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Autore: Applepagly    24/12/2015    1 recensioni
Sei vittima di un brutto scherzo, la pedina di un gioco più grande di te; inarrestabile e i tuoi demoni incontenibili, come i tuoi denti che si digrignano e trovano la forza per piegarsi in un sorriso di sangue.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Nuovo personaggio, Tifa Lockheart, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La speranza è sempre l'ultima a morire
 
 
  Posò la chiave inglese sul pavimento, sospirando.
Tutto quel lavoro a marce forzate lo stava uccidendo, ma era necessario. - Per oggi basta così, Det. - la voce di Cid lo fece voltare. Aveva il viso stanco e segnato. - Torniamo a casa.
Il ragazzo annuì, esitando non poco. Il razzo doveva essere pronto nel giro di una settimana, o sarebbero stati guai.
Dopo la scomparsa di Alexandra, Barbaros era caduta nell'ombra. Nessuno sapeva più come muoversi; per di più, la presenza, nella struttura dell'azienda, di creature potenzialmente pericolose come le Weapon aveva creato scompiglio, e da giorni i telegiornali non facevano altro che parlarne.
Alla fine, la sede della società era stata fatta evacuare, ed erano state adottate delle misure di sicurezza straordinarie per ripristinare la normalità, e tra queste... Il razzo si schianterà agli ultimi piani, così da distruggere i pannelli che tengono in vita quei mostri.. è l'unica soluzione... No, non poteva fermarsi proprio in quel momento, doveva darsi da fare.
  - Va' avanti, ti raggiungo dopo. - rispose quindi.
Sentì suo zio sbuffare sonoramente. - Fa' come ti pare.
Forse lo aveva perdonato, forse no; Cid Highwind non portava rancore, ma questa volta... questa volta era stato ferito nel profondo. Che sciocco, sono.
  Sospirò, fermandosi a riflettere. Anche concludendo in fretta i lavori, anche portando a termine quel progetto... i suoi errori sarebbero rimasti gli stessi, troppo gravi per poter essere cancellati.
Aveva supportato una donna, Alexandra; e solo perché si era illuso che valesse a qualcosa. Seguirla, aiutarla e servirla, nutrirsi anche solo del suo sguardo scocciato, quello che riservava alle segretarie e a chi metteva in discussione la sua genialità; quell'espressione stizzita che rivolgeva a coloro che la disturbavano, a... a lui.
Già. Perché, in fondo, sapeva di essersi sempre immaginato un legame che non esisteva. Per la dottoressa, un bacio non vincolava due persone; e non importava quanti baci si fossero scambiati, in che ambito, in quale momento.
Li aveva avvertiti freddi, aveva avvertito le labbra di lei fredde sulla sua pelle, perché la verità era che lei non lo aveva mai amato; e lui si era sempre adeguato ad essere il suo giocattolo, il suo servo personale. Sciocco...
Per lei aveva tradito tutti coloro che in lui avevano sempre riposto la massima fiducia.
Con che faccia tosta si era presentato da loro con la scusa di "salvare il mondo"? Era stato così bravo a fare il doppiogioco, che quasi si era convinto di essere davvero dalla parte dei buoni, il giorno in cui gli altri avevano fronteggiato Ruby Weapon.
Ruby Weapon, il mostro che lui stesso aveva dato una mano a riportare in vita.
Ed ora che Alexandra se n'era andata, sentiva i sensi di colpa gravare soltanto sulle proprie spalle. Solo uno sciocco... Proprio quando la posta in gioco era fin troppo alta.
  Puntò lo sguardo sulla chiave inglese; e, in quel momento, gli fu chiaro che tornare a casa sarebbe equivalso ad arrendersi al ruolo di eterno codardo.
Immagina... si chinò, riprendendo ciò che stava facendo. Varchi quella soglia, quella soglia che ti ha accolto quando avevi bisogno di una famiglia... quella in cui c'è ancora una famiglia, allargata, ma pur sempre una famiglia... frugò nella cassetta degli attrezzi.
Varchi quella soglia e, se prima avevi sentito delle risate, al tuo ingresso tutti si zittiscono, sorrise amaramente. Hai i loro occhi su di te. Due, tre, quattro paia di occhi di ogni tipo e colore, che ti scrutano. Chi con biasimo, chi con disgusto... e poi ci sono loro...
Una mano grande e tozza, coperta da un guanto; e poi un'altra, più piccola e sottile, che segue la prima quasi con riverenza, subito dopo un insulto sputato fuori in malo modo. Entrambe si erano posate sulle spalle di un bambino in lacrime, il giorno in cui questi aveva creduto di non avere futuro.
Lo avevano accolto, cresciuto ed amato come un figlio. E lui? Che cos'aveva fatto, lui?
Ho fatto molto, sì, passò una mano tra i capelli. C'era qualcosa che non andava, nel pannello di controllo. Ma è stato tutto fonte di guai.
Provò a configurare i dati in maniera differente, ma ancora non rispondevano; e, rispolverando le sue nozioni accademiche, gli fu tutto chiaro.
Un brivido di paura gli solleticò il collo. Non funzionerà. Non riusciva a programmare il pilota automatico ed era un bel problema, un problema non da poco.
Il suo primo impulso fu quello di correre da Cid ed avvertirlo; ma sarebbe riuscito a trovare una soluzione? E se l'avesse trovata, quanto tempo avrebbe impiegato, per metterla in atto?
Aveva veramente intenzione di comportarsi come un codardo, come aveva fatto fino a quel momento?
Ancorò lo sguardo a terra. La soluzione la conosci, Det. Ci vuole fegato, ma ormai...
Pensò a Tifa, che ancora giaceva inerme alle cure di Shera, di Cloud, di tutti i loro amici. Pensò alla sua sofferenza, al suo destino incerto; e pensò allo stesso Cloud, che si era visto strappare una persona cara ed ora stava per lasciarne andare un'altra.
Pensò a tutti coloro cui aveva, in qualche modo, seppur magari in minima parte, rovinato la vita.
Ci volevano fegato ed una buona dose di masochismo, sì. Ma ormai...
  Una volta, quando aveva poco più di sei anni, Cid lo aveva portato a fare un giro sul Tiny Bronco. Ad un certo punto, aveva fermato il velivolo e lo aveva guardato dritto negli occhi, ridacchiando tra sé e sé, tenendo tra le labbra una paglia.
Gli aveva dato una lezione importantissima, quel giorno; eppure... eppure sembrava proprio l'avesse scordata, in quel lasso temporale in cui era stato complice di svariate pazzie.
  Entrato nella sala comandi, fece un ultimo, vano, tentativo. Ormai cos'hai, da perdere? Sedette sul sedile del pilota, respirando a stento.
Poi, si decise.
Esistono due tipi di decisioni, Det. La prima è quella che appare sempre ovvia e scontata, quella più semplice, quella che hai l'impulso di seguire; quella che non sembra comportare grossi problemi ma, in realtà... beh, se la prendi sono cazzi amari.
Quelle parole presero vita, durante il countdown di lancio.
La seconda è quella che tutti tendono ad escludere, e vuoi sapere perché?
E' la cosiddetta follia, Det. La gente la sottovaluta, ma spesso una follia ha il potere di restituire la felicità. In entrambi i casi, non si torna indietro.
Quel bel ricordo gli impedì di sentire il razzo decollare.
Forse ti ricorderanno come un pazzo, ma... ha importanza? Può essere che proprio quella pazzia pari il culo a tutti; e un giorno ti ricorderanno come l'eroe che ha riacceso la speranza.
  Det sorrise. Che si riaccenda la speranza, adesso.
 
  - Cloud...? Dove sei? - la vocina di Marlene s'insinuò nella sottile serratura. - Cloud?
Il biondo sospirò impercettibilmente, accasciandosi contro la porta. Chiuse gli occhi, portandosi le ginocchia al petto, proprio come un bambino.
- Cloud, sei qui dentro? - la bimba bussò, facendolo sussultare; ma lui non rispose. Ormai le parole avevano un sapore decisamente amaro; e, se in passato aveva creduto di aver sofferto come mai prima, ora doveva ricredersi.
- Cloud, vieni fuori... - gli sembrò che lo scongiurasse.
Oh, no, scosse la testa, non chiedermi di farlo, Marlene. E, d'altro canto, come avrebbe potuto?
- Io lo so che stai male. Anche Denzel e papà lo sanno, anzi, lo sappiamo tutti, però... - anche lei poggiò le spalle fragili al legno. - Però non puoi fare così.
Cosa dovrei fare, allora?
Feera se n'era andata, per salvarli. Perfino Det aveva lasciato il loro mondo, in un gesto stupido tanto quanto nobile; ed entrambi i sacrifici non avevano fatto altro che ricordargli quanti si fossero immolati per lui, per loro, per fare gli eroi.
  - Ti ricordi quanta paura mi facevi, prima? - gli domandò, sorridendo. Oh, eccome, se lo ricordava. - Appena ti vedevo scoppiavo a piangere! Eri così spaventoso!
Lo so... abbozzò un sorriso. Mi facevo paura da solo, Marlene.
- Però papà dopo un po' ha cominciato a fidarsi di te. - continuò. - E poi... anche Tifa! Lei si illuminava sempre, quando ti vedeva. - Cloud deglutì a fatica, quando lo disse. - Quindi non potevo continuare ad aver paura.
Perché tu sei più coraggiosa di quanto io sia mai stato. - E alla fine ti volevo così bene che mi dispiaceva troppo quando te ne andavi di casa e tornavi molti giorni dopo.
Il biondo si sentì un inetto, a quelle parole. Che mostro... - Però Tifa diceva a me e a Den che saresti tornato; e tu tornavi sempre!
  Tacque; e rimasero così per un po', in silenzio, ognuno con i propri pensieri.
- Cloud, tu soffri più di noi, forse... però... noi abbiamo bisogno di te. - sospirò poi Marlene.
Cloud non trovava il modo per dirle che era lui, ad aver bisogno di loro.
Aveva bisogno dei giocattoli dei bambini che appestavano il salotto, delle serate piene delle risate di Barret e di Yuffie; gli insulti imbottiti di parolacce di Cid, la saggezza di Red, il silenzio colmo di insegnamenti di Vincent, le idiozie di Cait Sith e tutte quelle cose che, se ne rendeva conto solo adesso, riempivano la sua vita.
Soprattutto, aveva bisogno di una persona, del suo profumo gentile e della sua voce, del suo sguardo brillante e dolce; e, no, quella persona non era la stessa che aveva inseguito per anni come un'ombra, rivangando tra i suoi rimorsi.
Aveva capito che, sì, doveva ricordare coloro che aveva perso e non dimenticare mai il loro sacrificio; ma doveva anche amare coloro che ancora aveva, tenerseli stretti.
Quella persona riposava poche stanze più in là, a metà tra il loro mondo e quello dei cari che l'avevano già lasciata. Ho bisogno di Tifa...
E, come se gli avesse letto nel pensiero, la bambina continuò. - E anche Tifa ha bisogno di te. Cloud, perché non vieni fuori a giocare con me?
  S'alzò. Prima o poi dovrai uscire di lì. E meglio adesso, che quando non ci sarà più nessuno ad aspettarti.
Aprì piano la porta, come a volersi accertare che non ci fosse nessuno, oltre a Marlene. Come varcò la soglia, due braccia paffutelle gli si allacciarono ai fianchi.
Rimase un po' spiazzato da quel gesto, da quell'abbraccio che cercava sicurezza e che invece la donava, sebbene appartenesse ad una bimba.
Allontanatasi da lui, gli sorrise. - In gita io e Denzel abbiamo comprato un nuovo pallone!
Lui scosse la testa, divertito. E' quello che ti ci vuole. - Ne avevate già uno.
- Sì, ma questo è strano! Ha dei rigonfiamenti. - lo prese per mano e, proprio mentre stavano per uscire dalla porta sul retro della casa di Cid, la voce di Shera, allarmata li sorprese.
- Oh, ecco dov'eravate! - la donna, affaticata, li raggiunse. - Cloud... si tratta di Tifa.
Il ragazzo sbiancò, temendo il peggio; deglutì a fatica, dirigendosi verso la stanza in cui la sua amica d'infanzia riposava. Marlene gli strinse la mano, come a volergli infondere forza.
  Esitando, Cloud si fece avanti. Barret, rimessosi da poco, aveva un'espressione grave, come tutti i presenti.
S'inginocchiò accanto al bel corpo della barista, pregando che la sua più grande paura non si fosse avverata. Pregando per lei, pregando che quell'incubo avesse fine. - Tifa...
Il petto di lei si alzava e si abbassava lentamente, quasi come se fosse stato uno sforzo, una zavorra. Non te ne andare.
Strinse le dita sottili di lei tra le sue; e le avvertì gelide, senza vita. Ti prego.
Si portò quella mano aggraziata alle labbra, depositandovi un bacio; proprio come un cavaliere o un principe avrebbe fatto per la sua dama. - Non te ne andare, ti prego... - sussurrò, mentre una lacrima sfuggiva dai suoi occhi di mare.
  Talvolta, quando la speranza viene meno, accade qualcosa di inaspettato.
Che sia un fortuito caso, o qualcosa di prestabilito, tutti lo chiamano "miracolo"; e quando un soffio di vita illuminò Tifa, che era ad un passo dalla morte, Cloud ebbe la prova che, sì, i miracoli esistono e sono in grado di riportare alla luce anche le anime che si credevano disperse.
 

Noticine:)
Buona vigilia di Natale a tutti quanti!
Lo so, avrei dovuto aggiornare un bel po' di tempo fa, ma tra scuola, allenamenti, concerti ed impegni vari non ho proprio potuto, scusatemi!
Questo capitolo, sin da quando è stato concepito, è stato un parto ( visto che siamo in tema con mamma Shera), uno dei più difficili da scrivere.
Un po' mi dispiace per Det, un personaggio che avrei voluto approfondire ma la cui morte mi era necessaria ai fini della storia.
Ora vi aspetto con l'ultimo capitolo, che dovrei riuscire a pubblicare tra domenica e lunedì. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
E Buon Natale ( per domani!)!
TheSeventhHeaven
  
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