Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: MellyV    21/01/2016    2 recensioni
|SanSan||Missing!Moments||Sentimental!Fic|
« Suppongo tu non abbia mai visto un uomo, ragazzina. Te lo concedo. »
Sansa l’ascolta beffarsi di lei, ma preferisce mantenere l'educazione di una perfetta signora piuttosto che rispondere al guerriero sanguinario.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I die each time you look away

{ The Beauty & The Tragedy










« Portami quella caraffa di vino. Poi sparisci ».

Il respiro di Sandor è un affanno grave contro le lenzuola madide di sudore.
Avverte il peso leggero della ragazza bionda abbandonare il suo letto, e uno sbuffo contrariato uscirle dalle labbra carnose mentre si alza per obbedirgli.
L'uomo ascolta il rumore dei suoi passi tenui sul pavimento di legno, ruota la testa per incontrare la vista delle sue natiche sode, e le lunghe gambe muoversi sinuosamente una dopo l'altra; resta in silenzio con il viso premuto sul morbido materasso, la cicatrice a contatto con le lenzuola fresche gode di un sollievo temporaneo al quale si abbandona abbassando le palpebre divenute d'un tratto troppo pesanti.
« Prego, mio signore. »
La ragazza è in piedi davanti al letto, la caraffa di vetro stretta tra le piccole mani e le sue nudità in mostra alla luce calda delle candele accese; boccoli dorati le scendono dietro le spalle fino a solleticarle i fianchi, la pelle nivea è bianca quanto il latte, come quella della gente del Nord.
Sandor si mette a sedere di lato, le lenzuola gli scivolano via dal corpo ma a lui non importa; una mano si alza a massaggiare le tempie pulsanti per poi scivolare sul viso accigliato, nere ciocche di capelli in disordine sfuggono ad accarezzargli la mascella serrata e gli occhi sono puntati sul vino rosso e un po' sui seni della donna.
 « Adesso vattene ».
La vede corrugare le sopracciglia e contrarre le labbra rosse in una smorfia di disappunto, mentre le toglie la brocca dalle mani per portare il liquido rosso ad addolcirgli la gola secca con lunghe sorsate avare; i passi della ragazza diventano un calpestìo distante, rumori sgraziati ed impazienti che arrivano alle sue orecchie come tonfi ovattati, accompagnati dal fruscìo della veste rossa che scivola sul suo corpo ben formato.
Tracanna ancora un po' di vino dolce fino a non avere fiato, allontanando poi l'orlo di vetro dalle labbra per asciugarsele con il palmo della mano, e posando infine lo sguardo spento sulla figura minuta della ragazza che, in un inchino veloce e maldestro, lo saluta sommessamente prima di dileguarsi in fretta fuori dalla stanza.
In un gesto di non curanza e troppa impellenza di allontanarsi dal rozzo guerriero, la bionda ammaliatrice si lascia alle spalle la porta aperta.
Sandor ringhia infastidito massaggiando le tempie, gocce di vino corposo di Arbor intrappolate ai lati della bocca serrata e un calore nella stanza che non gradisce; si alza dal letto e la testa gli duole non poco, colpa del vino e dell'odore asfissiante di cera e sesso.
Allunga la mano verso un panno pulito per avvolgerlo intorno alla vita e nascondere le nudità, dirigendosi a passi pesanti verso l'uscio per chiudere la massiccia porta di legno e godere qualche ora di riposo prima del turno di guardia mattutino.
Varca la soglia col capo e l'aria fresca della Fortezza arriva a scontrarsi sul viso ardente come balsamo rinfrescante; la stanza alle sue spalle sembra liberarsi del calore cupo del legno scuro per accogliere la brezza piacevole che una finestra nel muro grezzo, lì poco distante da lui, lascia passare tra le grate di ferro arrugginito.
Le torce donano al corridoio desolato una fievole luce calda che s’insinua tra le imperfezioni della roccia fredda e i solchi rossastri della mostruosa cicatrice sul viso del Mastino.
Sandor stringe il pomello dorato e da' una rapida occhiata in giro; tutto tace tra le mura in pietra del palazzo, non vi è alcun suono a infastidire la quiete notturna se non il ringhio graffiante del proprio respiro.
Un chiarore rossastro splende improvvisamente sulle pareti in fondo, ravvivandosi sempre più come fosse una macchia di sangue sul petto di un uomo ferito; Sandor stringe gli occhi portandoli a due fessure strette, nella sorpresa di scoprire una figura minuta vestita di nero camminare a piccoli passi graziati tra le mura di roccia porosa.
La candela stretta in una mano brilla svelando i contorni della piccola sagoma ma non il suo viso chinato, nascosto sotto un ampio mantello scuro come la pece.
Le iridi grigie di Sandor puntano la gracile figura ed i suoi passi incerti e frettolosi; la curiosità di svelarne l'identità non gli impedisce di poggiare, con un gesto furtivo, la mano sull'elsa ruvida della sua spada sistemata su una sedia accanto l'uscio.
«Chi è là!»
La piccola figura arresta di colpo il suo cammino spedito, la candela barcolla sul piattino dorato e cade sul pavimento freddo, la tenue fiamma calda sopravvive ancora qualche attimo prima di spegnersi del tutto; una flebile esclamazione di sorpresa sfugge al controllo della sua riservatezza, e la mano libera afferra d'istinto un lembo del mantello nero come se vi potesse trovare protezione.
« Chi cazzo sei? »
Sandor inarca un sopracciglio e inclina il viso nella speranza di poter scontrare gli occhi con quelli dell'essere davanti a sé; lo vede tentennare qualche secondo con un respiro affannato, prima di portare entrambe le mani ad agguantare il cappuccio largo e lasciarlo scivolare sulle spalle, mostrando finalmente il viso prima celato.
La pelle bianca è come porcellana lucida illuminata dalle torce sulle pareti, e i capelli ramati sembrano fare invidia alle fiamme che sussultano in balìa di un vento debole; il ghiaccio nei suoi occhi non perde il chiarore in quell'ambiente cupo, le labbra schiuse vibrano di timore e smarrimento.
Sandor la osserva con sguardo truce ed una vena di sconcerto, mentre la sua mano si allontana dall'elsa della spada invisibile oltre il muro accanto l'ingresso.
« Mi sorprendi, uccelletto. A quest'ora di notte ancora a girovagare nella Fortezza? »
Sogghigna divertito dalla propria errata considerazione di aver trovato un uomo da uccidere nel cuore della notte, per poi svelare la ragazzina del Nord che ora lo osserva senza dire nulla.
« Non dovresti. »
Il suo è quasi un sussurro che graffia l'udito, percepito da Sansa come un avvertimento minaccioso che sente percorrerle la schiena in un brivido di allarme; gli occhi cerulei sono fissi sul viso interessato del Mastino, ma l'orribile cicatrice questa volta non rientra nello sconcerto della sua attenzione quanto la constatazione che un solo instabile panno bianco copre le nudità dell'uomo davanti a sé.
Sandor nota le guance morbide della Lady tingersi di un rosa acceso messo in risalto dalla pelle nivea, e gli occhi distogliere lo sguardo da sé per osservare il pavimento scuro sotto i piedi.
L'uomo sghignazza di gusto in modo greve, l'eco della sua risata è come un tuono nel petto ampio.
« Suppongo tu non abbia mai visto un uomo, ragazzina. Te lo concedo. »
Sansa l’ascolta beffarsi di lei, ma preferisce mantenere l'educazione di una perfetta signora piuttosto che rispondere al guerriero sanguinario.
« Stavo andando a pregare i miei Dèi, ser. Vi prego di lasciarmi andare. »
La sua voce arriva ad addolcirgli i timpani come miele dolce, la delicatezza del suo tono è come trovare un fugace attimo di serenità in una vita buia e tinta di rosso.
Sandor osserva il modo in cui il disagio le fa torturare il labbro carnoso e rosso, le mani sono pugni serrati che stringono un lembo di quella mantella troppo scura e troppo grande per il suo gracile corpo.
Il guerriero è rapito dalla sua bellezza quasi rarefatta e maledice il proprio volto deturpato dalla cicatrice mostruosa, i solchi profondi e vividi sono un oltraggio alla purezza della giovane Lady in piedi davanti a sé; non si è mai preoccupato di celare la ferita scura agli occhi altrui, eppure stavolta vorrebbe strappare a mani nude la carne morta dalla guancia lesa.
« Non devi spostarti da sola per questi luoghi, né tanto meno in piena notte. Non è prudente per una Lady come te. »
La ragazza ramata ascolta asservita senza cogliere la vena ironica tra le parole dell'uomo, ma aspetta il congedo richiesto con educato silenzio senza però alzare gli occhi da terra; Sandor ne osserva ogni movimento, coglie ogni brivido del suo corpo come un perfetto predatore e quasi prova premura per una creatura tanto fragile; ma non sopporta essere ignorato.
« Guardami quando ti parlo. »
Due dita ruvide arrivano ad avvolgere il piccolo mento di Sansa, costringendola ad alzare lo sguardo in quello dell'uomo davanti a sé; Sandor le ringhia tra i denti, il viso aggrottato e i capelli scomposti, eppure le iridi ghiacciate di lei puntano senza esitazione quelle grigio scuro del guerriero, in uno sguardo che dura più del proprio riflesso in uno specchio rotto.
La bocca è schiusa e ansimante, una tortura per l'uomo cui basterebbe un’inclinazione maggiore del capo per poterle sfiorare, ma a un desiderio sbagliato in principio preferisce allontanare il viso dal suo e lasciare la presa dal mento piccolo senza prima avervi accennato una carezza sulla pelle morbida.
Sansa trema di freddo e d'inquietudine, avverte la figura imponente dell'uomo incombere su di sé; gli occhi del Mastino sono due lame taglienti che mettono a disagio, e la ragazza del Nord non sa più se è la brezza fresca il motivo dei suoi sussulti incessanti.
In un impeto di audacia sconsiderata, abbassa gli occhi sul suo petto ampio seguendo con attenzione i muscoli pronunciati e le cicatrici in risalto a deturpare quella tela perfetta di ricordi passati; pezzi di pelle ruvida e rigonfia che raccontano di sangue, sudore e ghigni mai esauriti per la morte che tante volte l'aveva sfiorato senza mai riuscire a prenderlo.
Sansa osserva con insano interesse le imperfezioni sul corpo tonico del Mastino, sposta gli occhi da una spalla all'altra, scorre sui pettorali e la peluria scura, segue la linea alba e i solchi tra gli addominali pronunciati fino ad arrossire quando la visuale cattura il lembo instabile della misera veste bianca aderente sui fianchi larghi dell'uomo.
Sandor sorride sornione e decide che per quella sera bastava così.
 « Faresti meglio a tornartene nelle tue stanze, uccelletto. Ho perso fin troppo tempo con te. »
Lei annuisce impacciata e si volta di scatto, avanzando con passi rapidi verso le scale in fondo e avvolgendo l'imbarazzo del suo viso nell'ombra scura del mantello nero; arresta il cammino un'ultima volta incontrando gli occhi stanchi del Mastino puntati nei suoi, e il suo ringhio sommosso farle compagnia durante gli ultimi passi.
Sandor osserva la sua schiena fragile fino a quando questa non scompare oltre il muro; a questo punto entra in camera per concedersi il riposo desiderato.













Beh, beh.
Avevo voglia di scrivere qualcosa SanSan ed in particolar modo sul Mastino (comincio a sentirne la mancanza, quella vera), ed ammetto di averci messa tutta me stessa in questa Shot.
E' un "Missing Moment" che racconta le emozione dei due diretti interessati l'una per l'altra, e poi avevo una gran voglia di rappresentare Sandor ed il suo ben di dio (la 'linea alba', non so se mi spiego).
Ah, il titolo è una canzone dei Trading Yesterday, mi sembrava perfetta per loro.
Spero abbiate avuto una piacevole lettura :)
Alla prossima!
M.V





  
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