposta alla sua preoccupazione.

“Non me l'hanno permesso, anche se Krilash e gli altri mi hanno promesso che tenteranno di farli ragionare. Smuovere un'isola sarebbe più facile, a parer mio, comunque...”

“Mi spiace” mormorò, sfiorandomi il mento con un buffetto.

Sorrisi, e Stheta asserì con aria soddisfatta: “E' questo che intendo. Riesci a renderla felice, anche quando so che è furiosa e indispettita. Credi che sia un dono da poco, per un fratello, vedere la propria sorella così appagata?”

“Penso di no, anche se non ho esempi a confutazione” ammise Rey, ghignando sarcastico.

“Suo fratello è uno stronzo” mi lasciai sfuggire, facendo sorridere Rey.

“Dovremmo presentargli Sheridan. Lo metterebbe al tappeto con un pugno, e poi ci camminerebbe sopra ballando una giga” ironizzò Stheta, scoppiando a ridere subito dopo.

“Ho avuto un assaggio verbale della sua … dolcezza. Sembra davvero tremenda” ironizzò Rey.

“Non tremenda, no. E' dolcissima... quando vuole. Diciamo che è difficile metterle i piedi in testa. Chiedi a Stheta.

Una volta gli ha sparato addosso, oltre a dargli un pugno in faccia.”

“Eccome!” esclamò a quel punto mio fratello, esplodendo in un altro accesso di risa.

“Sapete di essere strani, vero?” mi fece notare Rey, pur sorridendomi.

“Come ha detto mio fratello, eccome!”

Risi anch'io e, a Rey, non restò altro che unirsi alla risata.

E rilassarsi, finalmente sicuro che Stheta non lo avrebbe giudicato, né avrebbe denigrato il suo piccolo mondo perfetto.
 
***

Seduto al mio fianco sul divano, mentre io ero poggiata a lui in totale rilassatezza, entrambi osservavamo Stheta a colloquio con nonnina.

Appariva più stanca del solito, pallida, ma ben decisa a chiacchierare con il nostro illustre ospite a ogni costo.

E Stheta sembrava addirittura ammaliato da lei, dal suo colloquiare, dalla sua infinita saggezza.

Balzai in piedi solo quando nonnina desiderò ritirarsi per la notte e, presala in braccio senza problemi, la portai in camera sua per rimboccarle le coperte.

Lì, accesi la sua luce da notte, soffusa e dalle sfumature cremose, e le sorrisi.

Mi inginocchiai a terra, poggiando gli avambracci sul letto, e vi depositai il mento.

I miei occhi la squadrarono amorevoli e preoccupati – nelle ultime settimane, si era fatta di giorno in giorno più stanca – e lei, sorridendomi, mormorò: “Hai un bravo fratello, cara. È molto affezionato a te, si vede bene.”

“Siamo cresciuti affrontando mille difficoltà, e questo unisce molto” assentii, sapendo di dire la verità.

“Mi è spiaciuto sapere di Bress, però.”

Scossi il capo, incurante.

“Non è importante. Desideravo parlare con lui, chiarire alcuni punti, ma posso anche soprassedere. Di certo, questo non minerà il mio animo, o cancellerà la felicità che provo.”

Era vero.

Pur se ero partita per Mag Mell con tutte le intenzioni di portare vendetta e, soprattutto, vedere in faccia chi aveva condannato a morte i miei genitori, tutto era scemato.

Mi era bastato confrontarmi con Muath e Tethra, per rendermi conto di quanto fosse sterile il mio desiderio.

Era stato mosso dalla vecchia me, dal mio lato più feroce, da quel lato di me cresciuto – e rinvigorito – dai millenni passati sotto lo stretto controllo fomoriano.

Lì ero stata allevata, ne avevo assimilato pregi e difetti ma, soprattutto, avevo fatto mio il loro pensiero.

E questo comprendeva anche una buona dose di rabbia e furia, da sfogare interamente sul proprio nemico.

Stare con Rey mi aveva aiutato, invece, a venire a patti con questa rabbia, a declinarla, a renderla innocua, non distruttiva, a darle una nuova forma.

Certo, non sarei mai stata una ragazza tranquilla, e ben volentieri avrei perso le staffe, se qualcosa non fosse incorso nel mio plauso.

Ma avevo imparato a pensare, prima di agire, a soppesare i pro e i contro, invece di partire a testa bassa per portare vendetta al disonore.

C'erano momenti in cui colpire, altri in cui desistere. E riflettere.

Questo, era uno di quei momenti.

Non vedere Bress non mi avrebbe minata nel profondo, mi avrebbe solo impedito di conoscere le sue motivazioni.
E potevo ben vivere senza.

“Brava, Litha. Non sempre, serve sapere tutto.”

Mi sorprese sentire il mio nome uscire dalle sue labbra perché, a conti fatti, nonnina mi aveva sempre chiamato 'bambina', oppure 'cara'.

Evidentemente, ai suoi occhi ero finalmente maturata.

Mi rialzai, deponendo un bacio sulla sua fronte e, in silenzio, mi chiusi la porta alle spalle, tornandomene in salotto.

Nel sentire Rey e Stheta parlare, però, mi bloccai dietro l'angolo del corridoio per ascoltare le loro parole, curiosa di sapere cosa si stessero dicendo in mia assenza.

“Posso tornare a casa tranquillo, ora. Anche se rimane da discernere ancora un punto.”

“E quale?” si informò Rey, curioso.

La voce di Stheta si fece ombrosa, insicura, come se non fosse certo di come esprimersi.

“Muath ci ha detto una cosa che mi ha turbato molto. Non è sicuro che, eliminando la pelle di delfino, lei possa perdere la sua longevità come è avvenuto per Rohnyn.”

Rey non disse nulla, e Stheta proseguì.

“Il suo sangue immortale le impedirebbe di compiere appieno il mutamento, perciò perderebbe solo il suo diritto a vivere sul fondo dei mari.”

“E questo la farebbe infuriare, vero?” ironizzò a quel punto Rey, sorprendendomi un poco.

“Non ti darebbe noia?” si informò Stheta, curioso non meno di me.

Percepii il sorriso nella sua voce, e una piena consapevolezza di sé e dei suoi sentimenti.

“E' stato abbastanza scioccante, scoprirmi innamorato di lei, credimi. Certo, non ho gli occhi sotto le scarpe, e mi sono accorto subito di quanto fosse bella. Ma non è questo che ha cambiato le carte in tavola, con lei.”

“Lo spero, o dovrei ricredermi su entrambi voi” ironizzò Stheta, e io desiderai prenderlo a schiaffoni. Perché lo stava interrompendo?!

“L'ho osservata per lungo tempo, in silenzio, mentre combatteva la sua battaglia contro la scoperta della propria diversità, della sua totale mancanza di certezze. A mio modo, e molti anni addietro, mi ritrovai a mia volta a lottare contro emozioni simili.”

Sospirò, e avvertii il fruscio della sua mano tra i capelli.

“Quando seppi la verità sul Santuario, non riuscii a capire subito perché i miei genitori, o Conner, non fossero stati inseriti in questo progetto. Scoprire le loro lacune, la loro superficialità, fu sconcertante, avvilente. Così come scoprire che i miei nonni, ben prima di me, avevano scorto la loro totale mancanza di interesse verso gli altri. Da genitori, non deve essere stato facile.”

“Ho ottimi esempi in famiglia” ironizzò Stheta, sarcastico.

Non potei che essere d'accordo.

“Nonnina mi ha sempre detto che me la prendevo troppo ma, finché Litha non ha messo piede qui, non mi sono mai del tutto fidato delle sue parole. A me, è sempre venuto naturale preoccuparmi per loro, occuparmi dei loro problemi, riempire quelle lacune al posto loro.”

Rise sommessamente, quasi irridendosi e, per un istante, desiderai raggiungerlo, abbracciarlo, donargli tutta la mia forza.

“Denota solo un carattere altruista” si premurò di dire Stheta, benevolente.

“E stupido. Litha ebbe ragione, a suo tempo, a dirmi di piantarla di preoccuparmi sempre e comunque di Conner e dei miei genitori. Che non dovevo badare a quel che dicevano – e pensavano – loro, ma solo a chi mi voleva realmente bene” replicò Rey, con tono sicuro e chiaro.

Credeva in quello che diceva, non lo ripeteva solo perché lo avevo detto io.

“Immagino non siano mai stati prodighi di complimenti, o di appoggio morale. Se tu sei qui, solo con tua nonna, dubito tu abbia mai ricevuto molto, a livello emotivo e pratico, dalla tua famiglia” chiosò mio fratello, comprensivo.

“Vedi bene. Anche se so, per bocca di Litha, che neppure voi avete ricevuto delle pacche sulle spalle, o dei buffetti sulle guance” ribatté Rey, con un risolino nella voce. “E' questo che mi ha fatto capire e apprezzare molto Litha. Oserei dire che, la sua lavata di testa, mi ha fatto capitolare!”

Rise ancora di più, stavolta, e Stheta si unì a quella risata.

Io, in compenso, storsi il naso. Si era innamorato di me perché lo avevo rabberciato? Era davvero assurdo.

“Trovai stimolante il modo in cui affrontava le sue paure, la forza d'animo con cui si gettava a capofitto nell'impresa di scoprire tutto, di se stessa, e compresi che anch'io avrei dovuto fare come lei. Affrontare le mie paure, i miei dubbi, e non lasciarmi andare a essi, alla loro oscurità. Devo molto a tua sorella, oltre all'amore che mi da. Mi ha aperto gli occhi e il cuore.”

Non resistetti oltre.

Uscii dal mio nascondiglio e, in silenzio, mi avventurai verso di lui, sotto gli occhi curiosi di entrambi.

Senza dire nulla, mi inginocchiai dinanzi a lui e, avvoltolo con le braccia, mi appoggiai al suo stomaco, sospirando.

“Direi che qualcuno ha ascoltato di nascosto, ed è stato preso da un attacco di coccolite acuta” ironizzò Stheta, levandosi in piedi. “Penso mi ritirerò per la notte, lasciando a te le redini della situazione. Buonanotte.”

Rey lo salutò distrattamente, tutto concentrato sul carezzarmi i capelli.

Quando fummo soli – Stheta aveva raggiunto la sua stanza al piano superiore – mi domandò: “Hai sentito tutto, eh?”

“Davvero, ti sei innamorato di me quando ti ho sgridato?” brontolai, levando il capo a guardarlo dubbiosa.

Lui sorrise e, sollevandomi, mi prese in braccio, lasciando che il mio capo si appoggiasse al suo.

Ecco cosa succedeva ad avere la stessa altezza; non ci si poteva accoccolare come si voleva.

Ma anche così, andava benissimo.

“E' stato solo il momento in cui me ne sono reso conto, non la motivazione principe” mi spiegò. “La tua forza d'animo, la gentilezza mostrata verso nonnina, la tua bellezza, il tuo spirito indomito, ogni cosa mi ha spinto da te, mi ha aperto gli occhi verso la possibilità di un futuro con te.”

“Anche se non potrò perdere la mia immortalità?” domandai, rabbrividendo mio malgrado a quel pensiero.

Era un'ipotesi che mi terrorizzava.

Sarei sopravvissuta alla sua morte? No, davvero non pensavo fosse possibile.

“Vivrei felicemente ogni momento passato con te, anche se tu rimanessi giovane e bella. Il sacrificio più grande, però, spetterebbe a te. Tu saresti in grado di sopportare di vedere lo scorrere del tempo, su di me?”

Pensai a nonnina, al suo corpo debole e stanco, e cercai di figurarmi Rey tra molti decenni, con eguali problemi legati all'età avanzata.

Le lacrime mi punsero immediatamente gli occhi e, tremando, lo abbracciai con foga, esalando: “Non voglio pensarci ora, ti prego!”

Lui mi confortò come sempre, trovando i tasti giusti da premere dentro di me.

Carezzò la mia schiena arcuata, rilassò i miei muscoli tesi con il semplice tocco delle mani e, dopo avermi baciato una tempia, sussurrò: “Non è una cosa che debba preoccuparci ora, o domani. Andiamo a dormire, Litha.”

Annuii, alzandomi in piedi e, nel prendere la sua mano, ammisi: “Mi sono innamorata di te quando mi hai accarezzato i capelli per la prima volta. Solo tu riesci a spegnere la rabbia che brucia dentro di me, solo tu riesci a mostrarmi un mondo dove la spada non è l'unica ragione di vita.”

Lo baciai con trasporto e Rey, nell'avvolgere la mia nuca con la mano, mi trattenne a sé, approfondendo quel tocco.

Esperto, mi graffiò il labbro inferiore con i suoi denti, provocandomi una fitta di desiderio e, nello scostarmi da lui, sussurrai roca: “Ora te la farò pagare. Non mi si istiga, senza pagarne le conseguenze.”

“Era quello che speravo” mormorò in risposta, lasciando che la sua mano scivolasse lungo il collo, la spalla, sfiorando debolmente il seno.

Inspirai con forza e, ghignando diabolica, lo trascinai quasi di peso verso la mia stanza, seguita dal suo risolino soddisfatto.
 
***

Mi svegliai con una strana sensazione a trapanarmi la testa, la certezza che qualcosa non stesse procedendo per il verso giusto.

Aprii gli occhi e li volsi verso Rey, che stava riposando al mio fianco, tranquillo e sereno come sempre.

Quella notte avevamo fatto l'amore senza fretta, desiderosi di far durare quel piacere in eterno e, poco prima di addormentarmi, mi ero accoccolata contro di lui.

Protetta, sicura... amata.

Ora, però, mi sentivo nervosa, in ansia, anche se non sapevo dare un nome a quell'inquietudine.

Scivolai fuori dal letto senza fare rumore e, dopo essere uscita dalla stanza, mi diressi verso quella di nonnina, per essere certa che tutto andasse bene.

Qualcosa mi turbava, mi faceva battere il cuore all'impazzata e...

Il cuore.

Mi irrigidii all'istante, quando non udii quel battito familiare e fragile come il battito d'ali di una farfalla.

Facendomi prendere dal panico, aprii di getto la porta della stanza di nonnina e, in un attimo, compresi.

Crollai a terra, le forze scemate di colpo sotto il peso di quella verità insostenibile e, senza che potessi fermarle, le lacrime scesero.

“Nonnina...” singhiozzai affranta, battendo i pugni sul parquet ricoperto di tappeti.

Dietro di me, lenti e timidi, i passi di Rey si avvicinarono a me.

Mi sorpassò, lo sguardo puntato sulla nonna e, nell'inginocchiarsi accanto al letto, carezzò quella guancia pallida con amore infinito.

Le sorrise, deponendo un bacio sulla sua fronte prima di sistemarle una ciocca di capelli.

Quel gesto intimo, pieno di affetto, mi fece crollare.

Iniziai a piangere senza ritegno, senza controllo e, lasciandomi scivolare contro la porta, mi coprii il viso con le mani e portai le ginocchia al petto, rattrappendomi.

Rey fu da me in un attimo e mi strinse tra le braccia, accoccolato al mio fianco mentre i passi frettolosi di Stheta rimbombavano sulle scale lignee.

Non vi fu bisogno di spiegazioni.

Poteva avvertire senza problemi la presenza della morte nella stanza e, quando lanciò uno sguardo al volto esanime di nonnina, sospirò.

“Lo avevo percepito, ma non pensavo sarebbe giunta così lesta a prenderla” mormorò, chinandosi accanto a me per darmi un bacio sulla fronte. “L'avevi notato anche tu, vero, sorellina?”

Annuii, sorprendendo un poco Rey, che mi guardò con il dubbio negli occhi lucidi.

“Sapevo che stava spegnendosi con più rapidità di quanto il medico le avesse predetto, e gliene parlai, ma lei mi disse di non menzionarti nulla, di mantenere il segreto. In ogni caso, non avrebbero potuto fare nulla per lei. E nonnina voleva morire qui, in casa sua.”

Rey mi baciò con dolcezza, tentando di asciugare coi pollici le lacrime che continuavano a scendere, non più trattenute dalla mia volontà.

“E hai tenuto questo peso... per quanto?” mi domandò, continuando a tenermi contro di sé, protetta dal dolore dal suo calore.

Gli sorrisi mesta, e mormorai: “Da un mese, più o meno.”

“Dio!” esalò, lasciando andare il suo capo contro il mio.

Stheta ci guardò entrambi con immenso dolore e, quando si alzò in piedi, ci disse: “Chiamo la famiglia. Non affronterete questo dolore da soli.”

Io lo lasciai fare e, quando Rey mi aiutò ad alzarmi, prevenni qualsiasi sua protesta, mormorando: “Ronhyn e gli altri vorrebbero essere qui, Rey, davvero.”

“Perché una vera famiglia affronta assieme cose come queste, giusto?” ironizzò tristemente lui, avvolgendomi nelle sue braccia tremanti.

Annuii e, nel baciarlo con tenerezza, asserii: “Io sono la tua famiglia, Rey, e non ti abbandonerò. Allo stesso modo, Rohnyn, Stheta e gli altri, non ci abbandoneranno.”







Note: Il ritorno a Cork, per Litha, è stato dolce amaro. Non essere riuscita a parlare con Bress l'ha, in un primo momento, scioccata ma, stando con Rey e nonnina, si è resa conto che, per essere felice, non ha bisogno di sapere tutto, e questo la rende più pacifica e appagata di quanto non lo sia mai stata in vita sua.
Nonnina se ne rende conto, per questo non la chiama più 'bambina'. Litha è finalmente in pace con il mondo, perciò anche nonnina può andarsene tranquilla. Sa che il suo nipote adorato ha trovato una donna che lo amerà sinceramente, e non sarà più solo. Così come sa che Litha ha trovato il suo centro, il suo equilibrio interiore.
Ora, rimane da scoprire come reagiranno i genitori di Rey, alla notizia della morte di nonnina, e come si comporterà la famiglia di Litha, in questo frangente.
Grazie per essere giunte/i fino a qui assieme a me. Ci rivediamo la settimana prossima!
Buon Natale a tutte/i!

 
  
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