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Autore: Lexi Niger    20/03/2009    9 recensioni
Cinque anni. Sono rimasti separati a lungo, senza cercarsi affatto. Ora Blair ha bisogno dell'aiuto di Chuck per scoprire un segreto che le è stato a lungo nascosto. Lo convincerà? Insieme verranno a capo al mistero? Un incontro il loro che cambierà necessariamente lo scorrere ordinario delle giornate di entrambi.
Genere: Romantico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao ragazze, mi scuso sempre per i miei ritmi incerti nel postare.
16 preferiti?! Ma grazie! Non è che mi lasciate un commento visto che avete messo la mia storia nei preferiti? Sarebbe molto costruttivo per me.
Tra una settimana vado in USA, non so se riuscirò a scrivere prima.
In caso contrario il prossimo capitolo lo avrete verso Pasqua su per giù.
Grazie mille, a presto!
Un bacio, Ale.



Capitolo 7.

I grattacieli di New York sfilavano rapidi oltre i finestrini, come tanti bastoncini dai colori cupi posti uno a fianco all'altro da un bambino senza troppa fantasia.
L'inverno si era già mostrato in tutta la sua durezza quell'anno e la seconda nevicata lasciava ancora tracce sui marciapiedi, dove i passanti si muovevano cauti per evitare un'improvvisa caduta.
Blair allentò leggermente la sciarpa a causa del caldo sprigionato all'interno del veicolo dal riscaldamento che il conducente aveva alzato al massimo, tanto da provocare l'appannamento quasi completo dei finestrini, impedendole così di gustarsi il suo ritorno nella città in cui era cresciuta e che amava profondamente.
Con la coda dell'occhio osservò il suo compagno di viaggio che le sedeva accanto, impettito come se si trovasse su un trespolo per cocorite piuttosto che all'interno di un taxi.
Chuck Bass aveva preso un solo taxi nella sua vita, da bambino, quando suo padre si era dimenticato di mandargli la limousine all'uscita da scuola, ed era stata un'esperienza traumatica.
L'autista era un vecchio portoricano che fumava un sigaro appestando l'intero abitacolo e il piccolo aveva trascorso tutto il tragitto a tossire più o meno rumorosamente, senza ottenere altro che un finestrino abbassato per permettere il ricambio d'aria.
Aria che, essendo autunno, gli aveva provocato il giorno successivo un violento raffreddore.
Da allora Chuck aveva dichiarato guerra ai mezzi pubblici in generale, preferendo di gran lunga percorrere qualche isolato a piedi.
< Siamo arrivati > annunciò il conducente, fermandosi al lato di un'ampia strada nel centro di Manhattan.
Il giovane si allungò per pagarlo, mentre la ragazza, dopo aver ringraziato, scendeva rapida, desiderosa di rientrare nel suo appartamento il prima possibile.
Si posizionò a lato del veicolo, aspettando che Chuck recuperasse le valigie dal bagagliaio che aveva appena aperto.
< Che stai facendo? > chiese, vedendolo immobile.
< Sto aspettando che tu sollevi il tuo trolley per riprendere il mio borsone > rispose pronto, fissandola in modo eloquente.
Blair rimase spiazzata, pensando di aver sentito male.
< Non dirai sul serio mi auguro > replicò piccata, < e' troppo pesante per me >.
Chuck sollevò un sopracciglio, dubbioso.
< In aeroporto come ci sei arrivata? > domandò sarcastico.
La ragazza spalancò entrambe le braccia, indignata.
< Ero sola! > puntualizzò, < non avevo altra scelta >.
Il giovane ghignò, compiaciuto della sua reazione spropositata.
< Immagina di essere sola anche ora > sottolineò, < e fai in fretta perchè penso che l'autista si stia per spazientire nonostante il tuo fascino >.
Blair avrebbe voluto incenerirlo lì, su quel marciapiede affollato, ma si costrinse ad avanzare e a sollevare il suo bagaglio con entrambe le mani, nel tentativo di non rovinare a terra.
< Finalmente > commentò Chuck estraendo il suo borsone e ripulendolo accuratamente dalla polvere che vi si era depositata sopra.
Il taxi si mise in moto velocemente, producendo una cospicua nube di gas che irritò incredibilmente Blair che, già tesa, per poco non si mise ad imprecare in mezzo alla strada, dimenticando per un attimo il suo impeccabile autocontrollo.
< Muoviti Bass > lo incitò, avviandosi all'interno del lussuoso palazzo in cui si trovava il suo appartamento come un soldato in marcia al fronte.
Raggiunse velocemente il vano dell'ascensore, premendo con forza sul pulsante che lo avrebbe richiamato al piano terra.
< Non arriverà prima > precisò il giovane dopo che la ragazza ebbe tormentato ancora una volta il cerchio dorato con la lettera T incisa, nel tentativo di affrettare quella discesa che sembrava eterna.
In quel momento, con un sonoro scampanellio, le porte dell'ascensore si aprirono e Blair gli sorrise trionfante, pur cosciente che i due eventi non fossero realmente collegati.
< La valigia, Waldorf > gli ricordò Chuck, prima che le porte si richiudessero e la ragazza si dimenticasse completamente del bagaglio che aveva al seguito e che aveva abbandonato alla parete per qualche attimo.
Blair, mentre rientrava, mugolò qualcosa di incomprensibile, che il giovane interpretò come un insulto celato nei suoi confronti.
< Dorota > chiamò Chuck, non appena arrivarono al piano e riconobbe l'ingresso del salotto di casa Waldorf.
Blair si limitò a superarlo e ad avanzare, mentre si guardava attorno per vedere se la cameriera le aveva lasciato qualche messaggio.
< Non c'è  > precisò spazientita, dopo l'ennesimo tentativo del giovane di attirare l'attenzione della domestica.
Chuck si bloccò, come pietrificato da quella notizia.
< L'hai licenziata? > si informò incredulo, come se lei avesse appena rivelato di aver comprato un maglione misto acrilico.
< No, l'ho solo congedata > chiarì la ragazza, mentre si sfilava il cappotto e lo sistemava all'interno dell'armadio vicino all'uscita.
< Congedata? > chiese conferma Chuck, al quale quella decisione sembrava assurda.
Blair Waldorf non poteva sopravvivere nemmeno un'ora senza la fidata Dorota, figuriamoci per un giorno intero.
La ragazza sbuffò spazientita, cominciando a dubitare che la permanenza a Parigi avesse lesionato il sistema nervoso dell'amico, o perlomeno, ex amico.
< Esattamente. Per una settimana >.
< Come pensi di organizzarti in sua assenza? > domandò il giovane, che si era tolto il soprabito e lo aveva posato sul divano, senza i dovuti riguardi che in altre occasioni avrebbe mostrato.
< Mi arrangerò con le mie forze > lo tranquillizzò Blair, che era decisa a mostrargli quanto era diventata indipendente rispetto ai tempi della scuola.
In realtà aveva concesso alla domestica una settimana di riposo, stipendiata, affinchè non vedesse con chi era tornata dalla Francia.
Dorota aveva sempre amato il signorino Bass, come lo chiamava ai tempi della Constance, una devozione che era aumentata quando loro si erano fidanzati e  la ragazza aveva trascorso un periodo di sincera serenità, come non accadeva da quando era bambina.
In più conosceva quanti rimorsi avevano angosciato Blair dopo che il giovane aveva lasciato l'America, rompendo qualsiasi legame che lo ancorava ancora a New York e al suo passato.
< Waldorf? > una voce vicina, accompagnata da un lieve colpo di tosse, la riportò alla realtà.
Chuck Bass, comodamente seduto sul divano panna del salotto, la guardava perplesso, accertandosi che lei fosse finalmente presente.
< Sì? > chiese la ragazza, temendo di essersi persa qualcosa mentre si era abbandonata a quelle divagazioni.
< E' un paio di minuti che ti domando dove posso sistemare la mia roba > precisò il giovane, spazientito.
< Lasciala pure lì dov'è ora > spiegò rapida Blair, indicando il borsone posato in un angolo.
< Come? > esclamò Chuck incredulo, alzandosi.
< Hai capito bene > confermò lei tranquilla, < dormirai qui in salotto >.
< Non dormirò sul divano >  sottolineò il ragazzo, incrociando le braccia al petto.
< Per quanto mi riguarda puoi anche dormire sul tappeto. E' un persiano, sono certa che sia abbastanza pregiato anche per te > lo schernì lei, sorridendo.
Si voltò diretta verso le scale, sperando di potersi finalmente concedere una lunga doccia ristoratrice, quando il giovane la bloccò.
< Ricordati che mi hai voluto tu qui > constatò lui, beffardo, pensando di averla in pugno.
< Infatti Bass. Non permetterei a nessuno che non ho invitato di alloggiare nel mio salotto > confermò seria, salendo gli ultimi gradini.
Chuck la osservò sgusciare via, leggiadra, senza aggiungere altro.



Spazio autrice:

-melian: sono felicissima che le spiegazioni non abbiano appesantito il capitolo e che ti sia piaciuta l'impostazione con il paragone con le favole. Io sono ancora un po' una bambina in questo senso, mi lascio trasportare dalla magia di un bel racconto. Se anche tu sei un quinta superiore allora mi capirai benissimo, non vedo l'ora che arrivi luglio e la fine del delirio!

-mary: grazie mille per la stima che hai nei miei confronti, spero che anche con questo capitolo mi sia riconfermata. Io adoro le favole, magari è un po' infantile, ma sono state parte fondamentale di quando ero bambina, quindi non posso non amarle. Anch'io mi accontenterei di Chuck, eccome!

-vale: grazie mille, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

-kaho: anche a me era piaciuta molto quella frase, speravo potesse colpire anche voi! Sì gli agganci di Chuck sono davvero utili. Quanto alla tua supposizione non svelo nulla, anche se mi ha colpita, complimenti.
  
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