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Autore: Manu75    07/02/2016    1 recensioni
"…e tu, femmina dai capelli chiari e dagli occhi freddi e algidi, nel tuo orgoglio soccomberai…prigioniera in una cella di ghiaccio, né calore, né gioia, né amore…tutti voi sarete condannati…io vi maledico! Black, da questa sera, vorrà dire disgrazia e sofferenza e prigionia…e morte! Così è stato detto, che così accada!"
Quando il dovere e l'orgoglio ti spingono contro il tuo cuore, quando una maledizione incombe con tutto il suo potere, quando i sentimenti infuriano nel petto senza poterli placare, il destino sembra solo una gelida trappola. Narcissa Black lo sa bene.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Severus Piton, Sorelle Black | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Severus/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Più contesti
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Come sempre ringrazio EcateC per aver recensito e ringrazio tutte le persone che leggono questa storia...scusate l'esordio sempre uguale ma mi sembra dovuto!

Personalmente ho un debole per Evan Rosier ^_^ i ragazzacci fanno sempre presa, fisicamente me lo vedo bene come un giovane Harrison Ford, magari con dei lineamenti più delicati, un Ian Solo leggermente più drammatico...vabbé, straparlo, sarà l'ora! Buona lettura!



 

‘Un gelido destino’

 

Ventisettesimo capitolo

 

(Finché morte non li separi – prima parte)

 

La stanza di Druella era immersa nella penombra, come sempre, nonostante fosse un pomeriggio di Luglio.
Ella stava distesa su un fianco con una mano sugli occhi e l’aria sofferente. I capelli biondi, raccolti in un morbido chignon che voleva dare l’impressione di essere negligentemente elegante ma che in realtà era studiato in ogni ciocca, cominciavano ad essere striati di bianco.
Druella viveva per il proprio aspetto.
Tuttavia, in quel momento, non poteva pensare alla propria bellezza perché suo marito, cosa quanto mai rara, si trovava nella sua stanza ed era furioso.
Una furia gelida che intimoriva persino lei.
- E’ inutile. – le stava dicendo, fissandola con occhi freddi e indifferenti: da anni, ormai, la bellezza di sua moglie non lo interessava più – Non rimanderò di nuovo le nozze a causa dei tuoi malesseri immaginari…inutile che cerchi di difenderti, lo sappiamo entrambi che i tuoi malori sono frutto solo della tua mente malata e sappi, – aggiunse con forza – che, se domani tu non ci sarai, il matrimonio di Bellatrix e Rodolphus verrà celebrato ugualmente. La tua presenza, alla fine, non è affatto necessaria!- concluse duramente.
Druella si sentiva oltraggiata ma, odiava ammetterlo, quando Cygnus era di quell’umore lo temeva moltissimo.
Lui la fissò ancora per un istante, come invitandola a contraddirlo, poi si voltò e lasciò la stanza.
Druella strinse il proprio braccio destro con forza, conficcandovi le lunghe unghie laccate.
Odiava quell’uomo. Odiava quella vita. Odiava chiunque la facesse sentire insultata, umiliata, sminuita.
Nessuno poteva osare tanto.
Aloise Alderman aveva imparato a proprie spese che non si poteva offendere impunemente Druella Black.
E giustappunto un ‘offesa era per lei quel matrimonio.
I Lestrange non erano all’altezza, erano dei purosangue si, ma arricchiti, non nobili. Erano imbarazzanti.
Cygnus l’aveva fatto di proposito a combinare questo matrimonio proprio per Bellatrix, l’unica figlia che avesse un qualche spazio nel suo cuore, sapeva che ciò l’avrebbe indisposta.
Bellatrix avrebbe dovuto sposare Lucius Malfoy ed essere lei a riunire quelle due famiglie; invece, Abraxas aveva scelto quella fredda e sbiadita bambina.
Non le importava che tutti affermassero che le somigliasse come una goccia d’acqua, per lei Narcissa non era nulla. Non lo era mai stata, così come non lo era stata quell’altra sgualdrina che lei era riuscita ad allontanare.
Poco importava che fossero frutto del suo grembo.
E ora anche Bellatrix veniva sporcata e sminuita e, ai suoi occhi, ciò le faceva perdere ogni valore.
Non le importava nulla della sorte di quelle estranee, era lei sola che contava.
La rabbia la faceva fremere, avrebbe voluto squartare con le proprie mani il petto di Cygnus: lo odiava.
Druella amava solo se stessa e con se stessa rimase, immersa nei cupi pensieri che le facevano battere il cuore e pulsare le vene.
Pulsare d’odio.
 

 

La luce delle candele illuminava fiocamente la stanza.
Bellatrix stava seduta sul letto con il solo lenzuolo a coprirla, la testa posata sulle ginocchia, raccolte al petto.
I lunghi capelli neri le accarezzavano le spalle e la schiena, risaltando sulla pelle ambrata, e gli occhi scuri brillavano al buio, riflettendo la luce calda della stanza.
Il suo sguardo era fisso sulla schiena dell’uomo che stava in piedi, voltandole le spalle, immerso nella contemplazione della vista notturna offerta dalla finestra.
Egli indossava una sontuosa veste da camera e i capelli neri sembravano quasi avere dei riflessi bluastri.
Bellatrix lo contemplava come si può contemplare un tesoro, un oggetto di inestimabile valore.
La persona amata.
- Mio Signore…- sussurrò, facendosi forza, mentre il cuore quasi le si fermava in petto per l’ansia che le creava ciò che stava per dire.
Temeva l’idea di pronunciare quelle parole e, allo stesso tempo, sapeva che doveva tentare.
Lord Voldemort, come era conosciuto ormai ovunque, volse la testa e fissò Bellatrix senza mostrare alcuna emozione alla vista di lei, che pareva un dipinto tra le lenzuola drappeggiate intorno al suo corpo, come le onde di un mare di seta.
Bellissima e desiderabile. Perfetta.
Ma gli occhi chiari di quell'uomo esprimevano solo una leggera irritazione, per essere stato strappato ai propri intimi pensieri.
Il volto pallido e il petto dalla pelle bianchissima, lasciato nudo dalla veste aperta, rilucevano nella notte, rendendolo simile ad una statua di cera.
Bellatrix per un attimo temette che lui volesse punirla, ma egli si mostrò stranamente quieto e il suo silenzio la invitò a proseguire.
- Tra poche ore mi sposerò…- sussurrò allora lei, cercando di dare alla propria voce un tono indifferente – Mi chiedevo, mio Signore, se queste nozze non possano essere un ostacolo…io desidero servirVi, combattere con Voi e per Voi, ma credo che il mio futuro marito non possa che essere d’intralcio; così penso sarebbe meglio se io…-
Lui inarcò un sopracciglio, con un’aria talmente distaccata che ogni ulteriore parola morì sulle labbra di Bella.
- I Lestrange sono maghi purosangue con ottimi contatti sia al Ministero, che al Wizengamot, che alla Gringott. Questa unione porterà solo dei vantaggi e sposandoti non potrai che servirmi al meglio, Bella. Abbiamo bisogno di giovani purosangue per portare a termine ciò che ci prefiggiamo. Questo matrimonio è un ottimo affare.- la voce era fredda e sbrigativa – Ora lasciami e va a casa, domani dovrai essere in perfetta forma e io desidero riposare.-
Era chiaramente un congedo e la ragazza, celando la ferita profonda che sentiva nel proprio animo, si alzò lasciando scoperto del tutto il suo bel corpo che Voldemort trapassò con lo sguardo, indifferente.
Una volta rivestitasi, fece un piccolo inchino e lasciò la stanza, ma lui si era nuovamente voltato, dandole le spalle, e non le rivolse nemmeno un’ultima occhiata.


Una volta giunta nel grande atrio deserto di Weirwater, Bellatrix si fermò, incerta.
L’animo le bruciava di un profondo senso di ribellione.
Perché doveva sposare qualcuno che non solo non amava, ma che disgustava con tutta se stessa? Perché?
‘Ecco, ora me ne vado per sempre da qui e da qualunque altro posto. Sparire. Si, andarmene e non vedere più nessuno’
Ma nel momento stesso in cui lo pensò il suo cuore ebbe un balzo.
Non le importava nulla di suo padre, di Narcissa e nemmeno di sua madre. Le labbra si strinsero al pensiero di Druella.
Ma lui.
Lui solo aveva il potere di farla sentire viva. Lui solo.
Lo venerava e lo adorava. Lo amava.
Si, Narcissa aveva detto bene, lei amava Lord Voldemort come non aveva creduto possibile amare qualcuno.
Era un sentimento violento e oscuro, impossibile da controllare, che le faceva ardere il fuoco nelle vene.
Lui desiderava che si sposasse e lei doveva sposarsi altrimenti, lo sapeva bene, non avrebbe mai più potuto presentarsi al suo cospetto.
L’avrebbe ripudiata, punita oppure uccisa, sapeva anche questo.
Le tornarono alla mente le parole che sua sorella le aveva detto solo poche sere prima ‘Sposa chi gli altri hanno scelto per te e ama chi il tuo cuore ha scelto per sé…e sii infelice’.
Si morse le labbra carnose.
‘Non posso esistere senza vederlo e non posso vederlo senza essere viva. Rifuggirò la morte allora, lotterò per vivere, anche se sarà una mezza vita! Basta poter solo respirare la sua stessa aria e poterlo vedere, toccare…’ si disse con forza, stringendo i pugni.
Presa quella decisione fece per smaterializzarsi quando un rumore, un lieve fruscìo, la bloccò.
- Chi è la..?- chiese, con voce dura e decisa, sfoderando la bacchetta.
- Troppo tardi Bella…- le sussurrò una voce alle spalle, mentre la punta di una bacchetta le sfiorava il collo - Perdersi nei propri pensieri non è auspicabile al giorno d’oggi, con tutti quegli Auror in giro…-
- Evan..!- esclamò lei, sollevata e furiosa allo stesso tempo.
- Per serviti dolcezza mia…- sussurrò nuovamente lui, abbassando la bacchetta e posandole un lieve bacio sul collo.
Lei si scostò, voltandosi di scatto, come se si fosse scottata.
- Come osi!- esclamò, fissandolo con gli occhi che mandavano lampi.
Il giovane sorrise beffardo.
- Andiamo, fossi in te eviterei quell’aria da donzella oltraggiata che non ti si addice per nulla…lo sappiamo entrambi e molto bene anche…-
- Cosa ci fai in giro a quest’ora? L’Oscuro Signore non desidera essere disturbato e tu sai bene che questa dimora è assolutamente sicura…non c’è bisogno che ti aggiri come un qualunque ladro!-
Lui fece una smorfia, rinfoderando la bacchetta.
Era un bel ragazzo Evan Rosier: aveva ventitré anni, era alto e slanciato, con dei capelli castani lunghi e spettinati che gli davano un’aria da eterno monello.
Gli occhi erano scuri, lucenti e furbi.
- L’Oscuro Signore non desidera essere disturbato, ora. Ma quando lo desidera sa bene come scegliersi le compagnie!-
- Bada a come parli…- sibilò Bella, stringendo gli occhi.
Si fissarono ancora per qualche istante, poi la ragazza si strinse leggermente nelle spalle. Non aveva tempo da perdere.
- Ti saluto, io vado a casa, ti consiglio di non comportarti in modo troppo furtivo, potresti essere scambiato davvero per qualche Auror indesiderato!- gli disse e si gettò il mantello sulle spalle, voltandosi pronta a smaterializzarsi.
- Aspetta…- la bloccò lui, allungando un braccio e afferrandola per il polso.
- Cosa vuoi?- gli chiese con un mezzo sorriso, voltandosi a guardarlo.
Ora erano molto vicini e lui era serio in volto.
- Non penserai veramente di sposare quel buono a nulla di Rodolphus, vero?- le chiese, fissandola intensamente – Nessuno ti obbliga, lo sai, vero? Sei maggiorenne, non è da te piegarti al volere di tuo padre e nessuno può costringerti a fare qualcosa se non vuoi, io lo so bene…-
Ora nella sua voce c’erano calore e ammirazione.
- Credi di conoscermi veramente…?- gli rispose – Mi dici di non sposare Lestrange e, secondo te, cosa dovrei fare io, una volta ripudiata dalla mia famiglia?-
- Potresti accettare l’ospitalità di un amico…- le sussurrò Evan, con voce suadente – Sai che farei qualsiasi cosa per te!-
Lei si lasciò abbracciare senza opporre resistenza e il ragazzo tuffò il viso nei suoi capelli, tenendola stretta a sé.
-Mi dispiace…- gli sussurrò all'orecchio, restando passiva tra le sue braccia -…Ma, sinceramente, preferisco essere la moglie di Rodolphus Lestrange che l’amante di Evan Rosier! Sono ben altre le braccia che io desidero…- e si smaterializzò.
Evan si ritrovò solo, nell’atrio, a stringere l’aria fredda di una casa abbandonata. Lasciò ricadere le braccia e rimase li per parecchi minuti, con nelle narici il profumo intenso della giovane donna.

 

Bellatrix si materializzò a Londra e rientrò in casa senza che nessuno si accorgesse di nulla, come era accaduto innumerevoli volte.
Giunta nell’ingresso si fermò, osservando quella casa che per lei non aveva alcun valore e che avrebbe lasciato tra poche ore.
Poi si diresse verso le scale, pronta a rientrare in camera.
Tuttavia, qualcosa la bloccò.
Nel corridoio semibuio della casa sentì dentro di sé la voce di Aloise Alderman che declamava la maledizione diretta a lei.
Per te, donna bruna dalla pelle dorata…per te: né amore, né lode, né frutto nel tuo grembo, arida come il ramo secco di una pianta morta…nulla di ciò che desideri otterrai e tutto ti verrà tolto. Colui che avrai la sventura di amare, la tua mente, la tua libertà…. tutto perderai….incarcerata e senza speranza…
Cambiò direzione ai propri passi e si avviò verso la porta della camera di sua madre.
Sospirò piano e, dopo un attimo di incertezza, bussò.

FINE VENTISETTESIMO CAPITOLO

  
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