Sunday, that’s over
La domenica è un giorno tranquillo,
paziente, un bicchiere colmo di buoni propositi – da lunedì inizio la dieta, domani mi iscrivo in palestra, da domani
studio seriamente, basta, da domani non l’aspetto più.
Ha il profumo dello zucchero a velo sulle
torte soffici appena uscite dal forno, di un pranzo buono, del sonno pesante,
del bagnoschiuma dolce delle docce lunghe, dei film da scaricare e guardare
sotto al piumone, il sapore frizzante degli aperitivi con gli amici, della
polvere sulle valigie tirate giù di fretta e riempite fino a scoppiare.
Linda afferra l’ultimo trolley, la carta
d’imbarco e con la giacca piegata sul braccio guarda la sua parte di stanza
ormai vuota. E’ un arrivederci.
“Vieni con me?”
Nick compare sulle scale mentre cerca di
sistemare i capelli con le mani.
“Era ora che ti svegliassi dal coma,
fratello”, Joe sorride ma non accenna ad alzarsi.
Suo fratello sbuffa ed è già alla porta,
“Linda parte tra quindici minuti”.
Il viso di Joe
perde ogni traccia di ilarità.
“Non capisco perché Los Angeles. Non ci
sono star da vestire qui in Texas?”, mrs Gray tira su col naso, ancora, mentre abbraccia la maggiore
delle sue figlie.
“Mamma, non ricominciare” la riprende
sorridendo, poi le bacia le guance umide.
“Va bene, va bene”. Sua madre annuisce e
cerca di ridarsi un tono, sistemandosi due ciocche bionde dietro le orecchie.
Quando passa a Rosy è tutto un susseguirsi di richieste. “E dai un bacio da
parte mia a Johnny Depp!”.
Suo padre l’aspetta, è l’unico a cui non
sia stato vietato di accompagnarla in aeroporto (per evitare di vedere dalle
scale mobili le sue sorelle che trascinano via sua madre mentre impazzisce, in
realtà), cosi la prossima è Chris.
Linda la abbraccia forte e a lungo, come
ha fatto nei due giorni precedenti, da quando venerdì ad ora di pranzo se l’è
ritrovata in casa con il volto pallido e un sorriso di circostanza per i suoi.
Spera che quell’abbraccio sia abbastanza, che riesca a trasmetterle anche
quello che non le ha detto. Che le vuole bene, che non cambierà niente, che una
soluzione si trova sempre, che si scusa per quello che è, avrebbe voluto fare
di meglio, che spera la comprenda. Chris le stringe le braccia al collo, “ti
voglio bene” mormora contro i suoi capelli e Linda le augura buona fortuna per
gli esami. Poi le fa l’occhiolino. “Scrivimi. Sempre” e sparisce oltre la porta.
Chris sbircia dietro la tenda del salone
e saluta con la mano sua sorella che prende in mano la sua vita.
“Linda!”
La ragazza si volta, mentre mr Gray carica il bagagliaio.
“Nick!”
Nicholas le va incontro sorridendo, un
po’ affannato. Più dietro, più cauto, Joe.
Nick l’abbraccia, ripetendole indirizzi e
cognomi di cui ha già preso nota.
“Vedrai, sarà fantastico. E Stella ti
piacerà”.
“Non vedo l’ora. Le ho parlato al
telefono, sembra ok”.
Lui annuisce, “andrete d’accordo”.
Joe si schiarisce la voce. Linda si volta
verso di lui, sorridendo. Fa un passo avanti, con l’idea di abbracciarlo, come
con Nick, poi ci ripensa e poggia una mano sul suo braccio.
“Stammi bene, Joe”.
Lui guarda la mano e poi la ragazza e
ricambia allo stesso modo. “Anche tu”.
Mr Gray suona il
clacson e tutti e tre raddrizzano le spalle, presi alla sprovvista.
“Fate i bravi, superstar” dice loro sottovoce e s’incammina verso il suo posto.
“Nick – lo chiama poi, indica col capo la
casa – è tornata”.
Lui si volta immediatamente verso la
finestra della mansarda, come se potesse vedervi attraverso, senza accorgersi
che, al piano di sotto, c’è qualcuno che lo sta osservando.
“Lo sapeva?”
Joe glielo chiede incredulo, mentre suo
fratello osserva ipnotizzato casa Gray.
“Gliel’ho detto io. Dovevo farlo, se
volevo aiutarla”.
“Che cosa ha detto?”
“Niente. Che le dispiace che sia tutto
finito. Che lo capisce e non dirà niente”.
“E basta? Da quanto tempo?”
“Qualche mese”.
“E non ha detto niente, non… io non mi
sono accorto di nulla”, si volta in direzione della macchina ormai scomparsa
oltre l’incrocio, con una strana sensazione allo stomaco e si sente un grande
idiota, anche se non sa bene – ancora – il perché. Nick sbuffa scocciato.
“Se l’avessi guardata negli occhi almeno
una volta ti saresti reso sono conto di parecchie cose che ti sfuggono”.
Il tono è più duro di quanto intendesse e
vorrebbe scusarsi perché non è mica colpa di Joe se
adesso è cosi arrabbiato da stringere forte le dita in un pugno. Vorrebbe
spiegargli che si è perso cosi tanto di Linda perchè
non le ha dato nemmeno un’occasione, non l’ha mai guardata da un’altra
prospettiva eppure è proprio quello il motivo per cui lui e tutta la sua
famiglia si sono trasferiti li. Ma non dice niente, Nick, mentre suona il
campanello e aspetta, ancora.
“Non lo so, Rosie, usa la calcolatrice.
Non la so la radice quadrata di 529”.
“23”.
A Chris cade il cellulare dalle mani.
Quello che si ritrova davanti, non ha niente a che vedere con i pensieri
sconnessi della quattro del mattino nella metà del letto condiviso con Cam a New York. E nemmeno con i brividi di quella sera, di quelle sere, tutte
uguali. Quella mancanza e quella insofferenza alla sua presenza constante,
quella perenne indecisione e la fantasia dispettosa che non le dava tregua.
Quello che si ritrova davanti, in piedi sulla porta del soggiorno, è il Nick
che si aspettava di trovare – ferito, arrabbiato, deluso -, più bello e
spigoloso di quanto potesse immaginare.
Quando si è presentata a casa con una
settimana di anticipo rispetto alla data prevista ha raccontato ai suoi di
quanto si fosse divertita e che certo, avevano anche studiato, sorrideva e
chiacchierava senza riuscire a smettere di pensare a quando sarebbe successo. A
quando l’avrebbe rivisto, a cosa gli avrebbe detto, a cosa lui avrebbe fatto. E
sente il cuore scoppiarle di sollievo ora che lui è li, di fronte a lei. E’ una
sensazione breve quanto il respiro che sente mancarle, quanto l’idea di correre
ad abbracciarlo e supplicarlo di perdonarla, in lacrime, quanto l’idea di
dirgli che le è mancato da morire. Ma il Nick che ha di fronte la guarda ostile,
con gli occhi più scuri e le guance appuntite. Sembra sul punto di girare i
tacchi e sparire. No, non accetterà le sue scuse.
“Sei tornata”.
E’ un’accusa bella e buona e a Chris
tremano i polsi. Non abituata a chiedere scusa per le sue partenze improvvise,
non è mai tornata per nessuno. Solo stavolta, solo per lui, ma questo lui non
lo sa.
“Quando?”
Chris ingoia più volte. “Venerdi”.
Da parte sua, Nick non riesce a
distogliere lo sguardo e stringe i pugni ancora chiusi perché l’istinto lo sta
già portando da lei, tanto vicino da non riuscire più a distinguere i contorni.
E Dio, quanto ha pregato per quell’istante, perché lei tornasse. E invece resta
li, perché è tutto sbagliato. Perché lei è tornata, ma non da lui. Non l’ha
cercato, l’ha lasciato solo. Perché era qui mentre a lui crollava tutto, mentre
continuava a pensarla lontana, mentre il senso di colpa gli toglieva la fame. E
adesso vorrebbe che lei fosse ancora a New York, cosi potrebbe sentire la sua
mancanza senza avercela con lei, senza essere cosi deluso.
“Nick…”
Lui fa un passo indietro, come se
l’avesse colpito.
“Volevo solo chiederti scusa, per non
averti detto di Linda. Non ne ho avuto il tempo”, il suo tono non ha alcuna
musicalità, è una fila di parole meccaniche. Rosie si fa piccola piccola sulla sedia. “Solo questo”.
Chris non aspetta che la porta si chiuda
alle sue spalle per iniziare a piangere.
Di domenica la luce sembra diversa e
l’aria un po’ più nuova e i progetti sembrano tutti realizzabili, la vita cosi
semplice. Ogni cosa è avvolta in un’astrattezza di cui non ci rendiamo conto ma
con cui facciamo i conti il lunedì e la settimana successiva, quando i
propositi diventano impegni e le idee complicatissime concretizzazioni. New
York è un ricordo lontano quanto basta a farsi rimpiangere forse troppo in
fretta e Chris deve recuperare il lavoro di un mese in dieci giorni scarsi. Di
quella sensazione di nulla non è rimasto niente. La sua identità ce l’ha
stampata sui documenti in bella vista sulla scrivania, e un po’ anche nello
sguardo di Nick nel suo salotto, - bugiarda, ipocrita, stupida. Le ciglia le si
inumidiscono e riesce a mala pena a leggere gli appunti a penna sui bilanci e
le società per azioni, nasconde gli occhi di Nick in fondo allo stomaco e ripete
a voce alta.
Una settimana, undici birre, quattro
caffe amari e 168km più tardi, Joe ha l’impressione
che gli sia sfuggito qualcosa. Che in questa messinscena c’abbia un po’ preso
la mano e s’è dimenticato che in realtà quelli che ha attorno non sono attori.
Ha guardato le persone e i posti con la stessa scarsa attenzione che si presta
ad un film già visto.
“Non puoi o non vuoi, Joe?”.
In questo scorrere lento hai mai preso una decisione vera, Joe?
Il pensiero di essersi lasciato cosi
andare da non ricordare quale sia l’ultima vera scelta che fatto lo disorienta,
come se avesse dormito fino ad ora o avesse guardato la sua vita dall’esterno,
come uno spettatore annoiato e distaccato. Gli altri andavano avanti e lui
restava li, dando la colpa a questo o quello perché non poteva più suonare ed
fare soldout a Londra ed è rimasto fermo li, davanti
ad uno stadio vuoto, con un biglietto scaduto ad aspettare che il palco si
animasse. Il rosso scatta e lui frena bruscamente sulle strisce pedonali, una
mamma col passeggino lo guarda male e scuote la testa. E’ ancora rosso quando
sui tasti dell’iphone digita “non voglio”.
Dall’altra parte dello schermo, Cam scaglia il cellulare contro la parete.
No, non sono morta! E’ una vita che non pubblico ma sono sicura che
nessuno ne abbia sentito la mancanza. Solo che a volte succedono delle cose che
ti rendono felice felice e poi finiscono e ti ritrovi
davanti alla pagina di word senza nemmeno una parola o una virgola. Succede.