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Autore: EdemaRuh    08/01/2016    4 recensioni
Una soffitta, una videocassetta e noi, che non sapevamo farci gli affari nostri. Così è iniziata.
Un manicomio di notte, il cliché perfetto. Così è finita.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il campanello suona insistentemente. Sono pronta a scommettere che sono i miei amatissimi migliori ed unici amici.
Serve a poco urlare “Arrivo!”, già lo so. Devo muovermi a vestirmi e correre ad aprire. Noteranno subito che mi sono appena alzata, o forse lo sanno già, dal momento che non scollano il dito dal citofono, maledizione a loro, ma non diranno niente, sono abituati alla mia faccia da persona appena uscita dal coma.
Non mi prendo nemmeno il tempo di guardare questa nuova giornata di novembre, iniziata nel più traumatico dei modi, ma corro verso la porta mentre mi infilo una maglietta qualsiasi, i jeans ancora sbottonati. Mi piacerebbe riuscire a fare come la sveglia mi impone, invece di spegnerla e girarmi dall’altra parte ogni mattina.
 
Qualche semplice informazione sulla mia vita, mentre io corro verso la porta: all’età di vent’anni vivo già da sola, perché ho scelto di studiare in una città che non è la mia senza un apparente motivo. Così mi ritrovo al secondo piano di una villa in periferia, controllata venticinque ore su ventiquattro da mia zia e la sua famiglia, che vive al primo piano. A farmi compagnia ho solo un coniglietto nano che si esalta ogni volta che mi vede passare. Se non altro non sono in completa solitudine.
Così ieri sera sono uscita con alcuni compagni di studio, nessuno di particolarmente interessante o simpatico, ma almeno ho bevuto un po’ e ho dimenticato le ansie della vita di tutti i giorni. E ho passato tre ore a vagare da sola mentre aspettavo di tornare abbastanza lucida per poter guidare.
Quindi ora eccomi qui, con due ore di sonno alle spalle e un gruppo di amici idioti che mi aspettano per uscire.
 
Apro finalmente la porta, anche se forse potrei dimostrarmi più entusiasta all’idea di vederli. Ma diciamocelo, non è colpa mia se mi hanno tirata giù dal letto di domenica.
Mi sposto subito per lasciarli passare senza dire una parola, sperando che siano loro a colmare il silenzio con un buongiorno. E come al solito capisco quanto adoro i miei amici quando vedo l’ombra di un sorriso beffardo comparire sulle labbra di alcuni. Mi piace che chi mi è vicino riesca a capirmi anche solo con un’occhiata e il loro silenzio mi fa capire che nemmeno loro vorrebbero essere svegliati  dopo una nottata da leoni in centro.
Si accomodano in salotto, trovando miracolosamente posto in mezzo al caos che regna sovrano in casa mia, abilità che hanno sviluppato in un anno di serate passate assieme.
 
Faccio un breve appello nella mia testa: Alessio, il mio migliore amico è lì, seduto sull’unica sedia libera oltre alle due occupate da vestiti e libri che sono lì da così tanto tempo che ho dimenticato anche i titoli. Solito sguardo divertito, uno dei soliti maglioni blu, solito silenzio perché non è mai il primo a parlare. Poi c’è Riccardo, ancora in piedi in cerca di un posto dove sedersi senza mettere a rischio la propria incolumità, aria trascurata come sempre, gli occhi di chi non ha niente da fare della sua vita, mai. E Luca, seduto sul tappeto come se niente fosse. È il ragazzo di quella che è la mia migliore amica, l’unica che non vedo; probabilmente sta ancora dormendo o sta lavorando.
Devo ammetterlo, mi sono mancati. A volte mi sembra di non averli abbastanza vicini, anche se viviamo a pochi chilometri di distanza, dieci minuti in macchina. Però a volte, soprattutto ora che è quasi inverno e quasi troppo freddo, vorrei avere qualcuno con cui passare il mio tempo, invece che stare qui da sola in questo appartamento che per me è decisamente troppo grande.
 
«Quindi, che si fa?» mi decido finalmente a chiedere. Alessio ridacchia, probabilmente per la mia voce che sembra tutto tranne che femminile in questo momento.
«Pensavamo di parlare un po’, per organizzarci per le vacanze di Natale.».
Ok, questo è davvero strano. Manca più di un mese e loro non sono assolutamente quel tipo di persone che hanno tutto pianificato da mesi, a differenza di me. Per una volta vogliono davvero avere già tutti i piani pronti, togliendosi il brivido della sorpresa e dell’ultimo momento? Conosco i miei polli, non è stata un’idea loro.
«Va bene.» li accontento. «E così, giusto per sapere, dov’è Erika?».
«Lavora, ci raggiunge tra qualche oretta.».
«Le avete detto di venire qui vero?» annuiscono. Conosco i miei polli ma anche loro conoscono me.
«Perfetto. Allora, quali sono le vostre intenzioni per Natale?» proseguo incuriosita.
«Ricordi di quel posto abbastanza isolato di cui abbiamo parlato qualche tempo fa? Quello dove i miei genitori mi portavano da piccolo? Visto che loro ormai non ci vanno più ho pensato che potremmo andare tutti lì, per passare le vacanze assieme. Magari portiamo dei fuochi d’artificio o qualcosa di divertente da fare, ci sarà sicuramente la neve.» Riccardo continuerebbe volentieri ma si è reso conto che non lo sto più ascoltando.
La neve, casa.  Non sono ancora abituata a vivere in una città dove anche se ogni tanto la notte nevica, la mattina dopo è già sparita tutta la magia. La sola parola “neve” mi riporta immediatamente alla mia infanzia, alle risate e a tanta felicità che troppo spesso temo di aver perso in questo inferno di cemento. O forse l’ho solo barattata in cambio di un po’ di libertà e di privacy. Ma questa è un’altra storia, ora è meglio che mi concentri e trovi una risposta decente, prima che i miei amici si rendano conto che mi sono di nuovo persa nei meandri della mia mente invece che ascoltarli.
«Ok, forse dovremmo aspettare che l’effetto dell’alcol passi del tutto.» aggiunge Luca nel frattempo. Ecco, appunto.
«No, ci sono, stavo solo pensando a..cose. Non importa. Non è una cattiva idea, anzi, sarei felice di passare le vacanze con voi.  Perché ne stiamo già parlando?»
«Vorremmo sapere se puoi chiedere ai tuoi parenti se hanno sci da prestarci o se dobbiamo organizzarci in un altro modo, tutto qui.».
Sapevo che c’era qualcosa sotto. Mi aspettavo di molto peggio però, quindi decido di accontentarli.
 
Saliamo in soffitta, il regno della polvere e dei ragni, che vivono in pace nella loro città di oggetti dimenticati. Voglio sapere se esistono effettivamente degli sci prima di fare visita ai piani bassi per chiedere un favore. Meno vedo i miei parenti meglio mi sento, soprattutto con la faccia che mi ritrovo oggi.
C’è di tutto: mobili in legno ormai troppo vecchi per fare bella figura in una casa moderna, una vecchia tv che chissà se funziona ancora (così a vederla sembrerebbe di no), giochi da tavolo di cui probabilmente nessuno al mondo ormai conosce le regole, un passeggino che per ora non serve a nessuno e che difficilmente verrà utilizzato di nuovo un giorno, una macchina da cucire che dimostra un centinaio d’anni e tante scatole di cartone chiuse alla meglio con lo scotch di carta, contenenti non voglio nemmeno sapere cosa. Niente sci, solo due slittini in legno che probabilmente si frantumerebbero al primo utilizzo.
Sto per parlare quando mi accorgo che gli altri sono stati attratti da qualcosa in un angolo: videocassette. Maledetti amanti del cinema.
«Trovato qualcosa di interessante?» commento sarcastica. È palese che quelle cassette hanno poco da regalare al mondo, perché, prima cosa, hanno tutta l’aria di non essere intatte e, seconda cosa, nessuno ha un lettore adatto. Almeno credo.
Credo male, perché Luca comincia subito ad espormi le sue scoperte esaltato, supportato dai commenti entusiasti degli altri due. Ribadisco: maledetti amanti del cinema.
Raggiungiamo infine un accordo di pace: loro si portano via quei deliziosi pezzi d’antiquariato della storia del cinema, così la prossima volta che qualcuno sale in soffitta non devo subirmi lo stesso spettacolo,  e io informo i piani bassi del loro sequestro da me concordato, chiedo in prestito gli slittini (senza ovviamente garantire per la loro incolumità) e mi informo per gli sci.
Con mia grande gioia, la seduta è tolta e posso tornare a dormire.




Spazio autrice:
So benissimo che oggi non è giovedì e che sono in ritardo di un giorno. Non posso che scusarmi con voi ma per una volta che decido di fare le cose fatte bene il mio computer si rifiuta di lavorare. 
So anche che questo capitolo è un po' piatto ma in fin dei conti è il primo e quando ho iniziato a scriverlo non avevo ancora in mente una trama decente, dal momento che tutto questo racconto è frutto di una sfida contro me stessa e contro il tempo, un sogno malatissimo che mi ha fatta svegliare in panico e qualche riferimento puramente casuale alla realtà.
Vi ricordo che potete trovare la storia anche su:
Wattpad: https://www.wattpad.com/story/58601329-change-sides
AO3, questo sconosciuto: http://archiveofourown.org/works/5604058/chapters/12912217
Stay tuned, ci vediamo giovedì prossimo! (stavolta sul serio)
Edema Ruh.
   
 
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