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Autore: _windowsgirls    30/12/2015    0 recensioni
"Harry si alzò in piedi, ingoiando a vuoto. Stava sognando.
Oppure era morto.
Una delle due cose.
Anzi, era più probabile la seconda.
Si spostò i capelli dalla fronte, facendo un leggero passo indietro. «Chi sei?» chiese Harry in un sussurro, ma in quella stanza bianca e luminosa la sua voce riecheggiò come se avesse urlato nel vuoto.
L'altro ragazzo si scrollò i capelli un'unica volta, le labbra strette tra loro.
«Chi cazzo sei tu!» gli rispose, ed Harry notò un piercing sul suo labbro inferiore, con cui spesso i denti bianchi giocavano."
Cosa succederebbe se due ragazzi apparentemente uguali si catapultassero l'uno nel mondo dell'altro, solo per una mera coincidenza?
Due Harry Styles dalle vite esattamente opposte si ritroveranno a dover fare i conti con una nuova realtà, da cui l'unica cosa che vogliono fare è fuggire, per poter tornare nei loro rispettivi mondi.
Ce la faranno mai a tornare indietro?
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Training



«Posso sapere perché il mio opposto abbia tutta questa roba in garage, non andando in palestra?» disse Harry guardando i lettini, i pesi e le varie attrezzature che imperversavano in quell'ambiente non troppo grande. Tamara si sedette su uno sgabello, tirandosi al petto le gambe e stringendoci attorno le braccia esili.
«Perché è troppo tirchio, per poter andare in palestra. Preferisce spendere i soldi in altro..»alluse, mordendosi il labbro inferiore. Harry sfiorò un peso appoggiato su una trave in acciaio e girò di scatto la testa verso la ragazza.
«Non voglio sapere in cosa, guarda. Posso benissimo immaginare che persona orrenda sia.»
«Ehi, non parlare così di lui. Qui tutti siamo così, che ti piaccia o no.» Tamara appoggiò la testa sulle ginocchia, sorridendogli sorniona. «Perché non provi ad allenarti?»
Harry si allontanò dall'attrezzatura, grattandosi la nuca. «No, non posso. Io ho il mio personal trainer che mi dice che esercizi fare al giorno.»
Tamara sbuffò e scese le gambe, mettendosi in piedi e andando verso di lui a rapide falcate. Harry si girò a guardarla, poi sentì un colpo sordo sulla sua guancia, seguito da un bruciore forte. Si portò le mani sulla zona colpita, poi serrò la mascella. «Perché lo hai fatto? Sei pazza?»
«Devi svegliarti!» gli urlò Tamara appoggiandogli le mani sul petto e spingendolo all'indietro. «Non sei nel tuo mondo, qui è tutto diverso e devi adattarti finchè non sapremo come cazzo farti tornare indietro, va bene?» disse spingendolo ancora. La guancia di Harry si era arrossata visibilmente, con cinque dita bene impresse e i piedi che si muovevano rapidi a ritroso a causa delle spinte della ragazza. «Adesso» iniziò Tamara dandogli un'ultima spinta e strappandogli la camicia bianca, facendo saltare tutti i bottoni, «ti stendi e alzi questi fottuti pesi.»
Lo fece sedere con forza mentre Harry guardava la sua camicia esattamente strappata nel centro e se la sfilò. «Questa camicia costa più di quanto tu possa pensare e me l'hai strappata senza ritegno!»
Tamara sbuffò e gli spinse le spalle, facendolo sdraiare e posizionandogli i pesi addosso. Harry sollevò lo sguardo sull'attrezzatura e circondò l'asse di metallo con le mani delicate, soppensandone la pesantezza, mentre Tamara prendeva lo sgabello e gli si metteva di fronte. «Avanti, inizia.»
Harry sollevò la testa oltre la sbarra, sgranando gli occhi. «Mi devi per forza osservare?»
«Certamente.» Tamara si mise comoda e aprì il palmo della mano. «Conterò quanti sollevamenti riesci a fare, okay? Il mio Harry ne fa minimo venti.»
Il riccio spostò lo sguardo sull'indicatore del peso e spalancò gli occhi. «Ottanta chili? Ma stiamo impazzendo?»
Tamara sbuffò e gliene tolse alcuni, arrivando al numero quarantacinque. «Prova con questi.» E ritornò in posizione, con Harry che già aveva iniziato a sudare senza che avesse sollevato mezza volta l'asta. «Uno.» Tamara gridò per farsi udire, ed Harry circondò la barra di metallo e provò a sollevarla, sentendo i muscoli tremare sotto pelle per lo sforzo. Tamara sorrise con un angolo delle labbra, poi quando vide ritornare l'asse al punto di partenza, «due» disse, aprendo man mano un dito in più. Harry sentì una goccia di sudore scendergli sulla tempia e il petto nudo lucido e a tratti bagnato. Provò a sollevare l'asse nuovamente, ma le braccia gli tremevano talmente tanto da non riuscire a sopportare un grammo in più. Riposizionò l'asse sul sostegno e lasciò andare le braccia lungo i fianchi.
Tamara lo guardò. «Solo tre sollevamenti» disse schifata.
«Beh, vanno bene, no? Considerando che il tuo Harry ne fa venti...»
Tamara gli si avvicinò e gli buttò un panno umido sul volto. «Ne fa venti sollevando quasi cento chili, smidollato!» urlò, ed Harry si spostò, mettendosi seduto. «Persino io so sollevare quarantacinque chili. Posso sapere cosa cazzo ti fa fare il tuo personal trainer?»
Harry si passò il panno sulla fronte, respirando con la bocca aperta. «Beh, viene a casa ogni pomeriggio per farmi fare yoga, ma-»
«Yoga!» urlò Tamara portandosi le mani tra i capelli. «Ti rendi conto? Non ho mai visto un ragazzo così effeminato come te.»
Harry buttò il panno per terra e si sollevò, mettendosi in piedi proprio davanti a lei. «Senti. Io non sono effemminato, hai capito? Solo perché il tuo Harry si scoppia di lavoro, non significa che debba farlo anche io. Io mi alleno come mi pare e piace e non sono nemmeno l'unico ragazzo che fa yoga, hai sentito bene?» disse urlando, con la mascella serrata.
Tamara si perse a guardare i suoi occhi luminosi, poi sollevò una mano all'altezza della sua guancia, ma Harry gliela bloccò subito. «Non ti azzardare a darmi un altro schiaffo.»
Così la ragazza si liberò della sua presa e gli circondò il collo con le braccia, abbracciandolo forte. Harry spalancò gli occhi. Ecco, di certo non si sarebbe aspettato questa cosa.
«Finalmente mi hai dato prova di una giusta reazione alle provocazioni. Riuscirò a farti uscire le palle, Harry, stanne certo» gli disse all'orecchio, per poi staccarsi e percorrergli il petto con l'indice. «E facciamo sviluppare un po' questi pettorali. Sai, alle donne piacciono.»
«Ho già Tamara.»
«Fidati, le piaceranno» alluse. Harry sbuffò raccogliendo l'asciugamano e tamponandosi il petto umido.
«Non devo fare altro, vero?» chiese passandosi poi il panno tra i capelli. Tamara, che stava riposizionando i pesi al loro posto, si girò a guardarlo.
«Certo che sì. Ora tocca agli addominali.» Ed Harry buttò l'asciugamano per terra, frustrato.
«Se vuoi uccidermi già da oggi, sappi che non metterò mai più piede qui dentro.»
Tamara mise nel centro una specie di tappetino azzurro e glielo indicò con l'indice dall'unghia smaltata di nero. «Vedrai che poi ci verrai ogni qualvolta vorrai.»
Harry, spalle basse, le si avvicinò e si stese sul tappetino, piegando le ginocchia e incrociando le braccia dietro la testa. Tamara gli si mise davanti e si appoggiò sui suoi piedi per non farli sollevare da terra. «Bene, che visione celestiale..» scherzò.
«Sta' zitta.»
Scoppiò a ridere, gettando la testa indietro. «Uno!» urlò poi, ed Harry chiuse gli occhi, sollevandosi sui suoi muscoli.
Mezz'ora dopo, usciti dal garage, aveva una maglietta nera a coprirgli il busto, i capelli spettinati e le braccia e l'addome completamente indolenziti. «Ti odio» disse guardando Tamara accanto a lui che si fermava a comprare un pacco di sigarette. Harry si guardò la maglietta, presa da una specie di cassetto che si trovava in un angolo del garage, e si allargò il collo per annusarla. Puzzava di fumo, ovviamente. Storse il naso e riposizionò il colletto, osservando la ragazza tornare con il pacchetto in mano e una sigaretta pendente sulle labbra. «Ma guarda» disse facendo un passo indietro, con la voce strascicata per la sigaretta tra i denti. «Sembri persino il mio Harry.»
Il riccio levò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. «Ho la sua stessa faccia, il suo stesso fisico, la sua stessa maglietta...sono praticamente lui, non qualcuno che cerca di assomigliargli» disse, incrociando le braccia al petto. Tamara scosse le spalle e gli porse il pacco.
«Ne vuoi una?» chiese, poi quando vide Liam Payne passare per la via con il suo cane al guinzaglio, gli fece prendere immediatamente una sigaretta tra le labbra.
«Ma cos-»
«Tu sei l'Harry Styles di qui, hai capito?» disse avvicinandosi al suo orecchio, mentre il ragazzo vedeva Liam avvicinarsi pericolosamente. «Comportati come se fossi lui.»
«In che rapporti si trova con-» le chiese ad un palmo dalle sue labbra, ma non ottenne risposta.
«Ehilà Styles» salutò Liam, e il suo labrador dorato gli si accostò ai piedi, annusandoglieli e sollevando il muso verso Harry. Il riccio sorrise a Liam e poi si abbassò, accarezzando il cane ai suoi piedi.
«Ciao, piccolo» disse, sfregandogli la pelliccia sugli occhi. Liam sgranò gli occhi e Tamara rifilò una gomitata nel fianco del riccio. Harry represse il gemito dolorante, rimanendo ancora abbassato sul cane. Tamara scoppiò a ridere e gli circondò il collo con un braccio, abbassandosi a sua volta.
«Harry odia i cani. Soprattutto questo che non fa altro che pisciargli sugli stivaletti.» A quel punto il riccio si sollevò di scatto e si allontanò, allargando le narici e strofinandosi la nuca. Il cane sollevò una zampa e Liam lo schiaffeggiò sul dorso. «Lo sai che non devi pisciare sui piedi, Cat.»
Harry sollevò le sopracciglia e vide Tamara muovere l'indice e mimargli con le labbra "ne riparliamo dopo". «Era buona la roba ieri, Styles?» chiese Liam sorridendogli con gli occhi arrossati e leggermente ombrati da profonde occhiate.
Tamara diede le spalle al ragazzo per avere Harry di fronte, il quale cercava disperatamente un aggancio con cui salvarsi. «Oh sì, sì, ottima, Liam» disse sorridendogli. Il ragazzo sorrise mentre il suo cane lasciava i suoi bisogni nell'angolo del marciapiede. Harry strabuzzò gli occhi, con Tamara che seguiva la traiettoria del suo sguardo. «Ehi, non puoi lasciare che il tuo cane defechi lì senza pulire.»
Tamara si portò una mano sulla fronte, girandosi poi verso Liam. «Payne, lascialo stare oggi, ok? La roba ieri gli ha dato fin troppo alla testa. Sta sparando una cazzata dietro l'altra da stamattina.»
«Ok, Tam, nessun problema.» Tirò il suo cane e si allontanarono lungo la via. Harry si girò verso la ragazza.
«Non gli hai detto di pulire?!?» chiese esterrefatto.
Tamara lasciò il pacco delle sigarette nella tasca del pantalone e si portò la sigaretta spenta dietro l'orecchio, mentre Harry si sfilava la sua dalle labbra e la buttava nel cestino lì accanto. «Sei un'incivile.»
«Anche Harry lo è» ammise lei sollevando le spalle, poi vide Harry avvicinarsi alle feci. «Non ci provare, sta passando il camion delle pulizie. Non è la prima merda che puliscono.»
Il ragazzo si lasciò prendere sottobraccio dalla ragazza e si allontanarono insieme, guardando le sue braccia che stringevano forte il suo bicipite. «Che buono l'odore del mio ragazzo.»
Harry chiuse gli occhi, annoiato, per spalancare il braccio libero. «Ti rendi conto del fatto che abbia chiamato il suo cane 'Cat'? Si è reso conto del paradosso? Al posto del cane, mi sarei ribellato.»
«Payne era fatto quando gli ha affibiato quel nome, meglio tralasciare quella storia perché neanche Harry stava tanto meglio.»
«Che schifo» disse il riccio, scuotendo la testa. «E a pensare che nella mia scuola Liam è uno degli alunni più diligenti che io conosca.»
Tamara lasciò la presa sul suo braccio e gli si accostò soltanto, «Allora qui è esattamente tutto l'opposto del mondo da cui provieni.»
«Già» le rispose Harry, poi quando sollevò lo sguardo su un'insegna che scoppiettava, vide l'orologio che aveva al polso. «Ti va di cenare?»
«Non abbiamo più soldi con noi» disse Tamara indifferente, nonostante comunque stesse procedendo in quella direzione.
«Ah, beh, allora non fa niente.»
Poi la ragazza gli prese la mano, guardandolo sorridente. «Proprio perché non abbiamo soldi dobbiamo andare.»
Il ragazzo si immobilizzò. «Stai scherzando, dimmelo.»
Lei gli sorrise in risposta e gli fece spostare la porta girevole per entrare in quel piccolo pub. Non mangiavano dalla sera prima, ed erano le cinque del pomeriggio. Non si poteva perdere una tale opportunità.
Vennero accolti da un uomo che, dopo averli squadrati, li portò ad un piccolo tavolo, facendoli accomodare. Accanto a loro, c'era solo un'altra coppietta. «Tu mi stai portando sulla cattiva strada» disse Harry appoggiando i gomiti sul tavolino e seppellendo la testa tra le mani.
Lei vide la coppietta accanto lasciare i soldi sul loro tavolino e alzarsi, avvisando il cameriere. Harry sollevò la testa proprio mentre Tamara guardava i due uscire per strada, poi la ragazza si gettò sul tavolo prendendo i soldi del conto e infilandoli rapidamente in tasca. Harry spalancò la bocca, indicando Tamara e il tavolo accanto ripetutamente. «Ma come-»
«Maledetti!» urlò l'uomo che si era avvicinato al posto dei ragazzi che se n'erano appena andati. «Non hanno pagato, maledetti!» urlò, e si allontanò furente.
Tamara sorrise ad Harry, mordendosi poi il labbro superiore. «Non ti sto portando sulla cattiva strada, ti sto portando sulla strada di Harry» gli rispose allora, mentre il cameriere apriva un blocchetto e si avvicinava loro.
«Avete scelto?» chiese ed Harry guardò Tamara, che sorrise al cameriere. Poi guardò il riccio.
«Veramente no» rispose tranquilla, con il riccio che continuava a guardarla. Tamara indicò un panino sul menu. «Questo costa cinque sterline, giusto?»
Il cameriere annuì, così Tamara chiuse il menu con uno scatto, con Harry che continuava a guardarla. «Allora ce ne porti due così, ed in più una birra ed una...cosa prendi, Harry?» chiese lei, sorridendogli complice.
Il ragazzo sollevò lo sguardo sul cameriere. «Una Coca Cola, grazie.»
«Perfetto.» Il giovane appuntò il tutto sul blocchetto. Però prima che se ne andasse, Tamara lo bloccò.
«Paghiamo adesso, ok? Non vorremmo incorrere nel problema sopraggiunto prima.»
Il cameriere prese le banconote della ragazza e le guardò. «E' stato vergognoso quello che è successo. Vi porto subito il resto.» E se ne andò anche con le ordinazioni.
Harry incrociò le mani sotto il mento. «Che c'è?» gli chiese Tamara, innocente, sbattendo le ciglia con grazia. «Non vorrei che ci derubassero.»
Ed Harry scoppiò a ridere proprio nel momento in cui il cameriere tornava porgendo il resto nelle mani della ragazza.




«Come è andata la festa ieri?» chiese Jeremy bevendo il thè che Jamie gli aveva preparato. Harry era seduto dall'altro capo del tavolo, la mano di Tamara posata sulla sua coscia ad infondergli forza. Quella era la prima vera volta in cui Harry parlava con il padre, o semplicemente con quell'uomo che ne aveva le sembianze e che non poteva credere fosse esattamente l'opposto di quel verme del suo mondo. Quello che gli si era seduto davanti era un uomo realizzato, con un bel lavoro, una famiglia, una domestica, il lusso e la ricchezza.. tutto ciò che Harry avrebbe tanto desiderato avere ma che non aveva mai potuto neanche solo immaginare, vivendo una realtà che non lasciava largo margine alla fantasia.
«Bene» tirò fuori le parole sentendo la presa ferrea di Tamara ad infodergli il coraggio. Non poteva credere di stare parlando veramente con quell'uomo con cui si picchiava e basta.
«Ieri sera eri abbastanza furioso con me, sembravi uscito di senno. Mi hai persino chiesto perché fossi qui, in casa. Quei piercing poi. Tua madre mi ha detto che li toglierete oggi stesso.» Sorrise, avvicinandosi la tazza alle labbra. Jamie intanto lavava la teiera nel lavabo, per cui in quegli attimi di silenzio si sentiva solo l'acqua scrosciare via.
«Io..» Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che pensava che quel merda di uomo che aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi come padre si era sedimentato a casa sua? Ingoiò a vuoto, in imbarazzo. Tamara gli corse in aiuto, vedendolo con i nervi a fior di pelle e le mani strette a pugno sotto il tavolo. Jeremy aggrottò le sopracciglia e puntò i suoi occhi su Harry.
«Figliolo, stai bene?»
Il riccio guardò Tamara negli occhi solo una volta, per poi posare i suoi sull'uomo che ormai aveva finito di sorseggiare il suo the pomeridiano. «Sì, sto bene.»
«Harry ieri aveva osato sorseggiare una bevanda alcolica, però ha capito solo stamattina di non reggere l'alcol» intervenne Tamara, sorridendo a Jeremy.
Il signor Styles si allentò la cravatta al bavero della giacca elagante e si scosse i capelli ricci. «Harry, ma tu sei astemio, perché hai voluto provarci?»
«Perché pensavo di essere cambiato» disse il riccio in un sussurro. Jeremy appoggiò la tazzina sul tavolo, sfilandosi la cravatta.
«Va bene, dai. Non preoccuparti. Se è successo una sola volta, non fa nulla, figliolo» disse l'uomo sorridendogli. Harry cercò di sorridergli di rimando, ma era fin troppo difficile. Non si capacitava nemmeno del fatto che stesse nella stessa stanza con suo padre.
«Cosa ne pensi di un probabile scambio di corpo?» disse ancora prima che se ne accorgesse. Tamara impietrì e lo fulminò con uno sguardo, schiudendo leggermente la bocca. Jeremy sollevò un sopracciglio. «In che senso?»
«Cioè» Harry cercò di non far uscire le mani da sotto al tavolo, per paura che quell'uomo potesse vedere le nocche spaccate sulle mani del figlio perfetto che poteva solo sognare di essere. Tamara se n'era uscita con la storia dell' herpes, ma la sua questione era più complicata. «Cosa te ne pare di due ragazzi uguali fisicamente, ma diametralmente opposti di carattere, che si ritrovano ad essere scambiati per caso, l'uno che va nel mondo dell'altro?» rispose d'un fiato, e si sentì il cuore battere forte. Avrebbe voluto dargli un pugno in viso solo per accettarsi che quella versione di Jeremy Styles non fosse un'allucinazione, ma in quel momento Tamara gli stringeva il pugno chiuso con la sua piccola mano delicata.
Il signor Styles si prese il mento tra due dita, sollevando gli occhi verso il soffitto. Si perse nei suoi stessi pensieri, non accorgendosi neppure della domestica che prendeva la tazzina e la riponeva nel lavabo per sciacquarla.
Harry serrò la mascella, notando che quell'uomo non lo stava più degnando di uno sguardo, e fu sul punto di alzarsi e smuovergli furiosamente le spalle quando Jeremy guardò suo figlio - o quello che credeva lo fosse - e gli sorrise, battendo le mani un'unica volta. «E' un'idea fantastica, Harry» disse alzandosi in piedi e togliendosi la giacca, poggiandola poi nell'incavo del braccio. «Davvero, davvero meravigliosa.»
Il ragazzo sollevò un sopracciglio, osservando rapidamente Tamara. «Eh?»
«Peccato tu non voglia fare il mio stesso mesterie, ma la tua idea è brillante. Vado subito a scrivere" disse l'uomo con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
«Cosa?» chiese Harry mettendosi in piedi e nascondendo le mani nelle tasche del pantolone nero. Jeremy gli si avvicinò e lo guardò con occhi luminosi.
«Ho finito di lavorare al mio ultimo romanzo, Niente è come sembra, e siccome l'ho consegnato in editoria, sono pronto ad iniziarne un altro. So che il tema dello scambio dei corpi è già conosciuto, ma io lo renderò diverso, puoi starne certo.» E si avventò sul figlio, abbracciandolo con calore. «Grazie, Harry. Senza di te, non avrei avuto di certo una nuova storia in mano.»
Il ragazzo era impietrito, le braccia spalancate, non sapendo cosa fare. Nel dubbio, non ricambiò la stretta del padre, mentre Tamara si allontanava per rispetto, con il capo chino e una mano ad accarezzarsi il braccio scoperto.
Jeremy si staccò dal figlio scompigliandogli i capelli e sfiorandogli il piecing al labbro, poi uscì. «Se mi cercate» urlò, mentre saliva velocemente le scale, «sono nel mio studio!»
«Come sempre» disse Jamie, riponendo la tazzina lavata nello scolapiatti. Harry sentì una porta sbattere dal piano di sopra e si girò verso la cameriera.
«Perché?»
«Beh, suo padre quando viene colto dall'ispirazione si chiude nel suo studio e non ci esce praticamente mai» disse. «Dovresti saperlo bene, Harry.»
Tamara prese il ragazzo per mano e avvisò Jamie di uscire in giardino. Aprì la porta di ingresso e girarono l'angolo, sedendosi sull'erba fresca del giardino della sua abitazione. «Il papà del mio opposto è uno scrittore?»
Tamara allargò la gonna del suo vestito e si sedette sul soffice manto d'erba. Annuì. «E' famoso in tutto il Regno Unito. Ultimamente gli stanno persino chiedendo di tradurre le sue opere per il resto d'Europa.»
Harry si portò le mani tra i capelli serrando gli occhi. «Praticamente il mio opposto ha una vita di merda come la mia» ammise sarcasticamente. Tamara strinse le labbra.
«Già.»
Harry si passò una mano sulla faccia, facendo un'espressione sofferta quando il percing gli tirò il labbro. «Non posso credere di aver parlato con la controfigura di quella fottuta persona che si spaccia per mio padre» disse amaramente.
Tamara gli prese la mano e gli accarezzò il dorso. «So che non è stato facile, ma è andata bene, sai?»
«Avrei potuto prenderlo a pugni solo per abitudine. Grazie per avermi tenuto fermo, prima.»
La ragazza gli sorrise. «Figurati. Te l'ho detto, per quanto tutto questo possa essere assurdo, io cercherò sempre di aiutarti.» Poi abbassò lo sguardo sui fili d'erba sotto la sua gonna. «Posso sapere perché gli hai parlato dello scambio dei corpi?»
Harry scosse le spalle, aprendo le gambe sul terreno morbido e chiudendo gli occhi, sollevando la testa verso il cielo. «Volevo vedere se avesse potuto crederci o meno. Ovviamente, mi ha frainteso.»
Tamara inspirò a fondo. «Lascia che questa storia sia il nostro segreto, non mettiamo nessuno in mezzo.»
Harry abbassò la testa su di lei. «Tu dici che sarebbe meglio?»
«Assolutamente. Di me hai la certezza che non ne farò parola con nessuno.»
Harry sorrise, ma prima che potesse rispondergli un uomo con il borsone si accostò al cancelletto della sua abitazione. Aveva una fascia rossa tra i capelli biondo grano, una maglietta nera su dei pantaloni color ebano e la mano sollevata nella sua direzione, come per salutarlo.
Il ragazzo si girò verso Tamara, indicandolo con il pollice. «E quello chi cazzo è?»
«Il tuo personal trainer" disse lei sorridendo con un angolo della labbra. «Ciao Smith!» urlò, salutandolo con la mano. La ragazza si alzò e gli andò ad aprire il cancello, facendolo entrare nella proprietà.
«Ciao, Har-woah» disse, notando il piercing del ragazzo. Il riccio si mise in piedi e si spazzolò il retro delle cosce dai residui d'erba.
«E così avrei un personal trainer...però» disse sorridendo all'uomo. «Con cosa iniziamo oggi, pesi? Addominali?» Sollevò le braccia verso il cielo e si stiracchiò, sollevando il lembo della maglietta.
Smith lo guardò fisso. «Oggi faremo la posa della sirena.»
Harry si bloccò con le mani ancora verso l'alto. «Posa?»
Tamara, alle spalle di Smith, gli alzò i pollici. «Yoga, Harry. Non ricordi?»
Al ragazzo cadde la mandibola per terra, lasciando cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi. «Ti aspetto dentro» disse Smith, facendosi aprire da Jamie. Tamara si avvicinò ad Harry e gli circondò le spalle con le mani.
«Sarà divertente, dai.»
Dieci minuti dopo, Harry aveva le gambe unite sul pavimento e il busto piegato all'indietro, con le braccia che ne sorreggevano il peso. Aveva gli occhi chiusi, con la musica soft ad aleggiare per il salone e Smith che lo imitava al suo fianco. Tamara era seduta sul divano con le gambe accavallate e una mano davanti alla faccia per nascondere il suo sorriso ben stampato in volto. Harry aprì un occhio e la guardò.
«Uccidimi» disse, e Smith lo ignorò, perso nel suo mondo senza pensieri.
«Perché? Sei una sirena così aggraziata.»
«Uccidimi» ripetè il ragazzo, aprendo anche l'altro occhio, «sentirò meno dolore.»
Smith si mise dritto e si levò in piedi, spegnendo la radio.
«Ho calmato i tuoi sensi, Harry?» disse con un sorriso stampato in faccia, mentre ripiegava il suo tappetino gommato.
Il ragazzo si lasciò stendere sul pavimento, restando in pancia in giù, mentre l'uomo gli sfilava il tappetino da sotto. «Credo che tu me ne abbia persino svegliato uno di cui non sapevo l'esistenza.»
Smith scoppiò a ridere mentre riponeva il tutto nel borsone. Tamara si levò in piedi dal divano e si accostò al ragazzo. «Sei sempre così simpatico, Harry. Ci vediamo lunedì.»
Harry mugugnò, sentendo poi l'uomo salutare Tamara e Jamie, uscendo di casa. Il riccio rimase ancora steso a terra.
«Qual è il senso che ha risvegliato?»
«L'omicidio.»
Tamara scosse la testa, prendendolo per farlo mettere in piedi. «Non è un senso.»
«L'ho fatto diventare.» Si toccò i pantaloni aderenti che Tamara gli aveva fatto indossare, muovendosi sgraziatamente e ondeggiando i fianchi. Si sfilò l'elastico dai capelli, facendo cadere i ricci sulla fronte. «Sembro una checca isterica. Ma davvero Harry fa questo schifo ogni giorno?»
«Già.»
«Meno male che sono diverso da lui» disse Harry. Tamara gli diede un colpetto affettuoso sul braccio.
«Adesso vado» disse piano. «Ci vediamo stasera?»
Harry sollevò i lembi della maglietta aderente, iniziando a sventolarsi. «Perché no? Andiamo a cena, così mi spieghi un po' com'è vivere qui.»
La ragazza gli sorrise e lo salutò con una mano. «Ti passo a prendere tra un'ora allora.» E se ne andò, mentre Harry correva al piano di sopra, mantenendosi al corrimano, diretto al bagno per una doccia rinfrescante. Prima però di giungere a destinazione, si fermò di fronte ad una porta chiusa, la stessa dietro cui sua madre aveva deciso di nascondersi per sempre dal quel verme. Si accostò alla porta e ci appoggiò l'orecchio. Abbassò la maniglia ed entrò.
C'era un enorme scrivania addossata alla parete, con un tavola di sughero su cui erano appiccicati tantissimi post-it. Tantissime riviste erano sparse per la superficie di mogano, una sopra l'altra, con il computer portatile chiuso. Sulla parete laterale erano appese tantissime fotografie di modelle, alcune che abbracciavano Anne con tutto l'affetto che Harry non aveva mai potuto dimostrarle. In altre foto le modelle - una più bella dell'altra - davano dei premi ad Anne che sorrideva orgogliosa di se stessa. C'erano fotografie di ogni tipo, il pavimento lucido impeccabile che rifletteva la parete e l'aria di una carriera importante a permeare l'ambiente. Harry abbassò il capo e uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Chissà se a casa sua quella stanza fosse almeno lontamente simile a quella di Anne.
Andò in bagno e il getto d'acqua bollente sulla pelle fu rigenerante. C'era un profumo delicato ad invadere tutta la casa, la muffa che non albergava gli angoli delle stanze. Era tutto pulito, ed elegante, tutto quello che Harry non avrebbe mai avuto. Chissà se casa sua sarebbe potuta essere così, un giorno. Scosse la testa al suo stesso pensiero e andò in camera sua, controllando l'armadio del suo opposto. Ovviamente, era tutto impeccabile. Optò per un jeans e una maglietta - guarda un po' - nera, con una scritta a capeggiare all'altezza del petto. Mezz'ora dopo, Tamara lo passò a prendere con la sua macchina bianca, andando verso un piccolo locale a qualche isolato di distanza. Tutti erano ben vestiti, là dentro, ed Harry storse il naso. «Qui sono tutti fottutamente perfetti.»
Tamara lo prese per mano, andando verso un tavolo che il cameriere aveva loro indicato. Si accomodarono uno di frontre l'altro, ed Harry toccò il calice in vetro posto davanti al suo piatto.
Il cameriere si avvicinò per prendere le ordinazioni, ed Harry si sporse verso Tamara. «Io non ho un cazzo di soldo con me.»
Lei sorrise e ordinò le stesse cose per entrambi. «Non ti preoccupare. Ora, nel frattempo, che ne dici se facessimo chiarezza sulle nostre vite opposte?»
Harry si versò l'acqua nel bicchiere, sorridendogli. «Dopo di te, mademoiselle» disse sorridendo, e Tamara bevve di rimando l'acqua che lui gli aveva versato in quel momento.

 

  
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