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Autore: Amantea    09/02/2016    7 recensioni
"Un uomo legge il giornale seduto all'interno della sua automobile, ogni mattina.
Una donna anziana non mette mai il cappotto, nemmeno nelle mattine d'inverno più fredde.
Mia madre mi tiene per mano mentre camminiamo spedite, è presto, ma non poi così presto, me lo ripete, dolcemente, mentre mi tira un po', lungo la salita, che è faticosa per le mie gambette muscolose ma corte, rispetto alle sue. Mia madre ha lunghe gambe, dalla falcata decisa, e un poco nervosa.
Salutiamo i passanti, pochi in verità, perché qui, a Neverville, come le sento ripetere spesso, ci sono poche anime, e quasi tutte perdute."
Un'avventura negli spazi infiniti, una missione da compiere, narrata dalla voce della protagonista, che non è quello che sembra, ricordando la propria infanzia, temendo quello che sarà ...
La mia prima storia originale, prendendo a prestito la fantascienza per scavare nell'animo dei protagonisti.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-10-
NEVERVILLE

-10-




Non ricordo bene il giorno esatto in cui tornai a parlare, ma fu con Jody, senza dubbio.
Forse una delle notti che era corsa da lui a cercare conforto e calore.
"Mina", mormorai semplicemente. "Che hai detto?", bisbigliò.
"Mina. E' il mio nome. Ma puoi continuare a chiamarmi Neverville, se vuoi".
"E' il posto da cui vieni?"
"Sì".
"Cosa sei?".
"Umana, credo. Tu... tu che pensi?".
"Sì, lo sei. D'un tipo specialissimo. Ma lo sei".
Non mi chiese altro. Non gli dissi altro. Mi avvicinò a sé, e mi tenne così, forse un po' più stretta del solito, per tutto il tempo che potei restare nel suo letto.

Sapevo che non sarebbe durato per sempre, quel nostro piccolo mondo all'interno dell'Accademia.
A 18 anni chi è destinato a diventare soldato effettivo s'imbarca sulle astronavi che sorvegliano e difendono la Terra.
Chi invece è destinato alla riproduzione viene inviato sulle Colonie.
I soldati sono sterili, non possono riprodursi. Chi ha famiglia non può pensare alla guerra, e in un certo senso non è una teoria così sbagliata.
Non per un'epoca come quella che stiamo vivendo.
Il desiderio del singolo viene sacrificato in nome della sopravvivenza del genere umano, è per questo che si entra da bambini all'Accademia, e tutti passano dai laboratori. Tutti vengono modificati, selezionati, avviati al loro destino. 
Io non sapevo bene cosa ero. Ero l'unica che spesso si immergeva in una vasca colma d'acqua. L'unica che veniva analizzata ogni giorno.
Jody diceva che ero umana, e io gli credevo.
Era tutto ciò che mi era rimasto, e sapevo che non mi avrebbe tradito o mentito mai.

Man mano che si avvicinava il momento in cui Jody avrebbe dovuto lasciare l'Accademia, per imbarcarsi, lo vedevo sempre più irrequieto.
Non so cosa provasse veramente. Se fosse l'eccitazione per la sua prima missione, o altro che non mi disse mai.
Era diventato un ragazzo alto di statura e certamente, da come lo guardavano, incontrava i gusti delle ragazze.
Aveva persino mantenuto la promessa di quel giorno da bambini. E decisamente il suo corpo si era irrobustito e forgiato nella muscolatura.               
Io per certi versi ero ancora una ragazzina. Me ne stavo isolata, guardata con sospetto e diffidenza. I ragazzi non erano interessati a me, né io a loro. Dormivo ancora nel laboratorio, e quando potevo di notte raggiungevo Jody. Non più troppo spesso in realtà. Mi era sembrato a disagio a volte, e non volevo che tra noi si creasse un'atmosfera imbarazzata. Non l'avrei potuto tollerare. Era ancora il mio unico punto di riferimento, non potevo rischiare di perderlo per qualcosa che all'epoca non mi era nemmeno molto chiara.

Ricordo la nostra ultima notte come fosse adesso.
Fu lui a cercarmi. Si affacciò nel laboratorio, aveva l'aria stranita.
"Dormi Neverville?". Una domanda sciocca, sorrisi nel buio precario della mia stanza.
" No. Pensavo a te".
Si avvicinò, le mani buttate sulle braccia incrociate.
"Posso stare un po' qui?".
Lo invitai, sedette vicino a me, in quella stanza asettica e bianca, come le lenzuola e il cuscino e il letto tutto.
"Domattina ci imbarcano sulla Motherhead".
Lo sapevo bene, volle comunque dirmelo. Forse in quel modo gli sembrò di trovare conforto.
"E' solo una perlustrazione", precisò.
"E' il tuo battesimo", ribattei. Il tuo battesimo di soldato. Sì, sorrise.
"Te la caverai, e andrà tutto bene". Ci credevo, fermamente. Avevo perso mia madre. Quel dolore era più che sufficinete. Non avrei perso più nessun altro. Non lui.
"Tu hai ancora un paio d'anni da passare qua. Ma poi ci ritroveremo. Io ti aspetto Neverville".
Lo guardai in silenzio, perché mi era sembrato che la sua voce si incrinasse un poco a pronunciare quell'ultima frase. Ma i suoi occhi sembravano limpidi, e non li mosse dai miei. Non li chiuse, non li abbassò. Erano dritti, in un modo che non avrei potuto dimenticare mai.




Jody ha gettato uno sguardo sulle altri astronavi, disposte a raggiera intorno alla cupola di attracco che sovrasta la base di rifornimento. Ha osservato i soldati sciamare fuori nelle loro divise scure, prima di prendere posto sulle navette che li porteranno al suolo. Tutti devono sostare per qualche istante in una zona di "decontaminazione", prima di poter salire a bordo dei piccoli aerobus messi a disposizione dalla stazione centrale di Innertown.
All'interno si prende posto lungo il bordo, su sedili disposti in modo tale da osservare il centro, sì che tutti possono vedere tutti, mentre una voce fuoricampo illustra le regole vigenti a terra. (1) (v. cap. 7)
Il trasferimento non dura molto. Ma abbastanza perché la soldatessa che gli sta seduta a fianco non gli tolga gli occhi di dosso, il viso attraversato da un sorriso sghembo.
Più che osservarlo lo sta fissando, i lunghi capelli che le scendono lisci oltre le spalle, una cicatrice che le segna lo zigomo. Uno sguardo piuttosto duro, che non fa sconti, e che sembra quasi trovare gusto nel provocarlo.
- Sei della Motherhead, tu -, gli dice infine.
- Sì -.
- Quindi viaggi con... con quella? -.
Ecco dunque il motivo di tanta curiosità. Jody incrocia le braccia al petto. Un altro soldato, dietro a lei, ha sporto la testa, gli avambracci sulle ginocchia.
- Cosa stai dicendo Sam... voglio ascoltare anch'io! -.
La ragazza si volta. Sembra che lo sguardo sprezzante sia quello che le riesce meglio, data la facilità con cui lo distribuisce anche all'amico.
- Sto dicendo che qui abbiamo qualcuno che viaggia con quella... -.
- Fossi in te la smetterei di chiamarla così -.
- Oh! Interessante... -.
Sam lo sta guardando di nuovo, il sorriso che si è allargato fino a diventare ironico.
- Voi della Motherhead siete proprio strani. Viaggiate con quel coso che rischia di esplodere da un momento all'altro, e con un capitano su cui girano voci ... insomma... tutt'altro che raccomandabili... E a quanto vedo ne siete pure orgogliosi. Veramente interessante -.
Ridacchia, appoggiando di nuovo il busto alla parete lucida dell'aerobus.
- Via soldato, sii sincero. Non devi interpretare nessun ruolo qui. Siamo in una terra di mezzo... Nessuno ti vede o ti ascolta. Non c'è bisogno che reciti. Non ti viene nemmeno molto bene, tra l'altro -.
- Sei proprio un bel tipo tu -. Jody non può fare a meno di notare come la cicatrice conferisca a quel bel volto un'espressione più dura di quanto forse fosse in origine. Ma conosce il tipo, e non si stupisce più di tanto. Certe donne soldato sono molto più spietate dei colleghi maschi. Più ribelli, più indomite. E senza dubbio più insopportabili.
- Non devo dirti nulla su Neverville. Siamo in missione, dovresti saperlo. E lei è la nostra arma. Punto -.
- Oh sì, certo. Raccontala pure così se ti fa piacere. Se ti hanno convinto a tal punto da crederci, affari tuoi. Io me ne tiro fuori -.
- Tu te ne tiri fuori? -.
- Sì. Noi della Hollerhead (2) ce ne tiriamo fuori. Non dirmi che non ne sai nulla -.

Ha raccolto l'invito di Sam e dell'altro soldato, che ha scoperto chiamarsi Buster, e adesso siedono tutti e tre in una specie di punto di ristoro nella stazione centrale. Quella sosta improvvisata è una festa grande per Innertown. I soldati portano notizie fresche, fanno girare un po' di monete (non che abbiano molto valore nello spazio, se non per coloro che sognano di pagarsi il viaggio verso altre stazioni o pianeti), e sono senza dubbio un evento degno di nota da annotare nei registri commerciali e militari.
I tre osservano il viavai degli altri soldati, seduti in un salone che ricorda certi posti analoghi di sapore terrestre, almeno per quello che ne possono sapere.
- Il nostro comandante ha ricevuto l'ordine di prendere il comando della missione. Non ne sapete nulla voi sulla Motherhead? -.
Sam lo sta guardando con un sorrisetto malizioso che a Jody non piace affatto.
- Non capisco perché. Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazionbe in merito... perché mai il capitano Oliver dovrebbe cedere il comando a Mark? -.
- Non lo so, soldato. Noi siamo qui solo per eseguire gli ordini. Non per farci domande -. Socchiude gli occhi sul bicchiere prima di buttare giù un sorso di qualcosa che emana un odore penetrante e secco. Si asciuga la bocca con il dorso della mano, e torna a buttare i suoi occhi in quelli verdi di Jody:
- A meno che tu non abbia altri obiettivi in testa... Ma ti confesso che tutta questa missione ha qualcosa che non mi convince -. Rotea il bicchiere vuoto tra le mani, e aggiunge: - Ringrazia questa roba che mi fa parlare -.
- Sam tu sei sempre la solita... vedi complotti dappertutto! -, bofonchia Buster.
- Può darsi. Oppure, stavolta, il nostro amico qui mi darà ragione -.
- Spiegami in che senso e ti dirò cosa ne penso io -.
- Beh... Un gran dispiegamento di forze terrestri. Giusto? Le migliori astronavi, le meglio equipaggiate, le meglio armate. Tutte in viaggio verso un punto indefinito dello spazio. Da mesi. Non si è mai saputo nulla di coloro che hanno attaccato e distrutto la Terra... eppure all'improvviso se ne conosce persino il pianeta d'origine. E si decide di sferrare l'attacco. Noi, una manciata di astronavi, poche centinaia di soldati, a casa del nemico, per sconfiggerlo -.
Jody ascolta con attenzione. E man mano che Sam inanella le sue parole, e le condisce di teorie, gli sembrano sempre più familiari e dotate di un qualche senso, seppure ancora sconosciuto.
- Dimentichi Mina. Lei sola basterebbe a spazzare via il pianeta nemico e tutti i suoi occupanti -, chiosa l'altro gesticolando eloquentemente.
- Certo. Quella... ma è pur sempre un'arma sperimentale. Hanno previsto che funzionerà. Ma finché non verrà messa alla prova non ne è data sapere l'efficacia... e non mi sembra che abbia una seconda possibilità d'azione. O va bene alla prima... o siamo spacciati -.
- Non ho capito dove vuoi arrivare Sam -.
- Dove voglio arrivare, Jody? Le mie sono solo osservazioni. Sono un soldato, obbedisco. Mi piacerebbe capire un po' meglio per chi e per cosa venderò cara la pelle. Ma tutto sommato morire qui o altrove non fa molta differenza per me. Qualcuno avrà i suoi motivi per averci mandato nello spazio profondo lasciando sguarniti tutti i settori vicino alla Terra e alle colonie... -. Uno sguardo ammiccante, prima di proseguire. - Piuttosto... il vostro bel capitano Oliver... nasconde molti più segreti di quanto non appaia. La sua fama di grande combattente e stratega ha messo a tacere tutto il resto, ma... gira voce che fu lui a ritrovare Mina, sebbene il suo salvataggio sia ancora avvolto nel mistero. Non ti pare strano? Mina fu ritrovata una settimana dopo la distruzione di Neverville. Nessuno è mai sopravvissuto così lungo ad un attacco. O meglio, nessuno è mai stato trovato a così tanti giorni da un attacco. Dicono che il capitano non avrebbe dovuto trovarsi là. Che faceva parte di quel gruppo di invasati... come si facevano chiamare? Quelli che credevano nella convivenza pacifica con i nostri invasori, con... Loro?... Oh, non mi ricordo più. Perché mi guardi così? Ti piacciono le mie teorie? -.
Jody era rimasto assorto, in silenzio, ad ascoltarla.
Non aveva mai saputo nulla del ritrovamento di Mina. Non gli aveva mai raccontato nulla perché diceva di non ricordare alcunché, che non fosse la vasca dove si era immersa, terrorizzata, in attesa che sua mamma venisse a salvarla.
Eppure qualcosa nella sua testa girava senza sosta intorno a quella vasca, al capitano, alla natura differente di Mina... girava e non riusciva ad incastrarsi, né a quadrare. Ma se davvero il capitano aveva ordinato a Mark di prendere il comando... cosa aveva previsto per la Motherhead e il suo equipaggio? Una qualche deviazione forse... e perchè? Forse allora ci sarebbe stato davvero il tempo per elaborare un piano per salvare Mina dal suo destino.
Doveva assolutamente scoprire che cosa stava succedendo e parlarne con Pete quanto prima.
E magari anche scoprire fino a che punto poteva fidarsi di Sam.
Aveva promesso a Neverville che non l'avrebbe mai lasciata sola. Che avrebbe fatto di tutto per proteggerla e salvarla. E avrebbe mantenuto quella promessa. A tutti i costi.


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(1) vedi Capitolo -7-
(2) vedi Cap. -7-

Torno ad aggiornare dopo molto tempo, e me ne scuso. Mi sono semplicemente incartata con gli aggiornamenti di altre storie.
Ma il nostro viaggio sulle Motherhead e i suoi misteri continua ^^
Grazie a chi segue, commenta o legge in silenzio...
Un abbraccio, Amantea

  

 
   
 
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