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Autore: hopeless_fangirl    17/01/2016    0 recensioni
E se Ottaviano non fosse morto? E se fosse tornato al Campo? E perché dovrebbe odiare il Natale? Forse non è così crudele come si può pensare, e forse riuscirà a cambiare idea sulla festa più bella dell'anno.
[Octachel-Percabeth-Solangelo]
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Apollo, Octavian, Rachel Elizabeth Dare
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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-NATALI PASSATI E BAMBINE DAI CAPELLI ROSSI-
 
Ottaviano si era convinto che era stato tutto un sogno. Doveva per forza essere così, lui non poteva capacitarsi di ciò che era appena accaduto. Sicuramente si era appisolato. Era fermamente convinto di ciò fino a quando non sentì di nuovo un soffio di aria gelida lungo la schiena. Respirò profondamente. Doveva essere coraggioso, dopotutto aveva sconfitto Gea, non poteva avere paura di un semplice spirito. Si girò di scatto pronto a urlare ma la persona che si ritrovò davanti lo lasciò piuttosto perplesso. Una ragazzina pallida dai lunghi capelli color dell’ebano, un sorriso malinconico, e un paio di occhi neri che a Ottaviano erano stranamente famigliari. Poi la ragazza parlò. “Ottaviano, discendente di Apollo e augure del Campo Giove”, la sua voce sembrava un sospiro.
“Se sai già chi sono perché ripeti il mio nome! Piuttosto mi piacerebbe sapere chi sei tu!”
“Io sono Bianca Di Angelo”. Ottaviano strabuzzò gli occhi. Quella ragazzina che sembrava così gracile e dolce era la sorella di quel pazzo di figlio di Ade?! Ecco chi gli ricordavano gli occhi. “Pensavo avesse solo una sorella, o meglio sorellastra, dato che il padre non è tecnicamente lo stesso, cioè sì però sai Ade, Plutone... oh insomma hai capito!”. Bianca sorrise, evidentemente i suoi sorrisi dovevano compensare anche quelli del fratello dato che quest’ultimo non sorride mai, pensò Ottaviano ma si guardò bene dal dirlo. “Io sono morta parecchio tempo fa, quando Nico era ancora piccolo. Non avrei voluto lasciarlo, ma il Fato ha deciso così. Vorrei tanto riabbracciarlo.”
“Beh mi sa che hai sbagliato cabina, niente di impedisce di andartene!” replicò l’augure.
“Non ti accorgi dell’importanza delle persone fino a quando non le perdi” rispose lei, poi gli tese la mano. Lui la afferrò come ipnotizzato e il paesaggio attorno a loro cambiò.
Ottaviano credeva di aver dimenticato quel posto, non avrebbe più voluto averci niente a che fare, eppure dopo tanti anni quella ragazza lo aveva riportato lì. Si trovava nella sua casa.
“Perché mi hai portato qui?” chiese con un moto di rabbia.
“Ti ho portato a vedere il tuo passato” e con una mano indicò qualcosa a terra. O meglio qualcuno. Seduto su un tappeto ai piedi di un grande albero di Natale, c’era un piccolo bambino biondo che fissava incantato l’abete. Ottaviano si morse le labbra. Quel bambino era lui.
“Ottaviano, dove ti sei già di nuovo cacciato?”. Nella stanza entrò una giovane donna, bionda anche lei, che sorrideva amabilmente e prese in braccio il bambino ridendo. “Mamma...” il ragazzo tentò di toccarla ma la sua mano oltrepassò la figura materna, lui si ritrasse inorridito. “Lei non può vederti Ottaviano, quello che stai vedendo è solo frutto della tua memoria”. Ottaviano stava in silenzio, stringendo i pugni e guardando il piccolo bambino giocare con la madre.
“Tua madre era una semidea vero?”. Il ragazzo annuì. “Era figlia di Apollo. Lo vidi solo una volta quando ero piccolo, me lo ricordo bene perché...”
In quel momento si sentì un enorme tonfo seguito da un ruggito disumano. Madre e figlio si voltarono terrorizzati e davanti a loro si stagliava un’enorme figura nera.
“Orione!” sibilò la madre con rabbia estraendo una spada “che cosa vuoi da noi?”
Il gigante scoppiò in una risata satanica. “Non credermi stupido, semidea. So bene che in questa casa è presente un futuro augure, che sarà non poco potente! Pochissimi figli o discendenti di Apollo ricevono il dono della profezia, il potere più grande del dio, e io, in quanto nemesi di Apollo, ho il compito di spedirli nell’Ade!”
“Lascia stare mio figlio!” urlò la donna per poi lanciarsi in un combattimento corpo a corpo contro il gigante. La madre di Ottaviano era una donna valorosa, ma non era abbastanza forte per affrontare il gigante da sola. Ad un certo punto quest’ultimo la colpì con la mano sbattendola contro l’albero di Natale che le cadde addosso.
“Mamma!” la voce del piccolo risuonò nella stanza. Orione si voltò di scatto. Ottaviano terrorizzato si era rannicchiato in un angolo della stanza incapace di muoversi. Orione ghignò “Non aver paura piccolo semidio, non ti farò del male, la tua sarà una morte veloce e indolore!” e mentre rideva alzò la spada trionfante.
“Non toccarlo!” la madre di Ottaviano si buttò tra il gigante ed il figlio, appena in tempo perché la spada la colpisse al petto. Una luce inondò la stanza, una luce che proveniva dal corpo della donna.
“No no! Maledizione no!” Orione urlò disperato prima di disintegrarsi definitivamente colpito dalla luce che il corpo della madre emanava.
Poi più niente. Solo i singhiozzi di un bambino rompevano il silenzio della stanza. Il corpo della donna era disteso a terra senza vita. Il bambino da parte sua la scuoteva, sperando che si risvegliasse. Poi una mano si posò sulla sua spalla. Il piccolo si voltò e si trovò davanti il viso di un giovane uomo dai riccioli biondi come quelli di sua madre che lo guardava tristemente.
“Ottaviano devi andartene da qui!” gli disse l’uomo.
“Chi sei tu?” rispose il piccolo fra le lacrime “che cosa è successo alla mamma? Io non me ne vado senza di lei!”.
Apollo gli scompigliò teneramente i capelli. “L’anima di tua madre ormai è nell’Ade. Lei non si risveglierà più”. Il bambino non capiva, o forse capiva anche troppo bene, in ogni caso si mise a piangere disperato affondando la sua testa nel collo della madre. Il dio lo prese tra le braccia per farlo alzare. “Ascolta Ottaviano, tua madre non è morta invano. Tua madre si è sacrificata per te e ha rispedito quel mostro nel tartaro. Tua madre è morta per fare in modo che tu vivessi!”. Il piccolo si asciugò le lacrime con la manica della felpa. “Ora scappa Ottaviano, scappa prima che sia troppo tardi! Grazie alla foschia i mortali crederanno che si tratti di un incendio, ma se tu uscirai dopo così tanto tempo dalla casa completamente illeso, verranno loro dei dubbi. Vai Ottaviano e non temere. Ti proteggerò”. Il bambino si voltò e uscì correndo dalla casa con le lacrime agli occhi, mille domande in testa e un dolore lancinante nel cuore.
Ottaviano aveva guardato tutta la scena immobile senza muovere un muscolo. Aveva visto sua madre morire per la seconda volta e non aveva potuto fare niente. Di nuovo. Non riusciva nemmeno a piangere. Bianca gli posò una mano sulla spalla per consolarlo, ma lui la scansò brutalmente. “Anche mia madre è morta quando ero piccola” poi fece una pausa per cercare di trovare le parole giuste. “è stata uccisa da Zeus”. Ottaviano la guardò. “Mi dispiace”. Bianca gli sorrise e gli porse nuovamente la mano “Vieni continuiamo il nostro viaggio”.
 
Quando la foschia si diradò i due ragazzi erano immersi nella neve fino alle ginocchia. Intorno a loro la città di New York era addobbata per Natale, dovunque si vedevano abeti colorati e luci scintillanti. Solo un punto era completamente spoglio, quasi come se i mortali non potessero vederlo. “Il tunnel Caldecott” disse Ottaviano stupito. “La strada per arrivare al Campo Giove” aggiunse Bianca. “Non ti ricorda niente?”. In quel momento dietro di loro si sentì uno strano rumore, lo scricchiolio che faceva la neve quando veniva pestata. Ottaviano si voltò e spalancò gli occhi. “Lupa” sussurrò. L’animale camminava impettito, schivando magicamente persone e auto. Il muso fiero incuteva un certo timore e rispetto; dietro di lei un ragazzino di 11 anni incespicava nella neve e nei suoi stessi passi. Indossava un cappotto troppo grande per lui e un berretto con il pon pon che lasciava intravedere i suoi capelli color limone. Ancora una volta Ottaviano sorrise riconoscendosi in quel piccolo lui, così gracile e impacciato. Arrivata davanti al tunnel, Lupa si fermò e si voltò a guardare il ragazzo. “La nostra strada si divide qui, Ottaviano. Prosegui per quel tunnel e troverai la tua nuova casa, altri ragazzi come te. La tua vita sarà tutt’altro che facile, dovrai combattere duramente e sarai tentato dalle forze del male. Ricorda i miei addestramenti”. Il piccolo Ottaviano la guardava con aria spaventata e confusa, quando ad un tratto gli si appannarono gli occhi e fu come se per un attimo si fosse assentato. Durò pochi secondi, poi guardò Lupa e disse con voce fievole “Loro non mi vorranno, io... l’ho visto”. Lupa annuì pensierosa. “hai avuto la tua prima visione del futuro, diventerai un grande augure. Che gli dei ti proteggano”. E sparì. Il ragazzino si guardò un po’ intorno confuso, poi si sedette all’entrata del tunnel appoggiando le ginocchia al petto. Si sentiva terribilmente solo: era la vigilia di Natale, tutti erano in compagnia di persone amate, tranne lui che avrebbe dovuto andare in un posto dove sentiva non lo avrebbero mai accettato completamente. Si chiuse ancora di più in se stesso appoggiando la fronte sulle ginocchia, quando ad un tratto senti una vocina squillante che lo chiamava. “Ehi tu! Ehi ma stai dormendo?!”. Ottaviano alzò di scatto la testa e si trovò davanti una ragazzina più o meno della sua età, infagottata in un cappotto rosa shock pieno di macchie colorate che sembravano tempera, e il viso coperto di lentiggini incorniciato da una marea di capelli rossi riccissimi. “Ah ma sei sveglio allora! Perché sei tutto solo?”. “Potrei farti la stessa domanda” ribatté Ottaviano per niente convinto da quella apparizione. “Io non sono sola, sono con la mia classe vedi?” e indicò altri bambini sparsi in giro per l’isolato “distribuiamo cioccolata calda e biscotti a chi ne vuole per augurare buon Natale!”. Sembrava parecchio entusiasta. “Allora vuoi della cioccolata?” chiese porgendo senza molta grazia il bicchiere ad Ottaviano. “La prendo solo perché se continui a saltellare così finirai per rovesciartela addosso” replicò lui, ma appena le sue dita intirizzite toccarono il bicchiere caldo, gli sembrò di sognare; per non parlare di quando cominciò a sorseggiare la bevanda. “Ti piace? L’ho fatta io, e anche i miei amici ovviamente, ma anche io, non sai quanto mi diverta fare queste cose, così posso fare i regali di Natale a tutti quelli che incontro, io adoro il Natale, a te piace il Natale? Aspetta non so ancora il tuo nome, potresti almeno presentarti, ti ho pure regalato la cioccolata!”. Ottaviano la fulminò con lo sguardo: quella ragazzina parlava a macchinetta e sembrava impossibile fermarla. “Ottaviano” disse sbuffando, sperando di poterla zittire; ma fallì nell’intento. “Certo che hai proprio un nome buffo sai? Io mi chiamo Rachel, ma i miei amici mi chiamano anche...”
“Non puoi stare zitta almeno per un momento?”. Ottaviano si rese subito conto di aver esagerato, ma la ragazzina stava ridendo. “Lo sai che sei proprio buffo Ottaviano?” poi guardò il tunnel.
“Devi entrare lì dentro?”
“Tu puoi vederlo?”
“Sembra di sì. Non è la prima volta che vedo cose che gli altri non vedono. Quel tunnel però non sembra molto invitante...”.
Ottaviano annuì e si alzò. “Beh io devo andarci comunque”. E fece per avviarsi.
“Non è il migliore dei modi per passare la vigilia di Natale ma buona fortuna! E tranquillo che ci rivedremo!”, detto questo si girò di scatto e corse via nella neve in maniera goffa a causa del cappotto che le impediva ogni movimento.
Ottaviano sospirò e si incamminò, ma inciampò in qualcosa e guardò a terra. C’era un orsacchiotto di peluche tutto colorato da tempere e pastelli e sulla schiena in piccolo c’era scritto questo orsacchiotto appartiene a Rachel. Ormai era troppo tardi per raggiungerla, pensò il ragazzino. Se lo infilò in tasca, con l’impressione che un giorno gli sarebbe tornato utile.
 
“Rachel non aveva tutti i torti” disse Bianca quando furono tornati nella cabina di Ottaviano. “Effettivamente vi siete incontrati di nuovo.”. Ottaviano la guardò con aria interrogativa e Bianca sorrise. “L’oracolo del Campo Mezzosangue ti dice niente?” e in un attimo a Ottaviano fu tutto chiaro. La sua impressione di averla già vista quando l’aveva incontrata sull’Empire State Building, il suo nome familiare e il fatto che quella ragazzina di 11 anni con le lentiggini in faccia potesse vedere cose che i mortali non vedevano. “Io non... sapevo”. Bianca sorrise. “Avrai tempo per rimediare se lo vorrai, ora credo che il mio tempo sia finito. Devo andare Ottaviano, non dimenticare mai il tuo passato perché da quello dipende il tuo futuro. Un’ultima cosa: se vedi mio fratello Nico digli” i suoi occhi si velarono di malinconia “digli che gli voglio bene e che non è solo. Che gli dei ti proteggano Ottaviano” detto questo sparì dissolvendosi e lasciando Ottaviano con un tumulto di emozioni nel cuore.
 
 
Angolo autrice:
Eccoci con il nuovo capitolo! Come avrete letto, Ottaviano deve affrontare il suo passato che non è sempre stato tutto rose e fiori, anche se ha avuto un interessante incontro con la piccola Rachel. Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto la mia storia e che l'hanno recensita, siete fantastiche!
A presto,
hopeless_fangirl
   
 
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