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Autore: ValeDowney    08/02/2016    2 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The Rose of true Love


 
 
 
Capitolo XVI: The Rose of True Love -  Seconda Parte


 
 
Storybrooke del presente
 
Rose allontanò il libro. Se davvero Tremotino e Belle erano i suoi genitori, allora era così che si erano innamorati. Lui l’aveva salvata dai lupi. Ma se non fosse andato in suo soccorso? Lei non sarebbe mai nata. E dire che suo padre le aveva sempre detto che ciò che veniva mostrato nel cartone della Disney non era del tutto vero. Be', i lupi c’erano anche lì. Cos’altro mancava, allora?
Depositò delicatamente il libro sul letto, mentre Excalibur finì la zuppa calda. Alla fine, piuttosto che mangiare gli avanzi lasciati nella sua ciotola, aveva deciso di mangiare la zuppa preparata da Gold per la figlia. Nel frattempo era anche ritornato Dove. L’aveva salutata, assicurandole che sarebbe rimasto al piano di sotto finché suo padre non fosse tornato.
Rose si avvicinò al comodino, prendendo in mano la tazzina sbeccata. Poi guardò Excalibur e disse: “Visto che sei stata così brava da mangiare la zuppa al posto mio, ti farò vedere dove papà tiene nascosto quel barattolo di biscotti” e la volpe, leccandosi i baffi, seguì la padroncina fuori dalla camera. Rose scese lentamente le scale, cercando di non farsi scoprire da Dove. Quest’ultimo se ne stava seduto sul divano in salotto a guardare la televisione. Quella scatola magica – come la chiamavano lui e Gold – lo affascinava molto e ancora – seppur dopo tanti anni- si chiedeva come le persone potessero entrare lì e cambiare continuamente scenario. Fortunatamente per andare in cucina non doveva passare per il salotto. Vi entrò, guardandosi intorno. Meno rumore possibile avrebbe fatto e meno avrebbe creato sospetti in Dove. Alla guardia del corpo era stato dato il compito, dallo stesso Gold, di fare in modo che la figlia se ne rimanesse in camera, lontano da qualsiasi cosa che la potesse stancare.
“Allora, dove potrebbe trovarsi?” disse Rose e, dopo aver preso una sedia – spostandola accanto al bancone principale – vi salì sopra e aprì una delle credenze. Guardò tra i barattoli e le scatole presenti. “Eppure dovrebbe essere qua, da qualche parte” aggiunse e, dopo aver spostato un barattolo di marmellata, esclamò: “Eccolo lì.” Infatti, in fondo in un angolo, c'era un barattolo pieno di biscotti di ogni tipo. Allungando la mano destra l’afferrò e lo guardò. Excalibur, dal basso, si leccò i baffi.
“Mi chiedo ancora perché papà lo abbia nascosto. Ci sono così tante leccornie qua dentro” disse Rose e, dopo essere scesa dalla sedia, mise il barattolo sul bancone e lo aprì. Prese due biscotti: uno se lo mangiò lei. L’altro lo diede a Excalibur. Al diavolo l’influenza. Non sarebbero di certo stati un paio di biscotti a farle peggiorare la salute. Suo padre, a volte, risultava davvero troppo protettivo e si preoccupava per nulla. Per lui anche un raffreddore poteva esserle pericoloso. Ma quel momento di quiete venne interrotto da uno strano e forte rumore che proveniva dalla porta d’entrata. La bambina si affacciò al corridoio, per vedere Dove andare verso la porta ma, appena l’aprì, accadde l’imprevedibile: una persona alta, con addosso un lungo cappotto nero e i guanti neri cercò di entrare. Ovviamente Dove cercò di impedirglielo in tutti i modi, finché l’opponente non estrasse una bomboletta che spruzzò negli occhi della guardia. Dove si coprì la vista e urlò per il forte dolore. Approfittandone, l’altro uomo gli diede una botta in testa con un ferro, facendolo cadere a terra privo di sensi.
Per la paura, Rose ed Excalibur corsero su per le scale e, mentre l’uomo entrava con circospezione nella villa, la bambina compose velocemente un numero sul cellulare che le aveva lasciato il padre in caso di emergenza. E quella, di certo, era proprio un’emergenza. Quando qualcuno dall’altra parte accettò la chiamata, Rose parlò: “Ti prego, fai presto. Un ladro è entrato in casa mia. Sono sola e la nostra guardia del corpo è svenuta. Ti prego, vieni subito” e riattaccò, prima che colui o colei dall’altra parte potesse chiedere di più. Rose fece un lungo respiro. Per la prima volta in vita sua aveva paura. Molta paura. Avrebbe tanto voluto suo padre accanto a lei. Ma non poteva di certo sapere che la sua adorata figlia si trovava in pericolo. L’idea di chiamarlo, però, non venne esclusa. Guardò il cellulare e il nome di suo padre nella rubrica. Doveva solo premere un tasto e avrebbe potuto avvertirlo. Stava per farlo quando Excalibur, seguendo il suo istinto di protezione, ringhiò e corse verso l’uomo, azzannandolo a una gamba. L’uomo, ovviamente, cercò di togliersela di dosso. Ma la volpe era molto tenace e, tirando all’indietro, cercò in tutti i modi di farlo cadere.
Rose se ne stava seduta su un gradino della scala, guardando la tazzina sbeccata che teneva in mano. Temeva che potesse accadere qualcosa di brutto prima dell’arrivo dei soccorsi e, infatti, sentì dei guaiti. Cautamente si affacciò, per vedere Excalibur distesa a terra e l’uomo con una profonda ferita alla gamba destra. La volpe era riuscita nel suo intento solo in parte, ma era evidente fin dall’inizio che non ce l’avrebbe mai fatta contro di lui.
“Fuori due. E ora ritorniamo al lavoro” disse l’uomo e incominciò a cercare qualcosa, rovesciando ciò che trovava. Rose lo vedeva rompere alcune cose. Chissà cosa stava cercando? Ma non poteva permettergli di andare avanti. Quindi guardò la tazzina e disse: “Fa' ciò che ritieni più coraggioso.”  Era la frase che le ripeteva sempre suo padre. Le aveva detto che era sua madre a dirla. Si fece coraggio. Si alzò ed entrò nel salotto. Quindi disse: “Ehi tu, smettila! Non puoi distruggere le cose del mio papà!” L’uomo si voltò e Rose rimase a bocca aperta. Conosceva quell’uomo.
“Tu non eri prevista” disse costui. “Ma non sei un problema: provvederò subito” aggiunse. Ma il suo sguardo si posò sulla tazzina sbeccata che la bambina teneva in mano.
“Fa’ la brava bambina e dammi quella tazzina” disse l’uomo allungando una mano e avanzando verso di lei.
“Perché ti interessa?” chiese Rose indietreggiando.
“Non sono affari tuoi! Tu dammela e basta e me ne andrò da qua” rispose lui continuando ad avanzare.
“No! Apparteneva alla mia mamma! E’ l’unico ricordo che ho di lei e mio papà l’ha affidata a me! Non l’avrai mai!” replicò Rose, stringendo forte a sé la tazzina. L’uomo perse la pazienza e, con uno scatto veloce, agguantò la tazzina, tirandola verso di sé. Ma Rose non voleva mollare la presa. Quella tazzina era molto importante per il suo papà. Era molto importante per lei.
Tirando da una parte e tirando dall’altra, finì che l’uomo riuscì a prendere la tazzina sbeccata. L’uomo guardò la bambina sorridendo maliziosamente. Poi si voltò. Stava per andarsene, quando Rose lo prese per il cappotto, tirandolo e replicando: “Ridammela! Ridammela! Non è tua!” L’uomo si voltò e replicò: “Da ora sì!” e le diede un forte schiaffo in faccia. Rose cadde a terra, sbattendo la testa e perdendo i sensi. Infine, l’uomo se ne corse via.
Poco dopo Emma arrivò a Villa Gold. Era stata chiamata d’urgenza mentre si trovava da Granny’s insieme a Mary Margaret e Ashley e la voce dall’altra parte le sembrava quella di Rose. Entrò cautamente ma, appena vide Dove sulla soglia della porta, si abbassò, mettendogli due dita sul collo. Quando ne sentì il battito, tirò un sospiro di sollievo. Proprio in quel momento, l’uomo riprese i sensi. Si guardò intorno per poi soffermare lo sguardo su Emma davanti a sé.
“Meno male che sta bene” disse Emma. Dove si portò una mano sopra la testa dolorante. Sembrava confuso, ma poi sembrò ricordarsi gli avvenimenti precedenti: “ Quell’uomo è entrato qua! Ho cercato di fermarlo ma poi non ricordo più nulla.”
Emma abbassò lo sguardo sul piede di porco. Quindi disse: “Forse so il perché” e riguardò Dove, il quale sbiancò. La donna gli domandò: “Cosa c’è?”
“La signorina Gold. Devo andare da lei” rispose Dove e cercò di alzarsi. Ma barcollò, ancora troppo debole per la forte botta alla testa ricevuta.
“No, lei deve andare in ospedale a farsi vedere” disse Emma aiutandolo a rialzarsi. Poi aggiunse: “Rose è qua? Ma non doveva essere a scuola?”
“No. Ha la febbre e il Signor Gold ha deciso di farla rimanere a casa. Dovevo io badare a lei. Giuro che se quell’uomo le ha fatto del male, io…” replicò Dove riuscendo a rialzarsi.
“Lei non potrà fare nulla. C’è una legge da rispettare. Ci penserò io. Dunque, dove si trova la bambina?” chiese Emma.
“In camera sua. Il Signor Gold mi ha espressamente ordinato di non farla uscire per nessuno motivo da lì” rispose Dove.
“Bene. Con molta probabilità si trova ancora lì. Quindi non le dovrebbe essere accaduto nulla. Sempre se quell’uomo non si sia accorto di lei” disse Emma. Stavano per andare al piano di sopra quando sentirono dei versetti e, all’entrata del salotto, videro Excalibur distesa.
“Excalibur!” esclamò Emma e, i due, furono subito accanto a lei.
“Farabutto! E’ arrivato anche a questo!” replicò Dove. Excalibur emise altri versetti e mosse leggermente la coda. Poi cercò di alzarsi. Ci riuscì e, voltandosi, andò verso il divano. I due la seguirono con lo sguardo, finché non si fermò accanto al divano e “indicò” qualcosa con il muso. Emma e Dove si guardarono. Poi andarono da lei e rimasero senza parole quando videro Rose distesa e priva di sensi.
“Signorina Gold!” disse Dove inginocchiandosi accanto a lei. Poi aggiunse: “E’ tutta colpa mia! Dovevo sorvegliarla. Invece quell’uomo ha osato fare del male anche a lei! Non la passerà liscia!” Emma sentì dei rumori. Estrasse la sua pistola e camminò lentamente verso l’entrata. All’improvviso comparve Gold, anch’esso con una pistola in mano. L’uomo tirò un sospiro di sollievo per poi dire: “Sceriffo Swan.”
“Sono stata chiamata urgentemente” disse Emma.
“Sembra che siano venuti a rubare” disse Gold guardandosi intorno, abbassando la pistola, senza accorgendosi di Dove, la figlia ed Excalibur dietro al divano.
“Che strano: capita sempre a lei” disse Emma.
“Come dire. Sono un uomo difficile da amare” disse Gold.
“Allora lo dica a sua figlia. Rose le vuole bene” disse Emma abbassando anche lei la pistola. Solo a quel punto Gold sembrò ricordarsi della figlia. Si voltò e in uno scatto fu accanto a Dove. Rimase a bocca aperta non appena vide l’amata figlia distesa e priva di senti.
“Rose! Bambina mia!” replicò e allungò una mano, mettendogliela su una guancia. Gli divennero gli occhi lucidi. Poi avvicinò il viso a quello di lei, sussurrandole: “Non posso perderti, piccola mia, come ho perso tua madre. Ora c’è qua il tuo papà. Come avrei dovuto esserci anche prima. Chi ti ha fatto questo la pagherà cara. Questa volta ha superato se stesso.” Emma aveva ascoltato tutto. Ma non potendo fare nulla in quel momento, prese il suo cellulare e chiamò un’ambulanza.
Quasi un’ora dopo Rose, già sveglia, si trovava in un letto d’ospedale con un cerotto sulla fronte e suo padre accanto a lei.
“Quando potrò uscire? Lo sai che odio l’ospedale” domandò Rose.
“Quando starai meglio” rispose Gold, mentre le accarezzava la testa.
“Io sto già meglio. Ti prego, papà: fammi uscire da qua” disse Rose.
“Piccola, te l’ho già detto: uscirai quando starai meglio. E poi è per la tua sicurezza. Qualcuno ti ha fatto del male e hai l’influenza” disse Gold.
“E quest’ultima cosa che c’entra?” chiese Rose.
“Che se fossi rimasta in camera tua, tutto questo non sarebbe successo. Ti avevo detto di rimanertene a letto e riposarti” rispose Gold.
“Papà, c’era un ladro in casa nostra. Che cosa avrei dovuto fare, secondo te? Ho chiamato la signorina Swan apposta” disse Rose.
“E avresti dovuto lasciare fare a Dove” disse Gold.
“Infatti si è visto cosa gli è successo. Papà, io lo so perché quel ladro è entrato in casa nostra. Voleva la tazzina sbeccata e io l’avevo in mano” spiegò Rose e alcune lacrime le scesero lungo il viso. Gold si abbassò e la bambina aggiunse: “E’ colpa mia. L’avevi affidata a me e, ora, l’unico oggetto che ci era rimasto della mamma è perduto per sempre. Non ho mantenuto il nostro accordo. Mi dispiace tanto.”
“No, piccola, la colpa è solo mia. Non avrei mai dovuto lasciarti a casa da sola con la febbre. Mary Poppins me lo aveva sempre fatto capire” disse Gold.
“Fatto capire che cosa?” domandò Rose.
“Che la mia bambina viene prima di qualunque altra cosa. Avrei dovuto tenere chiuso il negozio e passare il tempo con te. E forse tutto questo non sarebbe mai accaduto” rispose Gold e chiuse gli occhi. Li riaprì non appena sentì una mano sulla guancia e vide che era di Rose. Mise una mano sopra quella della bambina.
“Papà, io non voglio essere un peso per te. Devi vivere anche la tua vita. So che mi vuoi bene e io ne voglio molto a te. Ma devi anche pensare al negozio. E poi c’è Dove che mi protegge. O almeno ci prova senza finire con una botta in testa. Lo so che la colpa è mia: se me ne fossi stata in camera mia, lui non mi avrebbe mai vista e io sarei riuscita a proteggere meglio la tazzina della mamma. Tu ci tenevi tanto. Ma io non l’ho protetta come si deve” spiegò Rose.
“Ora non ci pensare e cerca di riposare. Ti prometto che la ritroverò e manterrò il nostro accordo, perché tu sei stata molto brava. Da ora in poi penserò tutto io” disse Gold e la baciò sulla fronte.
“Papà, ma anche quando la mamma ha scoperto di aspettarmi non ero un peso per te, vero?” chiese Rose e a Gold ritornò in mente un vecchio ricordo.
 
Foresta Incantata del passato
 
Erano passati molti mesi da quello spaventoso incontro con i lupi nella foresta e il rapporto tra Belle e Tremotino era notevolmente cambiato. Lui aveva addirittura spostato l’arcolaio nella biblioteca per farle compagnia, anche se il Signore Oscuro le aveva detto che, se aveva fatto ciò, era solamente per tenerla d’occhio ancora di più di quanto non facesse già Excalibur. Il cucciolo di volpe, ora nettamente cresciuto, era diventato un inseparabile amico di Belle e, quest’ultima, lo faceva sempre giocare, riempiendolo anche di coccole. Proprio come se fosse stato il suo bambino. Proprio riguardo a ciò, ultimamente Belle e Tremotino erano stati anche molto in intimità, tanto che la ragazza dormiva quasi ogni notte nella camera del Signore Oscuro. Era evidente che per lui Belle non era mai stata veramente la sua serva e qualcosa, più di una semplice amicizia, era sbocciata già da un po’, specialmente dopo quel bacio.
Passarono altri mesi e, un giorno, Belle andò al villaggio a prendere della paglia per l’arcolaio. Stavolta, però, Tremotino volle seguirla. Lei aveva insistito che, come aveva già fatto altre volte, poteva benissimo andarci da sola. E lui, di conseguenza, aveva ribattuto che, da quando era successo l’attacco dei lupi, non l’avrebbe mai più persa di vista. Regole e ordini suoi, come aveva più volte detto, e Belle aveva dovuto rassegnarsi. Ma dopotutto, la compagnia di Tremotino non le era mai dispiaciuta.
“Non hai paura che ti possano riconoscere?” domandò Belle, mentre camminavano fianco a fianco verso il villaggio. Il viso di Tremotino era in ombra sotto il cappuccio nero del suo mantello, per impedire che i viandanti lo riconoscessero. Belle era vestita in modo simile, con un cappuccio verde che si adattava bene all'ovale del suo viso e che la riparava dal freddo.
“Dovranno avere paura della mia magia” rispose Tremotino.
“E perché dovrebbero aver paura della tua magia?” chiese la ragazza.
“Perché devono riconoscere subito chi io sia” rispose Tremotino. Ma, in realtà, la verità era un'altra. Infatti Belle domandò: “Non è che magari, invece, potrebbero farmi del male e tu vuoi proteggermi?” Tremotino non rispose. La ragazza sorrise per poi dire: “Ormai non c’è più bisogno di nascondere il fatto che mi ami.”
Tremotino la guardò e replicò: “E va bene, mettiamola come vuoi tu, so tutto io! Ma se anche fosse così, rimani al tuo posto e non una parola su questo argomento: ho una reputazione da mantenere!” e riguardò avanti. Belle sorrise soddisfatta.
Finalmente arrivarono al villaggio. Fortunatamente non vi era molta gente. ma comunque ce ne era abbastanza che potesse accorgersi di loro.
“Sai, avremmo potuto portare anche Excalibur. Le avrebbe fatto bene camminare. Ultimamente non fa altro che mangiare” propose Belle.
“No. Lei non è adatta per le lunghe passeggiate. Preferisce dormire nella sua cesta o mangiare bistecche. Ah, e ovviamente le ho affidato anche il castello” spiegò Tremotino.
“Le hai affidato il castello?! Ma… Ma Dove?!” ripeté stupita Belle.
“Non è compito di Dove badare al castello. O forse sì. Non ricordo. Comunque, Excalibur è più affidabile di lui. Insomma, la conosco da molto più tempo di Dove. L’ho cresciuta fin da quando era una piccola palla di pelo che voleva solo le mie attenzioni” disse Tremotino. Belle fece una piccola risatina per poi dire: “Parli di lei come se fosse tua figlia.”
“Deve essere educata come un bambino. Ma almeno Bae rispettava meglio le regole più di lei” disse Tremotino e si fermò. Era da tanto che Belle non sentiva nominare il nome del figlio perduto. A Tremotino faceva male parlare di lui. A ogni compleanno di Baelfire accendeva una candela, spiegando che gli avrebbe indicato la via di casa. Ogni giorno sperava sempre che il figlio ritornasse da lui e lo perdonasse. Ma sapeva che si trovava in un mondo senza magia e, durante gli anni, aveva raccolto – o fatto raccogliere – ogni cosa che gli potesse servire per ritrovarlo.
Belle gli mise una mano sulla spalla. Poi gli disse: “Sono sicura che a Bealfire sarebbe molto piaciuta Excalibur e avrebbero sempre giocato insieme. Sarebbero diventati ottimi amici.”
“Bae non aveva amici per colpa mia. Tutti avevano paura di me e, di conseguenza, anche di lui” disse Tremotino, dopo aver fatto un lungo sospiro che aveva trattenuto fino a quel momento.
“E’ che non riuscivano ad andare oltre l’aspetto. È vero, avevi un grande potere oscuro. Ma eri anche un padre premuroso e protettivo nei confronti di un figlio che hai cresciuto da solo fin da quando era un bambino. Ritroveremo Bae e insieme saremo una famiglia” spiegò sorridendo Belle. Tremotino si voltò verso di lei e, mettendole una mano su una guancia, le disse: “ Tu hai sempre visto del buono in me. All’inizio volevo allontanarti: ogni persona che mi è stata accanto ha sempre sofferto per causa mia e non volevo fare soffrire anche te. Non te lo meritavi. Non dopo tutto quello cui hai dovuto rinunciare.”
“Avrò rinunciato a mio padre. Alla mia casa. Ma ho trovato l’amore” disse Belle e avvicinò il viso per baciarlo. Poi però Tremotino si schiarì la voce e disse, allontanando il suo viso: “Faremmo meglio a sbrigarci con le compere: non voglio lasciare Excalibur da sola al castello per molto tempo” e si incamminò. Belle fece un piccolo sorriso e lo seguì. Arrivarono nella piazzetta centrale, dove si trovava una fontana.
“Bene, mentre vado a prendere la paglia, tu sei libera di girovagare. Ma non dare troppo nell’occhio e, soprattutto, non dare troppa confidenza a questi paesani: non mi fido molto di loro” disse Tremotino e se ne andò verso una casetta al confine con il villaggio. Belle si guardò intorno. Era da molto che non metteva piede lì, ma le cose non erano cambiate, se non per…
“Bella signorina, le andrebbe di comprare queste squisite fragole?” domandò, a un certo punto, qualcuno. Belle si voltò per vedere un’anziana signora dietro a una bancarella piena di fragole. Ecco, quella donna l’ultima volta non era presente. Belle si avvicinò, per poi dirle: “Io… ecco… non saprei.”
“Su, non faccia la timida. Tenga, ne assaggi una” disse l’anziana e le porse una fragola. Belle dapprima esitò. Poi si guardò intorno e, non vedendo Tremotino nei paraggi, riguardò l’anziana, prendendone la fragola e mangiandola. Infine disse: “E’ squisita,”
“Perché non ne prendi altre? Dopotutto avrai molta fame…ultimamente” disse l’anziana sorridendo.
“Stranamente sì, ma non mangio più del dovuto” disse Belle.
“Sei alquanto pallida, mia cara. Perché non vieni dentro? Ho giusto ciò che fa per te” propose l’anziana.
“Io non vorrei disturbare e poi sto…” iniziò col dire Belle. Ma l’anziana la interruppe dicendo: “Non disturbi affatto, e poi il tuo caro accompagnatore può anche aspettare. Ha aspettato per molti anni” e, spostando la tenda dietro di sé, entrò nella casetta. Belle rimase senza parole. Come faceva quella donna a sapere che era venuta con Tremotino? Si guardò intorno e, ancora non notando nei paraggi il Signore Oscuro, si fece coraggio ed entrò. Appena spostò la tenda rimase senza parole: sui muri della casa vi erano tantissime rose di ogni tipo e colore.
“Vieni. Vieni. Non avere paura” disse l’anziana. Belle si avvicinò al tavolino, sedendosi, mentre l’anziana le mise davanti una tazza fumante, per poi sedersi opposta alla ragazza. Belle prese la tazza e, dopo aver soffiato un po’, ne bevve un sorso. Alzò gli occhi verso l’anziana che le disse: “E’ tè alle fragole con un pizzico di rosa. Ottima per addolcire il tutto” e Belle rimise la tazza sul tavolino. Poi si guardò intorno e il suo sguardo si fermò su un mazzo di rose rosse che, con la luce del sole che le illuminava, erano ancora più belle.
“Le rose sono da sempre dei fiori meravigliosi. Soprattutto quelle rosse: hanno un potere alquanto speciale che le differenzia dalle altre. Per questo sono considerate il simbolo del vero amore” disse l’anziana. Belle non disse nulla e si limitò a guardare i fiori. Ma ripose l’attenzione sull’altra donna quando quest’ultima continuò: “Ma ti starai chiedendo perché ti abbia fatto venire qua. Mia cara, da giorni ti senti per caso male?”
“Sì. Ma penso che sia un malessere passeggero. Perché è male?” chiese preoccupata Belle.
“Ciò che hai è un “male” che è considerato un bene” rispose l’anziana. Belle la guardò stranamente. Quindi, in quel momento entrò Tremotino e il suo sguardo si incupì non appena vide l’anziana. Quindi replicò: “Tu che ci fai qua?!”
“Io qua ci vivo. Ma è questo che mi dici dopo molto tempo che non ci vediamo? Pensavo in un’accoglienza diversa” disse l’anziana sorridendogli. Tremotino guardò Belle dicendole: “Andiamo! Abbiamo già perso troppo tempo!” e stava per uscire, quando l’anziana gli domandò: “Non vuoi sapere perché la tua amata ultimamente sta male?” Tremotino si voltò e porse l’attenzione su di lei. L’anziana sorrise e, guardando Belle, disse: “Mia cara, ciò che ti ho detto prima è vero: il “male” che hai è considerato un bene. Perché tu non hai un malessere passeggero. Ma c’è una nuova vita che ti sta crescendo in grembo.” Belle rimase a bocca aperta. Tremotino invece sembrò impassibile.
“Io... cioè... io… aspetto un bambino?” chiese stupita Belle.
“Sì. È strano che il nostro caro Signore Oscuro qua presente non se ne sia accorto prima, considerando che questo bambino – o bambina – avrà degli enormi poteri” disse l’anziana, sorseggiando un altro sorso del tè. Poi depositò la tazza e aggiunse: “O, forse, lui già lo sapeva e non ha detto nulla” e guardò Tremotino. Anche Belle lo guardò. Ma il Signore Oscuro se ne stava muto.
“Mi chiedo perché” disse l’anziana.
“Non sono affari tuoi! Non ti impicciare più delle nostre vite!” replicò Tremotino, puntandole contro un dito. Poi guardò Belle e aggiunse: “Andiamocene!” e uscì. Belle si alzò e si voltò per uscire. L’anziana domandò: “Lo desideri?” Belle la guardò chiedendole: “Che cosa?”
“La domanda che dovresti porti è chi. Il bambino. Lo desideri? Non rispondere subito. Al momento nella tua mente c’è così tanta confusione che nemmeno tu sai quanta. Vedrai che con il passare del tempo troverai risposta a questa domanda e… anche lui. Tremotino. Riempirà quella parte del suo cuore rimasta vuota per secoli a causa della perdita del suo amato figlio Baelfire e sarà proprio quel bambino a portargli nuovamente speranza. Tu e quella creaturina di appena pochi mesi siete il suo bilanciamento alla luce. Le uniche cose che riescono a tenerlo ancora sano di mente. Aggiungerei anche quella peste di volpe, anche se lei ama più cacciarsi nei guai e mangiare bistecche. Ma tu, mia cara, ricordati bene le parole che ti ho detto. Solamente tu deciderai il tuo stesso fato” spiegò l’anziana. Belle la guardò non dicendo nulla per poi uscire e raggiungere Tremotino. Prima che la ragazza potesse dire qualcosa, il Signore Oscuro replicò: “Ti avevo detto di non dare troppa confidenza a questi paesani! Invece ti trovo a bere del tè con quella vecchia!”
“Mi era sembrata molto gentile. E poi, senza di lei, non avrei mai scoperto di essere incinta e, a quanto pare, tu già lo sapevi. Perché non me lo hai mai detto?” disse Belle.
“Affari miei! E poi non ti devi fidare delle parole di quella donna: è solo una ciarlatana! Una volta, parecchio tempo fa, si faceva chiamare Madame Leota, colei che tutto vede. Mi irritava con le sue frasi in rima” spiegò Tremotino.
 “Allora chi sarebbe?” domandò Belle.
“Nessuno di importante per te. Non ci scoccerà più, anche perché, se dovesse farlo, le spezzerò le ali” rispose Tremotino. Ma subito si rese conto di ciò che aveva appena rivelato.
“Ali?! Quella donna non aveva ali. Aspetta un momento… tu sai chi è veramente, vero? Tremotino, è pericolosa per il bene del nostro bambino?” chiese Belle e si portò una mano sul ventre.
“Sì… e no. Ma devi sapere che quella donna in realtà è ciò che non sembra” disse Tremotino. Belle lo guardò stranamente. Quindi il Signore Oscuro le spiegò: “Cambia aspetto per mischiarsi tra gli umani, studiandone i comportamenti e aiutandoli. Il suo nome è Clarion ed è la Regina di tutte le fate.”
“Pensavo fosse Reul Ghorm la regina di tutte le fate” disse Belle, riferendosi alla Fata Turchina.
“No. È Clarion, e devo dirti che, da questo lato, sono contento che quell’odiosa nanetta blu non sia Regina delle fate, perché se no il mondo magico sarebbe caduto subito in disgrazia” disse Tremotino.
“Be', a me non è sembrata così cattiva. So che ce l’hai con le fate, ma non per questo tutte devono essere uguali. Magari questa Clarion è diversa, se no non sarebbe stata eletta loro regina. Credo che, invece, sia molto dolce e premurosa verso il prossimo” disse Belle. Tremotino alzò gli occhi al cielo e guardandola disse: “Va bene, va bene, ho capito che ti sta simpatica sua regalità in persona. Ma ora ritorniamo al castello: ho paglia a sufficienza e una gran voglia di prendermela con Dove.”
“Perché dovresti prendertela con Dove?” domandò Belle.
“Perché... perché mi va e basta” rispose Tremotino e, con un cenno della mano, lui e Belle vennero avvolti in una nube viola. Poco dopo, al castello, le cose peggiorarono. Tremotino si era rinchiuso nella sua stanza – tecnicamente era diventata anche la stanza di Belle – a fare chissà cosa da un’ora e passa anche se Belle non era convinta che fosse passato così tanto tempo. Alla fine Tremotino non se l’era nemmeno presa con Dove. Gli aveva semplicemente detto di non fare domande e di ritornare al suo lavoro. Poi si era rinchiuso in camera. Ed era lì che Belle si trovava. Davanti alla porta chiusa. Mise una mano a pugno pronta a bussare. Ma poi la ritirò. Sospirò e, abbassando lo sguardo, disse: “Non so proprio come fare. E se è ancora arrabbiato? Lo so perché è così: è per il bambino. Ma gli devo far capire che non dovrà temere nulla. Oh, dimmi tu cosa posso fare, ti prego.” Ed Excalibur, che stava accanto a lei, spostò lateralmente lo sguardo. Poi con una zampina toccò la porta un paio di volte.
“Va bene, ho capito. Proverò a parlargli, ma non ti assicuro nulla. Lo sai benissimo che è molto testone” disse Belle e bussò. Dapprima non si sentì nulla. Quindi bussò nuovamente. Stavolta Tremotino disse: “Ti avevo già sentito la prima volta”
“Posso entrare?” chiese Belle.
“Non ci sono” rispose lui.
“Ma come non ci sei?! Mi hai appena risposto. Allora posso entrare?” ripeté stupita Belle. Non sentì nulla. La ragazza guardò Excalibur che spostò lateralmente lo sguardo come se non capisse nulla dello strano comportamento del padrone. Belle aprì la porta e… effettivamente, Tremotino non c’era.
“Questo non è divertente” disse Belle.
“Invece io mi diverto così tanto a farlo” disse Tremotino comparendo sulla soglia della porta, accanto alla volpe. Belle si voltò di colpo. Il Signore Oscuro aggiunse: “Ti avevo detto che non c’ero.” Belle alzò un sopracciglio per poi dirgli: “So che non vuoi parlare, ma dobbiamo.”
“Se vuoi farmi la predica perché non sono stato bravo a rivelarti prima che aspettassi un piccolo, allora puoi anche ritornartene con il naso tra i tuoi libri, perché sprecherai solo il tuo tempo e ti renderai conto che, sebbene sei qua da parecchio tempo che neanche io ormai tengo più in considerazione, ancora non sai che mi piacciono le sorprese. E farle, ovviamente” spiegò Tremotino.
“Tremotino, so che la questione di diventare padre ancora ti spaventa. Ma non devi avere paura, perché insieme ce la faremo” disse Belle avvicinandosi e prendendo le mani di lui tra le sue.
“Belle, sai già come è finita l’ultima volta. Non sono degno di fare il padre” disse Tremotino.
“Non dire così. Le cose, ora, andranno diversamente: il nostro bambino ti vorrà bene e si renderà conto che padre eccezionale e premuroso ha. E poi sono sicura che Baelfire abbia sempre desiderato un fratellino o una sorellina” disse Belle.
“Be', Milah e io avremmo tanto voluto un altro figlio. Se fosse nata femmina l’avremmo chiamata Morraine. Era la più cara amica – e unica- di Bae. Ma poi le cose sono andate come dovevano andare e Bae non ha mai potuto avere il privilegio di diventare un fratello maggiore” spiegò Tremotino.
“Ma io non sono Milah e non ti abbandonerò mai come ha fatto lei. Il mio cuore sarà sempre con te” disse Belle e appoggiò la testa contro il petto di Tremotino. Quest’ultimo non seppe cosa fare. Non era un tipo da aprire i propri sentimenti. Ma con Belle era diverso. Lo era sempre stato. Quindi l’abbracciò, stringendola forte a sé. Belle lo guardò per poi domandargli: “ Da quanto sai che sono incinta?”
“Da circa un paio di settimane. Ho incominciato a sentire una forte presenza magica e veniva proprio da qua” rispose Tremotino e le mise una mano sulla pancia. Belle mise una mano su quella di lui, sorridendo. Anche il Signore Oscuro abbassò lo sguardo verso le loro mani congiunte sul ventre. Sulla nuova vita che avevano creato e che ora stava crescendo.
Passarono i mesi e Belle entrò nel quinto mese di gravidanza. Durante questo tempo, avevano assunto una governante che l’aiutasse. Si chiamava Grachen e si trattava di una ex fata. Con Tremotino era ancora in debito – debito che le era costato il posto di fata e le ali e, quindi, di conseguenza, anche la magia - e, secondo il Signore Oscuro, questo era il modo migliore per ripagarlo.
Grachen depositò il vassoio con il tè sul tavolo nel grande salone, mentre Belle se ne stava seduta su una sedia a leggere un libro. Belle alzò lo sguardo e, guardandola, le disse: “Oh grazie, Grachen” e, dopo aver messo il libro accanto al vassoio, prese una tazza e, dopo aver soffiato un po’, ne sorseggiò un sorso. Riguardò la governante: “Il tuo tè è sempre buono.”
“Secondo il padrone anche la volpe saprebbe fare un tè migliore del mio” disse Grachen.
“Non starlo ad ascoltare. A lui piace stuzzicare le persone. A me il tuo tè piace e piace anche alla bambina” disse Belle sorridendole. Anche Grachen sorrise, ma il suo sorriso scomparve non appena Tremotino, con al seguito Excalibur, entrò nel salone replicando: “Ah, ecco dove eri finita: ti stavo cercando dappertutto.”
“Mi scusi, mio signore, ma ho portato il tè alla signora come lei stessa mi aveva chiesto” spiegò Grachen, facendo un piccolo inchino con la testa.
“Non parlavo con te. A proposito, ci sono ancora un sacco di panni da lavare. Non voglio che facciano polvere, quindi sparisci da qui all’istante prima che trasformi te in polvere” replicò Tremotino, guardandola. Grachen lo guardò malamente ma, dopo aver fatto un altro inchino con la testa, uscì.
“Non dovresti essere così sgarbato con lei. Dopotutto, mi sta aiutando molto con la gravidanza” disse Belle.
“E’ solo la governante. Dovresti approfittarne e dirle tutte le cose che vuoi e mettere da parte, almeno per una volta, la tua gentilezza” disse Tremotino.
“E’ la mia balia. L’hai assunta tu perché mi seguisse in ogni passo della gravidanza” lo corresse Belle, riprendendo in mano la tazza.
“E facesse tutti i lavori che prima facevi tu. Lo sai che non voglio che ti affatichi troppo. La bambina potrebbe risentirne” aggiunse lui.
“Sei molto premuroso e la bambina già ti vuole bene. Ma smettila di preoccuparti così tanto” disse Belle e, stava per bere, quando Tremotino le prese la tazza.
“Tremotino!” replicò lei.
“E non voglio che bevi questa roba: è veleno!” replicò Tremotino.
“E’ tè alle fragole che ha preparato Grachen. Glielo avevo chiesto poco fa” spiegò Belle.
“E’ veleno. Tè alle fragole o meno” disse Tremotino e, dopo aver depositato la tazzina davanti a Excalibur, ne fece comparire un’altra – quella sbeccata – già fumante. Quindi aggiunse: “Questo, al contrario, puoi berlo” e le porse la tazzina. Belle la prese. Soffiò un po’ e ne bevve un sorso. Poi disse: “Ha un sapore vagamente familiare.”
“Perché è tè alle fragole” disse Tremotino facendo un piccolo sorriso.
“Fammi capire: non posso bere il tè alle fragole preparato da Grachen perché secondo te è veleno e potrebbe far male a me e alla piccola, mentre posso bere il tuo tè alle fragole perché è sano?” disse Belle guardandolo.
 “Esatto. Hai colto nel segno. Centri sempre le mie motivazioni” disse Tremotino.
“Che differenza c’è?” chiese Belle.
“Che il mio tè non è nocivo, e così sono anche più sicuro per te e la piccola. Non voglio che quella ex lucciola faccia del male alla piccola o la infesti con la sua magia. Anche se ora non ha più magia. Comunque, non berrai più robe sue. Sono stato chiaro?” spiegò Tremotino.
“Il papà è iperprotettivo anche oggi, non è vero?” disse Belle, “parlando” alla pancia e tenendo una mano sopra di essa.
“Belle, non mi stai ascoltando” disse Tremotino.
“Ma il papà vuole solo il bene per noi due e, quando nascerai, sono sicura che non ti mollerà mai di vista. Creerà un sacco di regole e terrà lontani i ragazzi” disse Belle.
“Continui a non ascoltarmi, e poi due precisazioni: non creerò un sacco di regole per lei. Solo qualcuna. Le essenziali e più importanti. Secondo: i ragazzi non li terrò lontani. Li brucerò e disintegrerò. E poi nessun ragazzo si dovrà avvicinare a lei non prima che sia passato da me. Se starà simpatico a me, allora gli permetterò di stare accanto alla mia bambina. Almeno a dieci metri di distanza da lei” spiegò Tremotino. Belle sorrise scuotendo negativamente la testa. Poi, a fatica, si alzò. Tremotino fu subito al suo fianco dicendole: “Non dovresti alzarti.”
“Non posso starmene per sempre seduta su una sedia. Devo anche muovermi” disse Belle.
“Sai che non devi fare sforzi” disse Tremotino.
“Tremotino, sto bene. La bambina sta bene. Stiamo tutte e due bene. Non devi preoccuparti più del dovuto” disse Belle. Mentre i due parlavano, Excalibur stava bevendo il tè alle fragole dalla tazza che precedentemente Tremotino le aveva messo davanti.
“Invece mi preoccupo più del dovuto. Sei al quinto mese di gravidanza e la bambina è piena d’energia. Lo sento. Energia che priva da te. Quindi meno sforzi fai e meglio è” disse Tremotino mentre seguiva Belle che andava verso una delle enormi finestre.
“Come vuoi tu, mio padrone” disse Belle.
“Non sei seria. Belle, io mi preoccupo” disse Tremotino, seguendola. La ragazza lo guardò e, mettendogli una mano su una guancia, disse: “E lo apprezzo. Ma così facendo ti metti solo tanta ansia per niente. Perché non vai a filare e ti rilassi?” Le sorrise. Quindi alzò lo sguardo e andò verso la finestra. Belle lo guardò e preoccupata domandò: “Che cosa c’è?” e, quando il Signore Oscuro non le rispose, andò al suo fianco. Anche Excalibur, dopo aver finito il tè, andò al loro fianco e drizzò le orecchie quando vide cosa c’era in giardino.
“E’ stupendo” disse Belle.
“Sì… come no” disse ironicamente Tremotino. Davanti a loro c'era un bellissimo unicorno bianco che stava brucando l’erba.
“E’ un unicorno” disse Belle.
“E’ un semplice cavallo bianco con un corno. Niente di più” disse Tremotino.
“Ma perché devi sempre rovinare i momenti più belli? Su, dai, andiamo fuori a vederlo meglio” disse Belle.
“E appena ci vedrà scapperà” disse Tremotino.
“Non puoi esserne così sicuro. È venuto qua per un motivo. Avanti, Tremotino: un’occhiata veloce e poi ritorneremo qua” disse Belle e lo prese per mano. A quel punto Tremotino capì che non aveva più scampo. Quando gli prendeva la mano, non poteva più scappare.
Poco dopo si ritrovarono nel giardino del castello a camminare verso quell’unicorno bianco.
“Belle, torniamo dentro” disse Tremotino.
“Non avrai mica paura?” chiese Belle, mentre teneva in mano un cesto con dentro delle mele.
“Non ho paura di nulla. Sono il Signore Oscuro: sono gli altri ad aver paura di me” rispose Tremotino.
“Allora rilassati. Andrà tutto bene” disse Belle e lo prese di nuovo per mano. Ecco, lo aveva fatto di nuovo e, per la seconda volta in pochi minuti, non poteva fare dietro front e rientrare nel castello dove, ad osservali ad una delle finestre, c'erano Dove, Grachen e Excalibur.
“Se scappa gli starà bene e, di certo, non mi riferisco a Lady Belle” disse Grachen.
“Non provi così tanto astio nei confronti del padrone. Lo sa che vuole solo il bene per la padrona e la piccolina che le sta crescendo in grembo. E poi ognuno di noi ha i suoi momenti di rabbia” disse Dove.
“Lui li ha sempre” disse Grachen.
L’unicorno alzò lo sguardo verso le due persone che si stavano avvicinando a lui. Ma, appena vide Tremotino, si rizzò sulle zampe posteriori, nitrendo.
“Visto, non è stupido come credevo. Su, ritorniamo dentro” disse Tremotino. Ma Belle lo ignorò e, avvicinandosi all’animale, disse: “Fai il bravo. È tutto a posto. Non vogliamo farti del male” e dopo che l’unicorno si calmò, ritornando su tutte e quattro le zampe, continuò: “ Ecco. Così. Ma lo sai che sei proprio bravo?” e, fermandosi di fronte a lui, riuscì a mettergli una mano sul muso. L’unicorno si fece accarezzare. Tremotino li guardava e fece un piccolo sorriso. Belle era davvero incredibile. Ogni giorno che passava, lo stupiva sempre di più. Se era così gentile con gli animali, con la loro bambina sarebbe stata una madre fantastica e premurosa.
Belle tolse la mano da sopra il muso dell’unicorno e, mettendola dentro al cestino, ne estrasse una mela.
“Avevi detto che avremmo dato solo un’occhiata, non che lo avremmo anche sfamato” disse Tremotino.
“Non possiamo lasciarlo andare via senza prima avergli dato qualcosa di succulento” disse Belle, dando la mela all’unicorno, il quale l’annusò.
“Parli di lui come se fosse un lupo famelico. Quando invece è solo un cavallo senza il senso dell’orientamento. Oltre ad avere un corno in testa, ha anche le pigne nel cervello” replicò Tremotino.
“Oh, smettila di fare il bambino e goditi questo momento” disse Belle e l’unicorno incominciò a mangiare la mela. Di tanto in tanto guardava Tremotino che, guardandolo a sua volta, disse: “E’ inutile che continui a fissarmi, perché non ho con me né una mela e nemmeno un qualsiasi altro frutto o cosa da mangiare che ti possa piacere. Quindi gira il tuo sguardo da un’altra parte.” Ma l’unicorno continuava a fissarlo. Tremotino roteò gli occhi.
Quando finì la mela, l’unicorno fece una cosa inaspettata – almeno nei riguardi di un essere umano: mise la fronte sotto la mano di Belle. La ragazza rimase senza parole. Poi guardò Tremotino che sarcasticamente disse: “Fantastico. Ora lo portiamo dentro e gli diamo pure un nome, così Excalibur avrà un amichetto con il quale giocare.”
“Hai finito?” domandò Belle.
“Avrei tante altre cose da dire sul mulo bianco, ma le tengo per me stesso” rispose Tremotino. L’unicorno nitrì. Quindi Tremotino aggiunse: “ Visto? Non mi vuole.”
“Invece, secondo me, vuole che anche tu metta la tua mano sopra la sua fronte” disse Belle.
“E l’hai capito da un nitrito?” chiese Tremotino ma, dopo che Belle ebbe alzato un sopracciglio, aggiunse: “Belle, sai già che non può funzionare.”
“Se non ci provi, non potrai mai saperlo” disse Belle.
“Lo so e basta! Gli unicorni arrivano quando c’è una forte presenza magica pura e non è che il mio cuore sia bianco” spiegò Tremotino.
“Magari a lui non interessa come è il tuo cuore” disse Belle. Tremotino capì che si trattava di una battaglia persa. Non avrebbe mai vinto contro Belle. Quindi si affiancò a lei e, come la ragazza, mise la mano sopra la fronte dell’unicorno.
“Visto: non è scappato” disse Belle sorridendo.
“Smettila di sorridere. So che ti piace così tanto farlo quando vinci contro di me” disse Tremotino.
“Si chiama fiducia e, a quanto pare, anche l’unicorno si fida di te” disse Belle. In quel momento, i due vennero avvolti da una forte luce bianca che proveniva proprio dall’unicorno.
Belle riprese i senti. Si trovava sul prato, ma con lei non  c'erano né l’unicorno e nemmeno Tremotino. Si preoccupò. Lo chiamò: “Tremotino. Tremotino, non scherzare. Dove sei?”
Sentì dei passetti veloci. Si voltò, ma non vide nessuno. Sentì altri passetti veloci e, voltandosi in un’altra direzione, stavolta vide qualcosa correre via. Decise di seguirlo.
“Aspetta! Chi sei? Non voglio farti del male” disse Belle andando a passo veloce, visto che non poteva correre per via della pancia. Si fermò. Davanti a lei – e di schiena – c'era qualcuno. Questo qualcuno si voltò, rivelando una bambina all’incirca sui sei anni. Dai lunghi capelli mossi e scuri. E gli occhi marroni. Teneva in mano una rosa.
“Ciao, piccolina. Sei qui tutta sola? Dove sono i tuoi genitori?” domandò Belle avvicinandosi cautamente a lei. La bambina non rispose. Ma si avvicinò alla ragazza e, sorridendole, la prese per mano per poi condurla verso un cespuglio. Belle rimase a bocca aperta. Nascosto nel cespuglio, c'era un coniglietto con una zampa ferita. La bambina diede la rosa a Belle e, poi, si inginocchiò accanto al coniglietto, curandone la zampa ferita tramite un pezzo di vestito. Belle notò infatti solo in quel momento che una piccola parte del vestito della bambina era strappato.
Belle annusò la rosa e, guardando la bambina, chiese: “I tuoi genitori sanno che sei qua fuori tutta sola a prenderti cura di quel coniglietto?” Ma, come prima, la bambina non le rispose. Finì di medicare la ferita del coniglietto. Si alzò e, guardando Belle, le sorrise. Poi appoggiò la testa contro la sua pancia. Belle la guardò e l’accarezzò la testa. Sentì qualcosa provenire da quella bambina e non se lo sapeva spiegare. La stessa energia che le proveniva anche da dentro. E fu lì che capì. La rosa. La bambina. Quella bambina era la sua bambina. Sua e di Tremotino. La loro rosa.
Tremotino si ritrovò nella foresta. Sapeva che era stato quell’unicorno a portarlo lì. Ma a quale scopo? Continuò a camminare. Quindi davanti a sé trovò una bambina dai lunghi capelli mossi e scuri. Gli occhi marroni – così uguali ai suoi quando ancora non aveva la maledizione. All’incirca, doveva avere sui sei anni. Ma ciò che attirò l’attenzione di Tremotino fu il cuore che teneva nella mano destra. Era nero ma con ancora alcune macchie rosse. Mentre nella mano sinistra aveva una rosa.
“Piccolina, quello non è un giocattolo. Posalo subito” disse Tremotino. Ma la bambina incominciò a stringere il cuore e Tremotino si posò una mano sul petto, ansimando. Alzò lo sguardo verso la bambina – che sorrideva maliziosamente - e capì che quel cuore era il suo.
“Smettila! Ti prego, smettila” disse Tremotino ansimando. Ma la bambina continuava a stritolare il cuore per poi dire: “Devi salvare tua figlia. Non devi farla abbracciare dall’oscurità.” A Tremotino mancava il fiato. Come aveva fatto quella bambina a prendergli il cuore? Nessuno ci era mai riuscito. Che lo stesse davvero uccidendo? Impossibile, visto che l’unica arma per ucciderlo si trovava al castello oscuro.
La bambina fece qualche passo verso di lui e, fermandosi di fronte, stritolò ancora il cuore. Tremotino cadde, con schiena a terra. Ansimava. Si sentiva sempre più mancare il respiro. La bambina disse: “Devi salvare tua figlia. Devi salvarla dall’oscurità. Ti è stata data una seconda possibilità. Non commettere gli stessi errori che hai commesso con tuo figlio. Sii un buon padre per lei. Nel tuo cuore c’è ancora del buono.”
“Io già le voglio bene” disse Tremotino con sempre meno fiato. La bambina si abbassò e gli rimise il cuore nel petto. Tremotino fece un lungo respiro. Poi si sedette e guardò la bambina. Quindi domandò: “Ma tu chi sei? E perché mi hai fatto questo?” La bambina gli porse la rosa. Tremotino non seppe che fare. Poi la prese e la bambina si inginocchiò, abbracciandolo. Il Signore Oscuro rimase spiazzato da quel gesto.
“Prima cerchi di uccidermi e ora mi abbracci? Che cos’hai in mente, piccolo diavoletto?” chiese Tremotino. La bambina continuava ad abbracciarlo. Il Signore Oscuro guardò la rosa e fu lì che capì. “Rose” disse semplicemente e guardò la bambina, facendo un piccolo sorriso. Quella bambina era la sua bambina. Sua e di Belle. Sarebbe diventata molto potente e lui le avrebbe insegnato a controllare la magia oscura. Improvvisamente, una luce lo avvolse e si ritrovò con Belle nel giardino del castello oscuro. Ma dell’unicorno non vi era più nessuna traccia.
“Belle, stai bene?” domandò preoccupato Tremotino andando subito al suo fianco.
“Oh, Tremotino, non sai che cosa magnifica ho visto. La nostra bambina che si stava occupando di un coniglietto ferito. Avresti dovuto vederla: era così gentile” spiegò Belle sorridendo.
“Sei stata fortunata. Io ho quasi rischiato di morire per colpa della nostra bambina” disse Tremotino.
“Che cosa?!” disse stupita Belle guardandolo.
“Stava stritolando il mio cuore. Sta ereditando troppo da me. Aveva anche il mio stesso sorrisetto. Spero che impari anche a trasformare le persone in lumache per poi schiacciarle” spiegò Tremotino.
“Non voglio che la nostra bambina trasformi le persone in lumache o che lanci palle di fuoco” replicò Belle.
“Tranquilla. La istruirò affinché riesca a tenere a bada il suo lato oscuro. Dopotutto non vogliamo che la gente la veda come un mostro come il suo papà, vero?” disse Tremotino e le diede di spalle. Belle aveva da sempre capito il suo tormento. Sapeva come si sentiva. Quindi disse: “Tu non sei un mostro e non lo sarà nemmeno la nostra bambina. Lei crescerà ben voluta da tutti, perché avrà due genitori che le vorranno molto bene e un papà che la proteggerà da qualsiasi cosa.” Tremotino si voltò verso di lei e, prendendo le mani di lei tra le sue, le chiese: “Come fai ad amare uno come me? Io sono un uomo difficile da amare.”
“E’ che non bisogna mai fermarsi alle apparenze. Sei una persona buona e ne ho avuto la prova più volte. E sono sicura che sarai anche un bravissimo padre per la nostra bambina e lei ti vorrà un mondo di bene” disse Belle. Quindi, in mezzo a loro comparve una fortissima luce. La luce scomparve, lasciando il posto a una rosa tra le loro mani. I due la guardarono e Tremotino disse: “A quanto pare, Rose non vuole essere messa in disparte.” Belle lo guardò e gli sorrise.

 
Storybrooke del presente
 
Rose era ritornata a casa il giorno stesso. Stranamente, suo padre non era con lei. A farle compagnia alla villa c'erano Paige, Excalibur, Dove e persino Henry. Era evidente che suo padre non volesse che stesse mai più da sola. L’aveva, ovviamente, accompagnata a casa. E poi di fretta era uscito, salendo sulla sua Cadillac, lasciando la figlia in custodia della loro guardia del corpo, dopo che quest’ultima era andata a prendere Paige a scuola. L’amica si era portata con sé anche Henry che, saputo ciò che era accaduto a Rose, volle andare a trovarla. I tre bambini, più volpe sul tappeto, stavano guardando la televisione standosene seduti sul divano.
“Allora, avete scoperto chi è che mi mette sempre una rosa sul mio banco?” domandò Rose.
“Purtroppo no” rispose Paige.
“Anche perché non c’era nessuna rosa sul tuo banco” aggiunse Henry.
“Cosa?! Ma è impossibile! Cioè… è sempre stata presente tutti gli anni. Siete sicuri di aver guardato bene?” disse stupita Rose.
“Sicurissimi” disse Henry.
“Rose, ci dispiace molto. Dico davvero” disse Paige.
“Già. Paige mi ha detto che ci avresti tenuto tanto a sapere chi ti manda sempre quella rosa rossa e quel biglietto. Ci dispiace veramente di non aver potuto fare di più” disse Harry.
“Non fa niente, amici. Ci avete provato e sono lo stesso contenta. Magari questo misterioso corteggiatore salterà fuori da solo. Oppure no. Chi lo sa” disse Rose.
“Se salterà fuori da solo, dovrà anche armarsi di una grande quantità di coraggio se vorrà affrontare tuo padre” disse Harry.
“Già. Con il Signor Gold non si scherza. Mai mettersi contro di lui e il suo bastone” aggiunse Paige e i tre si misero a ridere.
Venne sera. Dove riportò a casa Henry per poi ritornare in villa e mettere a letto le due bambine – dopo ovviamente aver cenato. Non aveva più avuto notizie dal suo padrone quando, proprio in quel momento, il furgone di Game of Thorns parcheggiò nel vialetto di casa. Da esso scese Gold.
“Signor Gold, finalmente è ritornato a casa” disse Dove. Gold lo raggiunse per poi dire: “Sì, ma non mi tratterrò per molto. Ho una cosa urgente da fare.” Ed entrarono in casa.
“Come mai è ritornato con il furgone del negozio di fiori? Dove ha lasciato la Cadillac?” chiese Dove seguendolo, mentre salivano le scale.
“Affari miei. E la Cadillac è rimasta davanti al negozio. Spero che le bambine siano già addormentate” rispose Gold, arrivando al piano superiore.
“Sì, si sono addormentate quasi un’ora fa, volpe compresa” rispose Dove. Ma dopo essersi fermati davanti alla porta della camera da letto di Rose, aggiunse: “Signore, ma cosa sta succedendo?” Gold lo guardò rispondendogli: “Ogni cosa a suo tempo. Ora devo fare altro di più importante” e, aprendo la porta, entrò nella camera da letto della figlia. Dove stette a guardarlo sulla soglia e, solo in quel momento, si rese conto che Gold stava tenendo in mano una rosa rossa e un bigliettino. Gold si avvicinò cautamente al letto della figlia. La guardò sorridendo. Mise la rosa rossa e il bigliettino sul comodino. Poi si abbassò e baciò Rose su una guancia. La bambina si mosse, ma non si svegliò. Mentre le spostava una ciocca di capelli dalla fronte, disse: “Mi raccomando, occupati di loro, soprattutto della mia bambina.”
“Non le perderò mai d’occhio, signore” disse Dove. Gold lo guardò e sospirò. Dove quindi gli domandò: “Signore, tutto bene?”
“Sì. Sì, sto bene. Assicurati solamente che Rose stia bene” rispose Gold e, dopo aver guardato velocemente Excalibur acciambellata in fondo al letto e dato un’ultima occhiata alla sua adorata figlia, passò accanto a Dove, uscendo e scendendo le scale. Ovviamente, la guardia del corpo lo seguì, per poi dirgli: “Signore, non per impicciarmi, ma è sicuro di quello che fa? Non vorrei che le accadesse qualcosa di spiacevole.”
“Non ti preoccupare per me, Dove. Se dovesse accadermi qualcosa, saprò come gestire il tutto” disse Gold, arrivando al piano inferiore.
“Io mi preoccupo sempre per lei, Signore. Dopotutto, le ho giurato eterna fedeltà e protezione” disse Dove. Gold si fermò davanti alla porta e, guardandolo, gli spiegò: “Dove, tu sei una bravissima guardia del corpo e un ottimo amico. Sì, non te l’ho mai detto, ma tu sei veramente un amico che ci è sempre stato vicino. Soprattutto a mia figlia. E, visto che mi hai giurato eterna fedeltà, allora obbedisci a questo: rimani qua a casa e, se mai dovesse succedermi qualcosa, fa' che entrambe le bambine – soprattutto Rose – continuino a vivere felice. Occupati anche di Excalibur, ma assicurati che non finisca tutte le provviste sia nel frigorifero che nella dispensa. Quella volpe ha sempre fame e troppo cibo le causerà solo un gran mal di pancia. Ho la tua parola che non mi seguirai?” Dove sembrò indeciso. Ma poi rispose, facendo un piccolo inchino con la testa: “Certo, Signore.”
Gold aprì la porta e, dopo essere salito sul furgone, partì sotto lo sguardo di Dove che, dopo aver sospirato, disse: “Speriamo vada tutto bene.”
Fu un nuovo giorno. Il sole fece capolino tra la finestra di Rose, illuminando il volto della bambina e ricordandole che era già mattino. Rose si stropicciò gli occhi, ma il suo sguardo si illuminò di gioia non appena vide la rosa rossa e il biglietto sul suo comodino. Li prese e, mentre correva giù dalle scale, disse: “Paige! Papà! Excalibur! Dove! Guardate cos’ho-” Ma appena arrivò in cucina, trovò solamente Dove, Paige ed Excalibur che stava mangiando nella sua ciotola.
“Dov’è papà?” chiese Rose.
“Buongiorno, signorina Gold. Suo padre ha avuto un impegno molto urgente che lo ha trattenuto fuori per tutta la notte” rispose Dove guardandola. In verità non sapeva nemmeno lui che cosa avesse fatto Gold per tutta la notte. Rose abbassò tristemente lo sguardo, ma lo rialzò non appena Paige disse: “Ehi, ma hai in mano la rosa rossa e il bigliettino. Oh, oh, questo vuol dire che il tuo spasimante segreto deve essere stato qua stanotte.”
“Quale spasimante segreto?” domandò Dove.
“Come te lo devo far capire che non ho nessun spasimante segreto?” chiese Rose.
“Ogni San Valentino, Rose trova sul suo banco a scuola una rosa rossa e un bigliettino con lo stesso messaggio ogni anno. Solo che ieri mattina non c'era nessuna rosa rossa sul suo banco. Io e Henry abbiamo provato a cercare dappertutto chi potesse essere stato, ma non lo abbiamo trovato” spiegò Paige guardando Dove. Quest’ultimo guardò Rose, dicendole: “Se c’è qualcuno che la tormenta, mi dispiace ma dovrò intervenire.”
“No. No. Ma cosa hai capito?! Non c’è nessuno che mi tormenta come non c’è nessun spasimante. E poi, se ci fosse, non credi che papà lo avrebbe già minacciato di morte?” disse Rose e si mise a ridere. Suonarono alla porta e, mentre Dove andava ad aprire, Paige guardò l’amica domandandole: “Almeno stavolta c’è scritto qualcosa di più sul biglietto?”
“In effetti, ora che mi ci fai pensare, il biglietto non l’ho ancora letto” rispose Rose.
“Be', allora che cosa stai aspettando? Su, dai, leggilo. Magari stavolta scopriamo finalmente chi ti ha mandato le altre rose rosse e il biglietto” disse Paige. Rose riuscì a leggerlo mentalmente e stava per ripeterlo a Paige, quando Dove ritornò da loro con…
“Emma” disse stupita Paige. Anche Rose si voltò e stupita chiese: “Emma, che cosa ci fai qua?”
“Rose, devi venire con me al commissariato. Si tratta di tuo padre” rispose Emma e Rose fece cadere la rosa rossa e il bigliettino.
Poco dopo arrivarono al commissariato. Rose scese velocemente dall’auto di Emma, correndo dentro alla struttura, ma si fermò dietro a un muro non appena vide Regina che stava parlando con suo padre. Quest’ultimo era in una piccola cella. Quindi stette ad ascoltare cosa si stavano dicendo.
“Qual è il suo nome?” domandò Regina.
“Sono il Signor Gold” rispose Gold.
“Il suo vero nome” replicò Regina.
“In ogni momento passato su questa terra, mi sono chiamato così” disse Gold.
“Ma che mi dice dei momenti passati in un altro posto? Con la sua sguattera e la vostra dolce neonata?” chiese Regina.
“Di che cosa sta parlando?” domandò stupito Gold.
“Io credo che lei lo sappia. Se vuole riavere ciò che è suo e vuole il bene della sua adorata figlioletta, deve dirmi il suo nome” rispose Regina. Ci fu un po’ di silenzio. Poi Gold, sorridendo maliziosamente, disse: “E’ Tremotino” Rose rimase a bocca aperta. Tremotino era anche il nome di quella “bestia” presente nel libro che gli aveva dato Henry. Quell’uomo che stava con la sua mamma. Il suo papà in quel mondo di fiabe e il suo papà nel mondo dove si trovavano ora.
Gold si alzò e, tenendosi alle sbarre, replicò: “Soddisfatta?! E ora mi dia ciò che voglio e, soprattutto, lasci stare la mia piccola Rose! E’ colpa sua se quel lurido bastardo l’ha picchiata! E’ colpa sua se mi sono dovuto separare da lei quando ancora era solo una neonata! E’ colpa sua se, per molti anni, l’ho creduta morta, quando invece era sicura nella foresta! Lei non sa come è perdere un figlio! Non sa niente di come mi sono sentito quando mi aveva detto che le avevo perse entrambe!”
Regina sorrise maliziosamente per poi dire: “Che aggressività” e, dopo aver tirato fuori qualcosa dalla borsa, aggiunse: “E tutto per questa.” Rose sgranò gli occhi: Regina stava tenendo in mano la tazzina sbeccata.
Gold cercò di prenderla, ma Regina gliela allontanava, spostandogliela prima a destra, poi a sinistra e poi di nuovo a destra. Rose voleva uscire e dare un bel calcio a quella donna che si stava prendendo gioco del suo papà. Ma così facendo sarebbe solo passata dalla parte del torto, rendendo ancora più complicate le cose per il suo papà.
“Non l’avrei mai detto, ma lei è veramente un sentimentale” disse Regina, fermandosi in modo che Gold poté prendere la tazzina. L’uomo poi ironicamente replicò: “Grazie tante…vostra maestà” e, zoppicando, si sedette sul lettino nella cella. Guardò la tazzina tra le mani. Poi guardò Regina e disse: “Dunque, ora che possiamo finalmente essere onesti, cerchiamo di ricordarci come stanno davvero le cose. Questa cella potrebbe ingannarla. Il potere è nelle mie mani, se lo ricordi. Uscirò in men che non si dica e non sarà cambiato nulla! Tranne lei!”
“Questo è tutto da vedere!” replicò sorridendo Regina. Ma quando si voltò vide Rose. Quindi aggiunse: “Oh, ma guarda un po’ chi è venuto a farle visita. Sai, stavamo giusto parlando di te e di come il tuo dolce papà ti voglia molto bene. Ma non stare lì ferma. Avvicinati pure. Mica ti mangio.”
Timidamente, Rose entrò e Regina, raggiungendola, fermandosi di fronte a lei, disse: “Il tuo papà si sentiva tanto solo in quella cella. Gli manchi e sei stata tanto gentile a venire a trovarlo. Una così buona bambina. Proprio come lo era la tua mamma” e, con il dorso della mano, le accarezzò una guancia. Gold si alzò e, tenendosi alle sbarre, guardò le due. Strinse così forte le sbarre che le nocche sbiancarono. Aveva paura che quella donna potesse farle del male e lui era lì, in quella piccola prigione, incapace di fare qualcosa per proteggere la sua bambina.
“Anche lei conosceva la mia mamma?” chiese Rose.
“Ma certo, piccina. La tua mamma era una donna davvero straordinaria, capace di vedere il buono in chiunque. Persino in tuo padre” rispose Regina e, guardando Gold, gli sorrise maliziosamente. Gold, di controparte, la guardò malamente. La donna riguardò Rose aggiungendo: “E tu le assomigli più di quanto tu creda. E che rimanga tra me e te, noi due sappiamo chi è la colpa se lei è morta.” Rose guardò Gold il quale scosse negativamente la testa, facendole capire di non ascoltarla. Riguardò Regina quando questi disse: “No, la colpa non è sua. Ma solo tua, piccina.”
“Mia?” ripeté stupita Rose.
“Ma certo. È morta proteggendoti” disse Regina.
“No. La mia mamma è morta dandomi alla luce” la corresse Rose.
“E’ così che ti è stato detto?” domandò Regina. Poi guardò Gold e aggiunse: “Oh. Be', non importa, perché la colpa rimane tua in entrambe le versioni, no?” Rose abbassò tristemente lo sguardo e Gold guardò furente Regina. Quest’ultima, guardando l’orologio appeso alla parete, disse: “Come si è fatto tardi. Ho lasciato Henry fuori da solo per molto tempo. Be', ci vediamo, e poi sono sicura che ora avrete molto di cui parlare” e uscì, con un sorrisetto beffardo in volto. Rose stette a guardare nella direzione dalla quale era appena andata Regina. Ma voltò lo sguardo verso suo padre quando quest’ultimo le disse: “Non devi stare ad ascoltare quella donna. Non la devi ascoltare mai!”
Rose si avvicinò lentamente a lui e Gold aggiunse: “Oh, bambina mia. Niente è vero di tutto ciò che ti ha raccontato. La colpa non è tua se la mamma è morta.”
“Però tu sei sempre triste per lei. E mi hai detto che è morta dandomi alla luce. Quindi…” disse Rose. Ma Gold la bloccò, replicando: “ Smettila! La colpa non è tua! Non darti colpe che non hai!”
“Anche tu dovresti smetterla di darti colpe che non hai” disse Rose e, dopo che Gold ebbe inarcato un sopracciglio, continuò: “Quando mi è venuta l’appendicite, hai detto che la colpa era tua. Così come era tua quando sono rimasta intrappolata nella miniera. L’appendicite viene quando meno te lo aspetti: non puoi farci nulla. Nemmeno tu. Si va in ospedale e poi lì è compito dei dottori. Per quando riguarda la miniera, tu mi avevi detto di lasciare scorrere i fatti. Invece io ho voluto fare di testa mia – come faccio d’altronde il più delle volte. Ti ho disubbidito e mi sono andata a mettere nei guai. Papà, so che mi vuoi molto bene, ma non per questo ti devi dare colpe per nulla, soprattutto quando non ce le hai. Ti fai solo del male e io non voglio vederti soffrire.”
Gold allungò una mano e, mentre le accarezzava la guancia, disse: “Tua madre sarebbe così fiera di te. Regina è una donna cattiva: lei l’ha sempre odiata. Non voleva che avesse il suo lieto fine con me. Tra non molto uscirò da qua e ti prometto che non ti lascerò mai più sola. E visto che sei stata una brava bambina e hai mantenuto il nostro accordo, voglio anche io mantenere la mia promessa” e con l’altra mano, le diede la tazzina sbeccata.
“No, io… io non la merito” disse Rose.
“Invece sì. Tua madre avrebbe voluto così” disse Gold. Rose mise le mani su quelle del padre per poi dire: “Hai visto che cosa è successo mentre l’avevo io. Hai rischiato di non rivederla mai più solo perché io non sono stata abbastanza brava nel proteggerla. Con te è più al sicuro” Gold sorrise e allungò un braccio, cercando di portarsi più vicino la figlia e abbracciarla. Ma quelle sbarre glielo impedivano. Rose vide il sorriso di suo padre scomparire e comprese la sua tristezza nel non poter starle accanto. Quindi allungò lei stessa le sue braccia – visto che erano più piccole e passavano più facilmente attraverso le sbarre – e lo abbracciò, seppur con fatica, attorno alla vita. Gold abbassò lo sguardo e mise la mano destra – quella con cui non teneva la tazzina- dietro la testa della figlia, accarezzandogliela. Poi dolcemente le disse: “Mio piccolo e dolce fiore. Sarei stato perso senza di te. Tu sei il più bel regalo che tua madre mi ha donato” e Rose sorrise, per poi dire: “Grazie per tutte quelle rose rosse e quel bigliettini sul mio banco.”
“Grazie a te per essere La Rosa del mio vero Amore” disse sorridendo Gold.
Emma, che nel frattempo era entrata dopo aver parlato fuori con Henry, stette a osservali standosene sulla soglia della porta, evitando di fare qualsiasi rumore per non interrompere quel dolce momento padre-figlia.
 
Foresta Incantata del passato
 
Tremotino camminava avanti e indietro per la stanza. Da quasi un’ora, a Belle si erano rotte le acque e ora la vedeva lì soffrire sul loro letto e lui non poteva fare nulla. Nemmeno la magia più potente avrebbe potuto calmare il suo “male”.
 “Tremotino” lo chiamò. Il Signore fu subito al suo fianco e, dopo che le ebbe preso la mano, disse: “Vedrai che passerà tutto. Vorrei poter far qualcosa. ma non posso. Non posso usare la mia magia su di te e su di lei. Potrei farvi del male.”
“Tu non potrai mai farci del male” disse Belle, facendo un debole sorriso. Anche Tremotino sorrise. Poi Belle aggiunse: “Dov’è il dottore?”
“Quale dottore?” chiese Tremotino.
“Il dottore che hai chiamato. Quando arriva? Ormai dovrebbe essere quasi qua” rispose Belle. Tremotino le lasciò la mano e, titubante, disse, mentre si allontanava un po’ dal letto: “Ecco… riguardo proprio al dottore… non credo che verrà.” Belle sgranò gli occhi per poi domandare: “E tu come lo sai?”
“Perché… ecco… non l’ho chiamato” rispose Tremotino indietreggiando. Belle cercò di mettersi seduta e, tenendo i gomiti appoggiati al materasso, replicò: “E per quale strana ragione non lo avresti chiamato?”
“Hai visto che temporale echeggia fuori? Non vorrei farlo ammalare” rispose Tremotino. Fuori, infatti, c'era un fortissimo temporale.
“E tu ti preoccupi più della sua salute che quella di tua figlia?! Dimmi la verità!” replicò Belle.
“Non voglio che mani estranee ti tocchino e tocchino nostra figlia” rispose Tremotino. Lo sguardo di Belle divenne furente. Il Signore Oscuro incominciò a sudare freddo. Mai prima d’ora aveva avuto paura di qualcuno. Quindi disse: “Belle, che intenzioni hai?”
Fuori in corridoio, Dove, Grechen e Excalibur stavano camminando verso la camera quando sentirono un forte rumore provenire proprio dall’interno di questa.
“Credo che dovremmo entrare” disse Grechen.
“Il padrone ha ordinato di non essere disturbato mentre stava con la signora” disse Dove.
“Lady Belle sta per partorire e io non ho ancora visto arrivare nessun dottore. La bambina potrebbe morire se non nasce in tempo. E poi potrebbe toccare anche alla madre. E non credo che, infine, il padrone rimarrà tanto calmo” spiegò Grachen. Dall’interno sentirono altri rumori e Tremotino dire: “Belle, ti prego, non sai quello che fai” ed Excalibur, che aveva l’orecchio teso contro la porta, per lo spavento si andò a nascondere dietro a Dove.
“Io entro” disse Grachen e, prima che Dove potesse fermarla, entrò nella stanza. Ciò che vide la fece rimanere stupita. Belle era semi seduta sul letto. Tremotino era dall’altro lato della stanza e, accanto a lui, c'erano diversi pezzi di quelli che prima sembravano vasi. Inoltre, sempre accanto a lui,  c'erano un sacco di libri. Grachen andò accanto a Belle chiedendole: “Lady Belle state bene?” La ragazza voltò lo sguardo, accorgendosi solo in quel momento dell’entrata della balia. Quindi rispose: “Io… non so cosa mi sia preso.”
“Non si preoccupi. È tutto normale, soprattutto quando qualcuno non vuole collaborare” disse Grachen, ed entrambe guardarono Tremotino che disse: “Io collaborerei se lei la smettesse di lanciarmi cose addosso.”
“Dov’è il dottore? Ormai non ce la faccio quasi più” domandò Belle. Si sentì un forte tuono. Grachen rispose: “Non credo che il dottore possa venire con questo brutto tempo.”
“Oh, rimediamo subito: ci andrà Dove a prenderlo” disse Tremotino, indicando la guardia del corpo che se ne stava sulla soglia della porta insieme a Excalibur.
“Ma, mio signore, io…” iniziò col dire Dove. Ma Tremotino lo interruppe dicendo: “Tieni, prendi una mantellina. Così ti coprirai” e, con uno schiocco delle dita, gli fece comparire in mano un mantello con cappuccio. Dove guardò il mantello e Tremotino disse: “Non ti preoccupare se il dottore si dovesse bagnare: l’importante è che arrivi qua senza un raffreddore. Non voglio anche i suoi germi.” Dove lo guardò stranamente. Abbassò lo sguardo quando Excalibur starnutì.
“Alludevo a lei. Ultimamente è una portatrice di germi” aggiunse Tremotino.
“Finiscila di parlare di quella volpe e pensa a chiamare quel maledetto dottore!” replicò Belle.
“Belle, cara, non sei in te. Ora cerca di calmarti e andrà tutto bene” disse Tremotino avvicinandosi a lei. Ma appena le fu accanto, Belle lo prese per il panciotto e, tirandolo verso di lei, replicò: “E’ tutta colpa tua se sono in questo stato! O tu ora mi vai a chiamare quel dottore o chi diavolo vuoi tu, oppure giuro che ti renderò la vita un inferno!” e lo lasciò andare. Tremotino si allontanò leggermente e guardò Grachen, Dove ed Excalibur in cerca di aiuto. Be', Dove scosse negativamente la testa. Excalibur si stava grattando dietro un orecchio. Grachen, invece…
“Ho seguito Lady Belle durante tutta la gravidanza. Farò io nascere la bambina” disse Grachen.
“No, no, no, no. Tu sei un’ex fata: la riempirai con la tua insulsa polvere magica” disse Tremotino, puntandole un dito contro.
“Se ben ricorda, non ho più la magia da quando mi hanno tolto le ali e, di conseguenza, anche l’incarico da fata. È stato lei a farmi diventare una comune essere umana” spiegò Grachen.
“E di questo ne vado molto fiero” disse sorridendo Tremotino, facendo una piccola risata.
“Tremotino, smettila di renderti orgoglioso e per una buona volta metti da parte il tuo odio delle fate e fa' che sia lei a far nascere la bambina” replicò Belle. Tremotino stava per aprire bocca. Ma Belle lo bloccò: “E non provare a dire che non vuoi che mani estranee mi tocchino e tocchino la bambina! Sarà Grachen a farla nascere! Che tu lo voglia o no!” Ci fu silenzio. Poi Tremotino guardò Grachen, replicando: “Contenta, governante?! Hai vinto tu! Ma bada di fare un ottimo lavoro, perché oltre alle ali, ti toglierò anche la vita!”
“Il padrone qua è lei” disse semplicemente Grachen guardandolo.
“Allora, di cosa hai bisogno?” chiese Tremotino.
“Di molti asciugami e acqua calda. E inoltre di una forbice pulita” rispose Grachen. Tremotino andò da Dove e, dopo avergli detto semplicemente : “Seguimi senza obiettare” lui, la guardia del corpo ed Excalibur uscirono dalla stanza a passo veloce.
Grachen si avvicinò a Belle. Quest’ultima disse: “Grachen, ho molta paura.” L’ex fata le mise una mano sulla fronte, dicendole: “Lo so. È normale. Ma io sarò sempre qua e farò di tutto pur di farvi stare entrambe bene. Non permetterò che vi accada qualcosa. E poi il padrone mi ucciderà se vi succederà qualcosa di brutto.”
“Non credo dicesse sul serio” disse Belle.
“Invece dicevo proprio sul serio” disse Tremotino, rientrando nella stanza insieme a Dove e Excalibur. Lui e la guardia del corpo tenevano in mano un sacco di asciugami. Mentre la volpe teneva in bocca una piccola bacinella piena d’acqua calda. Grachen riguardò Belle, dicendole: “E ora mettiamo al mondo la piccola creatura.”
Il temporale era sempre più forte. Belle stava gridando. Lampi echeggiavano in cielo, illuminandolo quasi a giorno. Belle continuava a gridare, mentre Grachen, opposta a lei, disse: “Coraggio, continua così. Dovrebbe uscire a momenti.”
Tremotino, insieme a Dove ed Excalibur, se ne stava in un angolo della stanza. Era voltato verso il muro per non vedere soffrire la sua amata. Ma era quasi impossibile ignorare quelle atroci urla. Belle urlava sempre più forte e più lampi squarciavano il cielo. Quando si sentì: “Tremotino!”, Il Signore Oscuro si voltò, per vedere Belle porgergli la mano. Si avvicinò a lei, prendendogliela. Sudava. Lei per il forte sforzo che ci stava mettendo. Lui per paura. Paura che Belle potesse morire. E che potesse morire anche la loro bambina.
“Sono qua. Sono qua. Ti ho promesso che non ti avrei mai più abbandonata” le disse affettuosamente.
“Lo so che tu sarai sempre al mio fianco” disse Belle, facendo un piccolo sorriso.
“Lady Belle, ho bisogno che spinga ora. E molto forte” disse Grachen e Belle, gridando, spinse. Spinse più che poteva.
“Vedo la testa. Continui così” disse Grachen.
“Coraggio, Belle. Tu sei forte. Ce la puoi fare. Io conto su di te. Forza, cara” disse Tremotino, stringendole più forte la mano, per darle coraggio. Belle continuava a gridare e la bambina ad uscire. Finché, dopo un forte lampo… si sentì piangere.
“Eccola qua. La nostra piccola principessa” disse sorridendo Grachen, mentre Dove, subito al suo fianco, le porgeva un asciugamano, nel quale avvolse la neonata. Poi prese le forbici sempre da Dove, tagliandone il cordone ombelicale. Successivamente andò verso una tavola, appoggiandoci sopra la neonata. Excalibur andò al suo fianco, tenendo con la bocca la ciotola con dentro l’acqua calda.
“Sono così fiero di te. Ma non avevo dubbi che ce l’avresti fatta” disse sorridendo Tremotino, accarezzando Belle sulla fronte.
“Scusami per tutte le brutte cose che ti ho detto prima. E soprattutto scusami per i vasi e i libri che ti ho lanciato. Non ero in me” disse Belle.
“Oh, non importa. Tanta gente mi ha lanciato frecce. O coltelli. E poi quei vasi erano vecchi di secoli. Portavano solo polvere e non mi piacevano neanche” disse Tremotino. Belle sorrise e gli mise una mano sulla guancia.
Grachen ritornò tenendo tra le braccia un fagottino avvolto in un asciugamano per poi domandare: “Mamma e papà, siete pronti per incontrare qualcuno di molto speciale?”
“Ma che razza di domanda è?! Faccia meno la spiritosa!” replicò Tremotino. Ma dopo che ebbe ricevuto un’occhiataccia da parte di Belle, aggiunse: “Sì certo. Siamo pronti. Ovviamente” Grachen sorrise. Si avvicinò al letto e mise delicatamente il fagottino tra le braccia di Belle. Poi insieme a Dove si avviò fuori dalla porta, ma Tremotino, alzandosi dal letto, la raggiunse dicendole: “Volevo ringraziarla.” Grachen si voltò, dicendogli: “Non ce ne è bisogno.”
“Ne approfitti, perché succede raramente che io faccia i complimenti al di fuori di qualcuno che non sia la mia famiglia. Ha salvato la vita delle due donne che compongono la mia vita. Sarei stato perso senza entrambe. Quindi… grazie” spiegò Tremotino. Grachen sorrise e insieme a Dove uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. Excalibur andò accanto a Tremotino, emettendo dei versetti e scodinzolando. Tremotino si abbassò e, prendendole in braccio, le disse: “Ora sei diventata una sorella maggiore e avrai qualcuno con cui giocare. Ovviamente quando crescerà. Ma mi devi promettere che, come me e Belle, anche tu ti occuperai di lei. Ho la tua parola di volpe fidata?” ed Excalibur lo leccò sulla faccia.
Belle lo chiamò e Tremotino si avvicinò nuovamente al letto, depositando Excalibur in fondo. Poi si distese accanto alla sua amata ed entrambi guardarono la neonata.
“Ancora non ci credo che dopo mesi di attesa, finalmente sia qui” disse sorridendo Belle, guardando amorevolmente la figlia che fece un piccolo sbadiglio.
 “E’ bella come la sua mamma” disse Tremotino.
“E’ anche figlia tua” disse Belle guardandolo.
“La bellezza l’ha ereditata da te, ovviamente” disse Tremotino. In quel momento, la neonata aprì gli occhi. I genitori la guardarono e Belle aggiunse: “Ma gli occhi sono tuoi.” Gli occhi della piccolina infatti non erano blu come quelli della madre, ma marroni con qualche macchia dorata. Tremotino sorrise. La neonata lo stava guardando.
Belle gli chiese: “Vuoi tenerla in braccio?” Tremotino dapprima esitò. Poi però le sue braccia si allungarono istintivamente e, presto, accolsero la figlia.
“Ciao, piccolina. Sono il tuo papà. Ancora non ci credo di essere riuscito a creare una così bella principessa. Il destino mi ha dato una seconda possibilità. Prima con tua madre e ora con te” le disse dolcemente. La bambina allungò una manina, portandola sul naso del padre. A Tremotino venne in mente che, anni prima, anche suo figlio aveva fatto la stessa identica cosa, non appena lo aveva tenuto tra le braccia. Lui non aveva avuto la fortuna di vederlo nascere perché, mentre sua moglie stava partorendo, lui si trovava in guerra contro gli orchi. Con la sua bambina era diverso. Era stato presente per tutta la durata della gravidanza di Belle. Poi durante la nascita. E, ora, la teneva tra le braccia e sentiva nuovamente il bisogno di proteggerla. Quindi le disse: “Va tutto bene, piccolina. Il tuo papà è qui. E ti prometto che non ti lascerò. Non ti lascerò mai come avevo fatto con tuo fratello. Non commetterò gli stessi errori che ho commesso con lui. La mamma e il papà ti staranno sempre accanto e ti vorranno molto bene. Tu sei il mio tesoro più prezioso. Nessuno ti porterà via. Io ci sarò sempre per te.”
“Come vuoi chiamarla?” domandò Belle. Durante i mesi avevano pensato a diversi nomi per la figlia.
“Rose” rispose semplicemente Tremotino, continuando a guardare amorevolmente la neonata.
“Morraine. Rose Morraine” aggiunse Belle. Tremotino la guardò sorridendo. Entrambi riguardarono la neonata e Tremotino aggiunse: “Rose Morraine. La Rosa del nostro Vero Amore” ed Excalibur, seduta in fondo al letto, guardò la nuova famiglia, scodinzolando, mentre fuori il temporale si era calmato, lasciando posto a una lieve pioggia.




Note dell'autrice: Ed eccomi qua con la seconda parte del capitolo dedicato a Skin Deep. Spero di aver fatto un bel capitolo e spero, soprattutto, di non avervi annoiato. So di non essere stata all'altezza del nostro amato Skin Deep ma ho cercato di far incastrare il tutto, evitando spazi temporali come hanno fatto Adam e socio. Questo è il capitolo più importante di tutta la storia. Si è scoperto chi è The Rose of True Love (La Rosa del Vero Amore) che dà il titolo alla mia fanfict (ovviamente è la piccola Rose. Che è la Rosa del verso amore per Tremotino e Belle). Sono al giro di boa. Sono a metà stagione (ma non farò tutti gli episodi)
Ora ai consueti ringraziamenti. Grazie veramente di cuore a tutti/e coloro che stanno seguendo la storia (anche in silenzio). Che la recensiscono e che l'hanno messa tra le preferite. Grazie di cuore alla mia amica di sempre Lucia (sua sono anche le copertine ad inizio capitolo) Con ciò vi auguro un buon proseguimento di serata e al prossimo capitolo. Dearies
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

  
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