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Autore: Prandaman    28/01/2016    1 recensioni
Azeel, disertore del clan Yamkath, ha deciso di abbandonare ogni cosa per seguire la propria brama di potere. Il suo egoismo lo porterà in una delle più grandi città del regno limitrofo, capitale di ogni vizio e sensazione umana che gli era stata negata in gioventù; ma in lui scorre il sangue del Matto, un marchio maledetto che non si può cancellare con tanta facilità: strascichi del passato torneranno a tormentare la nuova vita peccaminosa da lui intrapresa, in un escalation di eventi che influenzerà il destino di migliaia di persone a sua insaputa.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando anche gli ultimi sprazzi del sole finirono inghiottiti dal manto della sera, Azeel sapeva che era il giunto il suo momento: con la gioia nel cuore ed il ritratto della prossima vittima stampato nella memoria, sgattaiolò dalla finestra del attico e con un passo felpato ed impercettibile come il più elegante dei felini, saltò di tetto in tetto dando inizio alla propria caccia.

Nessuna traccia od indizio del suo passaggio, l’assassino sapeva come muoversi nell’ombra sviando le attenzioni altrui , ricorrendo ad ogni angolo buio o passaggio nascosto per svanire alla vista.

In poco tempo raggiunse la Cittadella, il centro storico della Metropoli , pesantemente fortificato e pieno zeppo di guardie dell’impero ben addestrate sia sulla strada che sulle torri di osservazione; ma l’uomo non era minimamente scoraggiato, anzi, l’adrenalina di essere scoperto era un incitamento a completare la missione senza commettere alcun errore. Quando arrivò sopra l’ultimo caseggiato che separava i quartieri poveri dalle mura possenti che proteggevano i nobili,interruppe la corsa per analizzare la situazione: i due rioni distavano non più di una quindicina di metri, divisi da uno stretto fossato attraversabile grazie a dei ponti di pietra sorvegliati dagli uomini del governatore.

Aveva appena smesso di piovere ed il mercenario non sembrava contento di sporcarsi gli stivali camminando come i comuni mortali, per cui scelse la via più pericolosa e difficile: la scalata.

Appollaiato sopra una logora statua ante-guerra, studiò il percorso con la più alta probabilità di successo ed individuò un ‘interessante protuberanza di legno sopra una torre alla sua sinistra che pareva disegnata apposta per fare da trampolino; dopo poco le guardie delle mura si allontanarono per darsi il cambio, regalandoli una finestra temporale di ben due minuti per compiere l’impresa.

Tirò fuori un sorriso , trattenne più aria che potè dentro gli ampi polmoni e si lanciò con un violento scatto contro l’alta costruzione,raggiungendone la sommità in un paio di salti.

Con il vento favorevole quasi avesse il benestare degli dei, prese la rincorsa e sfruttò la protuberanza per lanciarsi contro le mura in pietra; il gatto dallo sguardo sadico si proiettò silenziosamente in’aria,  coprendo circa  ¾ della distanza prima di lasciarsi attirare dalla gravità con il rischio di precipitare.

Ma i suoi calcoli risultarono quasi perfetti e riuscì a raggiungere la muraglia, ancorando le avide mani su uno striminzito ballatoio largo pochi ma preziosi centimetri ; nonostante l’impatto, l’assassino sembrava non risentire dell’acrobazia ed appoggiò le piante dei piedi sulla scivolosa pietra senza alcun problema od incertezza, producendo un tonfo strozzato abilmente coperto dalle folate di vento.

Il tempo a disposizione erano agli sgoccioli, per cui si diede una mossa e scavalcò velocemente i pochi metri che lo separavano dai merli della muraglia, superando la recinzione e scivolando agilmente sulla scalinata sottostante pochi secondi prima che ritornassero le nuove guardie.

Scampato pericolo, davanti a lui finalmente si apriva la Cittadella, con il suo dedalo di viuzze strette e solitarie il cui silenzio era solo interrotto dal rumore delle lampade moderne che si stavano accendendo.

Ma neppure l’illuminazione ideata dall’uomo riusciva a dissipare gli angoli bui, ed era li che Azeel proliferava e si nascondeva, spostandosi di ombra in ombra  quando lo sguardo dei suoi nemici ero lontano o distratto.

Ma la cosa che più lo inebriava era ascoltare tra le tenebre i racconti spaventosi ed esagerati della popolazione su di lui: c’era chi lo definiva “un assassino”, chi “un demone partorito dal Diavolo” , altri invece lo marchiavano come un traditore della patria che voleva portare il Caos nell’Impero. I ricchi annoiati della Cittadella lo temevano perchè le sue vittime sovente erano benestanti corrotti e senza morale, e nella capitale del vizio esisteva un solido connubbio fra quelle caratteristiche.

Il giornale più importante della provincia aveva cavalcato la notizia e si riferiva a lui con il pseudonimo di “Penombra” , perchè più di un testimone aveva affermato di aver visto vagare un ‘ombra attenuata  per la strade dopo il tramonto, una figura incerta di cui si avvertiva la presenza quando era troppo tardi.

Azeel era elettrizzato ogni volta che sentiva quel nome di fantasia che gli era stato cucito addosso, una fama che sera dopo sera si accresceva e si mescolava con la leggenda; ma il Dio del tempo era tiranno e l’assassino aveva un appuntamento a cui non poteva mancare. Corse per un paio di vie, giungendo nei pressi di un piccola piazzetta dietro la Cattedrale.

Aspettò dietro una statua che un paio di soldati armati di fucile abbandonassero lo slargo eppoi attraversò il campo di ciottoli, rischiarato sia dai luci che da un grande braciere scoppiettante posto al centro di esso per riscaldare i benestanti passanti.

Ora non si sovrapponeva più alcun ostacolo fra lui e la cabina designata: era una struttura in lunga e stretta foderata di legno e resa trasparente da grandi vetrate che mostravano ai cittadini il proprio interno per evitare azioni illecite.

Azeel girò la dorata maniglia e si chiuse dentro, avendo ben cura di svitare la lampada posta sopra il proprio capo per non farsi scoprire; ora che l’ombra era tornata ad avvolgerlo come un’ amorevole madre , potè sedersi sul piccolo sedile foderato in pelle che occupava buona parte dello spazio, trovandosi alla propria destra un marchingegno tecnologico nascosto dentro un’armatura bronzea per renderlo più piacevole alla vista.

Anche se era già la terza volta che usava questi strumenti moderni per comunicare, rimaneva sempre affascinato dai progressi che l’Impero aveva compiuto per rendere la vita più facile, ovviamente solo ai ricchi. Sotto questa specie di armadietto pieno di cavi e diavolerie moderne, proprio all’altezza della testa sua spuntavano due grossi fori circolari coperti da una grata fitta, uno che fungeva da altoparlante ed uno a microfono: non vedeva l’ora di metterlo in moto, ma occorreva aspettare ancora un minuto visto che era arrivato addirittura in anticipo.

Con l’impazienza di un bimbo il giorno prima di Natale,  Azeel attese eccitato che la maledetta lancetta dei secondi compisse il giro completo, il cui sessantesimo spostamento coincise con uno squillo lungo ed acuto che proveniva dall’altoparlante.

 

“Questa si che è precisione” concluse divertito il mercenario spingendo il pulsante per accettare la chiamata; ma dalla cassa si udirono  parole incomprensibili e fuori da ogni logica linguistica.

Fu allora che l’assassino ricordò di aver dimenticato l’ultimo accorgimento e vi pose subito rimedio: tirò fuori dalla tasca un cilindro di rame e lo posizionò al posto di un pezzo simile all’altezza del cavo telefonico che portava il segnale al marchingegno.

Solo quando l’operazione fu ultimata, si udirono parole comprensibili dall’altro capo dell’apparecchio.

 

“Azeel,tii sei ancora scordato di inserire il “Criptografer” , vero? Mi hai fatto perdere ben 45 secondi”.

“Buonasera anche a lei , Sir  Fenze. Per porvi rimedio, la esorto a trattenermi un minuto dalla busta paga, così le posso lasciare ben 15 secondi di mancia!” rispose divertito.

“Spiritoso, comunque abbiamo poco più di due minuti, poi saremmo segnalati e le autorità verrano a controllare, perciò poche domande e rimani concentrato. Hai memorizzato l’obiettivo?”

Una risata interruppe la conversazione :“Sir,prima mi esorta a non sprecare tempo prezioso eppoi mi pone questioni così superflue? Sono un professionista e la mia memoria è eidetica, il viso del Ex Generale Fran Byssen è indelebilmente inciso nella memoria. Approfitto per chiedere il motivo della telefonata? Vi sono delle complicazioni o il cliente ha cambiato idea?

La voce elettronica e soffocata dall’altro capo diede la risposta che l’assassino sperava : “No, l’anticipo è già arrivato , la testa del militare dovrà rotolare...”

“Un cane dell’esercito questa volta, immagino che non sia proprio uno stinco di santo...”

“Era responsabile dei campi di addestramento delle Regioni Orientali, con i suoi brutali metodi ha fatto ammazzare le reclute non idonee e spinto al suicidio quelle che non gli davano a genio: questo non va in Paradiso neppure se il Grande Giudice fosse suo padre.”

Azeel sorrise: adorava occuparsi della feccia, per molteplici motivi.

“Ottima scelta Sir, lo sa che preferisco cacciare i lestofanti, perchè si può fargli di tutto senza provare alcun rimorso, nessuno ne rimpiangerà la scomparsa e pare quasi di compiere una buona azione per rendere il mondo migliore…”

Si, il mondo migliore per me quando assurgerò al potere pensò.

“Tralasciando queste quisquiglie, ti ho contattato perchè le spie del bordello mi hanno riferito che tra mezz’ora uscirà dall’ingresso posteriore, occasione ghiotta per colpirlo. Ma hanno anche riferito qualcosa di strano.”

Un cambiamento? L’attenzione dell’assassino si destò ed un ‘espressione seria si dipinse sul suo volto immerso nelle tenebre della cabina.

“Strano? Hanno scoperto che ha gusti perversi?”

“No, oltre ai suoi soliti scagnozzi al seguito, si è aggiunto una quinta persona; pare essere anche lui un giovane militare, almeno a giudicare dal portamento e dalla disciplina che ha dimostrato rifiutando di usufruire dei “servigi” del locale.

“Forse un cadetto che sperava di finire sotto la sua ala protettiva ma forse si è trovato invischiato in qualcosa di più spiacevole per lui, le alte sfere militari solitamente nascondo pozzi di depravazione di cui è quasi impossibile raschiare il fondo…” ipotizzò il mercenario.

“Lo hanno descritto come una personalità discreta ma gentile ed educata: non sembra proprio il prototipo della mezza cartuccia”

“Sir,desidera che ponga termine alla sua esistenza?”

“Solo se necessario; il tempo sta scadendo, ricordati il Criptografer e mantieni un profilo basso: sei  sulla bocca di tutti”.

Non poteva esistere notizia più lieta per lui.

“Si abitui Sir, molto presto il mio nome non si limiterà ad essere solo pronunciato”

“Il tempo è finito; Rendez-vous fra tre ore al solito posto. Buona fortuna.”.

 

Il committente interruppe la comunicazione ed all’assassino non rimase che recuperare l’attrezzatura e ripristinare la cose prima della sua venuta,sgattaiandolo furtivamente fuori dalla cabina verso il vicolo più vicino.

Sfruttando un ‘impalcatura temporanea allestita per dei lavori di ristrutturazione, Azeel  scavalcò un palazzo signorile dalla pareti gialle e ritornò nell’ambiente che più gli era consono: gli ombrosi tetti della città. La sorveglianza in quel quartiere per sua fortuna era lacunosa come uno scolapasta e non gli fu difficile attraversare indenne i quartiere religiosi, giungendo a non più di una decina di metri sopra l’entrata della “Rosa senza spine” , la casa di tolleranza della Cittadella opportunamente celata agli occhi indiscreti.

Un semplice e discreto portone in ferro  proteggeva il mondo della lussuria e dell’appagamento dei sensi dalla sobrietà che i potenti di turno ostinatamente proponevano od imponevano ai loro sudditi; da quel misero pertugio sarebbe uscito la sua vittima, probabilmente usufruendo della lussuosa carrozza a vapore parcheggiata poco distante,uno schiaffo in faccia alla crisi che ultimamente dilagava nel regno.

L’assassino aveva tutte le carte in regola per ultimare l’operazione, ma la sua mente era tutt’altro che appollaiata sugli allori: non sapeva se era l’avvertimento di Fenze o la particolare elettricità che si percepiva in aria, ma sentiva l’esigenza di modificare il piano in virtù del nuovo arrivato; non poteva nascondere il suo interesse per l’aggiunta dell’ultimo momento, sensazione amplificata dal mistero che portava un militare a far da seguito ad un vecchio e sadico rottame dell’apparato statale; per concentrarsi meglio e focalizzare la mente sul nuovo approccio, si sedette sopra un camino e tirò fuori dalla propria giacca un vaporizzatore d’ argento, frutto del suo ultimo furto con scasso.

La pipa ben forgiata rappresentava ai lati raffigurazioni degli antichi dei che la gente venerava prima della Ultima Grande Guerra, divinità in forma umana e non che benedicevano il possessore de prezioso oggetto con il proprio sorriso angelico. Azeel prese in mano una boccetta trasparente con del liquido verde e ne versò una cospicua quantità nel serbatoio, aspettando che lo strumento lo riscaldasse trasformandolo in vapore da inalare.

Penombra non sopportava l’odore della nicotina, per cui si dovette abituare ad utilizzare misture innocui dai retrogusti fruttati od esotici; al momento si era fossilizzato su quello alla mente selvatica, che gli riportava alla mente i pochi ricordi di infanzia davvero lieti.

Nessun stupefacente sciolto nel liquido, gli bastava solo il sapore fresco e pungente dell’ erba prima della stesura del piano, qualcosa che ,da li a poco, avrebbe definito “molto scenico”.

 
   
 
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