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Autore: FairLady    28/01/2016    1 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Aveva corso per una distanza che le sembrava enorme, eppure sentiva Mark ancora troppo vicino. Avrebbe voluto mettere fra loro quanti più chilometri possibili; in verità, in quel momento, mentre aspettava la metro per andare nemmeno lei sapeva dove, avrebbe voluto non averlo mai conosciuto. Avrebbe voluto non aver mai deciso di andarsene dall’Italia.
Cosa aveva risolto, rifugiandosi in quel luogo che credeva ermetico – per il suo cuore ferito, per la sua ingenuità? Nulla, perché anche lontana da casa lei rimaneva sempre la solita stupida…
«Marta…», la voce inconfondibile di sua sorella la fece scattare. Che ci fa lei qui? Ma lo sguardo di Roberta era già abbastanza eloquente senza che ci fosse bisogno di parlare.
«Eri lì?», si sforzò di chiederle, sapendo comunque già la risposta. Un silenzio assenso che si trasformò in un espressione risentita, poi dispiaciuta, infine triste.
«Perché non mi hai detto niente?» furono le uniche parole che si scambiarono per ore. Il resto erano lacrime e singhiozzi di Marta; abbracci e carezze di Roberta.
 
***
 
Quando, ormai a tarda notte, Marta si fu addormentata sfinita dal lungo pianto dirotto – e incredibilmente vuota, dopo averle raccontato tutto –, Roberta le si accoccolò a fianco.
C’era tanto da metabolizzare, forse troppo. Tralasciando l’identità dell’uomo con cui la sorella aveva stretto una relazione clandestina – e Dio solo sapeva quanto le costasse non pensarci –, si trattava di una persona sposata che, come nei più classici dei triangoli, le aveva promesso un futuro insieme alla luce del sole e, come da copione, si era presentato annunciando l’arrivo di un figlio. Il secondo.
“… e mi diceva che non riusciva più a toccarla, che non facevano l’amore da tempo, perché il solo pensiero di stringere un corpo che non fosse il mio lo faceva impazzire…”
Continuava a rimuginare su quanto doveva essere stato difficile per sua sorella vivere in quel modo, tenendosi dentro tutto.
All’inizio c’era rimasta male perché credeva che loro due non avessero segreti l’una per l’altra, ma poi aveva capito: Marta si vergognava per quello che stava facendo, ma allo stesso tempo non era in grado di evitarlo perché c’era ormai troppo dentro. Come poteva biasimarla? Probabilmente anche lei al posto suo avrebbe fatto lo stesso. E quel Mark… proprio quello che aveva sempre idealizzato come il principe azzurro da quando era poco più che una bambina: una delusione unica. L’aveva presa in giro, l’aveva illusa per poi spezzarle il cuore.
Doveva fare qualcosa per lei, doveva aiutarla ad uscire velocemente da quella situazione; non poteva sopportare di vederla stare così per quell’idiota!
«Perché non dormi?», Marta si era svegliata e, con gli occhi gonfi di sonno – e non solo – la guardava. «È quasi l’alba.»
«Lo so, ma non riesco ad addormentarmi – si fissarono per un lunghissimo istante -, perché non torni a casa, tesoro. Forse dovresti semplicemente tornare dalla tua famiglia e lasciarti tutto questo alle spalle. Non ti…»
«Ci ho già pensato, credimi. Ma sono venuta in Inghilterra proprio per scappare dall’Italia, cancellare il passato, cambiare… e abbiamo visto che non è servito a molto. Non voglio più scappare, Roby. La mia vita qui mi piace…», fece una pausa, un’espressione contrita e rassegnata dipinta sul volto. «O meglio, mi piaceva, prima che tutto si incasinasse, ma voglio ancora stare qui.»
Roberta le accarezzò i capelli in un gesto dolcemente materno. Le sorrise prima di accovacciarsi accanto a lei, abbracciandola stretta.
«Va bene, sorellina. Va bene… Adesso cerchiamo di dormire un po’.»
 
***
 
Erano passate da poco le dieci quando Marta si decise ad alzarsi dal letto. Sua sorella doveva essere definitivamente crollata in un sonno catatonico, perché riuscì a staccarsela di dosso senza che quasi lei facesse una piega. Stette lì vicino al letto, a fissarla in silenzio. Un accenno di sorriso le increspò le labbra secche: era stata una stupida a non fidarsi di Roby fin dall’inizio, a non raccontarle niente di quanto le stava capitando. Lei, qualunque cosa fossa successa, sarebbe stata sempre dalla sua parte. Le accarezzò i capelli e le coprì i piedi che, fin da quando era piccola, la mattina spuntavano sempre fuori dalla coperta.
Si chiuse in bagno, decisa a ritrovare un minimo di dignità – sotto a quel trucco colato che l’aveva trasformata in una tavolozza incasinata di grigi e rosa pallido – celata da profonde occhiaie e uno sguardo non ancora perfettamente asciutto. Probabilmente, per quello ci sarebbe voluto molto più di un superficiale restauro esteriore, ma sperava proprio che prima o poi sarebbe riuscita a superare anche quella tempesta, ancora.
Mentre l’acqua le scrosciava addosso, contro la sua volontà ricordi le affioravano nella mente, come minuscole schegge che infilate sottopelle provocano un dolore penetrante e continuo. Mark rappresentava per lei quel dente che duole, ma sopra al qualche non puoi evitare di far passare la lingua. Dio, se faceva male! Da morire…
Esaurì per l’ennesima volta la scorta di lacrime, si asciugò, indossò la divisa e lasciò un biglietto a sua sorella attaccato al frigorifero. Era determinata – e come ne fosse in grado fu un mistero anche per lei – a non permettere a un altro uomo di decidere ancora per lei e per il suo futuro. Per quanto Mark le fosse entrato dentro, così profondamente da non riuscire quasi più a ritrovare se stessa, era stanca di lasciarsi condizionare dai propri errori e dalla propria inesistente capacità di giudizio nelle questioni d’amore. Questa volta avrebbe vinto lei. O almeno ci sperava.
 
***
 
Mark aveva preso la macchina, dopo quell’ultimo incontro con Marta, e aveva guidato come un pazzo senza meta, diretto fuori città. Non sapeva dove andare, ma ovunque sarebbe stato meglio che a casa da Emma. Si sentiva in preda a un attacco di panico con i controfiocchi, disorientato e vuoto come mai gli era capitato in trentasei anni.
Continuavano a vorticargli nella mente quegli ultimi minuti con lei, le parole che si erano scambiati – quelle che lui era stato costretto a dire…
“… io, non so proprio come, vedi… è complicato. Emma… lei aspetta un altro…”
Non era stato nemmeno necessario terminare la frase per vedere l’espressione di Marta cambiare, da felice per essere lì con lui a disgustata – di essere lì con lui; di avergli dato tempo, fiducia, comprensione e amore. Sì, perché lui se ne rendeva conto perfettamente: ogni minuto che lei aveva deciso di spendere in quella loro storia intricata e difficile, era una costante dichiarazione di amore e di speranza per un “noi” che, a quel punto ormai, non avrebbe più potuto essere.
Continuava a maledirsi mentre, a centottanta sull’autostrada, batteva le mani con frustrazione sul volante e lasciava che le lacrime lo inondassero.
Avrebbe dovuto rincorrerla, fermarla. Implorarla di non andare via? Avrebbe dovuto inginocchiarsi e chiederle altro tempo, chiederle di non lasciarlo in balia di se stesso? Lui, a parti invertite, avrebbe acconsentito? Si sarebbe dato un’altra opportunità?
No, di sicuro no.
Per questo, quando si era alzata e gli aveva urlato addosso che non avrebbe voluto vederlo mai più, l’aveva lasciata andare. Le doveva rispetto, almeno alla fine… perché, sì, quella era fine. Quella parola bruciava nel suo cuore, fino a fargli mancare il fiato. Gary aveva ragione – lui l’aveva sempre –, non era stato in grado di gestire quella cosa così grande, enorme.
Qualche scappatella, quelle sì che era stato bravo. Nessun coinvolgimento, nessun intoppo. Nessun ostacolo.
Ma Marta, lei era un’altra cosa. Lei era l’amore, e ora lo aveva perso.
Si sarebbero rivisti forse, un giorno. Si sarebbero incrociati, con un po’ di fortuna avrebbe potuto risentire la sua voce. Magari l’avrebbe vista per la strada, mano nella mano con un altro, e si sarebbe nascosto dietro l’angolo per sbirciarli; forse avrebbe provato ad immaginarsi al posto di quell’uomo, che sicuramente l’avrebbe meritata più di quanto non abbia fatto lui. E si sarebbe sentito uno schifo. Proprio come in quel momento.
Aveva preso un’uscita a caso e si stava costringendo ad invertire il senso di marcia per tornare in città, ché tanto dov’è che voleva andare? In Scozia?
Aveva dei doveri da assolvere, delle responsabilità a cui non avrebbe potuto sottrarsi neanche volendo.
Sapeva che asciugandosi le lacrime e cercando di cancellare i segni di quel dolore dal viso non avrebbe mai eliminato il ricordo di lei.
Con buona probabilità lui, Marta, l’avrebbe amata sempre. Anche se fossero passati anni, era sicuro che, se e quando l’avesse rivista, il suo cuore avrebbe iniziato a galoppare come un pazzo e le sue mani avrebbero tremato dalla voglia di accarezzarla, anche solo per un momento.
C’era da chiedersi solo una cosa: come avrebbe ora fatto senza di lei? Come avrebbe affrontato quel futuro così vicino – così opprimente – a fianco di una persona che non amava?
 
 
If I could take your blows, If I could get pass go,
If I could find a way of fixing the things that I broke
Then I would, if I could
And I might understand now I ended outta mind
   
 
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