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Autore: _JustOurStory_    31/12/2015    3 recensioni
Mia. Proprietà della C.A.T.T.I.V.O. Gruppo B. Soggetto B5. La creatrice.
Ci sono due Labirinti di proprietà della C.A.T.T.I.V.O., Mia apparteneva al gruppo B, ma, dopo un'improvvisa caduta in un luogo non ben definito, si ritrova circondata da una cinquantina di Radurai.
Lei, abituata a convivere con le sue compagne nella Radura del progetto B, non sa come comportarsi, ma con il suo carattere combattivo ed energico, si affezionerà a tutti i suoi nuovi amici.
Ma, purtroppo, non sempre le cose vanno per il verso giusto...
•••
Dal testo:
«Chi diamine siete voi?!» esclamai, allontanandomi il più possibile, seppur seduta sul letto.
«Tranquilla, non vogliamo farti del male» disse un ragazzo di colore.
«La mia domanda era un’altra! Chi siete?».
Ero nel panico: dov'erano le ragazze?
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=iPX70mbnZ20
On Wattpad: https://www.wattpad.com/152284463-mia-the-
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alby, Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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12.


La sala si affollò abbastanza in fretta e io, seppur con decisamente poca voglia, decisi che era il caso di andare da Frypan, poiché, almeno per quel giorno, avrei dovuto aiutarlo.
Quando entrai nella cucina, i ragazzi andavano frettolosamente da una parte all’altra, e la voce del cuoco riecheggiava fra le mura ormai consumate dal tempo. Rimasi un istante sull’uscio, le mani strette fra loro, mentre un dolce sorriso faceva capolino sul mio viso: improvvisamente, nella mia testa si fecero vivi decine di ricordi. Mi mancavano le mie amiche, ogni giorno di più.
«Non avvicinarti!» aveva urlato Naomi, richiudendo in fretta un barattolo e posizionandosi di fronte a me.
«Cosa? Perché, scusa?» misi il broncio, incrociando le braccia.
 «Non ti permetterò di avvelenarci un’altra volta» ridacchiò, facendomi sbuffare.
«Non vi ho avvelenate, diciamo che non è venuto esattamente come volevo io, ma non era così male».
«Mia?».
«Sì?» avevo chiesto speranzosa.
«Perché non vai a prepararti per andare nel Labirinto, mmh? Se abbiamo bisogno ti chiamiamo noi, okay?».
Io avevo sbuffato, alzando un sopracciglio, e lei aveva riso.
«Mia! Ehi, che fai? Dormi?».
«Co-come?» domandai, riprendendomi da quell’attimo di torpore.
«Stavo dicendo, noi qui ce la caviamo, perciò puoi portare fuori da le caraffe d’acqua e  poi sederti con gli altri» disse Frypan, porgendomi un vassoio sul quale erano disposte alcune brocche ricche di acqua.
«Oh, sì! Certamente!» sorrisi, prendendolo e, dopo un cenno del capo, uscii dalla stanzetta.
Posai le caraffe sui rispettivi tavoli, che pian piano erano sempre più affollati, e poi mi andai a posizionare al fianco di Chuck, che, tenendo in mano un po’ di legno, e un altro affare a punta, stava levigando il pezzo di tronco.
«Ma buongiorno!» esclamai sedendomi.
«Ehi Mia» disse, riponendo tutto in tasca «Come va?».
«Beh, tutto bene, circa», sorrise e io feci lo stesso.
«Immagino ti dispiaccia non poter andare nel Labirinto» mormorò, mentre ci servivano il cibo e lui si affrettava a tagliare il pezzo di carne.
«Beh, un pochino, ma in realtà Newt ha detto che fra poco i Velocisti potranno tornare al lavoro, perciò…» scossi le spalle, afferrando con la forchetta un po’ di cibo e portandomelo alla bocca.
«Newt, eh…?» ridacchiò, ammiccando lievemente.
Io, dal canto mio, aggrottai la fronte, non capendo cosa volesse dire, «Che intendi?».
Chuck ridacchiò, e io alzai un sopracciglio.
«Niente, lascia stare…».
Io scossi il capo, decidendo di rinunciare all’idea di capirlo e continuai a mangiare.
C’era parecchio chiasso, in realtà, ma ormai ci avevo fatto l’abitudine, e la cosa non mi dava affatto fastidio.
«Salve splendore!». Nel sentire quelle parole, alzai il capo, notando che Emil si era seduto al mio fianco.
«Ehm… ciao» dissi, inghiottendo l’ultimo boccone e un pezzo di pane.
Lui sorrise, «Tutto bene?».
Annuii, pulendomi le mani con un tovagliolo, e abbassai lo sguardo sul tavolo, il cui legno era ormai scheggiato e consunto.
Emil rise, avvicinandosi un po’ a me e, dopo aver posato due dita sotto il mio mento, mi sollevò il viso. Lo guardai stupita, non capendo quali fossero le sue intenzioni, e lui si avvicinò lievemente, posandomi una mano sulla guancia sinistra.
«Cos…?» mormorai, in imbarazzo.
«Hai delle briciole qui» sussurrò, passando il pollice sul mio labbro inferiore e togliendone, di conseguenza, quello che sembrava esserci sopra.
Io, immobile come una perfetta imbranata, deglutii lievemente, tentando di spostarmi un po’, poiché il biondo era decisamente troppo vicino, ma le mani di Emil mi tenevano ben salda, impedendomi un qualsiasi movimento.
«Ehm…» mormorai, in imbarazzo.
«Perdonate l’interruzione!». Ringraziai infinitamente Minho, che, con la sua immensa grazia da elefante zoppo, fece irruzione al nostro tavolo, andando a sedersi – ovviamente – fra me ed Emil, che fu costretto a scostarsi.
«Come va, mia dolcissima Carotina?» domandò, passandomi un braccio attorno alle spalle.
«Meravigliosamente, grazie» risi, dandogli un buffetto su una guancia.
«Perché non sei con Newt e Alby?» chiese Chuck, sporgendosi oltre la mia spalla, così da guardare l’asiatico.
«Beh, perché, a quanto pare, non sono abbastanza “importante” da potermi permettere di assistere alle loro riunioni private» borbottò, e, nonostante il tono fosse sarcastico, sembrava parecchio irritato.
«Ma sai nulla a riguardo?», questa volta fu Emil a parlare.
«Poco… ma neanche loro sanno molto. Semplicemente non si può prevedere quanto prima si chiuderanno le porte».
Sospirai, abbassando di nuovo lo sguardo, mentre mi torturavo le mani; ero preoccupata che qualcuno, in caso avessimo ricominciato a correre, non facesse in tempo ad uscire, ma, ancora di più, avevo paura che fosse tutta colpa mia.
«Basta! Non ne posso più!» esclamò all’improvviso Minho, alzandosi «Ho cercato di stare tranquillo, ma proprio non ci riesco, ora vado da quei due e vediamo cosa decidono di fare con i Velocisti».
Io sorrisi, quello era il Minho che conoscevo!
«Vuoi venire con me?», domandò in mia direzione.
«Ehm… d’accordo» risposi, lievemente titubante.
Lui mi sorrise e, dopo un cenno del capo, si avviò. Io schioccai un bacio sulla guancia di Chuck, salutando con un gesto della mano Emil. «Ci vediamo!», dissi, e poi seguii Minho, che camminava in fretta, e accelerando il passo riuscii ad affiancarlo.
«Andrà tutto bene, tranquillo» dissi, sfiorandogli il braccio, e lui annuì, seppur indeciso.
Era forse quello più agitato, ma potevo capirlo: correre era tutta la sua vita.
Camminammo per poco, a quanto avevo capito, i due Radurai si trovavano nella Stanza delle Mappe, così seguii il ragazzo finché non ci trovammo fuori dalla porta.
«Ho la sensazione che Alby non sarà felice di vedermi qui» sussurrai, incrociando le braccia. Minho sorrise, socchiudendo lievemente la porta e sbirciando dentro.
Il ragazzo di colore ci dava le spalle, era seduto su una sedia abbastanza traballante, teneva il capo fra le mani, mentre i gomiti erano puntellati sulle cosce. Newt, al contrario, era appoggiato alla parete con una spalla, e guardava l’amico, dicendo qualcosa che però non riuscii a cogliere.
Minho mi fece segno di scostarmi, così mi mossi un po’ in dietro e il ragazzo, con cautela, si posizionò davanti a me. Aspettai numerosi secondi, impaziente, e poi l’asiatico si volse nuovamente in mia direzione.
«Che dicono?» mormorai, e io stessa faticai a sentirmi.
Minho si avvicinò ancora, probabilmente spaventato all’idea che potessero sentirci, accostandosi al mio orecchio «Newt tenta di calmare Alby» sussurrò «Dicono che non possiamo rischiare che qualcun altro muoia».
Il suo viso era contratto in una smorfia, «Adesso ci penso io» disse e, prima che potessi parlare, il moro aveva già bussato con forza alla porta, la quale, sotto il suo tocco, si aprì.
I due si voltarono immediatamente e, per un istante, mi pentii di aver seguito Minho.
«Ehi» disse il giovane, con più calma di quanto mi aspettassi.
«Cosa succede?» domandò Alby, per poi notarmi ed incenerirmi, letteralmente, con gli occhi.
«Nulla, ho solo pensato che, poiché che sono l’Intendente dei Velocisti, fosse giusto che venissi aggiornato sulle decisioni prese», scosse le spalle.
«E lei?» chiese sempre il capo.
«Beh, lei è mia amica e mi accompagna» sorrise, come suo solito, guardandolo soddisfatto.
Da quando ero arrivata, avevo compreso che, in quei casi, era meglio non dire nulla, così, con un immenso sforzo, serrai le labbra e annuii semplicemente.
«Pensiamo sia meglio evitare ancora per un po’ che i Velocisti tornino al lavoro», proferì Alby, quasi sconsolato, alzandosi dalla sedia e iniziando a camminare avanti e indietro.
«Come? Perché?» chiese Minho, al mio fianco.
«Perché» tuonò «se vi facciamo andare, nel giro di cinque giorni ci troveremo con sì e no tre Velocisti rimasti».
«Quindi che dovremmo fare? Rinunciare a trovare un’uscita?».
«Non c’è un’uscita, Minho!».
«Non lo sappiamo con certezza!».
«Sì, invece!».
Ormai i due urlavano. Normalmente sarei intervenuta, ma avevo anch’io un cervello, e capii che non era proprio il caso.
Lanciai un sguardo a Newt, che, ancora appoggiato al muro, guardava gli amici immobile, senza proferire parola; solo quando notò che lo stavo fissando, incrociò i nostri occhi.
Scosse le spalle, come a indicarmi di non intervenire, ma io non l’avrei fatto lo stesso.
Poi, scostandosi dalla sua posizione, andò ad appoggiare una mano sulla spalla di Alby, che si voltò subito a guardarlo.
«Noi ci siamo già detti quello che dovevamo, ora discutine con Minho, dopotutto lui è l’Intendente», abbozzò un sorriso.
«Newt…» provò a replicare il ragazzo di colore, ma il biondo scosse lievemente il capo, «Tranquillo, sono certo che andrà tutto bene, io vado a vedere che tutti siano tornati al lavoro, vieni con me, Mia?», si rivolse a me, guardandomi, e io annuii, «Certo».
Newt sorrise, venendo in mia direzione, per poi dirigersi fuori dalla stanza.
Io, invece, rivolsi un ultimo sguardo ammonitore a Minho, e lo seguii all’esterno.
«Allora, il verdetto?» domandai, dopo un lungo momento di silenzio, mentre camminavamo in direzione della cucina.
«Alby non vuole che usciate, e devo ammettere che in parte sono d’accordo con lui, ma Minho è cocciuto – tanto cocciuto – e ho la sensazione che gli farà cambiare idea».
Io annuii, assorta nelle sue parole: volevo tornare a correre, era ovvio, ma, odiavo ammetterlo, la chiusura delle mura mi spaventava.  
«Non crede che troveremo mai un’uscita, vero?» chiesi con un filo di voce.
«Più che non crederci, non ci spera più» rispose lui, gli occhi puntati di fronte a noi.
«Siete arrivati insieme, qui?».
«Sì. Siamo stati nel primo gruppo», avevo intuito che fossero stati i primi, anche se nessuno me lo aveva detto esplicitamente.
«Ma ormai non ha più importanza» scosse il capo «Sono passati due anni, quel che è stato è stato, ormai le cose sono cambiate, e a me sta bene così» proferì, mentre apriva la porta e noi facevamo il nostro ingresso nella sala dove eravamo soliti mangiare.
Il posto era interamente vuoto, non c’era nemmeno la traccia di Frypan, forse rintanato in cucina, o dei suoi aiutanti.
«E ora io che faccio?» borbottai. Non avevo voglia di passare il pomeriggio a pulire e a preparare la cena.
«Credo che Frypan sia di là, prova a vedere, io devo un attimo prendere quelle casse» disse, indicando un mucchio indistinto di legno in un angolo «ma ci metterò solo qualche minuto» sorrise, e io annuii.
Così, decisi di recarmi dal cuoco, ma, quando aprii la porta che dava sulla cucina, mi sorpresi.
«S-Stephen?» chiesi incerta, vedendo il ragazzo seduto a terra, il capo fra le mani. Il moro non accennò a muoversi, così mi avvicinai lievemente, magari stava male.
«È tutto okay?».
«È mai possibile che non ci sia mai un momento di pace?» esclamò, alzando di colpo il viso e facendomi sobbalzare.
Incrociai le braccia al petto, «Beh, si da il caso che, fino a prova contraria, sono ancora io quella che lavora in cucina, qui l’intruso sei tu, non di certo io».
Lo vidi sospirare e riabbassare il capo, senza dire nulla o senza accennare ad alzarsi.
Un po’ mi pendii di ciò che avevo detto, così mi sedetti di fronte a lui, sul pavimento, e lo osservai. Non l’avevo mai davvero guardato, e mi resi conto solo in quel momento di quanto fosse bello, certo, non riuscivo a vederne gli occhi – di cui non ricordavo il colore – ma ora che non teneva le mani sul volto, potevo ammirarne i lineamenti dolci, ma mascolini, e i capelli castani sistemati in qualche modo.
«Vuoi una foto?» mormorò, ma non sembrava irritato.
«C’è qualcosa che non va?» domandai ancora, a bassa voce, quasi fosse un segreto.
«Anche se fosse, di certo non potresti aiutarmi tu» rispose aspro, ma non mi arrabbiai.
«Beh, prova a mettermi alla prova» sorrisi, quando alzò il viso «Sono una ragazza, ho tanti talenti nascosti» scossi le spalle, con finta vanità.
«Ti sei mai innamorata?» domandò di punto in bianco, spiazzandomi.
Mi ero mai innamorata?
Oddio, non lo sapevo! Di sicuro non negli ultimi due anni… eppure, forse prima, nei miei sogni non era chiaro, ma quel ragazzo…
Sì, perché, se avessi scegliere qualcuno di cui poter dire di essere stata innamorata, avrei detto lui, anche se non lo ricordavo.
«Forse» mormorai «Magari prima di tutto questo, non so. Tu?».
«Sì» disse secco «E l’amore fa schifo».
Ridacchiai a quell’affermazione, «Tutto ci fa schifo, quando ci ferisce».
Lui accennò un sorriso, «Stavi ascoltando, vero?».
«Co-Come?!».
«La mia discussione con Wyatt».
«Ehm… no, io, cioè… non sei arrabbiato?» chiesi, sotto il suo sguardo ammonitore.
«No».
Sorrisi maggiormente, chissà, forse mi ero sbagliata sul suo conto.
«Wyatt mi ha vista?», lui scosse il capo, e io mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo.
«Mi dispiace, davvero, non volevo» ed era vero, mi ero subito pentita del mio gesto.
«È okay, tranquilla» sorrise «Scusami tu, io... sono stato un vero stronzo».
Ridacchiai, «Beh, direi che siamo pari». Lui annuì, stringendomi la mano.
In fondo si sa, no? Mia giudicare un libro dalla copertina! Avrei decisamente dovuto ricordarmelo, in futuro.
«Mia?» chiese qualcuno, mentre la porta si spalancava «Oh, Newt!», sorrisi, vedendolo.
«Oh, ciao Stephen!» disse il biondo.
Il ragazzo si alzò, aiutando anche a me, e accennò un sorriso «Ehi Newt», poi si rivolse alla sottoscritta «Beh, io vado, ci si vede in giro».
«Ciao» mormorai, mentre il biondo mi affiancava e Stephen si avviva verso la porta.
«Oh, Mia» mi richiamò prima di uscire. Io alzai il viso, guardando il moro, «Sì?».
«Riguardo all’argomento di prima» sorrise «Io non credo che tu lo sia stata solo prima di arrivare qui. Sai, ti ho osservata e, magari, tutt’ora lo sei, solo che non te ne sei ancora accorta» disse, facendomi l’occhiolino e uscendo.
Io aggrottai la fronte. Cosa?
 
 
N/A
Sorpresi di rivedermi così presto? Che posso dire? Quando l’ispirazione bussa, bisogna farla entrare! Mi sto riprendendo dal blocco dello scrittore dell’ultimo mese, quindi conto di riuscire ad aggiornare nuovamente con regolarità, yeh!
Beh, come vi è parso il capitolo? Insomma, sembra che Mia sia l’unica a non accorgersi di niente. Ma sarà davvero così?
Chissà…
Ci vediamo presto e buon anno nuovo!!
   
 
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