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Autore: Marilia__88    11/02/2016    3 recensioni
Abbiamo lasciato Sherlock ad affrontare il presunto ritorno di Moriarty. Ecco cosa immagino possa accadere dopo essere sceso dall'aereo.
Dalla storia:
“Sherlock, aspetta, spiegami… Moriarty è vivo allora?” disse John mentre cercava di tenere il passo dell’amico.
“Non ho detto che è vivo, ho detto che è tornato” rispose Sherlock fermandosi e voltandosi verso di lui.
“Quindi è morto?” intervenne Mary per cercare di capirci qualcosa.
“Certo che è morto! Gli è esploso il cervello, nessuno sopravvivrebbe!”
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart'
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               Ti brucerò il cuore



                                                    Risvegli





… “William…!” lo chiamò una voce alle sue spalle.
Quella voce fece gelare il sangue del detective. C’era solo una persona che lo chiamava così… e quella voce era così familiare. Ma non poteva essere lui. Era in prigione, in una cella di massima sicurezza.
“Ti sono mancato?” aggiunse.
Non fece in tempo a voltarsi che qualcosa lo colpì pesantemente alla testa. Cadde a terra e l’oscurità lo avvolse.




Era quasi mezzanotte e Lestrade era molto agitato. Non aveva avuto più notizie da Sherlock e John e l’appuntamento con l’assassino era sempre più vicino. Provò a telefonare ad entrambi, ma i cellulari squillavano a vuoto. Aveva un brutto presentimento. L’unica cosa che poteva fare, era quella di recarsi a Baker Street.
Arrivato davanti al 221B bussò alla porta, ma inizialmente nessuno rispose. Dopo un paio di minuti, un’assonnata signora Hudson aprì.
“Oh, ispettore! Come mai qui a quest’ora? E’ successo qualcosa?” chiese preoccupata.
“Spero di no…” rispose velocemente Greg, correndo su per le scale ed entrando di corsa nell’appartamento del detective.
Sherlock sembrava non essere in casa e John stava dormendo sul divano. C’era qualcosa di strano. Ma non capiva cosa. Si avvicinò al dottore per svegliarlo, ma non rispondeva a nessuno stimolo. Iniziò a chiamarlo e a scuoterlo vivamente, ma continuava a dormire. Allora andò in cucina, riempì un bicchiere d’acqua e glielo gettò addosso.
“Cosa diavolo succede?” esclamò John ancora intontito.
“Buongiorno! Stavo per chiederti la stessa cosa. Dov’è Sherlock?” chiese Greg impaziente.
Il volto del medico si tramutò in una maschera di terrore. Iniziava a ricordare tutto.
“Santo cielo!” urlò, alzandosi di scatto dal divano “…mi ha messo qualcosa nel tè ed è andato sicuramente all’appuntamento!” continuò nel panico.
“Cristo Santo” esclamò Lestrade “… e non sai dov’è andato?” domandò disperato.
“No, dannazione!” rispose John, mettendosi le mani tra i capelli “…aspetta, stava lavorando al computer…” disse avvicinandosi al portatile di Sherlock, sperando che l’avesse lasciato acceso. La fortuna era dalla sua parte. Si mise a cercare nella cronologia e l’ultima cosa che il detective aveva visualizzato era la cartina di Londra. Era alquanto strano, considerando che l’amico aveva sempre detto di avere l’intera la mappa della città impressa nella sua mente. Forse Sherlock aveva lasciato un indizio per lui, per sapere dove trovarlo. John si alzò di scatto, andò allo schema che era sul muro e si mise a cercare tutte le vie dei delitti confrontandole sulla cartina. Gli sembrava una cosa stupida, ma non gli veniva in mente nient’altro. Appena vide la particolarità delle strade, però, capì subito tutto.
“Credo di sapere dove si trova!” esclamò eccitato il dottore “…spero solo che non sia troppo tardi!” concluse preoccupato, uscendo immediatamente dall’appartamento con l’ispettore che lo seguiva confuso.


Sherlock si svegliò con un gran mal di testa. Si ritrovò in una stanza completamente buia e cercò di raccogliere tutte le informazioni possibili. Capì di avere un leggero trauma cranico, si trovava seduto a terra con la schiena contro una parete della stanza, le mani e i piedi erano legati, ma la bocca era libera. Sicuramente si trovava in un posto dove urlare non sarebbe servito a molto. Improvvisamente sentì dei passi e qualcuno entrò da una porta in fondo.
“William… finalmente ti sei svegliato!” disse di nuovo la voce inquietante.
Era troppo buio perchè il detective potesse distinguerne i suoi lineamenti, ma ormai non aveva dubbi. Era sicuramente lui.
“Sherrinford…” disse Sherlock, cercando di mantenere una voce calma “…come hai fatto a scappare?” chiese poi semplicemente.
“Oh, fratellino! Così mi deludi! Più di tutti dovresti conoscere le mie abilità, ma non siamo qui per parlare di me!” disse l’altro con tono divertito.
“Non hai intenzione di uccidermi, altrimenti lo avresti già fatto. Cosa vuoi?” chiese il detective irritato.
“Credevo che ormai lo avessi capito. Pensavo che il mio regalino fosse abbastanza chiaro! Ma d’altronde sei sempre stato così lento…” rispose Sherrinford, fingendo un’espressione triste. Poi si avvicinò a Sherlock, si inginocchiò in modo da ritrovarsi faccia a faccia con lui e sorrise con perfidia.
“E’ semplice, fratellino. Io ti brucerò, ti brucerò il cuore!” concluse, mettendosi a ridere.
“Qualcun altro mi ha già fatto questa promessa una volta, ma non c’è riuscito!” disse il detective con tono di sfida.
“Ah, Moriarty! Era davvero geniale. Mi è dispiaciuto tanto doverlo sacrificare, ma ero così curioso di vedere come avresti salvato i tuoi amici su quel tetto. Sono rimasto un po’ deluso, devo dirtelo, pensavo davvero che ti suicidassi! E invece, tu e l’altro caro fratellone avete elaborato una messa in scena davvero degna di nota. Hai sacrificato due anni a smantellare una rete criminale di poca importanza, considerando che ero io a gestire tutto. I tuoi amici sono rimasti vivi, perché io ho voluto così. Mi è piaciuto giocare con te e mandarti sempre nuove sfide. Volevo vedere com’eri cresciuto e devo dirtelo, eri una delusione da bambino e lo sei tutt’ora. Erano tutti dei giochi, mio caro William: l’attentato sotterraneo guidato da Sebastian, Magnussen… Oh, anche Charles era geniale, ma credi che potesse scoprire tutte quelle cose su di te da solo? Sei stato davvero deludente, soprattutto uccidendolo in quel modo! Sai, dopo Barbarossa pensavo che ti fosse passata quella tua mania di affezionarti, ma a quanto pare non cambi mai. Peccato!” fece quel monologo terrificante, camminando su e giù per la stanza ancora buia.
Sherlock, per la prima volta in vita sua, era senza parole. Quindi Moran non aveva mentito. Facevano tutti parte di un grande gioco architettato dal suo sadico fratello per divertirsi. Non riusciva a credere di non aver sospettato mai niente di tutto questo. Improvvisamente, mentre era immerso nei suoi pensieri, Sherrinford si avvicinò di nuovo a lui.
“Ti ho osservato bene in questi anni e tutte queste sfide mi hanno fornito il tuo profilo completo. Ora condurrò personalmente un gioco progettato proprio per te. Ti divertirai, fratellino… o forse sarò io a divertirmi…” gli sussurrò queste parole all’orecchio. Poi si alzò e prese una pistola dalla tasca.
“Ah, prima che mi dimentichi. Ti ricordi cosa è successo a Barbarossa vero? Beh, caro William, se fossi in te terrei d’occhio i nostri cari genitori, non si sa mai!” concluse, continuando a ridere. Infine afferrò la pistola dalla canna e colpì di nuovo il detective alla testa.
Sherlock non fece in tempo a ribattere, che l’oscurità lo avvolse per la seconda volta.
Prima di lasciare la stanza, però, Sherrinford prese il cellulare del consulente investigativo e inoltrò un messaggio a Mycroft.

- Il piccolo William si trova nel seminterrato del 121 di George Street. Vieni a prenderlo. SH

Dopo aver mandato quel messaggio, rimise il telefono nella tasca del detective e uscì, accendendo la luce e chiudendo la porta a chiave.


Mycroft venne svegliato dal suono del suo cellulare. Si trovava a casa e si era appisolato sulla sua comoda poltrona davanti al camino. Quando vide il mittente, rimase decisamente sorpreso, soprattutto considerata l’ora.
Appena lesse il contenuto del messaggio, si alzò di scatto dalla poltrona e dovette rileggerlo più volte prima di essere sicuro del significato. C’era solo una persona che chiamava Sherlock in quel modo, ma era chiuso in prigione, o almeno sperava che fosse ancora così. Dopo un veloce giro di telefonate, scoprì che la cella era stata trovata vuota poche ore prima. Per la prima volta in vita sua, l’uomo di ghiaccio venne assalito dal panico. Cercando di riprendere la lucidità, provò a chiamare il fratello, ma il telefono squillava a vuoto. Così provò con John.
“Mycroft!?” rispose sorpreso John.
“Dottor Watson… dov’è Sherlock?” chiese con urgenza.
“E’ una lunga storia. L’assassino che stavamo cercando gli ha dato un appuntamento a mezzanotte in George Street. Naturalmente l’idiota è andato da solo. Io e Greg stiamo andando lì a cercarlo” cercò di spiegare il dottore in modo più breve possibile.
“Si trova precisamente nel seminterrato del 121. Aspettatemi lì, io sto arrivando!” concluse di fretta, riagganciando senza dare all’altro la possibilità di rispondere.
Mycroft si diresse di corsa verso la sua auto nera, che era già pronta fuori per lui. Poteva essere una trappola, lo sapeva, ma se Sherlock era lì, doveva andare; doveva arrivare prima che fosse troppo tardi.


Sherlock si svegliò per la seconda volta in quella stanza. Il mal di testa era aumentato e aveva la vista leggermente offuscata. C’era qualcosa di diverso dall’ultima volta che si era risvegliato li. La stanza non era più al buio e, cosa strana, aveva mani e piedi di nuovo liberi. Provò a mettersi in piedi, ma un forte capogiro lo obbligò a tenersi poggiato alla parete. Si sentiva debole ed esausto, sicuramente era a causa di tutto il sangue che stava perdendo dalla profonda ferita alla testa. Provò di nuovo a mettersi dritto, ma quel brusco movimento gli provocò un conato di vomito e si abbandonò a terra in ginocchio con le mani sul pavimento. Sentiva ogni parte del corpo tremare e cominciava ad avere freddo. La ferita doveva essere più grave di quello che pensava inizialmente. Cercò il cellulare nella tasca e, con molta fatica, inoltrò la chiamata a John.
“Sherlock!?” urlò il dottore dall’altra parte.
“John…io…” cercò di parlare, ma ogni minimo movimento gli provocava delle intense fitte alla testa “…ho…bisogno…di te!” concluse, non riuscendo a dire altro.
“Stiamo arrivando! Mycroft ci ha detto dove sei. Saremo lì tra pochi minuti. Sei ferito?” disse il medico velocemente e con enorme preoccupazione.
“…alla testa…” si sforzò di rispondere il detective.
“Cerca di rimanere sveglio, mi hai capito?” esclamò John con terrore, ma non ricevette più risposta.
Sherlock mollò la presa sul telefono e cercò di mettersi di nuovo seduto con le spalle alla parete come poco prima. Appena ci riuscì, cercò di riaprire gli occhi e fu allora che lo vide. Non se n’era accorto prima a causa del buio, ma ora, con la luce accesa, vide che sulla parete di fronte a lui c’erano delle scritte insanguinate. Spostò lo sguardo un po’ più a destra e lo vide. “Barbarossa!?” si chiese tra sé. La scena che aveva davanti era troppo dolorosa da guardare, ma non riusciva a distogliere lo sguardo. Alcune lacrime gli rigarono il viso e sperava soltanto che qualcuno lo portasse via da quel terribile incubo.







Angolo dell'autrice:
Salve! Eccoci con il settimo capitolo. Allora il personaggio misterioso è dunque il famoso terzo fratello su cui tanto si sta ipotizzando. Ho voluto mantenere il nome Sherrinford, perchè secondo le voci, è il nome più probabile (ma chi lo sa!). La mia teoria quindi è in parte svelata. Ho sempre immaginato che in fondo a capo di tutto ci fosse questo fantomatico fratello perverso e che tutti i "cattivi", affrontati fino ad ora da Sherlock, non fossero altro che pedine nelle sue mani. Mah, forse un pò azzardata come teoria, ma la mia mente ne partorisce di cose strane! Questa teoria comunque mi è venuta in mente sia dalla famosa frase di Mycroft alla terza puntata della terza stagione "...sa cos'è successo all'altro" (riferendosi ad un possibile terzo fratello) e poi secondo elemento, è stata la scena tagliata di Magnussen che va a trovare Sherlock in ospedale, dopo che Mary gli ha sparato. Non so se l'avete vista (comunque sotto vi metto il link), ma Magnussen, entrando nella stanza, elenca i fiori che hanno mandato al detective e dice più o meno che "i garofani sono da Scotland Yard... una singola rosa è da W (che si presume stia per the Woman)... e infine una corona nera dal blocco C di Pentonville" ... Tra l'altro aggiunge "Non sono sicuro che l'intento fosse del tutto gentile". E da qui la mia fantasia ha preso un volo allucinante, pensando che fosse proprio questo terzo fratello, in prigione, ad aver mandato una brutta corona di fiori neri al fratello. Ok, credo che abbiate capito che sono un pò svalvolata... Ahahahaha... spero che il capitolo vi sia piaciuto e grazie ancora a chi ha recensito e a chi voglia sempre farlo...
Anzi mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate di tutto ciò. ;)
Grazie anche a chi ha inserito la storia tra le preferite e tra le seguite.
Al prossimo capitolo.
https://www.youtube.com/watch?v=eE3yLRRJJ20 (link scena tagliata Magnussen-Sherlock... tra l'altro un pò inquietante).
   
 
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