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Autore: Glicia    08/01/2016    1 recensioni
"Se le mie mani fossero state irreparabilmente danneggiate, non avrei più potuto fare l'unica cosa in cui davvero eccellevo, ma se fossi morto, ti avrei abbandonata di nuovo."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Ren Honjo, Yasushi Takagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CATENE

NANA

Grazie ai  numerosi impegni che riempivano le mie giornate dopo la ripresa delle attività con la band, non ebbi neanche il tempo di pensare alla situazione in cui mi trovavo. Quando la mia mente, nei pochi momenti di tregua, cominciava a vagare e si fermava a rimuginare sul lavoro e su di te, Ren, mi sentivo di nuovo intrappolata in una vita che non era come la desideravo. Tornavo ad essere ancora una volta la bambina che accettava passivamente quello che le capitava.
I silenzi di Yasu, i sorrisi malinconici di Nobu così come gli sguardi di Shin, tutto sembrava incolparmi di qualcosa. In effetti, ripensandoci adesso, ero io ad essere paranoica, loro non mi hanno mai accusato di nulla, rimpiangevano semplicemente l'allegria e l'unità che regnava nel nostro gruppo e che ormai sembrava essersi dissipata, ma in quel momento, proprio non ce la facevo ad impegnarmi per riportare le cose alla normalità.
Per quanto ti amassi, anche tornare in quella casa così grande e sapere che probabilmente avremmo dovuto affrontare un'altra crisi, mi faceva sentire oppressa.
Quand'eri in ospedale, erano i medici ad occuparsi della tua astinenza, ma quando tornasti a casa, mi ritrovai sola e nonostante sapessi che in caso di necessità potevo ricorrere ai calmanti che ti avevano prescritto, ogni volta che mi ritrovavo di fronte al tuo viso pallido e sudato, al tremolio incessante del tuo corpo e alla tua disperazione che ti faceva urlare in continuazione chiedendomi perdono, il cuore non faceva che stringersi sempre di più.
Mi sentivo impotente, per quanto tu mi ripetessi in continuazione che ero la tua sola salvezza.
Come potevo esserlo? Proprio non lo capivo.
Credevo che noi non potessimo salvarci, che potessimo solo condividere questa vita che per noi è sempre stata un fardello troppo pesante. In fondo, per noi è inevitabile, se soffri tu, soffro io.
Queste mie braccia che ti avvolgevano, stringendo la tua testa contro il mio seno per soffocare quelle urla che mi squarciavano la pelle, pensavo fossero troppo deboli per proteggerti. Eppure per te, erano il riparo più sicuro in assoluto. Non mi capacitavo di come in quelle mie braccia potessi ritrovare la calma, però, sei stato tu ad insegnarmelo tempo dopo. Ad insegnarmi che un abbraccio può fare la differenza tra la vita e la morte.
Forse è questa la nostra forza. L'unica arma che abbiamo per difenderci l'un l'altro.

Erano passate tre settimane scarse da quando avevamo ripreso con le attività. I giorni si susseguivano uguali e monotoni. Ancora non si parlava di dare il via ad un tour. Preferivano tutti aspettare che ti riprendessi completamente in modo che anche io mi sarei sentita più tranquilla. Dopo tutto quel tempo, le crisi d'astinenza non erano ancora finite, però si erano notevolmente ridotte e almeno sul fronte "vita privata" cominciavo a calmarmi. Arrivare a casa e trovarti tranquillo sul divano a leggere Jump, trovare la cena pronta, avere tutti i tuoi baci, fare l'amore con la spensieratezza di quando eravamo ancora nel nostro paese natale, mi faceva dimenticare tutta la preoccupazione del lavoro.
Non era cambiato ancora nulla con Yasu. Shin e Nobu avevano ripreso in parte il loro normale atteggiamento, ma la tensione si percepiva ancora chiaramente. 
A quanto pare, per un incapace come me che non è in grado di scusarsi apertamente e lascia che si accumulino fraintendimenti, queste situazioni possono essere risolte solo con scene drammatiche.
Quello era un giorno come tanti, il mio umore non era nè peggiore, nè migliore del solito e fu solo l'inizio.
Quando entrai nella sala prove erano tutti raccolti al centro della stanza. C'erano tutti, la mia band, Ginpei, Misato, il signor Kawano e Matsuo. Appena entrai si voltarono verso di me e interruppero il discorso cambiando subito argomento. Capii subito che stavano parlando di qualcosa che mi riguardava direttamente, ma preferii tacere e studiare la situazione. Durante tutta la durata delle prove mi concentrai su ogni singolo movimento e quando, dopo essere andata a fumare, rientrai e li trovai nello stesso atteggiamento misterioso di quando ero arrivata in studio, li obbligai a dirmi di cosa parlavano. Odio ancora adesso, che mi si venga nascosto qualcosa.
Oggi, sono ancora più convinta di allora.
Una persona nasce egoista ed egoista rimane.
E' qualcosa che hai stampato dentro, non può cambiare. 
Io che mi sono sempre considerata tale, non raggiungo di certo il livello di quella persona. Oggi questa conspevolezza mi consola, ma a quel tempo, rischiai di impazzire per colpa sua.

<< Nana, dopo l'articolo che hanno pubblicato qualche mese fa su tua madre, quella donna ha chiesto di incontrarti. Vorrebbe parlare con te. >>

<< E allora? >>

Tutti affrontavano quell'argomento con le pinze, ma non capivano davvero che a me non importava nulla?
In realtà, forse mi conoscevano meglio loro di me stessa. Certe cose non puoi cancellarle. L'indifferenza non esiste.

<< ... Tu...vorresti... >>

<< Assolutamente no!  >>

Certo, sembrava facile.
Fin troppo.
Nella mia testa, bastavano quelle poche parole ad allontanare il rischio di scorgerla anche solo da lontano.
Ma, avevo per un attimo dimenticato che ormai il successo mi aveva incatenato al punto tale da non essere più padrona della mia vita.
   
 
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