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Autore: julessnuff    25/01/2016    1 recensioni
'Si guardano negli occhi, e la mente di Harry sta urlando che è strano, che è troppo strano, veramente, poi Louis sorride e tutti i pensieri svaniscono, perché Louis porta una berretta blu sopra i capelli spettinati e Louis ha un paio di occhiaie che rispecchiano le sue, probabilmente, e perché il suo sguardo è quanto di più caldo Harry abbia mai sperimentato – è come stringere una tazza di cioccolata calda tra le dita mentre fuori nevica, è la sensazione del suo maglione preferito sulla pelle dopo una lunga giornata in libreria, è il Sole che picchia negli occhi e la sabbia tra le dita dei piedi, per la prima volta, durante quella vacanza in Francia quando aveva otto anni.
Louis è tutte queste cose insieme, e molto di più, per questo la risposta è ovvia quando Louis chiede:
“Ti va di mangiarlo in macchina?”' [Larry, Soulmates!AU, Soldier!Louis, Librarian!Harry]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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All You Never Say

Capitolo II: Runaway



I was listening to the ocean,
I saw a face in the sand
but when I picked it up
then it vanished away from my hands.
I had a dream I was seven,
climbing my way in a tree,

I saw a piece of heaven
waiting, impatient, for me.
And I was running far away,
would I run off the world someday?
Nobody knows, nobody knows.
And I was dancing in the rain,
I felt alive and I can't complain;
but now take me home.
Take me home where I belong.

I can't take it anymore.”





9 novembre 2014



Quella mattina, Harry si sveglia e cerca qualcuno tra le pieghe delle lenzuola, come fa sempre da un anno, ormai.

Era più facile quando Niall aveva deciso di dormire con lui per quasi un mese – non è tanto la mancanza di Elijah il suo problema, ormai, ma la mancanza di qualcuno in generale. Per sette anni aveva avuto una presenza confortante al suo fianco – qualcuno da cercare in quel momento in cui non dorme più, ma non è neanche sveglio del tutto – quel momento in cui sente il corpo pesante e la mente intorpidita, leggera, meravigliosamente vuota, anche solo per pochi attimi – uno di quei momenti in cui non si sente solo e ha bisogno di un calore che può solo trovare in qualcuno vicino a lui, nell'intreccio di dita e nel rannicchiarsi tra le braccia di un altro essere umano – la sensazione di non aver bisogno di aprire gli occhi, anche solo per alcuni minuti, perché si è esattamente in un posto che non si vuole lasciare.

Non sarà mai facile stare da soli, anche se Harry sa benissimo che questo sarà il suo futuro – è stato lui stesso a lasciare la sua Anima Gemella, è consapevole delle conseguenze – deve solo abituarsi.

Ci si abitua. Ci si abitua a tutto.



Quando inizia a correre, quella mattina, sente una sensazione diversa nelle membra.

Oggi Harry è arrabbiato. Oggi nelle sue vene scorre solo rabbia, cieca rabbia, verso tutto e verso tutti, scorre legata al suo sangue e si espande in ogni angolo del suo corpo – Harry spera che, lasciandola libera, possa scaricarsi sul cemento sotto le sue scarpe da ginnastica, come un fulmine, come una scossa elettrica.

Oggi ce l'ha con sé stesso, più di tutti. Per quello che si è lasciato fare, per quello che ha lasciato correre. Vorrebbe prendersela con qualcun altro – è sempre più facile rivolgere la rabbia verso qualcos'altro, piuttosto che contro la sua anima -, ma la realtà è che il suo più grande nemico è sé stesso – come può pretendere rispetto dagli altri quando lui non ne ha mai avuto per sé? Come può pretendere comprensione, quando non riesce a capire nemmeno lui cosa gli fosse passato nella mente, per tutto quel tempo in cui è stato con una persona che lo amava così, nel modo più sbagliato possibile?

Lo amava. Sì, certo.

Si odia, si odia, perché anche dopo un anno non riesce ad ammettere a sé stesso che lui non lo amasse. Ben glielo dice sempre – lui non ti amava, Harry, non si ama così -, ma la realtà è che la parte più profonda di Harry non è ancora in grado di ammetterlo. Perché ha sempre pensato che il problema non fosse l'amore in sé – Elijah è la sua Anima Gemella, dopotutto – deve averlo amato in un qualche modo, no? Non può essere stata solo una costruzione, un'illusione, un castello di carta che è esistito solo nella sua mente, giusto? Non è così che funziona. E anche dopo ogni litigata e ogni umiliazione e ogni insulto Harry non ha mai pensato che non lo amasse – solo che Elijah magari lo facesse in modo sbagliato – tutto quel dolore doveva avere un senso. Non riusciva neanche a pensare che tutto quel male che gli infliggeva, in realtà, non avesse nessuno scopo se non la pura distruzione, depersonalizzazione di Harry. Tutto per renderlo dipendente, fragile, patetico – l'ombra di sé stesso.

Forse è vero che l'amore rende ciechi.

E tutta questa cecità è solo colpa sua – solo colpa di Harry. Perché se solo non fosse stato così ingenuo, così speranzoso – magari cambierà, deve solo crescere -, se solo non fosse stato così maledettamente sicuro del suo futuro – se solo non avesse avuto tutte quelle illusioni e preconcetti – se solo non avesse iniziato a sognare, a soli sette anni, di arrampicarsi su un albero e scoprire che un pezzo di Paradiso stava aspettando solo lui – una persona che lo portasse a casa, che lo conducesse nel suo lieto fine – se solo non fosse stato sempre così stupido.

E il fatto è che fa ancora male. Fa male sapere di aver trovato la persona che avrebbe potuto fermare la sua corsa – una persona che avrebbe potuto mostrargli un luogo soffice dove riposare – un luogo a cui appartenere – fa ancora male sapere che quella persona, l'altra metà della sua anima, non è mai stata interessata a farlo. Fa male essere immerso in un oceano, da solo, continuare a nuotare per rimanere a galla, cercando qualcosa di continuo, di continuo, anche se le braccia fanno male e le gambe faticano a muoversi per il troppo sforzo, anche se la pelle è secca per il sale nell'acqua che lo ricopre come catrame e gli occhi bruciano perché chissà da quanto non dorme – fa male vedere un viso sulla sabbia, sul fondo lontano, prendere un respiro profondo e immergersi, nuotare sempre più a fondo, le orecchie che si chiudono e il respiro che inizia a mancare – fa male allungare una mano e vedere quel viso sparire sotto i suoi occhi.

Fa male sapere di aver perso ogni possibilità.

È in quel momento che inizia a piovere.

Piove, e Harry corre, e pensa alle bugie che si è raccontato. Pensa a quando Elijah lo aveva chiamato per la prima volta inutile spreco di spazio. Ricorda ogni parola. Ricorda la forma esatta delle sue labbra mentre sputava la sua sentenza.

Inutile

spreco

di

spazio.

Ricorda di non aver mai pensato che le parole potessero fare così male.

Ricorda le prime scuse costruite nella sua mente.

È arrabbiato, non lo dice per ferirmi. Perché è così arrabbiato, comunque? Forse ho sbagliato qualcosa.

Harry non aveva sbagliato nulla. Harry voleva solo uscire con i suoi amici, invece che restare a casa da solo.

Quindi pensa alle bugie che si è raccontato, perché se n'è raccontate tante per davvero – per sette anni, una collezione di menzogne completamente ridicole e prive di senso, di credibilità, che non ha mai avuto il coraggio di dire ad alta voce per paura che si sbriciolassero non appena fossero uscite dalle sue labbra – la cosa peggiore è che conosceva la loro natura – sapeva che non erano verità, ma semplicemente scuse che ammorbidivano un po' le parole che Elijah pronunciava tutte le volte.

Harry non è mai stato la vittima, ma il complice, e questa è una cosa che non riesce ad accettare.

Si ferma, si china sulle ginocchia, sperando che il battito cardiaco rallenti – il suo cuore palpita alla stessa velocità dei suoi pensieri, e ha bisogno di fermarsi.

Inizia a essere difficile ignorare tutto e trovare momenti di pace.

Inizia a essere stanco.



La cosa che forse fa più male è vedere quanto le sue parole siano entrate in profondità.

Harry aveva solo sedici anni quando lo aveva incontrato. Solo sedici anni, quando Elijah aveva iniziato a cambiarlo, a stravolgerlo, senza neanche darlo troppo a vedere.

Era iniziato tutto dalle piccole cose, da un non metterti quella camicia, mi piaci di più con le felpe – niente che avrebbe potuto far nascere il sospetto. Poi c'erano stati i tagliati i capelli, Haz, sembri un senzatetto, poi i devi smetterla di uscire con quella feccia dei tuoi amici, Harry, non vedi che ti usano solamente?, fino ai smettila di ridere così, Harry, sei ridicolo.

Sei

ridicolo.

E alla fine, Harry non era più la stessa persona – talmente convinto che ogni suo gesto fosse un enorme sbaglio, bisognoso di approvazione per muovere anche solo un passo – era diventato un verme, un bambino con le sembianze di un uomo, solo, spaventato, dipendente. Una persona che non aveva mai voluto essere. Drenato, stremato. Piccolo. Inutile.

Ridicolo.

È in questi momenti che capisce la profondità a cui Elijah è riuscito ad arrivare con le sue parole – quando si insulta da solo, senza neanche accorgersene. Quando non parla con nessuno, perché sente di essere solo un peso. Quando soffre in silenzio, perché gli è sempre stato detto che è lagnoso, insopportabile, quando parla dei suoi sentimenti.

È in questi momenti che soffre di più, perché Elijah non gli ha tolto solo la possibilità di amare ed essere amato dal suo unico vero amore, dalla sua Anima Gemella, no. Gli ha tolto anche la possibilità di amare sé stesso – forse per sempre.

Sarebbe stato meglio se fosse stato un inaffidabile. Uno di quelli che preferiscono scappare che strisciare. Uno di quelli che non confondono la fantasia e la menzogna. Un silenzio al posto delle parole. Una pausa invece di una rima. Uno che non si sa trovare mai.

Invece Harry è solo Harry, e sempre lo sarà.

Non cambierà più per nessuno.




Harry sta cancellando i messaggi ancora non letti, quando sente qualcosa – come una carezza allo stomaco, l'eco di una sensazione che ha provato solo il giorno prima – un'onda che accarezza la sua pelle da capo a piedi, un'onda che sussurra svegliati, Harry, svegliati.

È di nuovo al lavoro, nella libreria – e anche se il cellulare trema ancora una volta tra le sue dita, non si preoccupa. È tranquillo, sereno.

Non assomiglia a niente che abbia mai provato in vita sua.




Harry sta mettendo a posto un paio di libri, quando nota una figura in fondo alla scaffalatura. Strano, non ha sentito nessuno entrare.

Ciao, posso aiutarti?”

La persona sussulta visibilmente, e in un secondo si nasconde dietro alla fila dei libri. Harry si avvicina, riesce a sentire un respiro affannato.

Quando svolta l'angolo, un paio di occhi blu elettrici lo immobilizzano sul posto.

Dio, Harry, non ti hanno mai detto che non è carino piombare così alle spalle delle persone?”

Harry sbarra gli occhi, e stranamente riesce a vedere la vena sul suo collo pulsare all'impazzata, gli occhi sgranati e spaventati, il respiro affannoso – Harry conosce tutti questi segni, perché sono gli stessi che prova sulla propria pelle quando sta per avere un attacco di panico – all'improvviso ricorda la conversazione del giorno prima. Disturbo post-traumatico da stress.

Louis – scusami. Non volevo spaventarti, scusa.”

Harry si sente terribilmente in colpa – non voleva allarmarlo, né risvegliare brutti ricordi nella sua mente.

Louis sorride, i suoi occhi si ammorbidiscono. “Non chiedermi scusa, Harry. Non è colpa tua. Ero talmente preso a leggere che non ti ho sentito avvicinarti.”

Harry guarda il libro tra le sue mani – è il trattato di Ben. Cerca di cambiare discorso, perché sa quanto possa essere imbarazzante farsi vedere così davanti a uno sconosciuto.

Non sei riuscito a darci un'occhiata, ieri, giusto? Sei sparito in un secondo.” dice, indicando il libro tra le sue dita. Louis sposta lo sguardo dal viso di Harry, guardando la sua mano come se non si fosse accorto di avere qualcosa tra le dita, come se si fosse dimenticato tutto, giusto per un secondo.

Oh. Il libro. Sì, scusa per ieri, per come me ne sono andato – ma anche per la conversazione in generale. C'è un motivo per cui sono entrato senza farmi vedere.” sussurra Louis, il sorriso sparito dalle sue labbra, una sincerità disarmante sulla sua lingua.

Harry non può credere che si sia vergognato di quello che è successo ieri – sì, è stata una delle conversazioni più strane che Harry abbia mai avuto nella sua vita, ma non per questo brutta o imbarazzante. Sincera, la definirebbe. Rara.

Non devi. Non devi vergognarti – mi è piaciuto quello che mi hai detto. Era vero. Senza artifici.”

Louis sorride, sposta il peso sull'altra gamba, abbassa lo sguardo – tutto, nella sua persona, emana un grazie enorme, e in un secondo l'atmosfera si solleva e si alleggerisce.

Volevo solo vedere se Ben mi fa sembrare ancora più pazzo di quello che sono. Direi anche che ci è quasi riuscito.” Louis alza il libro, sventolandolo in aria. Harry ride, più per quel gesto esagerato e drammatico di alzare il libro sulla sua testa – non sa neanche perché, a dire il vero. Forse la velocità con cui è cambiata l'atmosfera, le emozioni sul viso di Louis, lo hanno lasciato un po' confuso.

Come se avessi capito anche solo una parola di quello che c'è scritto.” dice Harry, un sorriso sulle labbra.

Facciamo una media di una parola su tre. E quelle che capisco non sono proprio piacevoli. Aspetta.” Louis apre il libro, cerca le pagine in cui si parla del suo caso, inizia a muovere gli occhi tra le righe e Harry aspetta. E lo fissa. “Paranoia... Stato confusionale... Trauma... Inconsapevolmente violento...” Louis stacca gli occhi dal libro, alza le spalle e le sopracciglia, uno sguardo ironico negli occhi. “Non il massimo, eh?”

Non sa come, ma Harry vede qualcosa dietro alla compostezza di Louis – un piccolo mostro compare dietro lo specchio dei suoi occhi, minacciando di oscurare quell'azzurro limpido, e Harry non è disposto a lasciarglielo fare.

Nessuno ha il diritto di spegnere il Sole.

Per questo prende il libro dalle mani di Louis e lo chiude, senza dire una parola. Louis deve leggere qualcosa nel suo viso, perché lo guarda negli occhi e resta in silenzio.

Harry osserva come l'ombra si dissolva come inchiostro nell'acqua.

I silenzi sono più forti di qualsiasi parola.



Cosa fa un ragazzo del Nord a Bristol?”

Harry si blocca per un secondo, curvo sulla pila di libri che sta mettendo sugli scaffali.

Ho lasciato Holmes Chapel per seguire il mio ex all'università, vorrebbe dire, e poi sono scappato da Londra per evitare che mi trovasse.

Ho pensato che un po' di aria nuova non potesse farmi male.” dice, invece, riponendo una nuova edizione di Cormac McCarthy.

Lo guarda senza voltarsi, per testare la sua reazione. Ha un sorriso enigmatico sul viso, e Harry capisce che Louis non si è bevuto neanche una parola.

Si sente nudo.

Anche io sono del Nord. Doncaster, per la precisione.” dice, cambiando discorso.

E cosa ci fa un ragazzo del Nord a Bristol?” chiede Harry, ripetendo la domanda che gli è stata posta, grato della via di fuga che Louis gli ha appena offerto.

C'era bisogno di qualcuno nell'ufficio amministrativo dell'esercito. Non ho ancora capito perché si trovi proprio a Bristol, però.”

Quindi lavori ancora nel campo.” dice Harry, e non è una domanda.

Sì. Non saprei che altro fare. Mi sono arruolato a diciotto anni, non è che io abbia mai imparato a fare altro.” risponde Louis, incrociando le braccia, uno sguardo sereno sul viso.

Deve essere stata una decisione molto difficile. Arruolarsi, intendo.” dice Harry, mentre cerca di concentrarsi sul proprio lavoro. È la terza volta che sbaglia l'ordine alfabetico e ripone i libri nell'ordine sbagliato – gli risulta impossibile non rivolgere tutta la proprio attenzione sull'uomo carismatico al suo fianco.

In realtà non lo è stata per niente. Anche mio padre era un militare – ha perso la vita nella Guerra del Golfo. Sono morti solo in una cinquantina. Mi è sembrato più che giusto seguire le sue orme.”

Harry è senza parole, come sempre. L'onestà disarmante di Louis quasi non sembra reale. “Mi dispiace.”

Louis si mette a ridere, e non per finta. “Non ti dispiacere, Harry, non l'ho neanche mai conosciuto. È morto prima che io nascessi – non ne sento la mancanza.”

Harry non sa cosa dire. Non è facile parlare con le persone, non lo è mai stato per lui, soprattutto negli ultimi anni, e Louis non lo sta aiutando per niente, con la sua voglia di aprirsi e mettersi a nudo. Lo invidia, perché lui fa fatica anche solo a pensare alle cose brutte della sua vita, figuriamoci a parlarne. Lo invidia da morire.

Per questo non dice nulla.

Ok, facciamo così, Harry: tu non ami parlare, io non amo sentirmi invadente. Cosa ne dici se giochiamo alle dieci domande?”

Harry non ha bisogno di rispondere ad altre domande, grazie mille. Non capisce perché Louis sia così curioso nei suoi confronti, anche se lui stesso prova la stessa curiosità.

Non sono bravo a fare domande.”

E non sei bravo neanche a rispondere, immagino.” risponde subito Louis. “Non ti metterò in difficoltà, e se vuoi faccio io le domande – per ogni tua risposta, te ne darò una anche io. Che ne dici?”

Harry si volta verso di lui, lo guarda. Si copre le mani con il maglione che indossa, perché è nervoso – può essere un gioco pericoloso, ma sente il fuoco della curiosità bruciargli nel petto – è una possibilità di conoscerlo meglio, raccogliere le informazioni che lui stesso è disposto a dare, senza essere inopportuno o invadente.

È pericoloso, ma qualcosa gli dice che ne varrà la pena.

Va bene.”

Louis sorride e a Harry ricorda il Sole. Splende, inavvicinabile. Ha paura di bruciare anche solo guardandolo.

Prima domanda: qual è il tuo colore preferito?”

Harry scoppia a ridere. “La tua prima domanda è questa, seriamente?”

Quanto sei stupido, vorrebbe dire, ma lo tiene per sé.

Sono serissimo. È un'informazione fondamentale per un'amicizia.”

Harry scuote il capo, tutta la preoccupazione di prima che scivola sulle sue spalle come acqua. “Giallo. O blu. Elettrico.”

Come i tuoi occhi.

Colori complementari. Interessante.” Louis gli sorride, e Harry è quasi accecato. “Il mio è il rosso.”

Harry vorrebbe dire che gli s'addice molto.

Ok, seconda domanda: quanti anni hai?”

Harry gli sorride.



Harry ha ventiquattro anni, viene da Holmes Chapel, Cheshire, ma ha vissuto a Londra per quattro anni. Ha una sorella, Gemma, che abita in America da sei anni, ormai, una madre e un padre ancora nel suo paese natale, un migliore amico di nome Niall che conosce da quando era bambino. Odia il tè e ama il caffè. Non è andato all'università perché non si è mai sentito bravo in nulla di accademico; lavora in una libreria perché ama leggere, trovare sé stesso nelle parole di qualcun altro. Abita in un appartamento in centro con Niall, di cui va molto orgoglioso, perché non sembra una topaia – ma, soprattutto, è qualcosa che riesce ad avere grazie ai suoi sforzi. Il suo film preferito è Love, Actually perché gli ricorda dei natali in casa, e anche perché sarà sempre un'anima romantica. Ama l'autunno e odia l'estate, perché non riesce a sopportare il caldo umido inglese.



Louis ha ventisei anni, viene da Doncaster, South Yorkshire, ma ha passato molti anni alla base di Andover per l'addestramento. Ha cinque sorelle e un fratello, tutti più piccoli di lui – un inferno, Harry, te lo posso giurare -, una madre, due patrigni, un migliore amico di nome Zayn che si è arruolato con lui ed è stato congedato con lui – ora vivono e lavorano insieme in centro a Bristol, e condividono tutto, come hanno sempre fatto. Ama il tè e odia il caffè. Ha deciso di arruolarsi invece che laurearsi perché è sempre stato il suo sogno, probabilmente sentendosi in dovere di seguire la strada del padre defunto – non ha mai capito il vero motivo dietro alla sua decisione, a essere sinceri. Non è mai stato uno che pensa troppo. Non ha lasciato la British Army perché non saprebbe cosa fare, altrimenti; la sua esperienza si ferma a una qualche stagione estiva come cameriere in un ristorante nella periferia di Doncaster. Il suo film preferito è Grease, perché una volta ha recitato come Danny Zuko in una produzione scolastica e, da allora, non riesce a smettere di guardarlo. Ama la primavera e odia l'estate, per lo stesso motivo di Harry.



Come ultima domanda, Louis chiede a Harry se crede nelle Anime Gemelle.



Harry risponde di no.



Louis resta in silenzio.



10 novembre 2014

Ore 3.23




Fidati di me, Harry.

Mi sono svegliato con queste parole nella mente.

Fidati di me, Harry.

Elijah me lo diceva sempre.

Fidati di me.

Effettivamente ha sempre mantenuto le sue promesse – io non ti lascerò mai andare, non ti abbandonerò mai, Harry, fidati di me – e io mi sono sempre fidato.

Io non ho mantenuto le mie promesse. Parole soffiate sulla pelle, marchiate a fuoco in ogni mio tocco – mi troverai sempre qui ad aspettarti.

Io non lo aspetto più. Non abbiamo mai avuto una seconda chance.

La vita continua e non fa più male, a volte.

Ogni tanto mi viene il dubbio che io non lo abbia amato per davvero – che abbia amato più l'idea di lui, della mia Anima Gemella, piuttosto che la persona in sé – e quando penso questo, mi crolla il mondo addosso, ci credi?, mi crolla il mondo addosso perché se anche quello era una bugia, allora cosa ho vissuto? Cosa ho perso? Perché soffro?

Perché il mio non era un amore di quelli che ti fanno venire di tuffarti in una piscina in pieno inverno, di quelli che ti metti a ballare sotto alla pioggia oppure urlare contro l'alba che lo ami, che lo ami così tanto da non riuscire a respirare. No, il mio era un amore silenzioso. Un amore che stava nel svegliarmi tutte le mattine per cucinargli la colazione. Un amore che si nascondeva dietro alla scelta di trasferirmi a Londra da lui e non iscrivermi all'Università. Un amore che metteva a tacere tutte le mie voci interiori.

Si può chiamare amore questo?

A volte riesco a rispondermi.

No, non è amore.

Altre volte non ci riesco. Perché se non era amore, che cos'era?

Che cos'era?




Note

Ciao a tutti!

Eccomi con il secondo capitolo. Sì, lo so, inizia l'angst e siamo solo all'inizio... Scusatemi.

Spero tanto che questa storia vi piaccia - fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!

Il titolo per questo capitolo è tratto da "Runaway" di AURORA.

Un bacio,

Giulia

  
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