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Autore: FCq    31/12/2015    3 recensioni
“Tu sei...”, urlai contro Edward, seduto sul bordo del letto, lo sguardo chino a terra e le mani dietro la nuca.
Mi fissò.
“Tu sei... un idiota. Tu sei incomprensibile e lunatico...
______________
“Perché non capisci”, sussurrò.
“Cosa? Cosa dovrei capire?”.
“Che ho sbagliato. Ho sbagliato tutto”.
“Cosa vuoi da me Edward?”, gli chiesi, .
“Io non voglio niente da te...”, mi rispose. L'intensità nella sua voce solleticò ogni nervo del mio corpo. Con lo stesso vigore mi strinse il viso fra le mani.
“Io non voglio niente da te”, ripeté, “io voglio te”.
Allora si avventò sulle mie labbra.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Buongiorno!! Innanzitutto spero che abbiate trascorso delle piacevoli vacanze finora, io ho preso il foglio rosa : ) !! Questo non è il capitolo completo chiaramente è solo un brevissimo spoiler, il mio regalo diciamo dato che la stesura del capitolo completo mi sta richiedendo moltooo tempo. Spero vi faccia piacere e spero anche di ricevere i vostri commenti, non vorrei perdervi adesso che ci avviciniamo alla fine della storia. Sono passati otto mesi da quando ho postato il prologo e vi assicuro che gran parte di quello che ho scritto none ra contemplato, ma sono soddisfatta del sisultato. Spero lo siate anche voi, quindi commentate numerose : ) Spero possiate trascorrere un buon inizio anno, a presto!! 


16) Un luogo per la tua anima – parte seconda


“Sbaglio o Alice ha appena imprecato?”.

“Non sbagli”, rise e la sua risata mi contagiò. Era così bella.

Sospirai, rigirandomi tra le dita una foglia secca sporca di fango. Mi incuriosiva come fossi in grado di osservarne ogni minimo dettaglio e ogni minuscola forma di vita che la abitava. Era sera, sarebbe stata una notte di plenilunio, il bosco pullulava di esseri viventi, naturalmente io non ero fra questi.

“Come va... lì da voi?”, mi chiese Edward dopo qualche istante di silenzio.

Immaginai che fosse la sua pelle quella ruvida superficie di foglia che stavo accarezzando poi ricordai cos'era accaduto l'ultima volta e dovetti aggrapparmi alla corteccia di un albero per non lasciarmi scivolare a terra.

“Bene”, dissi, con il tono più convincente che avessi. Sapevo cosa gli interessava sapere, benché nessuno dei due avesse il coraggio di affrontare l'argomento... speravo di averlo rassicurato.

Sono ancora tua.

“Bene”.

“Bene”, ripeté, come se si fosse tolto un grosso peso dallo stomaco.

Annuì.

“E da voi?”.

“Anche qui tutto bene, ma neanche noi abbiamo trovato una pista plausibile”.

“Domattina, non appena gli umani si saranno svegliati, setacceremo la città”, gli comunicai.

“Kilkenny?”.

“Sì”, annuì ancora, come se potesse vedermi.

Riuscivo bene a immaginarlo.

Quando era costretto ad affrontare conversazioni spinose non sedeva mai, preferiva rimanere in piedi, rigido nella sua postura fin troppo perfetta per sembrare umana, in modo tale da mantenere un assoluto e totale controllo sul suo corpo.

Mi chiesi cosa indossasse.

La stessa t-shirt grigia del giorno prima?

“Alice continua ad imprecare”, mi anticipò, “dice che le dobbiamo millecinquecento dollari di scarpe”.

“Dille che avrebbe potuto indossare un paio di sneakers qualunque e di non lamentarsi”.

“Credo ti abbia sentita”, mormorò, in sottofondo di un possente ruggito.

Risi ancora.

“Credo che andrò a fare un bagno, adesso”, sussurrai.

Lo sentì deglutire. E me lo immaginai stringere il suo galaxy tra le dita con tanta forza da rischiare di romperlo.

“Sì, certo, vai. Ma sta attenta”.

Annuì ancora.

“A domani”.

“A domani”.

Parlare con Edward non era mai stato così difficile.

Lo amavo. Allora perché non riuscivo ad amarlo?

Avevo riagganciato con una scusa in quanto protrarre la conversazione poteva rivelarsi rischioso, ma l'idea di un bagno non era poi così malvagia. Il fiume distava solo pochi metri dal luogo in cui ero nascosta, perché passare un'intera notte in sua compagnia, dopo le parole di oggi, mi avrebbe richiesto una concentrazione che non avevo.

Percepivo lo sciabordio dell'acqua, il guizzare dei pesci, persino il “rumore” delle foglie che cadendo si adagiavano sulla superficie dell'acqua. Così assorta da quella miriade di suoni non avevo fatto caso a lui.

Quando lo vidi ebbi un sussulto, poi smisi di respirare.

Era di spalle, completamente nudo, osservava le increspature dell'acqua come se in esse potesse rinvenire la risposta a tutte le sue domande. Nei suoi occhi, in quell'istante di perdizione, l'azzurro predominava sugli altri colori e il suo viso, per metà inclinato nella mia direzione, era sensuale, duro ma non arcigno. Una durezza che le ombre gli conferivano, dipingendolo in un modo tale da farlo sembrare pericoloso... Altrettanto magistrale lavoro di scultura e pittura era stato operato sul resto del suo corpo, sulle sue spalle, sulla schiena e ancora più giù, più giù, più giù...

D'un tratto, facendomi nuovamente sussultare, lo vidi distendere le braccia e lanciarsi in acqua. Avrei voluto distogliere lo sguardo, quando riemerse, quando si bagnò il viso e i capelli corti, quando volse lo sguardo alla luna, ma in realtà la mia unica vera tentazione era quella di rubargli gli abiti, che aveva appeso a un ramo poco distante, così che fosse costretto a rimanere in acqua per tutta la notte.

Lo vidi afferrare l'acqua, letteralmente, come fosse gelatina e crearne tante piccole goccioline che lasciò esplodere su di lui e che lo abbracciarono come neve. Lo vidi fare dell'acqua ghiaccio, del ghiaccio neve, della neve aria.

Sospirai, perché ero totalmente fuori controllo.

“Mi spii”, la sua voce alle mie spalle mi spaventò a morte. E avrei riso se la battuta non fosse stata fin troppo scontata.

“Mio Dio”, mi voltai di scatto, un riflesso incondizionato. Non pensai, prima ancora di decidere di voltarmi ero già di fronte a lui.

I suoi occhi azzurri mi sconvolsero, ma ad annichilirmi fu la vista del suo corpo completamente nudo.

“Mio Dio”, ripetei, tornando a voltargli le spalle.

“Anche Kristopher va bene”, sghignazzò.

“Sei nudo”, costatai.

“Di solito è così che mi lavo”. “Torno a ripetere”, sussurrò, accostandosi al mio orecchio, “mi spiavi?”.

“No”, mentì, male, per via del suo corpo che percepivo fin troppo vicino alla mia schiena.

“Eppure è così che lo definirei, nascosta tra gli alberi, ad osservare...”.

Feci per allontanarmi, ma mi afferrò i polsi prima che potessi muovere anche solo un passo. Mi spinse violentemente contro un albero, faccia al muro e lo sentì aderire al mio corpo, alla mia schiena, ogni mia curva venne riempita da lui. Si accostò al mio collo, ispirando l'odore della mia pelle, ma senza sfiorare con le mani neanche un lembo del mio corpo che non fossero i polsi.

Mio Dio.

Poi si allontanò da me di scatto, percepì il vuoto alle mie spalle e dopo giorni anche il freddo d'Irlanda.

“Vai”, mi pregò, nonostante il suo fosse un mormorio sul mio respiro accelerato.

“Vai”, mi chiese e io, in un attimo di lucidità, obbedì.

 
  
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