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Autore: Pandora_2_Vertigo    30/12/2015    0 recensioni
Come dice il titolo questa storia non ha un inizio o una fine precisi. Sono raccolte di scene in ordine sparso. Flash. I personaggi però sono loro, Paola e Leonardo col loro corollario di amicizie e parenti vari che non possono mancare.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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2. To the small city

Ritornare, dopo 5 anni a casa.
Non casa con la C maiuscola, ma intesa come abitazione, come quattro mura che sostengono un tetto, come luogo in cui sono cresciuta, ma che non ho mai amato.
Eccomi, appena scesa dal treno con le mie due valige formato transumanza, un groppo in gola e …
Uff, ma chi me lo ha fatto fare?
Stavo così bene io nella mia Milano, tra lo smog, il casino, e i compagni di università.
Ma la pacchia è finita! Si comincia a lavorare, sul serio, l’età dell’adolescemenza è passata da un pò, come l’epoca dei festini universitari e dei soldi passati sul conto da mamma e papà.
Ah già, mamma e papà, l’altro tasto dolente.
“Paola, Paolaaaaa”.
Ahhhh, la voce sublime della mamma, Carolina, capace di perforarti un timpano se non si fa attenzione alla distanza mantenuta tra le sue labbra e il padiglione uditivo. Ma dopotutto è una caratteristica genetica ereditaria, me lo ha sempre detto anche la mia tutor universitaria che con la voce non mi so regolare.
“Mamma, ciao” le dico mentre mi stritola in un abbraccio. Manco fossero passati mesi dall’ultima volta. ”sù sù, niente scenate – mentre tira su col naso, vedo già i primi segni di occhi lucidi – sono venuta a casa solo una settimana fa per il weekend e ci siam sentite ieri…”
Ci sentiamo tutti giorni a dire il vero…anzi specifichiamo, ci vediamo: i miei sono così avanti che sanno usare Skype…usare….sanno far partire la videochiamata, che comunque è un buon livello di conoscenza informatica per due sessantenni.
“Forza mamma, andiamo – le dico mentre riprendo le maniglie delle valigie – papà è alla macchina?”
Lei annuisce e ci avviamo. Mio padre, Fausto, scende dalla sua station wagon color verde bottiglia, mi abbraccia e senza dire nulla, carica i bagagli. Non è mai stato un gran chiacchierone, ma mi vuole bene e lo capisco dal calore del suo sguardo.
In fretta arriviamo a casa, e in poco tempo sono di nuovo nella mia cameretta, coi poster di Dylan di Beverly Hills 90210, dei Limp Bizkit e di Sailor Moon. Si, ho avuto fasi altalenanti durante la mia crescita, ma credo che forse potrei rinunciare solo a Dylan (in fondo ho sempre preferito Brandon, ma non ho mai trovato un poster decente), mai a Sailor Moon, e mai alla musica.
Il mio letto singolo mi accoglie nella conca creata con anni di dormite, riposini e studio, perché fin dalle medie io ho sempre preferito studiare a letto, tradizione poi continuata a Milano, nel mio appartamento in condivisione.
“Paolaaaaaaaaaaaaa” mi chiama mia madre, dalla tromba delle scale. Devo assolutamente dirle dell’appartamento.
“Che c’è?” rispondo urlando.
“Vieni giuuuuuu’” “Non puoi dirmelo da lì? Poi se c’è bisogno scendo”
“Devo parlarti di….”
Accidenti! Questa scena si ripete da anni, secoli, da che io ho memoria, ma sempre categoricamente devo alzarmi, perché quando arriva il clou della discussione mia madre abbassa la voce, ma che diavolo!
Sbuffando abbandono la conca, mi infilo le ciabatte col pelo ed evitando i valigioni scendo al piano di sotto.
“Dimmi, che non ho capito” “Se fossi venuta prima non mi avresti fatto urlare per niente”. La guardo storta e lei capisce.
“Dicevo, hai fame? Sete? Sarai stanca, vuoi un aranciata? Del thè?”
Oh cavoli, è partita. “Mamma, mamma calmati! Sto benissimo, non c’è bisogno, quando fai così sei tale e quale a nonna sai? – un sorriso, mia nonna è moooolto peggio – un bicchiere d’acqua andrà bene. E poi no trattarmi come se fossi un ospite, non lo sono!” O almeno non ancora.
Dopo avermi dato il bicchiere d’acqua comincia il terzo grado.
“Quindi com’è la situazione?”. Un secondo prima è la perfetta e servizievole donna di casa, un secondo dopo un rottweiler pronto ad azzannare.
“Domani avrò il secondo colloquio e se va tutto bene lunedì comincio”
Junior Researcher in un’azienda della zona. Quasi un sogno.
Due settimane fa la laurea, dopo 7 giorni il primo colloquio, da cui ad essere sinceri non mi aspettavo molto. Dopo 3 giorni la chiamata, il secondo colloquio. “Una formalità” secondo la responsabile delle risorse umane con cui ho parlato. E allora valigie e rientro a casa, già preventivato, ma per i miei è stata comunque una piacevole sorpresa. Per me un po’ meno, ma è una soluzione temporanea…ah già, devo dirglielo.
“Ah, stasera esco con Alessandra, dobbiamo parlare”
“E di cosa? Non fate tardi che domani hai colloquio!”
“A parte che il colloquio è alle 11…parliamo…parliamo che voglio andare a vivere per conto mio mamma, senza offesa, e nel suo stabile c’è quell’appartamento in affitto ancora libero…”
“ ma tesoro, lo sai che a casa non dai nessun fastidio.”
“lo so bene mamma- la interrompo con dolcezza- e mi spiace se avevi capito che sarei rimasta qui con voi, ma sono cresciuta, e son troppi anni che non vivo più con voi. Vi voglio bene ma non credo che vi sopporterei a lungo.” le dico con tono scherzoso e il sorriso sulle labbra. Meglio continuare “Sarò a cinque minuti di strada da qui, davvero, lo sai benissimo, e cinque minuti più vicina al lavoro”
Non è ancora convinta.
“Continueremo a sentirci/vederci ogni giorno, ma con la possibilità che vi venga a trovare più spesso. Molto più spesso!” Soprattutto ad ora pasti, penso. Questo non è il caso di riportarlo a voce alta.
“Ma tuo padre..:” “Papà sa già tutto, e non ha fatto una piega, anzi!”
“Allora vai…!”
La abbraccio stretta. Fà così ma so che è forte, sarà mio padre quello da consolare.
  
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