Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MissKiddo    26/12/2015    1 recensioni
Jessica Ludlow ha vent'anni e sta per affrontare l'avventura più grande della sua vita. I suoi genitori le hanno offerto un viaggio e lei ha deciso di partire per l'Alaska insieme alla sua migliore amica.
Quando arriverà al piccolo paesino rimarrà affascinata da quel luogo così suggestivo ma quando si perderà nel bosco in mezzo ad una bufera di neve si renderà conto che la sua scelta si è rivelata fin troppo estrema. In suo aiuto arriverà Vincent Sullivan, un ragazzo cresciuto nel bosco insieme a tutta la sua famiglia.
Tratto dalla storia: "Si incamminò nella direzione che pensava fosse giusta ma dopo cinque minuti ancora vagava per il bosco senza sapere dove fosse. Fermandosi vicino ad un albero il panico iniziò a prendere il sopravvento. Non aveva camminato così tanto per raggiungere lo scoiattolo. Il suo istinto di sopravvivenza iniziò a mandarle un messaggio molto chiaro. “Mi sono persa, mi sono persa, mi sono persa”. Iniziò ad urlare il nome di Fran senza sentire alcuna risposta."
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 6

Nostalgia


Era ormai sera, la luna era alta nel cielo. Jessica era appena uscita dalla doccia, si sentiva confusa e malinconica. Quella giornata era passata in fretta, non sapeva da dove cominciare per spiegare quello che le era successo. Vedere i suoi genitori e Fran così distrutti la fece sentire in colpa, in fondo lei era stata benissimo e loro invece pensavano che fosse morta. Si vestì in fretta pensando che non aveva voglia di cenare, ma avrebbe dovuto farlo. Arrivò nel piccolo ristorante dell'albergo e sospirò. «Sono felice che non ti sia successo niente» disse la signora Rey con le lacrime agli occhi. Jessica sorrise. «Mi dispiace di aver combinato tutto questo casino»
«Sciocchezze, mio marito avrebbe dovuto avvertirti. Adesso va a sederti, i tuoi genitori e Fran ti stanno aspettando» Jessica si voltò e li vide al tavolo, congedò la signora Rey e si incamminò verso gli altri. «Ecco la mia piccolina!» esclamò Vivien prendendo la mano della figlia. «Sono distrutta, non ho molta fame» rispose lei sedendosi. «Beh, mi sembra ovvio. Non voglio neanche pensare a quanto fossi spaventata» disse Roger. Spaventata? Sono stata benissimo!. Pensò Jessica tristemente. «Avanti, raccontaci tutto! Siamo troppo curiosi. E poi quel Vincent non era niente male...» disse Fran spedendo un'occhiata maliziosa all'amica. «E va bene, racconterò tutto. Ma dov'è Jason?»
«Credo sia al bar, voleva festeggiare in solitudine»
«Dovrai anche spiegarci il motivo per cui tu e Jason vi siete lasciati» disse Vivien tenendo fisso lo sguardo sul bicchiere di vino. «Magari questo lo rimandiamo a domani»
«Va bene, ma adesso racconta» Jessica sospirò mestamente e raccontò tutto, o quasi. Tralasciò il bacio con Vincent e il fatto che si piacessero, era superfluo. Gli altri ascoltarono in silenzio, increduli. «Santo cielo! Quella famiglia è strana, come si può vivere in questo modo? Ma sono felice che tu abbia trovato delle persone gentili» disse sua madre. «Gentilissimi, davvero...»
«Bah, senza telefono. Se non fossero così ottusi avrebbero potuto chiamare l'albergo e questo casino si sarebbe potuto evitare» Roger parlò con disprezzo, il classico disprezzo che aveva per tutto ciò che non era perfetto. «Caro, l'importante è che Jessica sia sana e salva»
«Giusto, brindiamo alla nostra Jess, la ragazza persa nel bosco!» Fran alzò il bicchiere e fissò Jessica, meglio sdrammatizzare.
Mangiarono in silenzio, erano tutti molto stanchi. Poi Roger alzò la testa e guardò sua figlia, notò la malinconia e non ne capì il motivo. «Hai pensato all'università?» chiese infine. Jessica alzò gli occhi al cielo, di nuovo con l'università, gli piaceva manipolare le sue scelte. «Ero sperduta nel nulla, pensi che abbia avuto il tempo di pensare a questo?» rispose lei torva. «Jess, penso che la facoltà di medicina sia la miglior cosa per te. In questi due anni hai sempre passato gli esami con ottimi voti...» Jessica lo interruppe con un gesto della mano. «Papà, per favore! Non è il momento, ti ho detto che avrei pensato...»
«E non l'hai fatto. Domani io e tua madre dobbiamo ripartire, sai che il lavoro di medico comprende anche questo, non possiamo mancare troppo a lungo, però da molte soddisfazioni. Inoltre abbiamo preso due nuovi biglietti per te e Fran, domani tornerete a casa anche voi» Jessica strinse i pugni, sempre a comandarla, sempre a costringere a fare quello che voleva lui. «Non ho nessuna intenzione di partire domani» disse Jessica decisa. Fran e Vivien si voltarono verso di lei, non era possibile che le volesse rimanere in quel posto. «Ma Jess... dopo quello che è successo» disse Fran pregandola con gli occhi. «Questa è la mia vacanza, giusto? Per pensare al mio futuro. E poi è già tutto pagato, mi sembra una spreco. Io sto bene come potete vedere» Roger alzò un sopracciglio. «Credo che il freddo ti abbia dato di volta al cervello» Jessica si alzò in piedi, facendo cadere la sedia. «NO! Basta papà, ascoltami. Sono grande abbastanza da prendere le mie decisioni. Io rimarrò qui per la settimana rimanente, e voi non potete impedirmelo» gli altri rimasero di stucco, non si aspettavano una reazione del genere. Jessica non aggiunse altro, tornò in camera sua correndo.

 

Vincent non tornò subito alla fattoria, preferì fermarsi in una radura e rimanere in silenzio a guardare il panorama. Cosa gli stava succedendo? Aveva perso la testa per quella ragazza, ma era impotente. Tutto sembrava sbagliato, tutto sembrava accaduto troppo in fretta. La sua vita era alla fattoria, non aveva dubbi, ma avrebbe messo in discussione anche questo se sarebbe servito a rivederla. Scosse la testa, nervoso. Rimase fermo ancora per un'ora, poi quando la tristezza sembrò abbandonarlo per un po,' ripartì.
Quando tornò a casa rimase per tutto il pomeriggio seduto, non aveva voglia di tagliare la legna, sistemare il capanno o andare a caccia, tutte quelle cose gli ricordavano Jessica. Poteva ancora sentire il profumo dei suoi capelli, la morbidezza delle sue labbra.
Arrivò la sera e lui neanche se ne accorse, mangiò poco e poi si chiuse nella sua stanza. Dopo poco sentì bussare, Adam entrò senza aspettare risposta. «Io vado, mi accompagnerà papà» Vincent si alzò e abbracciò il fratello. «Buon viaggio, torna presto a trovarci fratellone» cercò di sorridere debolmente. «Promesso! Ma tu non essere cosi depresso, cristo! Ma ti sei visto?»
«Non so cosa farci» rispose lei ributtandosi sul letto. Adam sospirò e si sedette accanto al fratello. «Ehi, è andata, okay? Se vuoi davvero quella ragazza, vai a riprenderla»
«Certo, e credi che a lei farebbe piacere stare qui? Per favore, ragiona»
«Non lo so, ma anche a lei piaci, ne sono sicuro!» Vincent si voltò verso il fratello e scosse la testa. «Ci siamo baciati...» Adam sgranò gli occhi. «Lo sapevo! Cosa aspetti, Vince, vai da lei!»
«Preferisco rimanere qui e deprimermi» Adam diede una pacca sulla spalla all'altro, sapeva che l'unico che poteva fare qualcosa era proprio Vincent, non voleva insistere. «Fammi sapere se cambierai idea o se avrò dei nipotini...» Vincent sorrise. «Idiota! Vai prima che papà cambi idea» si abbracciarono di nuovo.
Cristel stava ascoltando la conversazione da dietro la porta di Vincent, non voleva farsi scoprire. Sperò che la lettera che aveva scritto a Jessica funzionasse.

 

Jessica entrò in camera come una furia, suo padre aveva esagerato, come al solito. Lei non si sarebbe mossa, voleva rimanere lì e continuare la sua vacanza. E se vado via non vedrò mai più Vincent. Cercò di scacciare quel pensiero.
Cercò di distrarsi ed aprì lo zaino che aveva quando si era persa, dentro trovò la lettera che aveva scritto Cristel, ricordò le sue parole e sedendosi sul letto l'aprì. Vedere la calligrafia chiara e precisa di Cristel le fece provare una fitta di nostalgia. Non era passato neanche un giorno ma già le sembrava che quell'esperienza fosse passata da anni, o come un sogno lontano. Iniziò a leggere, cercando di pensare ad altro.


Cara Jessica,
Forse sono esagerata, anzi, quasi sicuramente lo sono, ma penso di aver trovato in te un'amica, una sorella. Nonostante i pochi giorni in cui siamo stati insieme abbiamo creato un legame e questo tipo di legame non si spezzerà mai, ne sono sicura.
Se penso che non ci rivedremo più provo malinconia e tristezza, ma forse un modo per rivederci c'è, anche se tu non lo vuoi ammettere. Sicuramente mancherai molto anche a mio fratello, ma lui è orgoglioso e non ama essere invadente, quindi non ti chiederà di rimanere. Se guardi bene nel tuo zaino, vedrai che manca la maglia rosa che mia madre ha lavato. Beh, dovresti venire a prenderla, non credi? Sarebbe un peccato lasciarla qui. Ti aspetto... ti aspettiamo Jess.


Jessica alzò gli occhi dalla lettera, aveva quasi le lacrime agli occhi. Cristel era una ragazza eccezionale, sapeva che lei non sarebbe tornata se Vincent non gliele avesse chiesto e soprattutto non sarebbe tornata senza un motivo, seppur banale come prendere una maglia. Sorrise debolmente, era ancora più sicura di voler rimanere per la sua vacanza.
Era ancora seduta sul letto quando Fran entrò in camera. «Ehi, tuo padre è sempre più simpatico!» esclamò lanciandosi sul letto. «Vero? Me ne sono accorta anch'io. Mi trattano da poppante»
«Giusto un pochino... Jess, non innervosirti»
«Non lo farò, credo che alla fine capiranno. Ah volevo ringraziarti per aver chiamato Jason» disse Jessica ironica. «Ero sconvolta, okay? Non pensavo che si sarebbe precipitato qui»
«Lo odio! Non sarebbe dovuto venire» Fran si massaggiò le tempie e poi, prendendola per le spalle, fece sdraiare Jessica. «Parliamo d'altro. Ma davvero vuoi rimanere?» chiese seria. «Assolutamente si, sono più decisa che mai. E domani parlerò con Jason, lui dovrà tornare a casa»
«Come minimo. Ma sappi che io ci sono. Rimarrò con te, amica» Jessica iniziò a ridere. «Tu? Sei sicura?»
«Certo, credi che ti lascerei di nuovo? Ti ho lasciata per dieci minuti nel bosco e sei scomparsa» iniziarono a ridere entrambe. «Sono felice, grazie, Fran. Sei un'amica»
«E Cristel, la sorella di quel Vincent? Non avrà mica preso il mio posto...»
«Nessuno prenderà mai il tuo posto. Però è un'amica anche lei, dovresti conoscerla» Fran ci pensò su. «Vedremo. Però sono più curiosa di conoscere Vincent, è uno strafigo!» Jessica cercò di rimanere impassibile. «Passabile» rispose con non noncuranza. «Oh, beh, non capisci niente!».

 

Le due ragazze si misero sotto le coperte, avrebbero dormito insieme, nello stesso letto. Erano sdraiate già da dieci minuti, fuori il vento fischiava e le stelle brillavano più che mai. Jessica era ancora sveglia, guardava il soffitto fatto di legno. Pensò a Vincent, sicuramente era ancora sveglio. Anche lui stava pensando a lei? Non lo avrebbe mai saputo, ma le mancava. Chiuse gli occhi e evocò la sua immagine, i suoi occhi di ghiaccio, i suoi capelli lunghi e morbidi, la sua bocca. L'altra si rigirò nel letto, e fissò Jessica nel buio. «Ti piace, vero?» Jessica sgranò gli occhi e si irrigidì, Fran aveva fiuto per quelle cose. «Molto»
«Lo avevo capito, stavi praticamente sbavando. Vi siete baciati?»
«Si»
«Sapevo anche questo. Beh cerca di non pensare a lui, sennò non dormirai più. Domani mattina affronteremo anche questo argomento» Jessica sorrise. «D'accordo. Ti voglio bene, anche se i tuoi poteri strani mi fanno paura»
«Pff, ti voglio bene anch'io» si addormentarono entrambe, abbracciate l'una all'altra.

 

Jason era rimasto per tutto il pomeriggio nel bar, ormai era ubriaco e imbambolato. I Sullivan erano dei rapitori e stupratori, così gli aveva detto Buckster. Jason credette ad ogni singola parola, dato tutto l'alcool che aveva ingerito. «Sicuramente avranno minacciato la tua amica per non farla parlare» disse Buckster scolando l'ennesimo bicchiere di vino. «Si, si. L'ho vista come guardava quel contadinello»
«Sai cosa ti dico? Quei porci vanno puniti» Jason strinse i pugni ed annuì. «Facciamolo, pesterò quel bastardo!»
«Con calma, non dobbiamo farci scoprire. Adesso dovrai andare all'albergo, senza farti notare. Lascerai un biglietto in cui scriverai che devi andar via. Prendi la tua roba, io ti aspetterò con il mio furgone all'uscita». La parte razionale di Jason urlava di non stare a sentire quel vecchio pazzo, ma poi le immagini di lei che abbracciava quel Vincent gli affollavano la mente. Doveva fare assolutamente qualcosa, Jessica era solo sua. Anche se molte volte lo faceva infuriare ed era costretto a picchiarla. «Bene, faremo così» disse infine.

 

Jessica stava ormai dormendo, ma un rumore di passi proveniente dal corridoio le fece aprire gli occhi. Guardò la piccola sveglia sul comodino e vide che erano le due di notte. Pensò che fosse Jason, voleva assolutamente parlargli. Si alzò molto lentamente, cercando di non svegliare Fran. Quando fu nel corridoio, vide una figura che si muoveva. «Jason...» disse lei sussurrando.
Jason sobbalzò vistosamente, ma quando, voltandosi, vide Jessica sorrise. «Ehi, che ci fai sveglia?» quando parlò Jessica sentì la puzza di alcool. «Hai bevuto?» chiese disgustata. «Qualche birra...»
«Ti sei bevuto il cervello. Come ti sei permesso di venire qui?» Jason la fissò, l'amava ancora moltissimo e aveva tanta voglia di strozzarla. Gli capitava spesso di pensare questo genere di cose e in parte ne aveva paura. «Io mi sarei bevuto il cervello? E tu che te la fai con i contadini?» Jessica sgranò gli occhi. «Ma cosa stai dicendo?»
«Lo so che quello zoticone ti ha stuprata e magari anche il resto della famigliola, eh? E secondo me non ti hanno minacciata, a te è semplicemente piaciuto...» Jessica non capiva cosa stesse dicendo, stuprata? Pensò che fosse l'alcol a parlare. «Jason, sei pazzo. Vai a letto e fatti una bella dormita...» Jason la interruppe bruscamente, mettendogli una mano alla gola. I suoi occhi si muovevano freneticamente, non sembrava più lui. «Tu non mi dai ordini, siamo intensi?» il panico di Jessica stava crescendo, conosceva quell'espressione, l'avrebbe sicuramente picchiata. Si limitò ad annuire, gemendo per la paura. Jason la lasciò andare, spingendola verso il muro. «Ecco, bene. Io me ne torno a casa, non resto qui per vedere la mia ragazza che se la spassa con un'imbecille!»
«Non stiamo più insieme, cristo!»
«Certo che non stiamo più insieme, sei una puttana!» Jessica decise di non ribattere, non voleva prendersi un altro schiaffo, o peggio. Rimase in silenzio, calde lacrime iniziarono a rigarle il viso.Jason la osservò con disgusto, aveva sempre pensato che lei fosse una brava ragazza, ma si sbagliava. Entrò nella sua stanza e prese le poche cose che aveva.
Jessica era ancora appoggiata al muro del corridoio, sperò con tutto il cuore che nessuno si accorgesse di ciò che stava accadendo. Dopo poco Jason uscì dalla stanza con uno zaino sulla spalla. «So che a Fran hai raccontato dello schiaffo... beh, non c'è niente di male. Ma ricorda, se racconti anche il resto, mi arrabbierò molto. Beh, addio, Jess» Jessica chiuse gli occhi, il cuore iniziò a batterle all'impazzata. Era vero, non aveva raccontato tutta la verità a Fran. Non l'aveva picchiata solo una volta, ma non voleva dirlo a nessuno, se ne vergognava. Lo guardò scomparire lungo il corridoio, e appena se ne fu andato scivolò in ginocchio. Pianse per alcuni minuti, ma sospirò. In fondo era andato via, non le avrebbe più dato fastidio. Lo odiava, ma odiava anche se stessa, le aveva permesso di picchiarla, di farla vivere nel terrore.

 

Buckster era seduto nel suo furgone, tamburellava le dita sul volante. Aveva paura che il ragazzo stesse raccontando tutto. Prese una sigaretta e iniziò a fumare, non voleva tornare in carcere.
Scosse la testa, non credeva che un uomo di città si sarebbe fatto prendere in giro così facilmente. Gli aveva raccontato un sacco di bugie e l'altro ci aveva creduto ciecamente, quindi si convinse che il ragazzo sarebbe tornato senza dire niente a nessuno. Sorrise nel buio, in due sarebbe stato molto più facile aggirare i Sullivan, e poi aveva scoperto il punto debole di Vincent, cosa c'era di meglio? Un movimento sulla strada lo distolse dai suoi pensieri, Jason stava tornando.
Era soddisfatto ed eccitato. Quella stupida pensava che se ne stesse andando e invece avrebbe avuto la sua vendetta, non voleva essere preso in giro da una ragazza. Aprì la portiera del furgone e salì. «Hai lasciato il biglietto?» chiese Buckster prendendo una boccata di fumo dalla sigaretta. «No, ho incontrato Jessica lungo il corridoio...» Buckster ringhiò. «Le hai parlato di me? Pezzo di idiota!»
«Ehi, calma, amico. Non ho detto niente» l'altro di calmò. «Perfetto, sei un tipo in gamba»
«Certo che lo sono, avevi dubbi? Adesso andiamo via, prima che ci veda qualcuno». Buckster ingranò la marcia e partì. Guardò il ragazzo e sorrise, pensando che fosse uno sciocco, avrebbe dovuto eliminare anche lui una volta finita la sua vendetta.

 

 

Spazio autrice:
Eccomi, come state passando le vacanze di Natale? Vi faccio gli auguri, anche se in ritardo! Ma passiamo alla storia; cosa ne pensate? Le cose si stanno facendo sempre più interessanti. Forse Jessica tornerà alla fattoria! Come al solito ringrazio tutti quelli che leggeranno la mia storia e chi la metterà tra le preferite/ricordate/seguite. Mi raccomando, recensite, è gratis :)
A presto,
MissKiddo

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MissKiddo