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Autore: Abigailsdreams    29/01/2016    0 recensioni
Jennifer stava bene nella gabbia di incertezze che si era costruita o, perlomeno, si sentiva protetta.
E lui, solo lui riusciva a violare quel suo spazio, con quella voce suadente e lo sguardo che sembrava pensare che davvero ci fosse qualcosa di sexy in lei.
Sapeva prima portarla tre metri sopra al cielo ed era in grado di farla precipitare ad una velocità disarmante.
E Jenni non poteva permettersi questo, aveva paura. Non poteva ne voleva star male.
Eppure aveva i brividi ogni volta che lui la sfiorava con le mani morbide ed esperte, perché a certe cose, semplicemente, non puoi sfuggire...
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sera arrivò dopo una noiosissima lezione di anatomia con il professor. Sheller, un uomo sulla quarantina con un accento irlandese,con una grandissima abilità nel parlare a velocità bradipo, pensai fra me e me.
 
Corsi ai dormitori accorgendomi di avere solo tre quarti d’ora per prepararmi prima della cenetta al messicano per conoscere la ragazza di Zayn.
Infilai rapidamente un tubino nero senza spalline con uno scollo a cuore, probabilmente troppo elegante per l’occasione, ma poco mi importava.
Mi posizionai davanti al grande specchio sopra la scrivania osservando critica il mio riflesso nello specchio. Mi feci una morbida treccia laterale dalla quale sfuggivano svariati ciuffi, applicai una rossetto a tinta rosso bordeaux, un blush pesca, il nuovo mascara che avevo preso recentemente e una sottile linea di eye-liner.
Volevo presentarmi bene agli occhi di Phoebe, così indossai delle decolleté nere e, rendendomi conto di aver solo un quarto d’ora per raggiungere il piccolo ristorante a piedi.
Camminavo rapidamente con il vento che mi sferzava la faccia quando sentii una presa salda bloccarmi da dietro.
 
“Ehy bella puttana, dove vai?” sussurrò una voce calda alle mie orecchie, impregnandomi i sensi di alcool. Le mani invadenti del ragazzo intanto si muovevano rapide passando per ogni centimetro del mio corpo, fermandosi sul seno per stringerlo con un eccessiva pressione. Tentai di dimenarmi, ma per ogni mia mossa, la morsa della sua presa si stringeva ancora di più attorno a me.
Mi lasciò leggermente solo per farmi voltare e spiaccicare il mio petto al suo. Eravamo circondati dalle risate degli amici del ragazzo che lo incitavano a continuare, così lui lasciò cadere la bottiglia di birra ormai pressoché vuota, che si frantumo spargendo vetri ovunque.
Accompagnate dalle grida degli amici, le sue mani presero a muoversi ancor più velocemente, esperte sul da farsi.
La destra si attaccò ai miei glutei, facendo pressione verso l’alto e mettendoli così in risalto.
L’altra invece tentava di addentrarsi fra le mie gambe, stuzzicando in modo invadente la mia intimità.
Una macchina frenò bruscamente alle mie spalle e una presa decisa mi strattonò via.
“Vaffanculo stronzo!” sentii urlare dolorante la stessa voce che mi aveva dato della puttana.
Spaesata mi guardai intorno e vidi Harry con la mano stretta a pugno,bianca per la forza con la quale era chiusa. Il suo sguardo feroce sembrava voler trapassare il gruppo di ragazzi.
Mantenendo lo sguardo su di loro mi disse: “Dai Jennifer, andiamocene”.
“Ehy, la tua puttanella non ci aveva detto di essere fidanzata”. Spalancai la bocca udendo quelle parole, disgustata.
 
HARRY’S POV.
“Ehy, la tua puttanella non ci aveva detto di essere fidanzata” sputò quel bastardo.
Sentii la vena sul mio collo ingrossarsi e il cuore iniziare a battere rapidamente e inspiegabilmente.
Mi voltai e sferrai un calcio fra le gambe al ragazzo che si accasciò a terra e non persi tempo, ripetendo lo stesso gesto verso il suo stomaco.
“Harry, basta!” la voce flebile e spaventata di Jenni mi porto alla realtà.
Mi voltai a guardarla. Era bellissima. Stranamente pallida, con il mascara sbaffato e gli occhi sbarrati per la paura, ma comunque incantevole.
Provai un moto di dispiacere, non avrei voluto farmi vedere da lei in quelle condizioni, pensai.
Mi voltai verso il ragazzo che, con l’aiuto dei suoi amici, era riuscito ad alzarsi e sputai nella sua direzione, poi mi voltai.
“Dai andiamo” dissi duramente.
La aiutai a salire in macchina,ancora tremante, e accesi i riscaldamenti.
“Hai ancora voglia di andare?” chiesi incerto. Annuì piano in risposta.
“Se non fosse stato per te…” disse evidentemente stupita, ma facendo una gran confusione con le parole a causa dell’ansia  “Cazzo, grazie davvero”.
E si sporse verso di me abbracciandomi piano e posandomi la fronte sulla spalla.
Rimasi con lo sguardo fisso sulla strada e le mani sul volante, freddo come sempre, nonostante quella stretta e quel contatto mi stessero scaldando e muovendo qualcosa dentro.
“Ei che c’è, bella mora, non te l’aspettavi da uno come me?” domandai  fingendomi indispettito.
“Non mi aspettavo che fossi così protettivo con le ragazze, visto come le tratti” disse tutto d’un fiato, quasi scocciata.
Scossi la testa impercettibilmente.
“Non lo sono, infatti” con te però mi piace esserlo mi ricordò quell’irritante vocina interiore “solo che non mi piace che vengano toccate contro la loro volontà e così aggressivamente. So che brami le mie attenzioni, ma non sentirti così importante, piccola Jenni” conclusi quasi acidamente.
“Sembravi fin troppo gentile in effetti” borbottò fra sé e sé.
La guardai con la coda dell’occhio. Avevo sentito bene, ma non volevo che lo notasse.
Perché io dico una cosa e tu ne fai un’altra? Mi domandò la mia voce interiore. Diglielo che se provasse a conoscerti non saresti male come sta pensando. Mi suggerì. Tentai di non prenderla in considerazione, eravamo arrivati al ristorante.
 
JENNIFER’S POV.
Dopo aver sistemato quei ragazzi Harry mi condusse in macchina, aiutandomi a salire.
Tirai giù lo specchietto della macchina per vedere in che condizioni fosse il mio viso e mi riaggiustai il mascara. Rifeci la treccia e passai una mano di rossetto, sembrava quasi che non fosse successo nulla, pensai.
Harry mi domandò se desiderassi ancora andare a quella cena e io annuii nonostante non fossi molto convinta. Lo facevo per Zayn, era come un fratello maggior per me, e l’avevo praticamente obbligato io a portare Phoebe alla cena.
Mi voltai a guardare il riccio soffermandomi sul suo profilo delicato e, presa dalla gratitudine, lo ringraziai con parole confuse.
Istintivamente, poi mi piegai verso di lui, abbracciandolo piano e meglio che potevo per via della cintura che lui mi aveva allacciato, ma lui non ricambiò, freddo.
“Ei che c’è, bella mora” di nuovo quel nomignolo, pensai “non te l’aspettavi da uno come me?” si finse indispettito, ma in realtà sorridevo.
Risposi che no, non mi aspettavo quel genere di protezione, considerando come trattava le ragazze.
Pensai di essere stata troppo schietta, ma in verità in quel momento non mi interessava.
“Non lo sono, infatti, solo che non mi piace che vengano toccate contro la loro volontà e così aggressivamente. So che brami le mie attenzioni, ma non sentirti così importante, piccola Jenni” disse con aria altezzosa e fastidiosa, come sempre.
“Sembravi fin troppo gentile in effetti” dissi sussurrando fra me e me, sperando di non essere sentita.
Alzai lo sguardo e vidi che eravamo arrivati, così slacciai la cintura e mi affrettai a scendere appena la macchina si fermò, senza lasciare il tempo al riccio di dire una parola.
Mi diressi verso il ristorante dove trovai subito i ragazzi, Lauren (la dolcissima ragazza di Louis), compresa riuniti intorno ad un grande tavolo, che ammazzavano il tempo chiacchierando mentre ci aspettavano.
Zayn si mordicchiava il labbro inferiore nervosamente e quando mi vide arrivare alzò gli occhi al cielo più rilassato.
“Scusate davvero per il ritardo. Harry mi ha incontrata per strada ma si è dovuto fermare a fare benzina e io avevo scordato i soldi dentro la camera”.
Mi sedetti e notai subito gli sguardi imbarazzati fra Caroline e Niall, seduti in angoli lontani del tavolo.
“Cosa ordinate?” ci domandò il cameriere.
Ognuno fece la sua ordinazione e Phoebe ordinò solo delle patatine fritte, nonostante Zayn mi avesse detto che era una che amava mangiare.
Probabilmente avevo sbagliato tipo di ristorante e mi sentii mortificata.
Tuttavia si rivelò molto cortese e mi lasciò il suo numero.
Dopo cena tornammo al college e ci mettemmo a sedere al bar chiuso sul giardino ben tenuto.
Ordinammo qualcosa da bere, io un Baileys, standard.
Mi sedetti a gambe accavallate fra i miei amici, Harry dall’altro lato del divano, i miei occhi che non riuscivano a staccarsi dalle sue labbra carnose sotto il naso leggermente a punta.
Era innegabilmente bello, ma fin troppo presuntuoso e sfacciato.
Verso l’1.30 ci riavviammo nelle rispettive stanze, io ero abbastanza sfinita, Caroline era piuttosto scossa per la serata tesa passata senza rivolgere parola a Niall.
Aprii la finestra e mi sporsi fuori, accendendomi una sigaretta.
Fumai piano e intensamente, buttando fuori un po’ di pesantezza e di pensieri insieme al fumo.
Caroline stesa sul letto supina canticchiava “Mi chiedi perché fumo, coloro il mio respiro
è solo un modo per vederlo e sapere che ancora vivo”.
Lei non fumava, comunque sia quelle parole mi fecero riflettere.
Pensai a quanto in quei mesi mi fossi sentita sola.
Nonostante Caroline, Lauren (con la quale ultimamente stavo legando molto), e tutti i ragazzi.
Mi mancava casa. Mi mancava il chiacchiericcio di mamma e papà la mattina presto, quando mi svegliavo e stavano facendo colazione, già in ritardo per il lavoro. Da un vassoio sul tavolo veniva un odore dolce, di cornetti caldi, che riempiva la casa.
Mi mancavano le lamentele scocciate della mamma quando tenevo il bagno troppo occupato.
Ogni giorno ripensavo alle notti e ai pomeriggi interi passati con Samantha sul mio letto a scherzare, guardare film, mangiare fin troppo (per poi lamentarci puntualmente delle cosce che ingrossavano) e a parlare dei bei ragazzi.
Quei ricordi che sembravano appartenere a secoli fa fecero scendere delle lacrime insistenti sul mio viso e mi appannarono la vista.
Le scacciai con un  lembo della manica del pigiama e spensi la sigaretta ormai finita.
Mi coricai sotto le coperte, ma decisi di dormire sul letto di Caroline per tenerla abbracciata.
Sapevo che avrebbe gradito quel gesto e si strinse a me piangendo silenziosamente, bagnandomi con piccole goccioline calde il pigiama.
Mi chiesi come fosse possibile credere nell’amore eterno, se poi ti fa sentire così, e mi addormentai.
 
EI DOLCEZZEE
Amore-odio fra Jenni e Harry, ma direi che il secondo
sentimento è quello che prevale.
Il riccio la salva da quei ragazzi, da cavaliere
in piena regola, ma poi la tratta male come sempre.
Comunque sia spero che troviate la storia interessante
e che continuiate a seguirla.
Presto pubblicherò il prossimo capitolo.
BACIII
Abigail.
   
 
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