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Autore: Willows    29/12/2015    3 recensioni
E Mackenzie convinta di essere tanto diversa dalla sorella non l'ha ancora capito che in realtà sono uguali.
No, non uguali, ma speculari ecco, sono due facce di una stessa medaglia, parecchio arrugginita e malconcia, se permetti. Sono entrambe altamente distruttive, ma in maniera opposta.
Mackenzie è esplosiva, come un'eruzione, un tornado, uno tsunami, distrugge tutto ciò che tocca, tutto che che incontra, che ama. Perché questo è l'unico modo che conosce per potere sopravvivere, per poter andare avanti: prendere tutto ciò che ha davanti e distruggerlo fino a ridurlo in briciole. Solo cenere e macerie.
Mentre Ffion, beh lei è implosiva, la distruzione il caos, le avviene tutto dentro. Paradossalmente l'unico modo che conosce di sopravvivere è quello di distruggere se stessa, di annientarsi e annullarsi completamente, fino a ridursi ad un inutile cumulo di pelle, ossa e sangue.
Sono uguali, ma opposte ed è difficile dire chi delle due sia messa peggio.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Aut-Aut

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Ffion è sdraiata sul letto in camera sua e si sta distrattamente mordicchiando l’unghia del pollice destro con lo sguardo fisso sul libro di matematica, quando la sua concentrazione viene interrotta da un familiare squillo. Individua immediatamente il proprio telefono appoggiato al comodino e nota che le è appena arrivato un messaggi di Kenny.
"Ho dimenticato il libro di matematica in macchina di Liam, puoi venire a portarmi il tuo in biblioteca? Per favore stellina! " recita con tanto di cuoricini finali e la promessa che saprà come sdebitarsi. Ffion ne dubita, perché Kenny non chiede mai, si limita a prendere quello che vuole e poi non restituisce niente. 
Tuttavia si sta annoiando a casa, è una settimana, ormai, che studia per questo compito di matematica e si sente pronta, inoltre crede che distrarsi un po' le possa fare bene. Così si alza, afferra un paio di jeans a caso e indossa il maglione più pesante che trova, quello blu che ha ricevuto in regalo dalle infermiere il giorno in cui l'hanno dimessa dall'ospedale. Erano state così carine.
Si ricorda ancora la sorpresa che aveva provato nel vedere il pacco colorato sul proprio letto. 
«Così non avrai più freddo» le aveva detto Ester una delle infermiere più anziane, mentre lei con mani tremanti lo scartava. È l’unico ricordo felice di un periodo orribile. 
«Papà, posso uscire a portare il libro di matematica a Kenny? Ha dimenticato a scuola il suo» domanda una volta raggiunto il salone al padre che, in tuta, è impegnato a guardare una partita alla televisione. Max non ha molti interessi - a parte rendere la vita delle figlie un piccolo inferno in terra- se non è al lavoro è al bar a bere caffè e se non è al bar è seduto davanti alla televisione a guardare partite. Di qualsiasi sport. 
«Ti devo accompagnare?» Domanda senza distogliere gli occhi dallo schermo, troppo preso dalla partita per degnare la figlia di un’occhiata. Probabilmente l'avrà anche già vista, quella partita. 
Se avessi la patente potrei andarci da sola” vorrebbe rispondere Ffion, ma si morde la lingua perché conosce bene il  ha motivo per cui il padre non vuole che nessuna delle sue due figlie prenda la patente. Lo capisce e non può biasimarlo, quindi si limita a fare spallucce, assumendo un’espressione disinteressata: può anche andare a piedi, visto che la biblioteca non è molto lontana.
«Ci penso io caro, tranquillo!» Si offre Clarice, entrando in quel momento nella stanza. Appoggiati sul naso porta degli occhiali dalla montatura semplice, segno che probabilmente stava leggendo o facendo le parole crociate.
«Mamma non c'è bisogno- ribatte Ffion debolmente- posso andare a piedi,  non piove nemmeno forte.»
«Oh non dire sciocchezze, tanto non ho niente da fare» insiste, con il solito sorriso affettuoso tipico di Clarice Lynch. È tanto buona, come donna, mentre la vita nei suoi confronti, lo è stata un po' di meno. 
Una volta in macchina, madre e figlia rimangono in silenzio per circa trenta secondi prima che Clarice attacchi a parlare:
«Tra poco è il vostro compleanno- dice con voce carica d'emozione- non ci credo che le mie bambine stanno per diventare maggiorenni! Volete fare una festicciola a casa? Invitare qualche vostro amico?»
È carina a chiederglielo, anche se sa che Max non darà mai alle figlie il permesso di fare una festa. E comunque Ffion non ha amici da invitare, quindi non ci tiene nemmeno. 
«No, penso di no, però grazie lo stesso» lo dice, perché lo pensa davvero. 
«E per il regalo? Hai già un'idea di quello che vuoi?» torna a domandare, ma ormai sono quasi arrivate. 
«Credo che Kenny voglia un paio di stivali, verrebbero a costare un occhio della testa quelli che vuole lei, ma magari trovi qualcosa di simile» dice a bassa voce. Lei non vuole niente per il compleanno, non le interessano le cose materiali, vorrebbe solo che quel periodo passi il più velocemente possibile. Vorrebbe solo uscirne indenne. Vorrebbe solo non sentire niente. 
La madre sta per correggerla, dirle qualcosa come «sciocchina, voglio sapere cosa vuoi tu, non tua sorella»
Ma ormai sono arrivate davanti alla biblioteca e Clarice non fa in tempo ad aprire bocca che Ffion la precede.
«Penso che mi fermerò qua a studiare con Kenny, torno dopo con lei va bene?»
«Oh certo tesoro- risponde con qualche secondo di ritardo,  piacevolmente sorpresa della richiesta della figlia-  chiamatemi se devo venirvi a prendere, va bene? Ti voglio bene»
«Anche io» ribatte Ffion, salutando sua madre con la mano, mentre osserva la macchina allontanarsi per le vie bagnate di Wellston. 
Una volta dentro Ffion scopre che la  biblioteca è sorprendentemente vuota e non riesce a trovare Kenny da nessun parte. 
«Hey stellina, siamo qui! » urla la voce allegra e squillante di sua sorella, proveniente dal piano di sopra. 
«Ssh Kenny abbassa la voce, siamo pur sempre in una biblioteca» la ammonisce una voce profonda. 
Una voce da uomo. Che sia Liam? Ma no, è una voce troppo profonda per essere la sua.
Ffion si ferma al primo scalino. Kenny non è da sola e lei non è sicura di avere le forze di affrontare uno sconosciuto in quel momento. 
«Dai Harry, siamo praticamente da soli, chi vuoi che disturbo- ribatte Mackenzie con tono saccente- Ffion, ti muovi? Devi solo fare una rampa di scale. »
Ah, quindi non è uno sconosciuto, ma si tratta di Harry. Harry e i suoi lunghi capelli castani, Harry e i suoi profondi occhi verdi, Harry che non vede dal giorno dell’incidente, quando si era sdraiata in mezzo alla strada e stava per essere investita dal suo fuoristrada. 
Da una parte vuole rivederlo perché è la prima persona che le ha dedicato delle attenzioni dopo tanti anni, è stato bello poter parlare con lui, senza Kenny di mezzo a rubare tutta l'attenzione. Non è che sia gelosa della sorella- attenzione- sa che Kenny non lo fa apposta, ha semplicemente un carattere troppo forte, che il più delle volte oscura quello di Ffion. E Ffion sa che a volte dovrebbe ribellarsi, alzare la voce e dire quello che pensa, ma è così difficile per lei.
Mentre dall'altra vorrebbe scappare, lasciare il libro di matematica lì sulle scale e poi correre il più velocemente possibile verso l'uscita, senza degnare Harry nemmeno di uno sguardo.
Mackenzie però non le lascia il tempo di compiere una scelta, perché arriva saltellando giù per le scale e la trascina per un braccio al secondo piano, facendola quasi inciampare negli scalini. Harry è seduto al tavolo, intento a correggere gli esercizi di Kenny. Indossa una camicia a righe che porta arrotolata fino ai gomiti, i capelli sono legati in un adorabile codino, tranne per qualche ciuffetto che spunta a solleticargli la nuca, e le sue dita sono adornate da numerosi anelli. Gli occhi si muovono velocemente sul foglio ogni tanto, sottolinea qualche errore per poi scarabocchiare la spiegazione a lato, sembra stanco e ha il viso sciupato, probabilmente perché insegnare ad una studentessa come Kenny richiede un sacco di energia.
«Oh ma che carina, mi hai portato davvero il libro di matematica!» nota Kenzie, per niente stupita.
«Ciao Harry» mormora Ffion a bassa voce ignorando completamente le parole della sorella. 
«Oh ciao Ffion, come mai anche tu qua?» la saluta, aprendosi in un sorriso tutto denti. Sembra quasi un bambino quando sorride, con le fossette sulle guance e gli occhi pieni di gioia. 
«Oh, sono solo venuta a... » inizia a spiegare, ma viene prontamente interrotta da Kenzie. 
«Ops, veramente è colpa mia -dice la sorella fingendosi dispiaciuta-  adesso io avrei da fare, quindi mi chiedevo se non potevi dare ripetizioni a lei anzi che a me?»
«Ma in realtà.. » protesta Harry, visibilmente a corto di parole.
«Dai Harry ti prego! Tanto Max ti paga per dare ripetizioni, poco importa a quale delle due le dai.»
«Si, ma Kenny sei tu quella che ha bisogno» prova a ribattere, ma è difficile andare contro Kenny. Ha un modo di parlare e atteggiarsi quella ragazza, che ti spinge a concederle tutto quello che vuole. 
«Solo questa volta, ti prego» spalanca gli occhi e sbatte un paio di volte le palpebre, perché sembrare carine aiuta sempre. 
«Ma abbiamo fatto solo un'ora e mezza e fra due giorni hai un compito in classe, come pensi di passarlo?» insiste Harry, determinato a non cedere.
«Copierò da Liam e farò il miglior compito di sempre!-  Harry ride sommessamente e Kenny esulta, interpretando questo gesto come la resa del ragazzo- sei il migliore Harry! Grazie anche a te stellina, ci vediamo a casa!» Stampa un bacio sulla guancia della sorella e poi si precipita giù per le scale, per recarsi solo il cielo sa dove. 
«Voglio almeno una B!» urla Harry, continuando a ridere e ricevendo in risposta un «sara fatto capo!» prima di udire la porta della biblioteca sbattere. 
Ffion ha osservato tutta la scena in piedi e in silenzio, non riesce a credere che sua sorella sia riuscita ad incastrarla di nuovo. 
«Tua sorella è la ragazza più sfacciata che io abbia mai conosciuto- le dice Harry, scuotendo la testa incredulo -ma non restare lì in piedi, vieni siediti.»
Le indica il posto di fianco al suo, dove fino a qualche minuto prima era seduta Kenny. Lei fissa la sedia per qualche secondo, per poi optare per il posto di fronte ad Harry piuttosto che di fianco. 
«Oh va bene- dice preso contro piede,  evidentemente non si aspettava questa sua mossa, non dopo aver passato un'ora in compagnia di Kenny-  così è un po' difficile per me controllati mentre fai gli esercizi.»
Lei rimane in silenzio per qualche secondo, confusa. Ma di che esercizi sta parlando? 
«Ah no, grazie ma non ho bisogno di ripetizioni in matematica, me la cavo da sola» spiega arrossendo lievemente per non esserci arrivata subito, è sicura di star facendo la figura della scema, visto che impiega almeno cinque secondo buoni per rispondere ad ogni domanda del ragazzo. 
«Ti piace la matematica?» domanda Harry sinceramente interessato.
Questa volta è lei ad essere presa contro piede, perché che gli importa? Adesso che sa che non deve più darle ripetizione dovrebbe solo voler andare via. 
«Puoi andare, se vuoi» risponde quindi, tenendo lo sguardo basso, verso le proprie mani che sono in quel momento appoggiate sul banco. 
«Non me ne voglio andare-ribatte lui scuotendo le spalle-allora la matematica è la tua materia preferita?»
«No, per niente, sono solo brava- spiega a bassa voce e poi, non sa nemmeno lei dove, trova il coraggio d'aggiungere-la filosofia è la mia materia preferita»
«Davvero? -Harry spalanca gli occhi sinceramente sorpreso- come mai? Quale autore ti piace?»
«Adoro Platone e Socrate, tutto il loro studio sull'anima  e anche Kierkegaard, è il mio autore preferito per adesso.»
«La grandezza non consiste nell'essere questo o quello, ma nell'essere se stesso, e questo ciascuno lo può se lo vuole.»
«Cosa?» Ffion solleva lo testa verso quella del ragazzo, fissandolo nei suoi occhi limpidi. Due gemme preziose, che riescono a brillare anche illuminate dalle insulse luci al neon di una qualsiasi biblioteca di provincia.
«Oh, è solo..»
«Un pezzo di “Aut-Aut”, lo hai citato a memoria» dice Ffion estasiata, con un tono che trabocca di ammirazione e stupore. 
«Oh si, anche a me è sempre piaciuta la filosofia- si giustifica mentre si sfrega la nuca, distogliendolo sguardo da Kenny a metà fra il compiaciuto e l'imbarazzato- anche se alle superiori preferivo chimica e biologia.» 
Le sorride e Ffion sente che potrebbe sciogliersi lì, in quel esatto momento, seduta su una sedia scricchiolante, mentre lui la guarda con quegli occhi che lei non ha ancora imparato a leggere e parlano di filosofia.
«Che ne dici, andiamo a prenderci un tè?- Propone il ragazzo, dopo qualche secondo di silenzio saturo d'imbarazzo- a meno che non hai cambiato idea sulle ripetizioni di matematica, ovviamente.»
Ffion rimane a bocca aperta, di nuovo, e per un millesimo di secondo pensa che l'abbia invitata ad uscire, ma ovviamente non è così. Si sta solo comportando in modo gentile, probabilmente si sentirebbe in colpa a lasciare Ffion in biblioteca da sola. Harry sembra il tipo di ragazzo che si sentirebbe in colpa per ogni tipo di sciocchezza, dal non dare soldi al mendicante che si piazza sempre davanti alla chiesa, al lasciare una ragazzina dallo sguardo triste da sola in biblioteca. 
«No, non ho bisogno di ripetizioni»  risponde convinta, perché davvero in matematica ha sempre avuto una media ottima, in più ha già passato tutta la mattina a fare esercizi su esercizi.
«Allora perfetto! C'è un bar qui vicino dove fanno dei biscotti alle noci fantastici, ti piacciono le noci Ffion?» 
«Sono allergica alle noci» risponde fissandolo, mentre indossa il cappotto verdone che portava anche l’ultima volta che l’ha visto.
«Oh, che peccato- nel dirlo il suo viso si rabbuia e sembra esserci rimasto male veramente, ma tempo cinque secondi e un sorriso fa di nuovo capolino sul suo volto- sono sicuro che la torta al limone è altrettanto buona! Io non l’ho mai assaggiata, ma mia sorella ne è sempre andata pazza.»
«Hai anche tu una sorella?» domanda Ffion sorpresa, anche se di fatto non ha nessun motivo di esserlo. Conosce a mala pena Harry, per quel che ne sa potrebbe anche essere sposato e avere due figli.
«Gemma, è una ragazza fantastica, molto dolce- dal tono che usa traspare tutto l’affetto che prova per la sorella- ma stavamo parlando di te! Altre allergie di cui dovrei essere a conoscenza per future uscite?»
«Mmh no, nessuna» risponde d’istinto e, solo una volta che entrambi sono fuori e stanno camminando fianco a fianco sui marciapiedi bagnati di Wellston, si rende conto delle parole del ragazzo. Immediatamente arrossisce e fa del suo meglio per nascondersi nell’enorme sciarpa grigia che le avvolge il collo. Questa non è un’uscita e non ce ne saranno di future, sentenzia dopo qualche secondo d’agitazione, riuscendo a riacquistare un po’ di calma interiore. Ovviamente tutti i suoi sforzi sono resi vani nel momento in cui, entrando nel bar, Harry le apre la porta e poggia una mano sulla parte bassa della sua schiena, invitandola ad entrare.
«Prima le signorine» sussurra sorridente, quando Ffion lo guarda allibita e per il resto del pomeriggio non fa altro che ripetere nella sua testa che questa non è un’uscita. Questa non è un’uscita.



Mackenzie cammina a passo sicuro per le strade solitarie di Wellston, ogni tanto passa qualche macchina, ma per lo più si trova a passeggiare da sola, sotto la pioggia fredda. 
Le fa male la testa a causa di tutta la matematica fatta - ben due ore di ripetizioni!!!- e vorrebbe solo dormire, purtroppo però non può farlo perché deve assegnare i ruoli per lo spettacolo della scuola e preferisce togliersi subito il pensiero. Dopo dieci minuti a passo sostenuto, arriva davanti a casa di Liam, ma anzi che suonare come qualsiasi persona normale farebbe, inizia a girare intorno alla casa, cercando di capire quale sia camera del ragazzo. Dopo un veloce giro d'ispezione e qualche sbirciatina alle finestre è abbastanza sicura che camera di Liam si trovi al secondo piano.
Non le resta che arrampicarsi. 
Si sfrega energicamente le mani fredde nel tentativo di recuperare un minimo di sensibilità e poi inizia ad arrampicarsi lungo il traliccio attaccato alla parete esterna della casa, per permettere alle piante rampicanti di crescere. Dopo due cadute evitate all'ultimo e un momentaneo cedimento della mano destra, riesce ad arrivare alla finestra e nota con sollievo che si tratta proprio della finestra di Liam, infatti il ragazzo è nella stanza che gioca a qualche videogame seduto sul letto, con la schiena poggiata contro il muro. Immediatamente Kenny inizia a bussare contro la finestra, fa freddo e teme che la presa della mano destra possa cedere di nuovo da un momento all'altro. Quando la sua nocca è ormai diventata dolorante dal continuo battere ed è certa che finirà con il culo per terra da un momento all'altro- dannato Liam!- il ragazzo si gira verso di lei e, dopo un attimo di smarrimento, si precipita ad aprire la finestra. 
«Aiutami!» ordina Kenny stremata e il ragazzo afferra subito e con un presa decisa entrambe le sue mani, tirandola dentro la stanza, ma forse non aveva previsto che Mackenzie non sarebbe riuscita a reggersi sulle sue gambe e alla fine capitombolano entrambi per terra. Liam sbatte la schiena contro il pavimento ricoperto dalla moquette, mentre Kenny cade su Liam, infilandogli un ginocchio ossuto nella coscia e un gomito nelle costole.
«Gesù Liam, mi hai ucciso» annaspa, dopo essersi alzata e sdraiata sul letto. Liam rimane sdraiato per terra per qualche secondo ancora, anche Kenny lo ha ucciso e in più di un solo modo. È stata la prima volta che ha avuto un contatto così ravvicinato e intimo con la ragazza e la sorpresa ed emozione è stata talmente forte, che pensava che il cuore volesse uscirgli dal petto. “Sei una mammoletta Liam Payne” si insulta da solo, dopo aver formulato quel pensiero.
«Cosa ci facevi alla mia finestra?» domanda dopo essersi alzato e seduto sopra la propria scrivania, cercando di fare del suo meglio per camuffare il fiatone.
«Te l'ho detto che sarei venuta no?- domanda Kenny come se fosse la cosa più normale del mondo presentarsi alla finestra di qualcuno- Eccomi qui.»
«Si ma ti aspettavo alla porta, non alla finestra!» ribatte.
«Metti che mi apriva tuo padre o peggio tua madre?! Non piaccio ai miei di genitori e devo piacere ai tuoi? Poi ho un mal di testa che metà basta, non ero porta ad uno sforzo simile.»
La verità è che non gliene frega niente di quello che i genitori di Liam possano pensare di lei, ma il solo fatto di conoscerli le fa salire l’ansia, già la cotta di Liam è fastidiosa, non osa immaginare quanto sarebbe soffocante conoscere anche la sua famiglia. Meglio mantenere un minimo di distanze.
«Kenny?» la chiama per riscuoterla dai suoi pensieri.
«Che c'è adesso?» risponde sbuffando e sdraiandosi a pancia in giù sul letto, con il viso appoggiato sulle mani.
«I miei sono fuori, solo l'unico in casa.»
«Non me lo dire ti prego, il sacrificio del gelsomino non può essere stato vano» sbiascica, con la testa schiacciata contro il cuscino dei ragazzi.
«Che c’entra ora il gelsomino?»
«Credo di averlo ucciso mentre cercavo di arrampicarmi- si interrompe, ci pensa trenta secondi buoni e poi continua- no, penso solo di averlo ferito gravemente, ma aveva già una brutta cera di suo.»
Liam alza gli occhi al cielo esasperato, dovrà inventarsi una scusa con sua mamma, ma non è un problema. Di solito non le piace mentire ai sui genitori, ma per Kenny potrebbe fare volentieri un’eccezione e poi come ha detto la ragazza, il gelsomino aveva già una brutta cera di suo.
«Ah e comunque carine le lenzuola della carica dei centouno- aggiunge Kenny, sedendosi a gambe incrociate- molto virili.»
Il ragazzo arrossisce violentemente e nel tentativo di cambiare argomento dice:
«Sei tutta bagnata, vuoi un asciugamano?»
«Sono bagnata? Ah si Liam?» ribatte lei con uno sguardo malizioso, alzando e abbassando le sopracciglia, godendosi ogni momento dell’imbarazzo di Liam.
«Emh, i capelli, intendevo i capelli- si corregge, rendendosi conto solo in quel momento del doppio senso nascosto dietro alle proprie parole- vado a prenderti un asciugamano.»
E corre fuori dalla stanza il più velocemente possibile, lasciandosi alle spalle la risata divertita di una Mackenzie soddisfatta.
«Senti Liam- domanda Kenny ad un certo punto, interrompendo il piacevole silenzio che avvolgeva la stanza- tu conosci un certo Harry Styles?»
Hanno finito da circa mezz’ora di assegnare le parti, è stato più semplice del previsto- considerando che Liam si è ritrovato a fare la maggior parte del lavoro- e adesso stanno guardando insieme il film tratto da Dottor Jekyll e mister Hyde. Kenny ne avrebbe fatto anche a me, ma considerando che non ha intenzione di leggere il libro, si è trovata costretta a vedere il film.
«Mmh, il cognome mi è familiare- risponde il ragazzo dopo averci riflettuto per qualche secondo- ma non riesco a ricordarmi se lo conosco o meno, perché ti interessa?»
«Così, volevo solo sapere qualcosa in più su di lui» risponde scuotendo le spalle, non le interessa tanto Harry, quanto sapere perché lui e Zayn si conoscono. Sono amici? Se così fosse, perché non li ha mai visti insieme, se non la notte in cui Zayn è stato ferito? Non ha nemmeno idea di che lavoro faccia Harry, per adesso ha sempre pensato che vivesse di ripetizione, il che è un po’ stupido.
«Come volevi sapere qualcosa di più su Zayn?» replica piccato sottovoce, forse sperando di non essere sentito da Kenny.
«Quanto sei noioso Liam- sbuffa Mackenzie, perché ha sentito benissimo le parole del ragazzo e trova questa sua gelosia infantile oltre che fastidiosa- mia sorella ha una cotta per lui, quindi volevo sapere che tipo fosse, non che siano affari tuoi.»
Detto questo Kenny si alza, si sfila la pesante felpa rossa che Liam le ha prestato, visto che stava congelando dal freddo, e informa il ragazzo che è tardi e deve andare.
Liam annuisce offrendole un passaggio in macchina, mentre mentalmente si dà dello stupido: sa sempre come rovinare tutto con Mackenzie.
 
 
 
 
Per le sette di sera entrambe le sorelle Lynch si trovano davanti alla staccionata bianca di casa loro, sono arrivate insieme, neanche si fossero messe d’accordo.
Mackenzie è arrivata a piedi dopo aver assicurato a Liam che “No, non è un problema camminare fino a casa e si, prenderò il tuo stupido ombrello”, mentre Ffion è stata accompagnata in macchina da Harry che non ha voluto sentire ragioni perché “Ffion fa freddo, è buio e piove, non esiste che torni a casa a piedi, per favore sali in macchina, sarei infinitamente più tranquillo se tu mi lasciassi accompagnarti a casa”.
«Allora stellina bella, come è andato il tuo appuntamento galante?» domanda Mackenzie pizzicando l’orecchio della sorella, giusto per infastidirla un po’, mentre con l’altra mano saluta Harry che si sta allontanando in macchina.
«Smettila, avresti potuto avvisarmi che c’era anche Harry così avrei evitato di fermarmi e sarei tornata a casa subito» si finge arrabbiata, ma è debole il suo tentativo,  perché non può negare di aver passato un piacevole pomeriggio con Harry. Non è che le piaccia lui eh, le piace semplicemente stare con lui.
Harry è carino. Non è il tipo di persona che si vergogna nel dire quello che pensa, ma non è sfacciato come Kenny. Dice quello che pensa perché vuole e crede sia giusto farlo, non lo dice con l'intento di metterla in imbarazzo o in difficoltà. Ha il tipo di sincerità che ti aspetteresti di trovare in un bambino, pura e innocente, senza alcuna traccia di malizia.
«Non fare la noiosa, so che ti è piaciuto il vostro appuntamento» sbuffa Kenny, roteando gli occhi. Mackenzie trova noiose un sacco di cose: la matematica, la fisica, Liam che fa il geloso, Liam che si preoccupa per niente, Ffion che si rifiuta di vivere, sua madre che finge di non sapere che lei fuma, Max che crede ancora che tutte e due le su figlie rispettino le sue stupide regole e la lista è ancora lunga.
«E tu con Zayn? Cosa hai fatto?» cerca di cambiare argomento Ffion, per evitare di rispondere alla provocazione della sorella.
«Eh magari fossi stata con Zayn- replica con tono sognante, mentre si accende una sigaretta- ero da Liam, abbiamo scelto i ruoli per la recita scolastica.»
«Divertente» commenta Ffion, guardandosi gli stivaletti sporchi di fango e erba.
«Un vero spasso.»
Una volta che Kenzie ha finito di fumare e ha lanciato il mozzicone ormai spento in mezzo alla strada si incamminano entrambe verso la porta di casa, pronte ad affrontare le domande dei genitori sul loro pomeriggio in biblioteca insieme.
«Tra due settimane…» inizia Ffion, quando sono giunti di fronte alla porta di casa.
«È il nostro diciottesimo compleanno» Kenny completa la frase al posto suo, lanciandole uno sguardo severo, che dovrebbe servire come avvertimento. La fissa negli occhi per qualche secondo e quando vede che la sorella non ha intenzione di proseguire, afferra la maniglia della porta di casa e si fionda nell’abitazione, lasciandosi avvolgere dal debole tepore.
«Non è questo quello che volevo dire» ribatte Ffion a bassa voce, mentre con spalle basse, segue la sorella in casa. Vorrebbe solo parlarne con qualcuno e avere la possibilità di ricordarlo, ogni tanto.
 
A tavola quella sera regna un gran silenzio, l’unico rumore che si sente sono le posate che ogni tanto sbattono contro i piatti di ceramica. Nessuna domanda da parte dei genitori, nessuna chiacchiera inutile, anche la tele è spenta.
«Quindi che succede?» domanda Mackenzie a metà cena, dopo aver smesso di mangiare e poggiato le posate contro il piatto ancora mezzo pieno.
Max e Clarice si scambiano uno sguardo preoccupato, come se stessero decidendo a chi tocca sganciare la bomba, perché non c’è dubbio che si tratta di una novità non troppo piacevole.
«Torniamo a casa» è Clarice a parlare infine, e Mackenzie si vergogna infinitamente della codardia di Max.
«Cosa?» domandano in sincrono le due gemelle, perché vivono a Wellston solo da un paio di mesi e che motivo hanno per trasferirsi, di nuovo?
«Quello che vostra madre intendeva dire è che fra due settimane tutti e quattro torniamo a Stockbridge, ma solo per un paio di giorni, non è una cosa definitiva» spiega Max, tenendo lo sguardo fisso su Ffion.
«No! Ve lo scordate proprio, io lì non ci torno» replica Kenny, dando sfogo a tutta la sua rabbia.
Non è il luogo il problema- Stockbrgdge le fa schifo tanto quanto Wellston- e sarebbe carino rivedere i suoi vecchi amici, ma la ragione per cui vogliono fare questo viaggio le fa salire il sangue al cervello, le mani le prudono tanta è la rabbia che prova in questo momento. Doveva aspettarsi una mossa del genere da Max, perché sa che è una sua idea.
«Tesoro non dire così, non possiamo non andare a trovare Lo..»
«Non dire il suo nome!» strilla Kenzie alzandosi di colpo sull’orlo dell’isteria, facendo cadere la sedia all’indietro, con il dito puntato verso la madre. “Sono ridicoli, sono tutti quanti ridicoli” pensa, mentre fa del suo meglio per bloccare tutti i ricordi che stanno per assalirla.
«Non urlare contro tua madre Mackenzie- tuona Max alzandosi di colpo- e non fare l’egoista, questo è il minimo che tu possa fare!»
«Il minimo??- sbraita la ragazza alzando ulteriormente la voce, ignora Ffion che si alza da tavola e scappa in camera sua a piangere, e ignora anche sua madre che, con tono cauto, cerca di calmarla. In questo momento tutta la sua attenzione è rivolta a Max- Non è il minimo, è l’unica cosa che posso fare!»
«Tu verrai, dannazione!» sentenzia Max lapidario, sbattendo con forza il pugno contro il tavolo. Ha il viso paonazzo per la rabbia, le narici dilatate e i muscoli delle spalle contratte. Dovrebbe far paura, ma Kenny lo trova solamente ridicolo.
«Io starò a casa- ribatte Mackenzie scandendo bene ogni parola, sfidando con lo sguardo l’uomo in piedi di fronte a lei- se non ti sta bene, fatti tuoi.»
Silenzio. Si sente solo il respiro affannoso di Max e il ticchettio delle lancette dell’orologio.
Mackenzie guarda Max, poi Clarice e poi di nuovo Max. È tutto così patetico. Volta loro le spalle e corre fuori di casa, sotto la pioggia fredda e furiosa , per le strade grandi e solitarie di Wellston. Corre finché non le manca il fiato, il cuore le sembra di scoppiare e i polmoni le bruciano per carenza di ossigeno.
Si ferma solo quando è circondata dal buio, non ha la più pallida idea di dove si trovi e le luci dei lampioni sono ormai lontane. Ha freddo perché è uscita senza cappotto ed è bagnata fradicia, ma alzando gli occhi verso il cielo scuro, l’unica cosa che riesce a vedere è il suo viso e la pioggia che cade, improvvisamente, ha il suono della sua voce.
Mackenzie finalmente è a casa.

 
 
 
Ciao a tutte!
Per la gioia di molte (e anche mia) Harry e Ffion hanno fatto il loro ritorno ed ora in poi saranno sempre più presenti! In questo capitolo sono inseriti molti dettagli importanti, per ora solo accennati, ma che più avanti verranno spiegati meglio e che saranno fondamentali per la storia.
Ffion parla di un certo periodo che ha dovuto passare in ospedale, che potrebbe o meno essere parte del motivo per cui si sono trasferiti (occhiolino, occhiolino). Poi Liam è il solito sfigato di sempre che non ne fa mai una giusta, mentre Harry e Ffion iniziano piano piano a conoscersi.
Kierkegaard è un filosofo tedesco che è stato tipo il fondatore dell’esistenzialismo, scusate ogni imprecisione, ma è quasi un anno che non studio più filosofia (e mi manca da far schifo!!!)
La parte finale è tutta dedicata a Max e Kenny anche se di fatto ruota interamente intorno ad una persona, che è stata nominata per la prima volta nel capitolo precedente: Louis! Avete capito chi è? E qualche idea su cosa gli è successo?
Questo capitolo è stra lungo perché con ogni probabilità il prossimo aggiornamento ci metterà una vita ad arrivare, grazie per aver letto e grazie per aver recensito!
Vi auguro un meraviglioso 2016,
alessandra

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